Richiesta di audizione in caso di esercizio della facoltà di astensione (art. 391-bis, comma 11)

Leonardo Suraci

Inquadramento

Il codice, come interpolato dalla l. n. 347/2000, contempla tre diverse modalità di contatto tra gli organi dell'investigazione privata e le “persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa”: il colloquio, la ricezione di dichiarazioni e l'assunzione di informazioni.

Il difensore che agisca al fine di acquisire elementi investigativi a carattere dichiarativo non dispone, tuttavia, di poteri coercitivi, di talché l'eventuale rifiuto dell'intervistato determina in capo al difensore che voglia comunque acquisire il contributo dichiarativo di questi l'obbligo di rivolgersi all'autorità giudiziaria mediante una richiesta di audizione ovvero di incidente probatorio.

Formula

Preg.mo Sig. Pubblico Ministero

Procura della Repubblica

Tribunale di ...

ISTANZA DI AUDIZIONE

- Art. 391-bis, comma 10, c.p.p. -

L'Avv. ..., con studio in ..., via ..., n. ... difensore di fiducia di ..., persona sottoposta alle indagini nell'ambito del procedimento penale n. ... iscritto dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di ...,

premesso:

a. che con nota in data ... ha convocato il Sig. ..., nato a ... il ..., residente in ..., via ..., n. ..., con il quale doveva conferire nell'ambito delle investigazioni difensive che sta compiendo nell'interesse del proprio assistito;

b. che la predetta persona non si è presentata nel proprio studio [1];

c. che ricorrono le condizioni di cui all'art. 391-bis, comma 10, c.p.p.;

d. che l'attività d'indagine è rilevante in quanto ....

Tanto premesso, con la presente rivolge istanza affinché la S.V. Ill.ma voglia, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., disporre l'audizione della predetta persona, fissandola entro sette giorni dalla presente richiesta.

Luogo e data ...

Avv. ...

1. Ovvero, pur presentandosi nel proprio studio si è avvalsa della facoltà di non rispondere come risulta dal verbale allegato.

Commento

Il sistema delle “finestre giurisdizionali”

Il difensore che agisca al fine di acquisire elementi investigativi a carattere dichiarativo non dispone, come più volte ribadito, di poteri coercitivi.

Dall'esame della disciplina complessiva delle investigazioni difensive, infatti, sembra infatti potersi scorgere, tra i principi ispiratori, quello della “consensualità”, non essendo conferita ai soggetti dell'investigazione privata la titolarità di mezzi di coazione in relazione ai casi in cui il compimento di un atto d'indagine richiede la necessaria collaborazione di determinati soggetti e, questa, non venga prestata.

Il difensore, dunque, non può obbligare la persona che ipotizza essere a conoscenza di circostanze utili alla difesa del proprio assistito ad aderire alla proposta di contatto investigativo, ancorché formulata con atto scritto, e, qualora sia riuscita a procurarsi la presenza fisica della fonte nel luogo eventualmente concordato, non soltanto non è assistito da un potere impositivo, ma dovrà previamente avvertire l'informatore della facoltà di non rispondere.

Il deficit che assiste l'atto d'indagine difensivo sotto il profilo dei poteri coercitivi del difensore è compensato – come avviene, d'altra parte, in relazione a tutti gli atti d'indagine difensiva che coinvolgono situazioni giuridiche soggettive riferibili a persone estranee alla vicenda investigativa – dalla predisposizione di strumenti, di pertinenza di soggetti pubblici, che realizzano scenari alternativi rispetto all'omologo atto investigativo difensivo, comunque astrattamente idonei ad assicurare il medesimo risultato acquisitivo di dati conoscitivi rilevanti.

Entrambi compendiati nell'art. 391-bis c.p.p., la “audizione del Pubblico Ministero” e l'incidente probatorio c.d. “parainvestigativo” sono istituti che mantengono intatta la loro tradizionale destinazione funzionale, essendo, la scelta tra i due, rimessa alla discrezionalità del difensore, il quale compirà le proprie valutazioni sulla base della strategia difensiva adottata e, conseguentemente, del tipo di atto ritenuto più idoneo a perseguirla, anche se non sfugge come entrambi gli strumenti implichino per la difesa, sia pure in termini diversi, il rischio di una discovery anticipata delle proprie fonti, nella maggior parte dei casi neppure sostenuta da una precisa conoscenza circa il reale bagaglio di informazioni che queste possono apportare.

