Ordinanza applicativa del divieto di avvicinamentoInquadramentoCon questo provvedimento il Giudice può prescrivere all'indagato/imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. È la misura cautelare tipica per tutelare le esigenza delle vittime dei reati persecutori o maltrattamenti in famiglia, laddove il contatto tra l'autore delle condotte denunciate e la persona offesa è occasione della reiterazione dei comportamenti su cui si procede. Il provvedimento è emesso inaudita altera parte, su richiesta del Pubblico Ministero. Per la sua adozione occorre motivare in merito alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato per un reato punito con pena non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione e di almeno una delle tre esigenze cautelari tipizzate dall'art. 274 c.p.p.: a) inquinamento probatorio; b) pericolo di fuga; c) pericolo di reiterazione dei delitti della stessa specie di quelli per cui si procede. La misura cautelare del divieto di espatrio deve essere applicata ogni volta che il Giudice applichi un'altra delle misure cautelari personali (art. 281, comma 2-bis, c.p.p.). FormulaTRIBUNALE PENALE DI ... UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI ORDINANZA APPLICATIVA DEL DIVIETO DI AVVICINAMENTO – art. 282-ter c.p.p. – Il Giudice Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1. ..., nato il ... a ..., residente in ..., difeso di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; 2. ..., nata il ... a ..., residente in ..., difesa di ufficio/fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...; per il reato previsto e punito dall'art. ..., per i reati previsti e puniti dagli artt. .... In ... Commesso/Accertato in ..., il .... Ritenuto che sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato per cui si procede, in particolare (indicare gli elementi indiziari, tenendo conto del tempo trascorso dalla commissione del fatto - art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p.) che sussiste altresì l'esigenza (indicare una delle esigenze cautelari dell'art. 274 c.p.p.); Per Questi Motivi Dispone a carico di ... la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, prescrivendo all'indagato di non avvicinarsi all'abitazione di ... sita in ..., via ..., nonché al luogo di lavoro sito in ..., via ..., alla scuola ... sita in ... via ... frequentata dalla figlia minore ..., all'abitazione dei genitori sita in ..., via ... (indicare eventuali altri luoghi frequentati dalla persona offesa) senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria e/o di mantenere dal luogo indicato/dai luoghi indicati la distanza minima di 200 metri (indicare distanza) (eventualmente aggiungere anche) Fa divieto all'indagato di comunicare con la persona offesa con qualsiasi mezzo, anche in via telefonica o telematica, senza autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria. Visto l'art. 92 disp. att. c.p.p., manda alla Cancelleria di trasmettere immediatamente la presente ordinanza al Pubblico Ministero che ne curerà l'esecuzione. Manda, altresì, alla Cancelleria di effettuare tempestivamente, e comunque prima dell'interrogatorio di garanzia, ai difensori l'avviso di deposito di cui all'art. 293 c.p.p. Luogo e data ... Il Giudice per le indagini preliminari ... Firma ... CommentoLe misure cautelari personali sono provvedimenti del Giudice – in forma di ordinanza – con cui si comprime la libertà dell'indagato al fine di proteggere (cautelare) il procedimento penale nella fase di accertamento che precede il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Di fatto, coincidono con la pena detentiva. Per evitare che l'indagato sconti la pena in un momento in cui non è ancora stata accertata la sua responsabilità per il reato di cui è accusato (abuso della carcerazione preventiva), alcune recenti riforme (l. n. 117/2014 e l. n. 47/2015) hanno inciso notevolmente su questo istituto secondo le seguenti direttive: a) accentuata la analisi del merito della vicenda: oggi è richiesta al Giudice della cautela una prognosi dell'esito del processo, per evitare l'adozione di misure ogni volta che è prevedibile che l'indagato, anche se condannato, non sconti una pena detentiva (sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p., sospensione dell'esecuzione ex art. 656 c.p.p.). b) Proporzionalità: lo scopo per il quale il provvedimento è adottato deve essere raggiunto con il minimo sacrificio possibile alla libertà personale. Pertanto nell'applicare la misura cautelare il Giudice dovrà spiegare perché ha ritenuto insufficiente ogni altra misura