Manutenzione del possesso per lesione del decoro architettonico

Alberto Celeste
Vito Amendolagine
Maurizio Tarantino

1. Bussole di inquadramento

La veranda in condominio

La veranda è un balcone (o terrazza) chiuso mediante un telaio (in pvc, alluminio, anticorodal, legno) che supporta materiali trasparenti o opachi. In termini più tecnici, la veranda si qualifica come un manufatto costruttivo che determina una modifica esterna del territorio, suscettibile di rilievo urbanistico, ma privo di individualità propria, in quanto destinato ad integrare il restante edificio. Tipica ipotesi frequente in condominio è quella del balcone o terrazzino privato che viene chiuso mediante l'installazione di pannelli di vetro su un'intelaiatura metallica. La veranda è realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, caratterizzata da ampie superfici vetrate che, all'occorrenza, si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. In questi casi, la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell'edificio e una modifica della sua sagoma; necessita, quindi, del permesso di costruire. A tale proposito va ricordato che, nel Regolamento edilizio-tipo di cui all'art. 4, comma 1-sexies del d.P.R. n. 380/2001 (definizione di veranda, contenuta alla voce n. 42 dell'Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo nazionale del 2016), la veranda è definita: “Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili”.

Il diritto dei condomini all'installazione della veranda

Ciascun condomino ha il diritto di trasformare in veranda il balcone di sua proprietà senza richiedere alcuna autorizzazione, salvo che ciò sia espressamente richiesto dal regolamento di condominio accettato da tutti (regolamento contrattuale). I poteri dell'assemblea condominiale, infatti, riguardano la disciplina dell'uso delle cose comuni e non possono mai incidere sulla sfera delle proprietà individuali. Il singolo condomino, tuttavia, deve sempre aver cura di godere e disporre del proprio bene senza ledere i diritti e le esigenze degli altri condomini. L'autorizzazione assembleare risulta, invece, necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni condomini, o perché non vengano rispettate le distanze legali fra le due proprietà. In questa seconda ipotesi, è opportuno che l'autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari.

L'alterazione del decoro architettonico dell'edificio

La chiusura di un balcone o la realizzazione sulla terrazza di proprietà esclusiva di una apposita veranda è spesso motivo del contendere in àmbito condominiale. Difatti, tale manufatto può alterare l'uso della parte comune, pregiudicare le vedute, alterare il decoro architettonico e determinare un aumento del carico urbanistico (con tutte le conseguenze di natura amministrativa e penale). Innanzitutto, la chiusura del balcone o del terrazzo di un'abitazione, integrando la trasformazione del vano in superficie abitabile con creazione di maggiore volumetria e di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, è qualificabile come intervento di trasformazione urbanistica e, pertanto, deve essere preceduta dal rilascio di permesso a costruire, non essendo configurabile né come pertinenza, né come intervento di manutenzione straordinaria o restauro. A parere dei giudici, la veranda costruita sul terrazzo di copertura dell'appartamento va demolita se non rispetta l'aspetto architettonico del progetto, a meno che l'edificio non versi in stato tale di degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo l'intervento realizzato. Di certo, la presenza di altre verande nell'edificio non esime dal rispetto dell'armonia architettonica dell'intero stabile chi realizza una sopraelevazione (Cass. VI, n. 22156/2018: è illecita, quindi, la soprelevazione realizzata dal condomino, nel caso di specie una veranda sul proprio terrazzo che induce in chi guarda una chiara sensazione di disarmonia, anche se la fisionomia dell'edificio risulta già in parte lesa da altre modifiche preesistenti, salvo che lo stabile, a causa delle modalità costruttive o le modificazioni apportate, non si presenti in uno stato di tale degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo ogni ulteriore intervento).