Il primo, quale atto d'indagine, persegue finalità meramente investigative, mentre il secondo, costituente una parentesi processuale aperta nella fase investigativa, ha una funzione squisitamente probatoria, essendo finalizzato all'acquisizione anticipata di elementi di prova utilizzabili anche in sede dibattimentale e, pertanto, destinati a trovare ingresso fin dall'inizio nel fascicolo per il dibattimento, formato ai sensi dell'art. 431 c.p.p.

L'audizione

L'istituto della “audizione”, previsto e disciplinato dall'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., implica un intervento suppletivo del Pubblico Ministero.

Lo strumento, utilizzabile esclusivamente per acquisire elementi conoscitivi di natura dichiarativa da persone informate sui fatti, è attivabile ad istanza del difensore, istanza che – si legge nella norma – obbliga il Pubblico Ministero a provocare il momento di contatto investigativo entro sette giorni.

Termine, quest'ultimo, meramente ordinatorio la cui inosservanza non produce altre conseguenze se non quelle previste dall'art. 124, comma 2, c.p.p., fermo restando che il difensore potrebbe ovviare alla condotta omissiva del Pubblico Ministero mediante la proposizione di una richiesta di incidente probatorio, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 11, c.p.p.

Sembra, però, configurabile un preciso dovere del Pubblico Ministero di agire in conformità con la richiesta del difensore, di talché, è stato osservato in dottrina, la fissazione dell'audizione si configura come un atto dovuto, come emerge dall'uso del verbo all'indicativo per cui il Pubblico Ministero, su richiesta del difensore, dispone (ossia, deve disporre!) l'audizione che fissa entro sette giorni.

Non sono previste norme che autorizzino il Pubblico Ministero a dichiarare l'inammissibilità della richiesta o a respingerla, neppure se essa dovesse prima facie apparire pretestuosa o se il Pubblico Ministero (per la conoscenza di atti coperti dal segreto) fosse in condizioni di affermare che la persona, di cui si chiede l'audizione, non è in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa difensiva.

Né la norma sembra lasciare spazi al Pubblico Ministero di valutare la compatibilità dell'audizione con le sue strategie investigative o, quantomeno, di vietare al difensore le domande considerate estranee all'oggetto delle indagini.

Non mancano, a dire il vero, posizioni dottrinarie tese a conferire al Pubblico Ministero un potere di controllo molto ampio, esteso fino al punto da consentire una verifica sia sotto il profilo dell'ammissibilità della richiesta, sia in punto di pertinenza dei fatti rispetto al procedimento, ovvero di utilità di essi rispetto agli interessi difensivi del richiedente.

Si tratta, però, di soluzioni che, sia pure mosse dall'intento di evitare la presentazione di richieste puramente dilatorie, si scontrano con il dato letterale e, soprattutto, con la situazione di pratica impossibilità, per il difensore, di corredare la richiesta di requisiti – quali l'oggetto delle dichiarazioni, la loro pertinenza e rilevanza – generalmente destinati a rimanere ignoti a causa del rifiuto opposto dalla fonte di prova a fronte della proposta di contatto investigativo difensivo.

Il difensore – è invece l'assunto della Suprema Corte – non può limitarsi a rappresentare l'avvenuta regolarità della convocazione e l'esercizio, da parte della persona convocata, della facoltà di cui all'art. 391-bis, comma 3, lett. d), c.p.p., ma, allorquando propone istanza di audizione, deve indicare al Pubblico Ministero le circostanze in relazione alle quali vuole che la persona sia sentita e le ragioni per le quali ritiene che esse siano utili ai fini delle indagini (Cass. II, n. 40232/2006).

La natura e le caratteristiche dell'audizione

Siamo in presenza di un atto investigativo difficilmente riconducibile alle categorie tradizionalmente note al nostro sistema processuale e del quale appare quanto mai problematico identificare la natura.

Infatti, esso presenta i tratti esteriori tipici dell'atto previsto dall'art. 362 c.p.p. e, in questi termini, viene comunque qualificato dalla Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che le dichiarazioni raccolte dal Pubblico Ministero, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 10, c.p.p., da colui che si sia rifiutato di rispondere al difensore, costituiscono a tutti gli effetti atti del Pubblico Ministero (Cass. III, n. 21092/2007. Di recente v., negli stessi termini, Cass. III, n. 1399/2011).