coercitiva e/o interdittiva meno afflittiva. c) Plasticità delle misure cautelari: possono essere combinate più misure cautelari (sia coercitive che interdittive). d) Rafforzato l'obbligo di motivazione. Il primo requisito per l'applicazione di una misura cautelare personale è costituito dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (accertamento interinale sulla fondatezza della ricostruzione accusatoria). Le dichiarazioni della persona offesa possono costituire da sole elemento idoneo all'adozione di una misura cautelare, anche in assenza di riscontri estrinseci, quando siano ritenute dal Giudice, secondo il suo libero e motivato apprezzamento, attendibili sul piano oggetto e su quello soggettivo (Così Cass. II, n. 26764/2013). La verifica della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza è finalizzata ad evitare l'applicazione di misure cautelari basate su fatti che non potranno essere utilizzati per la decisione, per ridurre al minimo il rischio di assoluzioni dopo la carcerazione preventiva. Il secondo requisito è la verifica delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione del delitto, pericolo di fuga, pericolo di inquinamento probatorio). Ratio è la cautela del processo penale, intesa come protezione del procedimento di accertamento della verità processuale dagli attacchi o comunque dai fattori di disturbo esogeni. Le esigenze cautelari devono essere attuali: la situazione di pericolo deve essere il più possibile riferibile al momento dell'intervento del Giudice. In merito l'arresto giurisprudenziale più significativo è Cass. S.U., n., 40538/2009, che ha precisato che “in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al "tempo trascorso dalla commissione del reato" di cui all'art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p., impone al Giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari”. Pericolo di inquinamento probatorio: la necessità di intervenire deve essere dovuta ad esigenze “specifiche ed inderogabili”. Non può essere desunto dalla mancata confessione o dall'esercizio della facoltà di non rispondere. Solo per questo caso è previsto un termine di scadenza della misura cautelare in relazione alla prevedibile durata delle indagini da compire. Pericolo di fuga. Condotte sintomatiche: l'acquisto di biglietti aerei per una località estera, il trasferimento di fondi in un conto corrente sito al di fuori del territorio nazionale, la preparazione di valigie o di operazioni di trasloco. Valgono anche motivazioni basate sul tenore di vita del soggetto, sulla mancanza di stabili legami in territorio nazionale o di fissa dimora, o viceversa l'accertata esistenza di legami con paesi esteri o con coindagati di nazionalità straniera in grado di reperire una dimora ed una sistemazione nel loro paese, nonché lo stato di disoccupazione e i precedenti penali. Dopo le modifiche apportate alla norma in esame dalla l. n. 47/2015, la gravità della sanzione a cui l'indagato è esposto non potrà più essere unico criterio di valutazione per la sussistenza dell'esigenza cautelare in esame. Pericolo di reiterazione: deve risultare sia da “specifiche modalità e circostanze del fatto” che dalla “personalità della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato”. Questa esigenza cautelare deve poi essere riferita ad una delle quattro categorie di reati seguenti: a) gravi delitti con uso di armi; b) gravi delitti con uso di mezzi di violenza personale; c) delitti di criminalità organizzata; d) delitti della stessa specie di quello per cui si procede. Il primo elemento che determina la scelta della misura da adottare è la richiesta del Pubblico Ministero. Al magistrato inquirente è infatti devoluto non solo il potere di iniziativa, ma anche quello di determinare la misura cautelare che il Giudice dovrà emettere: egli non potrà limitarsi a richiedere l'adozione di “una” misura cautelare, ma dovrà specificare quale tipo di ordinanza richiede al Giudice. Al Giudice è invece riservato il ruolo di valutazione della fondatezza della domanda cautelare, nell'ambito del “recinto” fissato dal magistrato inquirente. La prima conseguenza di questa potestà assegnata alla procura di fissare il thema decidendum dell'intervento del Giudice è data dal fatto che non sono legittime ordinanze con cui si imponga una misura cautelare più grave di quella richiesta. Può dunque dirsi che il Giudice è libero di adottare la misura nell'ambito del petitum che è determinato dalla domanda cautelare. L'ordinanza applicativa di una misura più grave di quella richiesta è affetta da nullità assoluta