Le situazioni possessorie tutelabili in condominio

La possibilità di avvalersi del rimedio possessorio dell'azione di manutenzione presuppone che la lesione del possesso si sia concretizzata in una molestia o turbativa. Così come per lo spoglio, anche l'art. 1170 c.c. non definisce il concetto di molestia, quale presupposto oggettivo per attivare la tutela giudiziale manutentiva. In base alle acquisizioni ormai consolidate di giurisprudenza e dottrina, si osserva che la molestia rende disagevole l'esercizio del possesso altrui, mentre lo spoglio esclude, in tutto in parte, tale possesso. Sicché lo spoglio implica una radicale perdita del bene posseduto e il passaggio del possesso ad altri mentre la molestia o turbativa importa la persistenza del possesso in capo al soggetto titolare e l'esercizio di un'attività di disturbo, di aggravamento, di diminuzione delle facoltà possessorie esercitabili dal titolare del potere di fatto sulla res. Con riferimento ai requisiti soggettivi, invece, la condotta molestatrice deve essere supportata dall'animus turbandi dell'autore della turbativa. Esso si concreta nell'esecuzione della turbativa contro la volontà reale o presunta del possessore, sicché solo il consenso espresso o tacito del possessore, o comunque la sua acquiescenza ex post, tolgono al contegno altrui ogni carattere di illiceità. Ebbene, nel caso di chiusura a vetri di balconi o terrazzi di pertinenza esclusiva (veranda), in caso di violazione del decoro dell'edificio, è nel diritto del condomino danneggiato esercitare l'azione di manutenzione (art. 1170 c.c.) per la cessazione della turbativa e per la rimessione in pristino stato. L'azione contro il condomino diretta a conseguire la rimozione di un manufatto da questi realizzato, in quanto lesivo del godimento degli altri condomini sulla cosa comune, o comunque pregiudizievole dell'estetica e della naturale destinazione della medesima, può essere esperita dall'amministratore del condominio senza necessità di autorizzazione assembleare, in quanto integra un atto conservativo dei diritti inerenti alle cose oggetto di comproprietà, rientrante nei limiti delle attribuzioni dell'amministratore stesso.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'amministratore può agire giudizialmente in caso di alterazione del decoro architettonico dell'edificio a seguito di trasformazione di un balcone in una veranda?

L'amministratore è legittimato ad agire per far rimuovere la veranda realizzata da un condomino in spregio del decoro architettonico

L'amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio relativo alle parti comuni condominiali, qualora rientrante negli atti conservativi dei diritti, ai sensi dell'art. 1130, n. 4), c.c.; infatti, gli atti conservativi di cui alla richiamata norma non si esauriscono nelle azioni cautelari, ma si estendono alle azioni a tutela dello stato di godimento della cosa comune purché non importanti una possibile disposizione della stessa (Cass. II, n. 4711/2022: nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la valutazione compiuta in punto di legittimazione dalla Corte distrettuale, la quale aveva ritenuto sussistente la rappresentanza processuale dell'amministratore pur in assenza di una delibera autorizzativa assembleare a fronte della censurata realizzazione da parte dei condomini ricorrenti, anche in spregio del decoro architettonico del fabbricato, di una veranda a chiusura della loggia di loro proprietà, prospiciente sulla pubblica via, nonché di una bussola di ingresso collocata sul terrazzo condominiale, in corrispondenza della porta di accesso alla loro abitazione).

Alterazione del decoro architettonico in caso di trasformazione di un balcone in una veranda

Per “decoro architettonico del fabbricato”, ai fini della tutela prevista dall'art. 1120 c.c., deve intendersi l'estetica dell'edificio costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico. Conseguentemente, non è possibile escludere a priori un'alterazione del decoro architettonico per il solo fatto che la realizzazione di una veranda su di una terrazza a livello interessi un appartamento posto non sulla facciata principale, bensì su quella interna, dell'edificio condominiale (Cass. II, n. 1718/2016); non occorre, inoltre, che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (Cass. II, n. 14455/2009). Dunque, l'installazione di una veranda in vetro e alluminio con tettoia su un terrazzo dell'abitazione, costituisce una innovazione non consentita ex art. 1120, comma 4, c.c., in quanto pregiudica il decoro architettonico della facciata del fabbricato e, soprattutto, contrasta con i principi stabiliti dal regolamento condominiale, dell'uniformità e del divieto di alterazione dell'estetica dello stabile (Trib. San Benedetto del Tronto 29 marzo 2012). Inoltre, costituisce alterazione del decoro architettonico dell'edificio, ossia lesione dell'estetica dello stabile, la trasformazione di un balcone, o di una terrazza, in una veranda praticata tramite l'installazione di vetri e di una struttura in alluminio. È nozione comune, infatti, che una simile operazione alteri, ossia peggiori, la sagoma dello stabile sicché per considerarla legittima è necessario dimostrare la mancanza di alterazione del decoro dell'edificio (Cass. II, n. 27224/2013). La facciata e il relativo decoro architettonico di un edificio costituiscono un modo di essere dell'immobile e così un elemento di godimento da parte del suo possessore; di conseguenza la modifica della facciata, comportando una interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria (Trib. Bari 5 luglio 2006: nel caso di specie, si trattava di una veranda chiusa dalla base al balcone sovrastante realizzata su di una terrazza esterna).

