Quesito in tema di accertamenti medici (capacità dell'indagato/imputato)InquadramentoNessuno può essere punito se, nel momento in cui ha commesso il fatto di reato, non aveva la capacità di intendere o di volere per vizio totale di mente (in caso di infermità di mente solo parziale, la pena è diminuita, ma all'imputato può essere applicata una misura di sicurezza personale, qualora ne sia accertata la attuale pericolosità). FormulaN..... /.... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI.... (OVVERO) TRIBUNALE PENALE DI.... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI (OVVERO) TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE.... SEZIONE.... Accerti il consulente tecnico [1] (ovvero perito [2] ), esaminato l'indagato (ovvero l'imputato [3]), sentito chiunque sia in grado di riferire notizie utili ed esaminata la documentazione medica a lui relativa e compiuti tutti gli accertamenti del caso, – la storia personale e clinica nonché la struttura di personalità dello stesso; – se l'indagato (ovvero l'imputato) sia affetto da un disturbo mentale classificato nell'Asse I del DSM V [4] o da un disturbo della personalità classificato nell'Asse II del DSM V; – in caso positivo, se, a causa del predetto disturbo, l'indagato (ovvero l'imputato) sia stato, nel momento in cui ha commesso i fatti, in stato di mente tale da escludere, ovvero da scemare grandemente pur senza escluderla, la capacità di intendere e di volere. Nel caso di disturbo della personalità classificato nell'Asse II del DSM V, precisi se detto disturbo sia di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere, escludendola o scemandola grandemente, sulla capacità di intendere e di volere, illustrandone i motivi e descrivendo il rapporto motivante con il fatto commesso [5] ; – se il fatto di reato trovi la sua genesi e le sue motivazioni, con nesso eziologico, nel disturbo, sia di Asse I che di Asse II, eventualmente accertato, illustrandone i motivi in caso positivo; – se l'indagato (ovvero l'imputato) sia socialmente pericoloso; – in caso di effettiva sussistenza di infermità mentale nei termini suddetti, se tale infermità persista attualmente e se consenta all'indagato (ovvero all'imputato) di partecipare coscientemente al presente procedimento. Riferisca, infine, di ogni ulteriore elemento egli ritenga necessario per l'accertamento dei fatti e comunque utile ai fini di giustizia. [1]In caso di incarico conferito dal giudice. [2]In caso di incarico conferito dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 360 c.p.p. [3]Qualora sia già stata esercitata l'azione penale. [4]L'acronimo DSM sta per Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (“Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”), redatto dalla American Psychiatric Association, ora giunto alla quinta edizione (2013), che rappresenta l'opera di referenza più accreditata nella letteratura scientifica. Essa raccoglie quasi quattrocento tipologie distinte di disturbi mentali, in un'ottica schiettamente pratico-casistica e su basi statistiche (escludendo qualsiasi approccio teorico e a prescindere dal vissuto del singolo). I disturbi sono raggruppati in cinque diversi “Assi”, per favorire diagnosi standardizzate: – Asse I: disturbi clinici (ad esempio, schizofrenia ed altri disturbi psicotici); – Asse II: disturbi di personalità e ritardo mentale (ad esempio, disturbo borderline o paranoide); – Asse III: condizioni mediche acute e disordini fisici; – Asse IV: condizioni psicosociali e ambientali che contribuiscono al disordine; – Asse V: valutazioni globali del funzionamento. [5]Tali sono le condizioni in presenza delle quali la giurisprudenza apprezza, alla luce degli artt. 88-89 c.p. sulla totale o parziale infermità di mente, i disturbi della personalità. CommentoNel momento in cui l'indagato, per una sua accertata infermità mentale, non può partecipare coscientemente al procedimento, versando in condizioni tali da non comprendere quanto avviene in sua presenza e da non potersi difendere, il procedimento stesso non può più seguire il suo corso, salvo eccezioni. Questa condizione minorata potrebbe risalire al momento della commissione del fatto o essere successiva ad esso. Secondo l'art. 85 c.p., nessuno può essere sanzionato penalmente, se, al momento in cui lo ha commesso non aveva