ed insanabile, e non può essere emendata nemmeno con l'annullamento da parte del Tribunale del Riesame che eventualmente riporti l'equilibrio violato tra chiesto e pronunciato (Cass. III, n. 28443/2014). Nell'ambito del petitum, il Giudice sceglie la misura avendo come obiettivo il massimo risultato (principio di adeguatezza) con il minimo sacrificio della libertà del destinatario (proporzionalità). Oggi la legge consente al Giudice non solo di scegliere tra i vari modelli di misura cautelare disegnati dal codice ma di disegnare modelli nuovi, adattandoli al caso concreto. Questa discrezionalità incontra dei limiti. Il primo è dettato dall'art. 275, comma 1: nel giudizio di idoneità “il Giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna” misura cautelare. Un secondo parametro è pure ricavabile dalla stessa norma (art. 275, comma 1, c.p.p.) che impone al Giudice di scegliere “in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”. È importante considerare anche ciò che questa norma non dice: il riferimento esclusivo alle esigenze cautelari implica che il Giudice non deve scegliere le misure in base alla gravità del reato né alla gravità degli indizi di colpevolezza. L'unico parametro corretto di riferimento è dunque costituito dalla gravità delle esigenze cautelari: maggiore sarà il pericolo per queste ultime, più incisiva dovrà essere la risposta del Giudice. È però vero che il criterio ora analizzato dovrà tenere conto del principio enunciato nel comma 2 dell'art. 275 c.p.p., ove si legge che “ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata”. Negli ultimi anni i reati che hanno destato maggiore allarme sociale sono sicuramente quelli concernenti le violenze familiari intrafamiliari. Le innumerevoli denunce per minacce per lesioni e maltrattamenti avanzate da donne e minori nei confronti dei rispettivi coniugi e padri conviventi ed i frequenti casi di omicidio maturati tra le mura domestiche hanno reso questo tipo di delitti una sorta di problema endemico, cui gli esistenti congegni di risposta repressiva hanno dimostrato di non sapere fare fronte con la dovuta efficacia. La necessità di provvedere in tempi rapidi in occasione di condotte illecite, che spesso evolvevano rapidamente da fenomeni di ingiurie e minacce alla soppressione violenta delle vittime, nelle more dell'instaurazione di un procedimento penale che portava comunque a pene inefficaci per i bassi limiti edittali previsti per i reati contestati, ha scaricato – come spesso accade - l'emergenza sul sistema cautelare. Anche questo tipo di risposta si è tuttavia rivelata insufficiente, a causa della impossibilità - nella quasi totalità dei casi – di intervenire con una misura custodiale: nessuno dei reati ipotizzabili in casi siffatti, dalle lesioni alle minacce, superava i limiti previsti dall'art. 280 c.p.p., tranne ovviamente l'omicidio; ma in quest'ultimo caso il problema della tutela della vittima non sussisteva più. Le misure non custodiali allora esistenti, dall'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria al divieto di espatrio o all'obbligo di dimora, si erano rivelate del tutto inadeguate; una limitata efficacia aveva dimostrato il divieto di dimora, che peraltro sembrava da un lato ultronea rispetto ai fini avuti di mira, dall'altra difficile da applicare ai casi di violenza. Il legislatore è dunque intervenuto con modifiche sia di carattere sostanziale – l'introduzione della fattispecie di reato degli atti persecutori (nota come “stalking”, oggi disciplinato dall'art. 612-bis c.p.) e l'innalzamento dei limiti edittali del delitto di maltrattamenti in famiglia (previsto dall'art. 572 c.p.) in modo da consentire l'adozione di misure cautelari anche custodiali – che di carattere procedurale, mediante l'arricchimento, per la prima volta dal 1989, del catalogo delle misure cautelari. Sono state introdotte due nuove misure cautelari assolutamente inedite nel nostro sistema processuale: l'allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) ed il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.). La loro caratteristica principale, che le distingue da tutte le altre misure cautelari personali, è di essere previste specificamente per una tipologia di reati. Mentre le misure cautelari tradizionali sono infatti connotate dalla loro universalità, potendo essere applicate ad ogni tipo di reato senza distinzione alcuna, i provvedimenti in esame sono ritagliati su una specifica tipologia di autore e di fatto sono inapplicabili a reati differenti da quelli concernenti il fenomeno delle violenze