La realizzazione di una veranda non comporta automaticamente l'alterazione del decoro architettonico

La trasformazione di un balcone in una veranda non è normalmente consentita ai sensi dell'art. 1120, comma 4, c.c., in quanto altera le linee architettoniche e l'armonia della facciata dell'edificio; tuttavia, quando l'aspetto esteriore ed il decoro dell'edificio sono già gravemente compromessi in ragione di altri interventi, seppur non può più applicarsi la menzionata norma del codice civile, va sempre verificata la legittimità dell'opera con riferimento a quanto previsto dal regolamento di condominio (App. Milano 6 aprile 1993; Trib. Napoli 30 giugno 2003). Invero, la mera realizzazione, di per sé, di una veranda non comporta automaticamente l'alterazione del decoro architettonico, in assenza di specifiche deduzioni circa la modificazione delle linee architettoniche dell'edificio condominiale (Trib. Velletri 23 aprile 2020: nella fattispecie, la delibera impugnata non aveva in alcun modo autorizzato l'esecuzione dell'innovazione oggetto di contestazione, ma aveva deliberato che, in merito alla predetta richiesta, l'assemblea all'unanimità non era contraria alla richiesta, la quale però andava definita nei dettagli: autorizzazione e certificazioni necessarie; di talché, la delibera impugnata non aveva esplicato gli effetti autorizzativi contestati e, quindi, non era al riguardo suscettibile di essere impugnata per mancata lesione del decoro architettonico, quale bene interesse tutelato dalla norma di cui all'art. 1120 c.c.). Dunque, ciascun condomino ha il diritto di trasformare in veranda il balcone di sua proprietà (senza dover richiedere l'autorizzazione degli altri condomini), purché la trasformazione non arrechi danno alle parti comuni dell'edificio e, in particolare, non alteri il decoro architettonico dell'edificio e non arrechi pregiudizio agli altri condomini, ai quali deve essere comunque assicurato un pari uso del bene comune (Trib. Milano 31 gennaio 1991).

3. Azioni processuali

Tutela stragiudiziale

L'amministratore del condominio rende edotto il condomino, il quale senza alcuna autorizzazione ha installato una veranda chiusa dalla base del proprio balcone sovrastante su di una terrazza esterna, che la modifica della facciata dell'edificio, comportando un'illecita interferenza nel godimento della cosa comune, può integrare un'indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria, e che, per tale ragione, deve quindi procedere immediatamente al ripristino dello status quo ante, poiché in difetto, senza ulteriore preavviso, sarà costretto ad attivarsi in sede giudiziale, promuovendo l'azione di manutenzione del possesso.

Funzione e natura del giudizio

È un rimedio processuale avente ad oggetto specifico la tutela del possesso, proposto dall'amministratore di condominio nei confronti del condomino che ha installato senza alcuna autorizzazione una veranda sul proprio balcone, al fine di ripristinare con la tutela del possesso del bene comune la cessazione della molestia, e con essa, la pari facoltà d'uso per tutti i condomini.

Aspetti preliminari

Mediazione

La mediazione obbligatoria di cui all'art. 5, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 28/2010 non si applica nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, c.p.c.

Competenza

Il Tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., è il giudice competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice, e, in generale, per quelle di valore indeterminabile.

Legittimazione

L'amministratore del condominio è legittimato a proporre l'azione per la manutenzione del possesso nei confronti del condomino che ha installato una veranda sul proprio balcone per fare cessare la molestia del possesso, costituita in tale ipotesi dall'alterazione della normale destinazione del bene comune, senza una preventiva autorizzazione ad hoc dell'assemblea condominiale.

Profili di merito

Onere della prova

L'amministratore deve provare che il condomino ha realizzato una veranda abusiva sul proprio balcone, in tale modo alterando la normale destinazione della cosa comune in danno degli altri condomini, allegando in atti di causa la suddetta prova, costituente la turbativa del possesso a giustificazione del ricorso all'azione di manutenzione.

Contenuto del ricorso

La domanda cautelare proposta per la manutenzione del possesso assume la forma del ricorso, il quale, oltre a contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c., deve altresì indicare il giudice dinanzi al quale l'azione è proposta; il nome, cognome, residenza e codice fiscale della parte ricorrente e del difensore, il quale deve anche indicare il numero di fax e l'indirizzo pec presso il quale intende ricevere le comunicazioni di cancelleria; il nome, cognome, codice fiscale, residenza, o domicilio o dimora della parte resistente; l'esposizione dettagliata dei fatti integranti la turbativa del possesso.

In particolare, nel ricorso, da un lato, vanno allegati i fatti oggetto di indagine da parte del giudice, in forma chiara e circostanziata come peraltro esige la recente riforma del processo civile, e, dall'altro, va specificato in cosa consiste la dedotta turbativa del possesso per il ricorrente, a tale fine, indicando le circostanze sulla cui scorta verosimilmente il giudice adìto potrebbe concedere la richiesta tutela possessoria.

