Verbale di informazioni fornite da persona in grado di riferire circostanze utili ai fini della difesa della persona assistita (art. 391-bis)InquadramentoIl codice, come interpolato dalla l. n. 397/2000, contempla tre diverse modalità di contatto tra gli organi dell'investigazione privata e le “persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa”: il colloquio, la ricezione di dichiarazioni e l'assunzione di informazioni. L'art. 391-ter c.p.p. costruisce l'assunzione di informazioni come un atto in cui l'intervistante e l'intervistato si correlano secondo una sequenza di domande e risposte. La forma di documentazione è costituita dal verbale, da redigere secondo le regole generali stabilite dal codice processuale (artt. 134 ss.). FormulaVERBALE DELLE INFORMAZIONI FORNITE DA PERSONA IN GRADO DI RIFERIRE CIRCOSTANZE UTILI AI FINI DELL'ATTIVITÀ INVESTIGATIVA rese da ..., nato a ... il ... e ivi residente in .... *** L'anno ..., il giorno ..., del mese di ... alle ore ... nello studio legale dell'Avv. ..., in ..., via ..., innanzi all'Avv. ..., difensore di fiducia di ... e alla presenza dell'Avv. ..., incaricato per la redazione del presente verbale, è comparso ..., nato a ... il ... residente in ..., al quale, dopo essere stato identificato mediante carta di identità n. ..., rilasciata dal Comune di ..., viene innanzitutto reso noto lo scopo del presente atto investigativo, cioè di ricercare elementi di prova a favore del suddetto assistito, persona sottoposta alle indagini nell'ambito del procedimento penale n. ... [1]. Viene, quindi, chiarito che l'atto ha forma di assunzione di informazioni e viene documentato mediante redazione di verbale in forma integrale, oltre che mediante riproduzione fonografica [2][3], la quale prende avvio alle ore .... Vengono, quindi, rivolti i seguenti avvertimenti: Ha l'obbligo di dichiarare se è persona sottoposta ad indagini nel predetto procedimento o in un procedimento connesso o per un reato collegato; Può avvalersi della facoltà di non rispondere. In questo caso, tuttavia, può essere convocato per un'audizione dinanzi al Pubblico Ministero o per rendere un esame dinanzi al Giudice per le indagini preliminari, ove sarà tenuta a rispondere anche alle domande formulate dal difensore; Nel caso in cui fosse già stato sentito dal Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria, deve astenersi dal rivelare le domande eventualmente formulate dai predetti e le risposte date agli stessi; Nel caso in cui dovesse rendere false dichiarazioni, incorrerà in responsabilità penali; Se si tratta di prossimo congiunto dell'indagato ha, anche in ragione di siffatta qualità, la facoltà di non rispondere. Viene quindi rammentato a ... che ogni persona può utilmente concorrere alla ricostruzione dei fatti in un procedimento penale anche rendendo dichiarazioni al difensore. Il Sig. ..., preso atto degli avvertimenti ricevuti, dichiara: 1. che non è sottoposto ad indagini nel predetto procedimento o in un procedimento connesso o per un reato collegato; 2. che intende rispondere alle domande che le saranno rivolte; 3. che non è stata sentito dal Pubblico Ministero o dalla Polizia Giudiziaria; 4. che non è prossimo congiunto degli indagati. D. ...; R. .... Del che il presente verbale, redatto con mezzi meccanici dall'incaricato Avv. ..., che dopo essere stato letto al comparente viene firmato dallo stesso e dalle persone intervenute. Il verbale viene chiuso alle ore .... La riproduzione fonografica viene interrotta alle ore .... Luogo e data ... Firma Avv. ... Firma Avv. ... 1. O, altrimenti, persona offesa dal reato. 2. Oppure: “Si dà atto che non si procede alla riproduzione fonografica dell'atto in quanto, per le ragioni contingenti di seguito descritte, non vi è disponibilità di mezzi di riproduzione: ... ”. 3. Oppure: “Si dà atto che non si procede alla riproduzione fonografica dell'atto in quanto, per le ragioni contingenti di seguito descritte, non vi è disponibilità di personale tecnico: ... ”. CommentoLe diverse forme di contatto con le persone informate sui fatti Il codice, come interpolato dalla l. n. 397/2000, contempla tre diverse modalità di contatto tra gli organi dell'investigazione privata e le “persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa”: il colloquio, la ricezione di dichiarazioni e l'assunzione di informazioni. Fermo restando che tutte le forme di contatto presentano, come comune denominatore, un rapporto bilaterale – tra richiedente e destinatario – ed un obiettivo di carattere generale – rappresentato