intrafamiliari. Anche se formalmente non esiste alcuna limitazione, è infatti difficile immaginare un'ordinanza che vieti a chi è accusato di bancarotta fraudolenta di avvicinarsi ai luoghi frequentati dal curatore fallimentare (persona offesa del reato) o prescriva l'allontanamento dalla casa familiare dell'autore della cessione di stupefacente al coniuge; ciò nonostante, recentemente la Corte di Cassazione ha precisato sul punto che “la misura cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, in assenza di una espressa previsione normativa che ne limiti la portata, è applicabile anche ai reati contro il patrimonio, ove sussista la necessità di tutela non solo della "res", ma anche della incolumità della persona che ne è titolare” (Cass. IV, n. 443/2021; ma vedi, contra, Cass. IV, n. 2147/2021). Una chiara indicazione, per quanto implicita, in tal senso è inoltre costituita dal disposto dell'art. 282-bis, comma 6, c.p.p., che consente l'adozione di questa misura anche al di fuori dei limiti previsti dall'art. 280 c.p.p., nei casi di delitti di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.), abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.), maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater c.p.), tratta di persone (art. 601 c.p.), acquisto ed alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (609-octies c.p.), minacce aggravate nei confronti del coniuge o dei prossimi congiunti (art. 612, comma 2, c.p.). L'evidente riconducibilità di queste misure cautelari ad un determinato tipo di autore (lo stalker, l'autore di violenze intrafamiliari o di comportamenti sessualmente deviati nei confronti dei congiunti) e il loro atteggiarsi concreto ad impedire uno specifico tipo di condotte di reato avvicina per certi versi queste misure, indubitabilmente appartenenti al novero dei provvedimenti cautelari coercitivi, a delle misure cautelari di tipo interdittivo. A sottolineare la portata specifica delle norme in esame, la giurisprudenza ha peraltro rilevato che l'applicazione della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare ad individui estranei al novero dei familiari conviventi - nel caso di specie, a soggetto accusato di molestie nei confronti dei vicini - deve ritenersi addirittura illegittima. Questa interpretazione, va peraltro rilevato, non incontra il favore unanime della giurisprudenza di merito, poiché si registrano pronunce che sottolineano da un lato la non sussistenza di alcun limite in tale senso nella norma in esame, dall'altro l'opportunità di far ricorso alla misura dell'allontanamento dalla casa familiare per fare cessare comportamenti di reato nei confronti di vicini per vitare l'applicazione di misure ancora più gravose, dunque in favor rei. Il procedimento applicativo delle misure patrimoniali provvisorie in esame è disciplinato dall'art. 291, comma 2-bis, c.p.p., e prevede l'adozione da parte del Giudice di apposita ordinanza su richiesta del Pubblico Ministero. A completare il catalogo delle misure cautelari in funzione di contrasto alla violenza contro le cosiddette “fasce deboli”, nel 2009 è stata introdotta come misura cautelare autonoma il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.). In precedenza, tale divieto era stato pensato come prescrizione aggiuntiva della misura dell'allontanamento dalla casa familiare (la formula è mutuata da quella tutt'ora prevista dall'art. 282-bis, comma 2), ma la sua indubbia efficacia deterrente ha indotto il legislatore a farne una misura a se stante. È dunque possibile oggi impedire al destinatario della misura l'accesso o l'avvicinamento a uno o più luoghi sul semplice presupposto che essi siano frequentati dalla persona offesa: non solo l'abitazione, ma anche il luogo di lavoro di quest'ultima, o il luogo di svago (ad esempio, la villa comunale ove la moglie porta il bambino abusato, o la scuola di quest'ultimo, ma anche la palestra abitualmente frequentata dalla persona offesa, e così via). Tale misura, come è stato rilevato dalla Cassazione, “esprime una precisa scelta normativa di privilegio della libertà di circolazione del soggetto passivo ovvero di priorità dell'esigenza di consentire alla persona offesa il completo svolgimento della propria vita sociale in condizioni di sicurezza, anche laddove la condotta di persistenza persecutoria non sia legata a particolari ambiti locali; con la conseguenza che il contenuto concreto della misura in questione deve modellarsi rispetto alla predetta esigenza e che la tutela della libertà di circolazione e di relazione della persona offesa non trova limitazioni