Richiesta di incidente probatorio in caso di esercizio della facoltà di astensione (art. 391-bis, comma 10)

Leonardo Suraci

Inquadramento

Il codice, come interpolato dalla l. n. 397/2000, contempla tre diverse modalità di contatto tra gli organi dell'investigazione privata e le “persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa”: il colloquio, la ricezione di dichiarazioni e l'assunzione di informazioni.

Il difensore che agisca al fine di acquisire elementi investigativi a carattere dichiarativo non dispone, tuttavia, di poteri coercitivi, di talché l'eventuale rifiuto dell'intervistato determina in capo al difensore che voglia comunque acquisire il contributo dichiarativo di questi l'obbligo di rivolgersi all'autorità giudiziaria mediante una richiesta di audizione ovvero di incidente probatorio.

Formula

PREG.MO SIG. GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI TRIBUNALE DI....

ISTANZA DI INCIDENTE PROBATORIO

(ART. 391-BIS, COMMA 9, C.P.P.)

L'Avv....., con studio in...., via...., n..... difensore di fiducia di...., persona sottoposta alle indagini nell'ambito del procedimento penale n..... iscritto dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di....,

PREMESSO

a) che con nota in data.... ha convocato il Sig....., nato a.... il...., residente in...., via...., n....., con il quale doveva conferire nell'ambito delle investigazioni difensive che sta compiendo nell'interesse del proprio assistito;

b) che la predetta persona non si è presentata nel proprio studio [1] ;

c) che l'atto investigativo è rilevante ai fini dell'accertamento dei fatti in quanto.....

Tanto premesso, con la presente rivolge istanza affinché la S.V. Ill.ma voglia, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 9, c.p.p., disporre incidente probatorio al fine di assumere la testimonianza della predetta persona.

Luogo e data....

Firma....

[1]Ovvero, pur presentandosi nel proprio studio si è avvalsa della facoltà di non rispondere come risulta dal verbale allegato.

Commento

Il sistema delle “finestre giurisdizionali”

Il difensore che agisca al fine di acquisire elementi investigativi a carattere dichiarativo non dispone, come più volte ribadito, di poteri coercitivi.

Dall'esame della disciplina complessiva delle investigazioni difensive, infatti, sembra infatti potersi scorgere, tra i principi ispiratori, quello della “consensualità”, non essendo conferita ai soggetti dell'investigazione privata la titolarità di mezzi di coazione in relazione ai casi in cui il compimento di un atto d'indagine richiede la necessaria collaborazione di determinati soggetti e, questa, non venga prestata.

Il difensore, dunque, non può obbligare la persona che ipotizza essere a conoscenza di circostanze utili alla difesa del proprio assistito ad aderire alla proposta di contatto investigativo, ancorché formulata con atto scritto, e, qualora sia riuscita a procurarsi la presenza fisica della fonte nel luogo eventualmente concordato, non soltanto non è assistito da un potere impositivo, ma dovrà previamente avvertire l'informatore della facoltà di non rispondere.

Il deficit che assiste l'atto d'indagine difensivo sotto il profilo dei poteri coercitivi del difensore è compensato – come avviene, d'altra parte, in relazione a tutti gli atti d'indagine difensiva che coinvolgono situazioni giuridiche soggettive riferibili a persone estranee alla vicenda investigativa – dalla predisposizione di strumenti, di pertinenza di soggetti pubblici, che realizzano scenari alternativi rispetto all'omologo atto investigativo difensivo, comunque astrattamente idonei ad assicurare il medesimo risultato acquisitivo di dati conoscitivi rilevanti.

Entrambi compendiati nell'art. 391-bis c.p.p., la “audizione del Pubblico Ministero” e l'incidente probatorio c.d. “parainvestigativo” sono istituti che mantengono intatta la loro tradizionale destinazione funzionale, essendo, la scelta tra i due, rimessa alla discrezionalità del difensore, il quale compirà le proprie valutazioni sulla base della strategia difensiva adottata e, conseguentemente, del tipo di atto ritenuto più idoneo a perseguirla, anche se non sfugge come entrambi gli strumenti implichino per la difesa, sia pure in termini diversi, il rischio di una discovery anticipata delle proprie fonti, nella maggior parte dei casi neppure sostenuta da una precisa conoscenza circa il reale bagaglio di informazioni che queste possono apportare.

Il primo, quale atto d'indagine, persegue finalità meramente investigative, mentre il secondo, costituente una parentesi processuale aperta nella fase investigativa, ha una funzione squisitamente probatoria, essendo finalizzato all'acquisizione anticipata di elementi di prova utilizzabili anche in sede dibattimentale e, pertanto, destinati a trovare ingresso fin dall'inizio nel fascicolo per il dibattimento, formato ai sensi dell'art. 431 c.p.p.

L'incidente probatorio

Nell'ambito della strutturazione complessiva del nuovo sistema processuale, è noto che l'incidente probatorio avesse una funzione ben delineata.

Nel modello processuale precedentemente vigente, come è noto, non era previsto un istituto riconducibile allo schema dell'incidente probatorio.

Affermatosi, nella configurazione del nuovo modello processuale, il principio della separazione tra la fase delle indagini preliminari – affidata al Pubblico Ministero ed alla polizia giudiziaria e finalizzata all'acquisizione di elementi necessari alle determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale – e la fase dibattimentale – sede naturale di formazione della prova – diveniva necessaria la previsione di un congegno normativo che consentisse l'acquisizione anticipata di prove suscettibili di dispersione.

