Autotutela dell'amministrazione in caso di annullamento dell'aggiudicazione non accompagnato da declaratoria di inefficacia del contratto

25 Maggio 2023

La sentenza in commento affronta la problematica della disciplina applicabile nel caso in cui l'aggiudicazione di un appalto sia annullata in sede giurisdizionale ma il contratto sia stato già stipulato; risolve la questione riconoscendo la sussistenza di alcuni peculiari poteri in capo alla p.a.
Massima

In caso di contestazione della risoluzione di un contratto, non dovuta ad inadempimento nell'esecuzione, ma alla ritenuta assenza dei requisiti di partecipazione alla gara e di aggiudicazione in capo all'affidatario, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

In caso di annullamento in sede giurisdizionale dell'aggiudicazione senza pronunzia sulla sorte del contratto, non si determina automaticamente la nullità di quest'ultimo. Sussiste invece il potere della p.a., fondato sia sui generali principi dell'autotutela, sia sulla espressa previsione dell'art. 108 del Codice dei contratti pubblici (Codice), ora art. 122 del nuovo Codice, di incidere unilateralmente sulla efficacia del contratto per ragioni riconducibili ai vizi della fase della evidenza pubblica.

Il caso

La fattispecie di cui alla pronuncia in commento atteneva alla impugnazione di una deliberazione della stazione appaltante denominata “declaratoria di inefficacia” per nullità negoziale del contratto stipulato con un appaltatore, adottata sull'assunto che l'annullamento in sede giurisdizionale della aggiudicazione determinasse automaticamente la nullità del contratto.

Il Tribunale, ritenuta la sua giurisdizione e considerando le indicazioni normative e la giurisprudenza prevalente in materia, riqualificava l'atto contestato in giudizio alla stregua di atto unilaterale risolutivo ai sensi dell'art. 108, comma 1, del Codice del 2016 (ora art. 122 del nuovo Codice d.lgs. n. 36/2023), ovvero come esercizio di autotutela quale potere immanente della p.a.

La questione

La questione giuridica più interessante affrontata dalla decisione in commento riguarda i caratteri del potere che residua in capo alla p.a. dopo l'annullamento di un'aggiudicazione che intervenga successivamente alla stipula ed alla parziale esecuzione di un contratto, in particolare qualora nella sentenza di annullamento nulla venga previsto sul punto.

Al riguardo la sentenza passa in rassegna i vari orientamenti rilevando quanto segue.

La caducazione automatica del contratto viene talvolta affermata in giurisprudenza a seguito della riforma della sentenza di primo grado, da parte del giudice di appello. Secondo questo orientamento, devono ritenersi automaticamente caducati gli atti, amministrativi e negoziali, posti in essere dalla p.a. in esecuzione della sentenza di primo grado in applicazione della regola del cd. effetto espansivo esterno della sentenza di appello sancito dall'art. 336 cod. proc. civ., applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio contenuto nell'art. 39, comma 1, c.p.a. (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4505).

Un altro orientamento sostiene che la caducazione non è automatica, ma dovrebbe passare per una ulteriore azione da proporsi al giudice ordinario, per l'accertamento della inefficacia del contratto, da parte del soggetto che abbia ottenuto l'annullamento dell'aggiudicazione ovvero degli atti della procedura di gara (così Cons. Stato, sez. III, 27 dicembre 2017, n. 6115).

Una ulteriore linea di pensiero afferma, sempre con riguardo al caso di mancanza di espressa decisione del giudice, che non vi è caducazione automatica del contratto, che rimarrebbe in vita fatte salve le determinazioni assunte dalla p.a. in conseguenza dell'annullamento degli atti di gara (cfr., seppure in una fattispecie peculiare, Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2018, n. 6131).

Sostanzialmente nel medesimo senso, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto possibile disporre, in sede di ottemperanza o di legittimità, la caducazione del contratto d'appalto su ricorso proposto dalla parte vincitrice contenente domanda di subentro in ragione dell'inerzia tenuta dalla p.a. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2015, n. 407; III, 19 dicembre 2011, n. 6638, che ritiene irrilevante l'assenza di specifica domanda di caducazione del contratto nel giudizio principale; Cons. giust. amm. Reg. Siciliana, sez. giuris. 25 febbraio 2013, n. 276, che richiama quanto ritenuto, seppure in un diverso contesto normativo, dalla sentenza n. 9/2008 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato; Cons. Stato sez. V, 29 aprile 2020, n. 2731 e 14 luglio 2022, n. 6014).

Vale precisare che non sembra affermata in giurisprudenza la regola del necessario intervento del giudice di ottemperanza per caducare il contratto rimasto privo del presupposto della legittima aggiudicazione.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in parola ritiene di condividere l'orientamento che esclude la caducazione automatica e la giurisdizione ordinaria, ritenendo più conforme alla disciplina normativa riconoscere la sussistenza di un margine di intervento della p.a., la cui ampiezza dipende in gran parte dal contenuto della pronunzia di annullamento dell'aggiudicazione.

Gli artt. 121 e 122 c.p.a., infatti, attribuiscono al giudice il potere di dichiarare l'inefficacia del contratto e, anche nei casi caratterizzati dalle violazioni più gravi, è sempre rimesso al giudice il potere di effettuare un bilanciamento tra i vari interessi coinvolti.