nella sola sfera del lavoro, degli affetti familiari e degli ambiti ad essa assimilabili”. È naturalmente necessario che i luoghi “riservati” alla frequentazione della persona offesa siano specificamente indicati (non è possibile genericamente impedire a taluno di avvicinarsi “a tutti i luoghi frequentati” da altri), sia per evitare che la determinazione in concreto delle prescrizioni dell'indagato sia rimessa alla discrezionalità della persona offesa che per favorire l'esercizio da parte della polizia giudiziaria dei controlli sull'effettivo adempimento delle prescrizioni medesime. È inoltre assicurata tutela alla persona offesa nella sua vita di relazione e di circolazione: la misura cautelare può infatti consistere anche nel divieto di avvicinarsi alla stessa oltre una certa distanza, dunque a prescindere dai luoghi da essa frequentati. “Il riferimento oggettuale del divieto di avvicinamento non più solo ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ma altresì alla persona offesa in quanto tale, esprime una precisa scelta normativa di privilegio, anche nelle situazioni in esame, della libertà di circolazione del soggetto passivo. La norma, in altre parole, esprime una scelta di priorità dell'esigenza di consentire alla persona offesa il completo svolgimento della propria vita sociale in condizioni di sicurezza da aggressioni alla propria incolumità anche laddove la condotta dell'autore del reato assuma connotazioni di persistenza persecutoria tale da non essere legata a particolari ambiti locali; con la conseguenza che è rispetto a tale esigenza che deve modellarsi il contenuto concreto di una misura la quale, non lo si dimentichi, ha comunque natura inevitabilmente coercitiva rispetto a libertà anche fondamentali dell'indagato”: così Cass. V, n. 13568/2012. Può dunque dirsi che la misura cautelare in esame ha assunto una dimensione articolata in più fattispecie applicative, graduate in base alle esigenze di cautela del caso concreto. L'indicazione dei luoghi determinati frequentati dalla persona offesa rimane il modello-base nel caso in cui le modalità della condotta criminosa non manifestino un campo d'azione che esuli dai luoghi nei quali la vittima trascorra una parte apprezzabile del proprio tempo o costituiscano punti di riferimento della propria quotidianità di vita, come accade nel caso previsto dalla norma sull'allontanamento dalla casa familiare disciplinato dall'art. 282-bis c.p.p. In merito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha recentemente precisato che “il Giudice che (...) disponga, anche cumulativamente, le misure cautelari del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente, mentre, nel caso in cui reputi necessaria e sufficiente la sola misura dell'obbligo di mantenersi a distanza dalla persona offesa, non è tenuto ad indicare i relativi luoghi, potendo limitarsi a determinare la stessa” (Cass. S.U., n. 39005/2021). Laddove invece la condotta oggetto della temuta reiterazione abbia i connotati della persistente ed invasiva ricerca di contatto con la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è prevista la possibilità di individuare la stessa persona offesa, e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento centrale del divieto di avvicinamento. In queste ipotesi diviene irrilevante l'individuazione di luoghi di abituale frequentazione della vittima; dimensione essenziale della misura è invero a questo punto il divieto di avvicinamento a quest'ultima nel corso della sua vita quotidiana ovunque essa si svolga. Anche per questa misura cautelare, così come si è visto per quella dell'allontanamento dalla casa familiare, non è necessario il rapporto di convivenza, potendo essa essere applicata anche nei casi di minacce a distanza quando sussiste il fondato timore di una progressione criminosa. Quando la prescrizione del divieto di avvicinamento non è sufficiente a proteggere la persona offesa dalle condotte violente o moleste dell'indagato, a quest'ultimo può essere imposto (art. 282-ter, comma 3) il divieto di comunicare con qualsiasi mezzo (telefonico, telematico, scritto) con la persona offesa. È invece possibile, per altro verso, limitare l'ambito di operatività della misura quando la sua osservanza comprima le legittime esigenze lavorative dell'indagato (art. 282-ter, comma 4). Ad accentuare la natura di misure antiviolenza ed a tutela della incolumità della persona offesa, il legislatore prevede che l'adozione delle misure dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa siano comunicati alla stessa persona offesa, nonché