dal chiaro intento di acquisire notizie utili per la conduzione delle stesse indagini difensive e per la determinazione delle conseguenti strategie – mentre il secondo e il terzo costituiscono la tipizzazione di attività formali, destinate ad una eventuale valenza procedimentale (dunque ad essere in senso proprio atti del procedimento), come emerge dalla prevista loro documentazione mediante verbale, il primo configura una attività investigativa del tutto informale. Un significativo elemento di differenziazione tra le diverse forme di contatto conoscitivo funzionale all'acquisizione di elementi dichiarativi è riscontrabile sotto il profilo della legittimazione soggettiva, dal momento che, mentre il colloquio può avere come interlocutore della persona informata qualsivoglia soggetto dell'investigazione privata, ossia il difensore, il sostituto, gli investigatori ed i consulenti tecnici, il ricorso agli strumenti acquisitivi formalizzati è riservato in via esclusiva al difensore ed al sostituto. In passato, come è noto, il dibattito circa l'opportunità di demandare il contatto investigativo al difensore, oppure all'investigatore privato, oscillava tra l'opinione di quanti ritenevano che il primo, delegando l'incombenza, sarebbe stato più libero psicologicamente al momento dell'esame dibattimentale non avendo in precedenza intrattenuto alcun tipo di rapporto con il dichiarante ed il giudizio di chi, invece, individuava nel legale la persona che più di altri avrebbe potuto dare forma, modellandone contenuti ed obiettivi, all'intervista, grazie all'approfondita conoscenza dei fatti oggetto del procedimento ed al superiore bagaglio tecnico-giuridico a disposizione. Il legislatore della riforma ha adottato, come detto, una soluzione parcellizzata, nell'ambito della quale la disciplina della documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni prevista dall'art. 391-ter c.p.p. e che contempla, quali soggetti chiamati rispettivamente all'autenticazione della sottoscrizione del dichiarante ed alla documentazione delle informazioni, esclusivamente il difensore o il sostituto – fatta salva la facoltà di avvalersi, ai fini della materiale redazione del verbale, di persone di loro fiducia – sembra costituire, insieme al rilievo procedimentale attribuito alle correlative risultanze, la giustificazione dell'opzione restrittiva in punto di poteri acquisitivi da fonti dichiarative. Infatti, l'attività acquisitiva formalizzata impone l'assunzione di un ruolo più che mai qualificato e tecnicamente d'avanguardia, essendosi in presenza di un atto nel quale l'investigante assume indefettibili funzioni di certificazione, più o meno estese a seconda della modalità prescelta. È chiaro che un'attività di così grande rilievo ed implicante rilevanti responsabilità non può essere affidata agli investigatori privati o ai consulenti tecnici, ossia ad ausiliari preposti all'assolvimento di funzioni di stampo tipicamente operativo e, sul piano generale, privi di qualsiasi potere di certificazione. Peraltro, la scelta normativa si inserisce all'interno di un modo di concepire la funzione ed il ruolo del difensore e dei sostituti assolutamente diverso rispetto a quelli degli altri ausiliari, questi ultimi visti come figure di autonomo rilievo ma estranee all'organizzazione dello studio professionale, anzi funzionalmente subordinati ai primi. L'assunzione di informazioni vede nel difensore e nel sostituto gli indiscussi protagonisti dell'atto acquisitivo, trattandosi dei soggetti investigativi che, attraverso la formulazione delle domande, pongono sul tappeto i temi che costituiscono l'oggetto delle successive e correlate affermazioni probatorie, ossia degli elementi formativi del contenuto utilizzabile dell'atto. Le formalità documentative Uno dei limiti più significativi della disciplina delle investigazioni difensive contenuta nell'art. 38 disp. att. c.p.p. era costituito, come è noto, dalla mancanza di una qualsiasi regolamentazione dei mezzi di documentazione delle risultanze acquisite dal difensore. La l. n. 397/2000 non poteva, ovviamente, non occuparsi della questione e in relazione all'atto acquisitivo di elementi dichiarativi ha previsto due distinte modalità documentative, diverse per struttura e requisiti formali e correlate a ciascuna delle possibili forme di contatto con la persona informata sui fatti. Un primo dato merita di essere evidenziato, e cioè che la legge sulle investigazioni difensive ha affidato esclusivamente al difensore la funzione documentativa degli atti