La nuova strutturazione dei rapporti tra le su menzionate fasi del procedimento e la naturale inidoneità della prima a fungere, almeno ordinariamente, da segmento acquisitivo della prova ponevano sul tappeto, in altri termini, il problema di come attivare una procedura formativa di elementi probatori in presenza di circostanze tali da rendere l'acquisizione medesima indifferibile rispetto al dibattimento.

La soluzione è stata quella di costruire un congegno – l'incidente probatorio, appunto – in virtù del quale le prove suscettibili di dispersione in attesa dell'instaurazione del dibattimento possono essere assunte nel corso delle indagini preliminari mediante forme che, pur implicando il necessario sacrificio dei principi fondamentali tipici del processo accusatorio, garantiscono, sia pure con modalità più sfumate, il diritto delle parti al contraddittorio nella formazione della prova.

L'incidente ex art. 391- bis c.p.p. Le peculiarità relative alla legittimazione all'instaurazione dell'istituto

L'intervento normativo attuato con la legge sulle investigazioni difensive si inserisce lungo un solco già tracciato dalle riforme che, nel corso degli anni, hanno svincolato l'attivazione dell'incidente probatorio dalla premessa dell'indifferibilità, anche se l'istituto presenta delle peculiarità rispetto alla figura tradizionale.

Esso è, innanzitutto, attivabile in via esclusiva dal difensore, il quale, ritiene parte della dottrina, è gravato semplicemente dall'onere di documentare la mancata attivazione degli strumenti tipici dell'investigazione difensiva su fonte dichiarativa per la causa specificamente contemplata dall'art. 391-bis, comma 10, c.p.p.

Non sembra possa dubitarsi, inoltre, del fatto che l'istituto in questione, come quello previsto dall'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., possa essere attivato anche nel caso in cui la persona informata sui fatti, anziché avvalersi del diritto al silenzio, abbia preferito addirittura rifiutare il contatto fisico con il difensore.

I poteri del Giudice

Una volta presentata l'istanza, il Giudice adito manca di significativi margini di valutazione nella decisione afferente l'instaurazione dell'incidente istruttorio, costituendo, il relativo provvedimento di ammissione – e fatta salva la possibilità di un controllo meramente formale teso ad escludere eventuali ipotesi di inammissibilità per ragioni connesse a difetti di legittimazione ovvero a violazioni di norme perfectae (si pensi, per esempio, all'utilizzo della posta elettronica certificata quale veicolo di trasmissione dell'istanza, la cui legittimità ai fini della trasmissione di memorie, istanze o richieste di provenienza difensiva è stata esclusa, da ultimo, da Cass. I, n. 21981/2020) – un atto dovuto in relazione al diniego opposto dalla persona informata al difensore.

A questo proposito, la Suprema Corte ha evidenziato che sussistono i requisiti per accedere all'incidente probatorio ai sensi dell'art. 391-bis, comma 11, c.p.p. qualora la volontà formalmente espressa del dichiarante-collaboratore di giustizia di non rendere dichiarazioni al difensore dell'imputato, nell'ambito delle investigazioni difensive, sia stata acquisita tramite annotazione in calce all'atto di notifica dell'invito del difensore, redatta dai preposti ufficiali di pubblica sicurezza (Cass. V, n. 32625/2018).

È importante, tuttavia, rilevare come, fin da subito, la Corte di Cassazione ha adottato un orientamento teso a ridimensionare la portata dell'obbligo del Giudice per le indagini preliminari di aderire alla richiesta della difesa in ordine all'attivazione dell'incidente “parainvestigativo”, avendo stabilito, sebbene si trattasse di una richiesta di incidente probatorio avanzata ai sensi dell'art. 391-bis, comma 11, c.p.p., che avverso l'ordinanza con la quale il Giudice accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio non è prevista impugnazione e, ciò, sia in ragione del principio di tassatività delle impugnazioni di cui all'art. 568 c.p.p., sia per la natura dell'incidente probatorio, caratterizzato dall'esigenza di speditezza con cui tale fase deve essere espletata e che è incompatibile con i tempi necessari per il procedimento di impugnazione (Cass. III, n. 20130/2002. Negli stessi termini, successivamente, Cass. VII ord., n. 30471/2017).

D'altro canto, continua la Suprema Corte, rimane altresì esclusa la qualificabilità dell'ordinanza di rigetto quale provvedimento abnorme, e, quindi, la possibilità di impugnazione mediante ricorso in cassazione, dal momento che essa, a prescindere dalla eventuale erroneità della decisione o della relativa motivazione, non può dirsi avulsa dall'intero ordinamento processuale (c.d. abnormità strutturale) né adottata al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, tanto da determinare una stasi irrimediabile del procedimento (c.d. abnormità funzionale) (Cass. III, n. 20130/2002).

Occupandosi direttamente della questione afferente all'estensione del vaglio di ammissibilità della richiesta, inoltre, la Suprema Corte ha, di recente, statuito che la richiesta medesima non presupponga alcun automatismo, implicando una valutazione positiva del Giudice circa la rilevanza, ai fini investigativi, delle circostanze in relazione alle quali si vuole che la persona sia sentita (Cass. III, n. 1399/2011).

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