Pertanto, il contratto potrebbe anche rimanere efficace dopo l'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione con decisione rimessa all'apprezzamento del giudice deputato, in sede giurisdizionale, a valutare e contemperare i vari interessi coinvolti.

Ad avviso del Tribunale, tali considerazioni escludono in radice che possa configurarsi come effetto dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione una caducazione automatica del contratto, perché una tale conseguenza precluderebbe al giudice le valutazioni e i poteri che la norma espressamente gli attribuisce circa il permanere dell'efficacia del contratto in taluni casi.

In questo quadro normativo, la giurisprudenza sostiene, tuttavia, che la p.a., nel caso in cui sia stata giudizialmente annullata l'aggiudicazione e il giudice non si sia pronunciato sulla efficacia del contratto, non può rimanere inerte.

La p.a. deve invece esercitare i poteri attribuitile dal Codice che regola la materia (riconducibili come si è detto nell'ambito generale dell'autotutela) ed incidere sulla perdurante efficacia del contratto, determinandone eventualmente la “risoluzione”, con effetto ex nunc; ovvero, sempre la p.a., può ritenere di conservare il rapporto negoziale, ovviamente previa congrua istruttoria e motivazione.

Va inoltre rilevato che la recente giurisprudenza amministrativa riconosce la possibilità per la p.a. di esercitare il potere di annullamento in autotutela dell'aggiudicazione della gara, anche dopo la stipulazione del contratto, con conseguente inefficacia di quest'ultimo, stante la stessa consequenzialità tra aggiudicazione e stipulazione del contratto (Cons. Stato sez. V, 27 gennaio 2022, n.590; TAR Campania, Napoli, sez. I, 22 luglio 2022, n. 4908).

Si sostiene inoltre che ciò che è precluso a seguito della stipulazione del contratto, secondo l'insegnamento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 14/2014, sarebbe soltanto l'esercizio del potere di revoca, ma non anche di quello di annullamento d'ufficio, che per sua natura presuppone il riscontro di un vizio di legittimità dell'atto oggetto di annullamento.

In questo quadro, deve riconoscersi un potere della p.a., vuoi fondato sui generali principi dell'autotutela amministrativa, vuoi sulla espressa previsione dell'art. 108, comma 1, del Codice del 2016 (ora art. 122 del nuovo Codice d.lgs. n. 36/2023) di incidere unilateralmente sulla efficacia del contratto per ragioni riconducibili ai vizi della fase della evidenza pubblica.

Osservazioni

Non priva di profili critici è la questione in esame, afferente alla sorte del contratto in caso di annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, qualora il contratto abbia già avuto parziale esecuzione e manchino in sentenza delibazioni al riguardo.

La soluzione abbracciata dalla pronuncia in commento, fondata sul riconoscimento di ampie prerogative alla p.a. da esercitarsi in base alle previsioni specifiche del Codice che regola la materia e alla disciplina dell'autotutela amministrativa, appare la più equilibrata, anche al lume dei sopravvenuti (ma in parte ricognitivi) principi “del risultato” e “della fiducia” di cui al nuovo Codice del 2023 (cfr. artt. 1 e 2).

Forse più esattamente, sembrerebbe doversi riconoscere l'applicabilità delle regole dell'autotutela in relazione al provvedimento di aggiudicazione ed a quelli ad esso correlati e delle regole di cui alla risoluzione dei contratti pubblici in relazione all'atto negoziale. Fermo restando che in assenza di forme tipiche previste dalla legge la confezione formale degli atti può essere variegata.

Potrebbe sorgere qualche dubbio in ordine alla opportunità di risolvere tali questioni nell'ambito di un nuovo giudizio sul provvedimento o comunque sull'atto adottato a seguito dell'annullamento giurisdizionale della aggiudicazione. Sembrerebbe forse più semplice e rapido ampliare i presupposti del giudizio di ottemperanza, eventualmente nelle forme dell'ottemperanza di chiarimenti, ovvero ipotizzare l'ammissibilità di una forma di incidente di esecuzione in tali circostanze.

Tuttavia, in assenza di prescrizioni normative nel predetto senso, la giurisprudenza amministrativa sembra ritenere in termini pressoché unanimi che i rimedi appena citati siano tipicamente azionabili dal ricorrente vittorioso ovvero dalla p.a. (nel caso di chiarimenti ex comma 5 dell'articolo 112 c.p.a.), e che in caso di riesercizio del potere a seguito di sentenza che lasci ampio margine alle prerogative della p.a. si è in presenza di un nuovo provvedimento o comunque di nuovi atti da gravare in sede di legittimità.

Da notare che l'art. 122 del nuovo Codice prevede, al comma 1, l'inciso chiarificatore per il quale le stazioni appaltanti possono risolvere il contratto di appalto “senza limiti di tempo”.

Nel contempo detto articolo sopprime l'attuale comma 1-bis dell'art. 108, che esclude l'applicabilità alla risoluzione del termine di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241/1990, sull'autoannullamento, il che appare coerente se si ritiene che si tratti di attività sostanzialmente o prevalentemente privatistica, mentre forse lo è di meno qualora si guardi all'istituto in una prospettiva pubblicistica.

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