investigativi, seguendo una prospettiva diversa da quella costituita dall'etero-documentazione, modalità consistente nella possibilità per il difensore di far documentare le dichiarazioni rilasciate dalle persone informate sui fatti da soggetti terzi – in particolare, notai – dotati di particolari qualifiche di rilievo pubblicistico, in grado di renderli garanti della fedeltà della documentazione, e, nello stesso tempo, funzionalmente estranei alla gestione penale. Durante la vigenza dell'art. 38 disp. att. c.p.p., come è noto, la questione concernente il possibile intervento del notaio in funzione documentativa di atti dichiarativi difensivi aveva dato luogo a notevoli perplessità, determinate soprattutto da un atteggiamento di radicale chiusura della Suprema Corte, orientata a collocare l'atto ricettivo di dichiarazioni testimoniali nell'ambito degli atti contrari all'ordine pubblico, vietati ai sensi dell'art. 28, l. n. 89/1913. Il legislatore, come già detto, ha scelto la strada dell'attribuzione diretta ed esclusiva al difensore procedente della funzione documentativa, della quale, ovviamente sono scanditi in maniera puntuale i passaggi procedurali, seguendo una cadenza caratterizzata dalla tassatività delle forme. Sul punto, la Corte di Cassazione ha, sia pure implicitamente, chiarito che i requisiti di forma prescritti dagli artt. 391-bis e 391-ter c.p.p. sono vincolanti ed inderogabili e, per quel che concerne più da vicino gli adempimenti documentativi, ha precisato che un atto di investigazione difensiva attuato a mezzo di una telefonata registrata tra il difensore dell'imputato e la persona offesa – quest'ultima inserita nelle liste testimoniali di cui all'art. 468 c.p.p. – si pone in radicale contrasto con la disciplina sulle investigazioni difensive, anche perché non vi sarebbe alcuna possibilità di identificare l'interlocutore e si registrerebbe un'assoluta e irrimediabile carenza degli avvertimenti prescritti dall'art. 391-bis, comma 3, c.p.p. (Cass. II, n. 6524/2011). Tra l'altro, la Corte di Cassazione non aveva mancato di precisare, in precedenza, che anche la facoltà del difensore di svolgere attività investigative per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito al fine di promuovere il giudizio di revisione deve essere svolta nelle forme prescritte dagli art. 391-bis e ss. c.p.p. (Cass. I, n. 45612/2003). La documentazione dell'assunzione di informazioni Le informazioni di cui all'art. 391-bis, comma 2, c.p.p. sono documentate dal difensore o da un suo sostituto, i quali possono avvalersi, per la materiale redazione del verbale, di persone di loro fiducia. Mediante siffatta proposizione l'art. 391-ter, comma 3, c.p.p. individua nel verbale lo strumento documentativo necessario dell'atto acquisitivo di informazioni e nel difensore – ovvero, nel suo sostituto – gli unici soggetti titolari della funzione documentativa. La persona di fiducia è, invece, eventualmente incaricata di compiti di natura materiale ed esecutiva, probabilmente connessi alla necessità di disporre di specifiche competenze tecniche funzionali alla compiuta realizzazione dell'attività di documentazione mediante il ricorso a peculiari strumenti di riproduzione. Per quel che concerne le modalità di documentazione dell'atto investigativo, la norma si limitava ad un richiamo modulare – in quanto applicabili, precisa infatti – delle disposizioni contenute nel libro II, titolo III del codice processuale, e il ricorso a siffatta tecnica non è casuale, poiché mediante il rinvio alle norme dettate in materia di documentazione degli atti processuali si è voluto attribuire pari dignità formale ed eguale valore processuale agli atti compiuti dalla difesa rispetto a quelli posti in essere dall'autorità giudiziaria, e ciò non solo ai fini di assicurarne una omologa valenza intrinseca, ma anche in relazione alla successiva utilizzazione processuale. La tecnica di normazione utilizzata implica, innanzitutto, che la documentazione dell'atto di assunzione di informazioni debba avvenire mediante verbale, il quale, ai sensi dell'art. 134 c.p.p., può assumere forma integrale o riassuntiva e deve essere redatto con la stenotipia o ricorrendo ad altro strumento meccanico ovvero, in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, utilizzando la scrittura manuale. Secondo la disciplina generale, quando il verbale è redatto in forma riassuntiva ad esso deve affiancarsi, altresì, l'effettuazione della riproduzione fonografica e, allorquando siffatte modalità di documentazione sono ritenute