Provvedimento non suscettibile di passare in giudicato: sussiste l'obbligo di sollevare conflitto negativo di giurisdizione (ex art. 11, comma 3, c.p.a.)?

Francesca Santoro Cayro
15 Giugno 2023

In caso di translatio iudicii, il giudice amministrativo dinanzi al quale è stato riproposto il giudizio non è obbligato a sollevare conflitto negativo di giurisdizione laddove questa sia stata declinata dal giudice a quo con provvedimento non suscettibile di passare in giudicato.
Massima

Il giudice amministrativo, laddove la domanda sia stata inizialmente proposta dinanzi ad altro giudice che ha declinato la propria giurisdizione con statuizione non suscettibile di passare in giudicato, può a sua volta negare la potestas iudicandi senza dover sollevare conflitto negativo di giurisdizione secondo i dettami di cui all'art. 11, comma 3, c.p.a.

Il caso

Una società adiva il giudice ordinario con ricorso per decreto ingiuntivo, al fine di ottenere ingiunzione di pagamento dei corrispettivi di alcuni lavoratori eseguiti in forza di convenzione sottoscritta con un Comune e successivamente rescissa a seguito di informativa interdittiva antimafia.

Il Tribunale civile rigettava il ricorso con decreto, con cui rilevava il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo.

La società riproponeva la medesima istanza al T.A.R. della Sicilia, che la accoglieva con decreto ingiuntivo avverso il quale l'intimato Comune proponeva opposizione ai sensi dell'art. 118 c.p.a.

In via pregiudiziale il giudice amministrativo rilevava ex officio il proprio difetto di giurisdizione.

La questione

Nella pronuncia in commento il giudice amministrativo è stato chiamato ad indagare se, nel particolare caso di specie, fossero configurabili i presupposti per sollevare il conflitto negativo di giurisdizione ai sensi dell'art. 11, co. 3 c.p.a., ovvero, viceversa, se la potestas iudicandi potesse essere declinata ai sensi dell'art. 9 c.p.a.

Nel caso di specie, inoltre, la causa è stata trattenuta in decisione dopo essere stata oggetto di alcuni rinvii, circostanza che ha imposto al Collegio di scrutinare anche la questione se risultasse o meno rispettato il limite temporale della “prima udienza fissata per la trattazione del merito” ai sensi dell'art. 59, comma 3, l. n. 69/2009”, oltre il quale il giudice dinanzi al quale il giudizio è stato riassunto non può sollevare d'ufficio la questione di giurisdizione davanti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 11, co. 3 c.p.a. prevede che “Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice amministrativo, quest'ultimo, alla prima udienza, può sollevare anche d'ufficio il conflitto di giurisdizione”.

Con la sentenza in commento, il T.A.R. ha interpretato la suddetta disposizione nel senso di non ritenersi vincolato alla proposizione del conflitto negativo di giurisdizione innanzi alla Corte di Cassazione laddove la statuizione del giudice a quo non sia suscettibile di passare in giudicato. Nel risolvere la questione alla sua attenzione il Collegio prende le mosse dalla formulazione dell'art. 640 c.p.c., secondo cui il decreto di rigetto della domanda proposta in via monitoria “non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in via ordinaria”. Tanto precisato, la pronuncia in esame richiama l'elaborazione giurisprudenziale in tema di conflitto negativo di giurisdizione (cfr. in particolare Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4817), secondo la quale una “sentenza” che declina la giurisdizione non può essere rimessa in discussione mediante eccezione o regolamento preventivo di giurisdizione, né nel giudizio a quo né nel giudizio riassunto, atteso che sia l'art. 11 comma 2, c.p.a. che l'art. 59 comma 2, l. 18 giugno 2009, n. 69 attribuiscono alla medesima l'attitudine a passare in giudicato formale, con la precisazione che “tale attitudine a passare in giudicato è connotato non solo delle sentenze declinatorie della giurisdizione del giudice amministrativo (giusta anche la previsione dell'art. 9 cod. proc. amm., che, come è noto, ha codificato l'istituto di matrice giurisprudenziale del giudicato implicito sulla giurisdizione), ma, ovviamente, anche di quelle del giudice ordinario ex art. 37 cod. proc. civ.”. Da ciò il Collegio trae la conclusione che, non attagliandosi tale capacità anche al decreto pronunciato dal giudice civile in sede monitoria, detta statuizione non impone al giudice amministrativo (successivamente investito dell'opposizione proposta avverso l'ingiunzione concessa, per il medesimo oggetto, ai sensi dell'art. 118 c.p.a.) di sollevare conflitto negativo di giurisdizione, ben potendo detto “secondo” giudice declinare la propria potestas iudicandi con sentenza resa ai sensi dell'art. 11, comma 1, c.p.a. Sotto altro profilo, considerato che la questione di giurisdizione è stata rilevata d'ufficio dopo che la causa era stata oggetto di alcuni rinvii, il Collegio ha ritenuto non ostativa la previsione di cui al menzionato art. 11, comma 3 c.p.a., laddove prevede che il conflitto di giurisdizione sia sollevato “alla prima udienza”: sul punto viene richiamata l'elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi in merito alla disposizione recata dall'art. 59, comma 3, della l. n. 69/2009 (ai sensi del quale il giudice davanti al quale la causa è stata riassunta può sollevare d'ufficio la questione di giurisdizione “fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito”), secondo la quale il termine “merito” vale a qualificare l'insieme delle questioni che afferiscono al diritto controverso, nel senso che ad esso siano preliminari (come le questioni di prescrizione e di decadenza), o ne riguardino il fondo (i.e., accertamento dei fatti rilevanti e loro qualificazione giuridica), con esclusione di quelle che afferiscono all'ordine del processo. Segnatamente, la pronuncia in esame fa proprio il principio di diritto secondo cui “il limite oltre il quale è precluso al giudice indicato di sollevare la questione di giurisdizione non è oltrepassato per il fatto in sé che un'udienza, la prima, sia tenuta, ma dal fatto che sia stata tenuta senza che il giudice si sia limitato all'adozione di provvedimenti ordinatori ed eventualmente decisori su questioni impedienti di ordine processuale, logicamente precedenti quella di giurisdizione” (cfr. Cass. civ., sez. un., 13 aprile 2012, n. 5873). Conclusivamente, il T.A.R. ha definito il giudizio con declaratoria di inammissibilità del ricorso e conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Osservazioni