la capacità d'intendere e di volere. Questo difetto di imputabilità è poi declinato sulla base del vizio totale di mente (art. 88 c.p.), della ubriachezza o della intossicazione da stupefacenti derivata da caso fortuito o da forza maggiore (artt. 91, comma 1 e 93 c.p.), della intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti (art. 95 c.p.), del sordomutismo (art. 96, comma 1 c.p.). Non incidono gli stati emotivi o passionali (art. 90 c.p.) e neppure, se non come mera attenuante, il vizio parziale di mente nelle sue varie configurazioni (artt. 89,91, comma 2, 93 e 96, comma 2 c.p.). Peraltro, la regola compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” riguarda tutte le componenti del giudizio e, dunque, anche la capacità di intendere e di volere dell'imputato, il cui onere probatorio non è attribuito a quest'ultimo, quale prova di una eccezione, ma alla pubblica accusa (Cass. I, n. 9638/2016). Il giudice è sempre tenuto ad accertare d'ufficio la capacità di intendere e di volere dell'imputato. La definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato non lo esime da una tale verifica, qualora le parti alleghino su tale aspetto elementi concreti e non manifestamente inconferenti ovvero questi emergano ictu oculi dagli atti (Cass. I, n. 8965/2016, relativa ad una vicenda processuale in cui il giudice non aveva disposto perizia psichiatrica, disattendendo i dati emergenti dalla documentazione in atti, relativa ad un precedente procedimento penale, nel quale l'organo giudicante, recependo le conclusioni del perito, aveva ritenuto l'imputato incapace di intendere di volere). La capacità di comprendere il significato sociale delle proprie azioni e di autodeterminarsi conseguentemente (propria della disciplina del codice penale) e la capacità di prendere parte in piena consapevolezza al procedimento a proprio carico (tutelata dal codice di rito) erano sostanzialmente equiparate nella versione originaria del codice di procedura penale, cosicché le verifiche dirette a verificare l'idoneità a partecipare coscientemente al processo erano prescritte solo in caso di “infermità mentale sopravvenuta al fatto” (art. 70, comma 1 c.p.p.). La Corte costituzionale, ha dichiarato l'illegittimità di questa disposizione, limitatamente alle parole “sopravvenuta al fatto”, con la sentenza n. 340/1992, sottolineando come lo scrupolo del legislatore di evitare che la mancata distinzione tra infermità sopravvenuta e originaria finisse per provocare una sensibile alterazione della stessa disciplina sostanziale dell'infermità mentale cozzasse contro il diritto all'autodifesa, ogni qualvolta l'infermità di mente, non coincidente con la totale incapacità di intendere o di volere, risalisse al tempus commissi delicti e perdurasse nel corso del procedimento (di modo che sarebbe restata preclusa una decisione di proscioglimento o di non luogo a procedere). Può dunque concludersi che la mancanza di imputabilità e la capacità di partecipare scientemente al procedimento sono disciplinati in maniera distinta e non sovrapponibile, costituendo stati soggettivi, pure accomunati dall'infermità mentale, che operano su piani del tutto diversi ed autonomi (Cass. III, n. 3659/2017). Ai sensi dell'art. 71 c.p.p., qualora, a seguito degli accertamenti previsti dall'art. 70, risulti che lo stato mentale dell'imputato o indagato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e che tale stato è reversibile, il giudice è tenuto a disporre, con ordinanza ricorribile per cassazione, la sospensione del procedimento, a meno che non debba pronunciarsi sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. In caso di sospensione, è prevista la nomina all'imputato un curatore speciale, ed è altresì possibile l'assunzione delle prove che possono condurre al proscioglimento dell'imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti. Come oggi previsto dell'art. 72-bis c.p.p., introdotto con l. n. 103/2017, se, a seguito degli accertamenti previsti dall'art. 70, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedire la cosciente partecipazione al procedimento e che tale stato è irreversibile, il giudice, revocata l'eventuale ordinanza di sospensione del procedimento, pronuncia sentenza di non luogo a procedere o sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca. |