insufficienti, può essere aggiunta – nemmeno il ricorso ad essa può mai, quindi, avere funzione sostitutiva della verbalizzazione – la riproduzione audiovisiva, quale modalità considerata dal soggetto procedente assolutamente indispensabile e, quindi, nei casi in cui ricorre la necessità di conservare la cognizione visiva degli atti processuali ed i sistemi ordinari di documentazione si palesano come inadatti a tal fine. Ovvio che il ricorso a siffatte tecniche di documentazione, dotate di una ben maggiore potenzialità di controllo e fissazione del contenuto dell'atto, non è precluso dalla redazione del verbale in forma integrale, costituendo, in questo caso, una facoltà documentativa che il difensore potrebbe, per ragioni di garanzia della genuinità della deposizione, comunque ed in ogni caso preferire. Non sembra applicabile alla documentazione degli atti d'investigazione difensiva, ed in ogni caso appare essere una disposizione priva di significativo rilievo pratico, l'art. 140 c.p.p., il quale, spezzando il nesso apparentemente inscindibile intercorrente tra verbalizzazione riassuntiva e riproduzione fonografica stabilito dall'art. 134, comma 3, c.p.p., prevede che l'autorità procedente possa redigere soltanto verbale in forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitata rilevanza – caratteri difficilmente configurabili in relazione agli atti acquisitivi di informazioni – ovvero quando si verifica “una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici”. Posto, infatti, che la norma venne introdotta al fine di permettere un passaggio graduale alle nuove tecniche di documentazione, onde evitare che l'attesa delle dotazioni strumentali potesse determinare una situazione di paralisi, garantendo il funzionamento dell'apparato giudiziario anche in assenza di un immediato intervento volto a fornire i supporti necessari, è immaginabile che il difensore che intenda svolgere la propria attività difensiva mediante il ricorso ad atti investigativi sia gravato dall'onere di dotarsi delle – peraltro esigue – strumentazioni tecniche necessarie, potendo d'altra parte ovviare a situazioni di contingente indisponibilità mediante la verbalizzazione in forma integrale. In ogni caso, l'art. 139 c.p.p. precisa che la riproduzione fonografica o audiovisiva può essere effettuata da personale di fiducia dotato di particolari mezzi e competenze tecniche, fermo restando che siffatta attività deve comunque svolgersi sotto la costante direzione ed il rigido controllo del difensore, il quale deve altresì curare, nel caso in cui si proceda alla riproduzione fonografica, che nel verbale sia indicato il momento di inizio e di cessazione delle operazioni di riproduzione. L'indispensabilità del verbale, anche in concomitanza con l'impiego di strumenti documentativi ulteriori ma rispetto ad esso comunque complementari, è ribadita dalla previsione, contenuta nell'art. 139, comma 3, c.p.p., secondo cui, qualora la riproduzione fonografica, per qualsiasi motivo, non abbia avuto effetto o non sia chiaramente intelligibile in riferimento a singole parti, la funzione probatoria rispetto a queste è espletata dal verbale redatto in forma riassuntiva. Norma, quella appena richiamata, di primissimo piano poiché, oltre a ribadire la centralità e l'irrinunciabilità della modalità documentativa costituita dal verbale, sottolinea la necessità che il verbale riassuntivo, sebbene affiancato da un'altra metodologia di riproduzione, non possa comunque limitarsi all'indicazione dei confini temporali di essa, essendo invece necessario che esso garantisca un'effettiva documentazione, sia pur sintetica, volta a conservare traccia dei dati più significativi. L'atto d'indagine che sia posto in essere nei confronti di persone in stato di detenzione non sembra debba necessariamente essere documentato mediante il ricorso alle forme – implicanti, è stato rimarcato rafforzate prescritte dall'art. 141-bis c.p.p., anche se il ricorso ad esse determina l'espletamento di un'attività supplementare non soltanto non vietata sul piano generale, ma auspicabile sotto il profilo delle garanzie. Sul piano contenutistico il richiamo all'art. 136 c.p.p. implica che anche il verbale di assunzione di informazioni debba sostanziarsi in una parte topografica e cronologica, una descrittiva e una dichiarativa. Esso, in altri termini, deve comprendere la menzione del luogo, dell'anno, del mese, del giorno e, quando occorre, dell'ora in cui è cominciato e chiuso, le generalità delle persone intervenute, l'indicazione delle