La sentenza in commento riveste particolare interesse per la quaestio iuris ad essa sottesa, afferente alla possibilità, per il giudice amministrativo, di negare la propria giurisdizione (con sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 11, co. 1 c.p.a.) in presenza di una pregressa statuizione, non idonea a formare giudicato, con la quale il giudice originariamente investito della medesima domanda abbia a sua volta declinato la propria giurisdizione.

La pronuncia addiviene a tale conclusione all'esito di un'interpretazione delle disposizioni che, nell'ambito del nostro ordinamento processuale, regolano l'istituto, segnatamente la norma di ordine generale di cui all'art. 59, comma 3,della l. n. 69/2009 e la previsione dettata dall'art. 11, comma 3, del codice del processo amministrativo, ritenendo che il meccanismo dalle medesime prefigurato non debba essere doverosamente attivato laddove il giudice a quo si sia pronunciato sulla questione di giurisdizione con un provvedimento non suscettibile di assumere forza di giudicato.

Il Collegio, dunque, propugna una lettura per così dire “restrittiva” della normativa di cui sopra, con conseguente “riespansione” del potere del giudice ad quem di declinare la propria giurisdizione secondo il combinato disposto degli artt. 9 e 11, co. 1 c.p.a.

In linea generale e al di là delle peculiarità del caso di specie, si osserva che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, è ravvisabile un rapporto di specialità tra le citate norme, tale per cui l'applicazione al processo amministrativo della disciplina di portata generale dettata dalla l. n. 69/2009 opera in via sussidiaria, al fine di colmare eventuali lacune della regolamentazione contenuta nel c.p.a. e specificamente dedicata al processo amministrativo.

A tale impostazione sembra aderire anche la pronuncia in commento, laddove interpreta il lemma “prima udienza” di cui al citato art. 11, comma 3 alla luce delle coordinate ermeneutiche elaborate in relazione al menzionato art. 59, comma 3.

Preme ancora evidenziare che la disciplina dedicata dal codice del processo amministrativo al conflitto negativo di giurisdizione, ad una prima lettura, sembrerebbe non collimare del tutto con la regolamentazione di ordine generale dettata dall'art. 59, co. 3 della l. n. 69/2009.

La principale difformità tra le due disposizioni attiene al “modello” concretamente prescelto per dare attuazione al principio della traslatio iudicii: la prima parla di “riproposizione” del giudizio davanti al giudice amministrativo, laddove la seconda adotta il modello della “riassunzione” della causa dinanzi al giudice ad quem. In dottrina e giurisprudenza sono ben noti i distinguo tra “riassunzione” e “riproposizione” del giudizio, soprattutto in punto di unicità o meno del rapporto processuale (profilo sul quale, tuttavia, non si registra unanimità di vedute, alla luce di alcuni precedenti, anche recenti, sia della Corte di cassazione che del Consiglio di Stato).

Come si evince dalla relazione al Codice del processo amministrativo, tuttavia, non vi sarebbe alcun contrasto tra le citate disposizioni, atteso che l'art. 59, al precedente comma 2, rinvia chiaramente al modello della riproposizione (“Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile”), sicché il riferimento alla riassunzione contenuto nel successivo comma 3 sarebbe da intendersi in senso atecnico.

Se ne desume che l'opzione, contenuta nel c.p.a., per il modello della riproposizione è frutto di una scelta ben meditata.

Guida all'approfondimento

Per una ricostruzione dell'istituto del conflitto negativo di giurisdizione si rinvia a Commentario breve al Codice del processo ammnistrativo, di G. Falcon – F. Cortese – B. Marchetti, CEDAM, 2021, 127 e ss.

Sui rapporti tra l'art. 59, co. 3 l. n. 69/2009 e l'art. 11, co. 3 c.p.a. si segnala Cass., sez. un., 26 ottobre 2018, n. 27163. Sul concetto di “riproposizione” del giudizio è interessante l'interpretazione offerta da Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2018, n. 6952, secondo cui la soluzione tecnica adottata dal legislatore sarebbe nel senso che è “lo "stesso" rapporto processuale in origine instaurato innanzi ad un giudice privo di giurisdizione che prosegue innanzi a quello giurisdizionalmente competente costituendo proprio tale "continuazione" il fondamento dogmatico della salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda inizialmente proposta, e che non si tratti invece della riproposizione ex novo della domanda con mera retrodatazione dei suoi effetti”. Nel senso di “unicità del giudizio” si è espresso anche Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2019, n. 573.

Sull'impossibilità di sollevare il conflitto dopo la “prima udienza” si segnala Cons. Stato, sez. IV, 1° luglio 2022, n. 5504.

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