Il ricorso, unitamente alla procura alla lite, va sottoscritto dalla parte ricorrente e dal proprio difensore, quest'ultimo anche per autentica della sottoscrizione del suo cliente.

Richieste istruttorie

L'amministratore di condominio, unitamente alla produzione di materiale fotografico, può chiedere l'assunzione di informatori in persona dei condomini dello stabile condominiale al fine di provare il fatto costituente la dedotta turbativa del possesso, nella fattispecie integrata dall'abusiva installazione di una veranda sul balcone, e di conseguenza, la richiesta di ripristino dello status quo ante nei confronti del condomino evocato in giudizio. Lo stesso ricorrente deve allegare i presupposti per l'esercizio dell'azione di manutenzione del possesso come la mancata richiesta di un'autorizzazione da parte della competente autorità amministrativa e gli eventuali rilievi compiuti sulla facciata condominiale interessata dalla zona verandata.

4. Conclusioni

L'amministratore del condominio è legittimato, senza la necessità di ricevere un'autorizzazione ad hoc dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio relativo al compimento degli atti conservativi di cui all'art. 1130 c.c., i quali, si estendono alle azioni a tutela dello stato di godimento della cosa comune, purché non importanti una possibile disposizione della stessa (Cass. II, n. 3044/2009), ragione per cui non vi è dubbio che, nell'azione finalizzata alla tutela e conservazione delle parti comuni, rientra anche la tutela del decoro architettonico dell'edificio (Cass. II, n. 18207/2017).

Infatti, l'amministratore di condominio non è legittimato, senza autorizzazione dell'assemblea, all'esperimento di azioni reali contro i singoli condomini o contro terzi dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità od al contenuto di diritti su cose e parti dell'edificio, a meno che non rientrino nel novero degli atti meramente conservativi.

In tale ottica, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella destinata a riflettersi negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio (Cass. II, n. 18928/2020).

Ai fini della tutela del decoro architettonico dell'edificio condominiale, non occorre allora che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, nè rileva che tale fisionomia sia stata già gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull'immobile (Cass. II, n. 14598/2021; Cass. II, n. 25790/2020; Cass. II, n. 14455/2009; Cass. II, n. 27551/2005; Cass. II, n. 17398/2004).

Il pregiudizio economico risulta una mera conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico, che, costituendo una qualità del fabbricato, è tutelata – in quanto, di per sé, meritevole di salvaguardia – dalle norme che ne vietano l'alterazione (Cass. II, n. 7625/2006; Cass. II, n. 5899/2004; Cass. II, n. 5417/2002).

Nel presente scenario, trattasi della realizzazione di una veranda sul balcone del condomino, prospiciente sulla pubblica via, e di una bussola di ingresso collocata sul terrazzo condominiale, in corrispondenza della porta di accesso alla sua abitazione, ritenuto lesivo del decoro architettonico in quanto il fabbricato rappresentava uno dei pochi esempi di architettura nazionale di epoca liberty presente nel territorio locale e detto edificio aveva mantenuto nel tempo le caratteristiche peculiari di quel periodo storico, sicché la veranda modificava il rapporto armonico delle linee mentre la bussola di ingresso, per tipologia e qualità dei materiali utilizzati, oltre che per la modifica della sagoma dell'edificio, contrastava fortemente con le caratteristiche estetiche dello stesso.

Al riguardo, in forza dell'art. 1102, comma 1, c.c., applicabile al condominio negli edifici in virtù del rinvio operato dall'art. 1139 c.c., ciascun condomino può apportare a sue spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento delle cose comuni, sempre che osservi però il duplice limite di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Entro questi limiti, perciò, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi altresì dei muri perimetrali comuni dell'edificio, della facciata, del tetto e degli spazi comuni purché non ne alteri la relativa destinazione e non leda il decoro architettonico del fabbricato, statuito espressamente dall'art. 1120 c.c. in tema di innovazioni (Cass. II, n. 25790/2020)

Nel caso di specie, se risulta accertata l'occupazione stabile di un considerevole spazio dell'area comune costituita dalla facciata, con una struttura stabile come la veranda, ciò comporta la sussistenza di un'appropriazione del bene condominiale, con una modifica della destinazione che preclude l'utilizzo dell'area agli altri condomini, con la conseguente violazione dell'art. 1102 c.c., per sottrazione di detta area alla fruizione collettiva (Cass. II, n. 4711/2022).

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