cause, se conosciute, della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire, la descrizione di quanto il verbalizzante ha fatto o ha constatato o di quanto è avvenuto in sua presenza e le dichiarazioni ricevute. Per ogni dichiarazione deve essere indicato, inoltre, se essa è stata resa spontaneamente o in relazione ad una domanda, la quale, in tale caso, deve essere riprodotta. Se la dichiarazione è stata dettata dal dichiarante, o se questi si è avvalso dell'autorizzazione a consultare note scritte, occorre farne menzione nel verbale. Ai sensi dell'art. 137 c.p.p., il verbale, previa lettura, deve essere sottoscritto alla fine di ogni foglio dal soggetto che lo ha redatto – ivi inclusa, quindi, la persona di fiducia che ne ha curato la materiale redazione – e dalle persone intervenute, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento. Se alcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne è fatta menzione con l'indicazione del motivo. In ogni caso, la Corte di Cassazione ha chiarito che l'atto redatto dal difensore, ex artt. 391-bis e 391-ter c.p.p., ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero e può ritenersi nullo solo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione dell'Avvocato o del sostituto che lo ha redatto, e non anche se l'informatore dichiarante non ha sottoscritto l'atto foglio per foglio (Cass. III, n. 2049/2018). Le novità introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 Il d.lgs. 150/2022 ha modificato la disciplina delle forme di documentazione delle informazioni di cui all'art. 391-bis, comma 2, c.p.p., estendendo gli obblighi documentativi di cui sono gravati i difensori. Ed infatti, il nuovo art. 391-ter, comma 3-bis, c.p.p., seguendo un modello molto più rigido rispetto a quello selettivo utilizzato nell'ambito degli artt. 357 e 373 c.p.p., stabilisce che, fatta salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, della quale evidentemente occorre dare atto nel verbale esponendo i correlati e specifici motivi, le informazioni devono essere documentate anche mediante riproduzione fonografica. Dunque, alla documentazione mediante verbale, il quale rimane in ogni caso indispensabile, deve affiancarsi quantomeno la fonoregistrazione, ragione per la quale viene meno la possibilità di non avvalersi dello strumento documentativo integrativo allegando la semplicità del contenuto dell'atto (art. 140, comma 1, c.p.p.) ovvero la verbalizzazione di esso in forma integrale (art. 134, comma 3, c.p.p.). Una scelta maggiormente funzionale alla garanzia di genuinità dell'atto è stata effettuata in relazione alle dichiarazioni provenienti da persona minorenne, inferma di mente o in condizioni di particolare vulnerabilità. L'art. 391-ter, comma 3-ter, c.p.p., introdotto dal d.lgs. 150/2022, infatti, prescrive in questi casi ed a pena di inutilizzabilità – nessuna sanzione, si noti, è prevista per il caso di inosservanza della norma precedente, né è stato modificato l'art. 142 c.p.p. – che si provveda alla documentazione integrale delle dichiarazioni con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica. L'obbligo di documentazione rafforzata è derogabile, tuttavia, allorché ricorrano congiuntamente due condizioni, delle quali occorre dare specifica e puntuale indicazione nel verbale: deve verificarsi una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico e devono sussistere particolari ragioni d'urgenza che rendono l'atto indifferibile. La trascrizione delle riproduzioni, fonografica ovvero audiovisiva, è disposta soltanto qualora risulti assolutamente indispensabile. Il difensore verbalizzante La Corte di Cassazione, occupandosi direttamente della tematica della qualificazione del verbale redatto dal difensore, ha statuito che integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico, ai sensi dell'art. 479 c.p., la condotta del difensore che documenta e poi utilizza processualmente le informazioni delle persone in grado di riferire circostanze utili alla attività investigativa, verbalizzate in modo incompleto o non fedele, in quanto l'atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal Pubblico Ministero. Più di recente, la giurisprudenza ha soggiunto che In tema di reati contro la fede pubblica, il delitto di falso materiale in atto pubblico consistito nella contraffazione, ad opera del difensore, delle firme poste in calce ai verbali delle dichiarazioni rilasciate, ex art. 391-bis c.p.p., si consuma nel momento dell'utilizzo processuale di detto verbale (Cass. V, n. 7615/2016). |