all'autorità di pubblica sicurezza per l'adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni. La sottoposizione dell'indagato ad un programma di prevenzione della violenza è valutabile come elemento idoneo alla elisione o all'attenuazione delle esigenze cautelari ai sensi dell'art. 299, comma 2, c.p.p. Aspetti procedimentali Il Pubblico Ministero non deve motivare la richiesta, ma è tenuto all'allegazione degli elementi su cui la richiesta si fonda. La selezione degli atti non potrà andare a detrimento delle esigenze difensive: l'allegazione degli atti a favore del destinatario della misura deve essere completa. Sono utilizzabili in sede cautelare: - le sentenze anche se non ancora passate in giudicato; - il dispositivo di sentenza resa in altro processo, anche senza motivazione; - le dichiarazioni rese da soggetti escussi a sommarie informazioni, anche se non sottoscritte dagli interessati; - le prove acquisite illegittimamente o senza l'osservanza delle prescrizioni formali; - per le intercettazioni, basta depositare i brogliacci. In caso di incompetenza il Giudice emette la misura e si dichiara incompetente; segue procedura di conferma da parte del Giudice competente entro venti giorni (art. 27 c.p.p.). Motivazione: secondo le prescrizioni dettate dall'art. 292 c.p.p., l'ordinanza di applicazione di una misura cautelare deve dunque contenere innanzitutto una descrizione sommaria del fatto con “l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate”. Il secondo elemento è costituito dalla “esposizione e l'autonoma valutazione (inciso aggiunto dalla l. n. 47/2015) delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del delitto”. Uno specifico passaggio della motivazione dell'ordinanza riguarda la confutazione degli argomenti a favore dell'indagato, se questi siano stati forniti dalla difesa. In seguito alla riforma delle intercettazioni del 2017, è stato aggiunto un nuovo comma all'art. 292 c.p.p. (comma 2-ter) che impone al Giudice che emette un'ordinanza di custodia cautelare di limitare i richiami ai brani delle intercettazioni, che non potranno più essere riprodotti integralmente ma solo “nelle parti essenziali” ed esclusivamente quando “è necessario”. La fase esecutiva. L'organo che cura l'esecuzione della misura cautelare è il Pubblico Ministero. Da questo momento si determina l'instaurazione del contraddittorio. Due ulteriori adempimenti chiudono la fase esecutiva. 1. L'avviso di deposito, notificazione al difensore dell'avvenuto deposito in cancelleria dell'ordinanza, della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti ad essa allegati. Mediante questo atto dunque il Giudice mette a disposizione della difesa gli atti su cui si basa l'accusa nei confronti del suo assistito, attuando una completa discovery degli elementi presenti nel fascicolo cautelare. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è stato aggiunto l'ulteriore obbligo di avvisare il soggetto attinto dalla misura cautelare della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa. 2. L'interrogatorio del destinatario della misura, che deve avvenire, ex art. 294 c.p.p. “immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia cautelare”; per le misure diverse da quelle custodiali, il termine è di dieci giorni (art. 294, comma 1-bis). L'obbligo di interrogare il destinatario della misura cautelare non sussiste nei casi di: a) Impedimento della persona da interrogare; b) Misura cautelare applicata dopo l'apertura del dibattimento; c) Precedente interrogatorio espletato in fase di convalida dell'arresto o del fermo; d) Misura cautelare applicata dal Tribunale per il Riesame o dalla Cassazione; e) Il ripristino della misura cautelare; f) L'aggravamento della misura; g) La rinnovazione della misura ai sensi dell'art. 27 c.p.p.; h) La rinnovazione della misura ex art. 302 c.p.p. Con l'entrata in vigore della l. n. 199/2022 (c.d. “riforma Cartabia”) è ora prevista la possibilità sia per la parte che per il difensore che ne facciano richiesta di partecipare all'interrogatorio a distanza, su autorizzazione del Giudice. Dell'atto è inoltre prevista riproduzione con mezzi di riproduzione audio-visiva e (solo laddove ciò non sia possibile) fonografica. La collocazione di questa previsione nella norma generale prevista per gli adempimenti esecutivi di tutte le misure cautelari induce a ritenere che essa sia applicabile anche alle misure cautelari non detentive, a differenza di quanto previsto dall'art. 141-bis disp. att. c.p.p. che limitava tale obbligo ai soli interrogatori di soggetti in stato di detenzione. |