L'ovvia conseguenza che è stata desunta da un siffatto inquadramento dell'atto è che gli avvertimenti preliminari – che devono essere rivolti al dichiarante e analiticamente verbalizzati, ai sensi dell'art. 391-bis, comma 3, c.p.p. – non riguardano l'atto sostitutivo del Pubblico Ministero, come può evincersi in maniera evidente dalla stessa formulazione testuale della norma, che pone i relativi obblighi a carico esclusivamente del difensore, sostituto, investigatori privati autorizzati o consulenti tecnici.

Volendo analizzare da vicino l'istituto, va detto, innanzitutto, che esso è disposto dal Pubblico Ministero, il che rende possibile il ricorso ai mezzi coercitivi – in particolare, l'accompagnamento coattivo ex art. 377 c.p.p. – diretti ad assicurare comunque la presenza della persona da assumere a sommarie informazioni.

La circostanza che il provvedimento del Pubblico Ministero consegua ad un'istanza del difensore non ha portata decisiva al fine di escludere l'atto dal novero di quelli di pertinenza di quest'ultimo, essendo già in precedenza consentito ai difensori di rivolgere richieste scritte al Pubblico Ministero, senza che questo elemento incidesse sulla natura dell'atto conseguente.

Tuttavia, a differenza di quanto previsto per le richieste ex art. 367 c.p.p., l'istanza del difensore pone in capo alla controparte pubblica un vero e proprio obbligo di assunzione, dal quale è possibile sottrarsi opponendo l'illegittimità della richiesta – perché proposta da un soggetto privo di legittimazione, ovvero, in casi non consentiti – oppure allegando l'avvenuta segretazione della fonte e, chiaramente, nei limiti temporali prescritti dall'art. 391-quinquies c.p.p.

Non sembra, poi, potersi dubitare del fatto che alla documentazione dell'atto – la peculiarità del quale e l'autonomia di esso rispetto alle altre tipologie di atti investigativi lo rendono insuscettibile di delega alla polizia giudiziaria – debba provvedere l'ausiliario del Pubblico Ministero a norma dell'art. 373 c.p.p., né che il relativo verbale confluisca direttamente nel fascicolo delle indagini preliminari, con facoltà del difensore di ottenere copia a norma dell'art. 366 c.p.p.

Detto questo, da un punto di vista sostanziale l'atto si discosta dai caratteri tipici delle attività investigative del Pubblico Ministero, anche se siffatta connotazione non consente di sostenere che l'investigante pubblico, in relazione al suo compimento, assuma un mero ruolo di garanzia rispetto all'espletamento della funzione investigativa del difensore.

Un'elementare attività esegetica è sufficiente a far rilevare come il legislatore abbia posto il Pubblico Ministero in una posizione di supremazia, quale organo preposto alla gestione esclusiva di un atto al quale il difensore ha, in primo luogo, il diritto di assistere.

Questo profilo esegetico costituisce un dato di conferma della tesi secondo cui l'atto in questione è di pertinenza del Pubblico Ministero e, allo stesso tempo, lascia emergere la singolarità di una scelta legislativa diretta a sopperire all'impossibilità di esplicazione di un atto difensivo mediante l'arricchimento degli strumenti investigativi a disposizione dell'antagonista pubblico.

Il sospetto che il rimedio predisposto sia connotato da un intrinseco squilibrio delle posizioni delle parti è confermato dalla previsione di un diritto del Pubblico Ministero di rivolgere domande alla persona convocata, sebbene soltanto dopo che il difensore abbia provveduto ad acquisire gli elementi conoscitivi utili e, comunque, sempre in sua presenza.

Il Pubblico Ministero, al quale la controparte è stata costretta a consegnare la fonte conoscitiva, può, infatti, approfittare della possibilità di assistere all'atto acquisitivo privato non soltanto per aguzzare l'intuito al fine di percepire le linee dell'attività complessivamente espletata dal difensore, ma anche per modulare le proprie domande sulla base degli elementi emersi durante l'esame del difensore e dei quali, nell'ambito di un sistema investigativo binario più equilibrato, non dovrebbe avere nemmeno conoscenza.

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