Avviso all'indagato e alla persona offesa della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (art. 411, comma 1-bis)

Salvatore Ferraro

Inquadramento

In caso di reato punito con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni ovvero con pena pecuniaria il Pubblico Ministero può presentare richiesta di archiviazione, qualora il fatto risulti di particolare tenuità. In tale ipotesi l'organo inquirente ha l'obbligo (ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p.) di avvisare della richiesta di archiviazione sia la persona sottoposta alle indagini sia la persona offesa dal reato. Il termine per prendere visione degli atti e formulare l'atto di opposizione è di 10 giorni.

Formula

PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ...

AVVISO

ALLA PERSONA SOTTOPOSTA ALLE INDAGINI E ALLA PERSONA OFFESA

DELLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO

(art. 411, comma 1-bis, c.p.p.)

Il Pubblico Ministero, Dott. ...,

visti gli atti del procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R. iscritto nei confronti di:

..., nato a ..., il ..., residente a ... in via ...;

difeso di ufficio/di fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...;

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., commesso in ..., il ...;

ovvero

per i reati previsti e puniti dagli artt.:

a) ... c.p., commesso in ..., il ...;

b) ... legge ... / ..., commesso in ..., il ...;

c) ... d.P.R. ... / ..., commesso in ..., il ...;

d) ... d.lgs. ... / ..., commesso in ..., il ...;

visto l'art. 411, comma 1-bis, c.p.p.,

AVVISA

- l'indagato ..., sopra indicato;

- la persona offesa ..., nato a ..., il ..., residente a ... in via ..., domiciliato presso lo studio dell'Avv. ..., sito in ... – via ...;

difeso dall'Avv. ... del Foro di ...;

che in data ... il Pubblico Ministero ha presentato richiesta di archiviazione al Giudice per le indagini preliminari in sede per particolare tenuità del fato ai sensi dell'art. 131-bis c.p.

AVVISA ALTRESÌ

che l'indagato e la persona offesa, nel termine di dieci giorni dalla notifica del presente avviso, hanno la facoltà di prendere visione degli atti e presentare opposizione, indicando, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta.

INFORMA

l'indagato e la persona offesa che ha la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p.

Manda alla Segreteria in sede per gli adempimenti di competenza; in particolare, per la notifica:

all'indagato: 1) con modalità telematiche presso il difensore di ufficio/fiducia ai sensi degli artt. 148 e 157-bis c.p.p.; opp. 2) presso il luogo di residenza a cura dell'UNEP territorialmente competente;

alla persona offesa: 1) presso il difensore nominato con modalità telematiche; opp. 2) presso il domicilio digitale con modalità telematiche; opp. 3) presso il domicilio dichiarato o eletto a cura dell'UNEP territorialmente competente (nei casi dell'art. 148, comma 4, c.p.p.); opp. 4) mediante deposito presso la Segreteria del P.M. (in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio).

Luogo e data ...

Il Pubblico Ministero ...

Commento

La particolare tenuità del fatto quale causa di non punibilità

Con il d.lgs. n. 28/2015 il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova ipotesi di non punibilità del reato: la particolare tenuità del fatto. La norma rientra nel complesso degli interventi normativi volti a deflazionare il sistema sanzionatorio penale nelle ipotesi di minore gravità delle condotte criminose.

Due sono i presupposti per poter affermare la non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto: a) si deve trattare di un fatto criminoso non grave, in quanto punito solo con pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni (per le fattispecie criminose con pena edittale più elevata il legislatore ha ritenuto che la gravità intrinseca della condotta criminosa rendesse sempre non configurabile la tenuità del fatto); in merito va evidenziato che la Riforma Cartabia (art. 1, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021), allo scopo di ampliare l'applicabilità dell'istituto in oggetto, ha modificato l'art. 131-bis c.p.p., sostituendo la precedente previsione della pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni con la previsione attuale della pena detentiva non superiore nel minimo a due anni; b) il comportamento illecito deve avere causato un'offesa di particolare tenuità e non deve essere abituale.

Sul primo punto non sorgono particolari difficoltà interpretative, considerato che è lo stesso legislatore, all'art. 131-bis, comma 4, c.p. a stabilire le regole per individuare le fattispecie di reato che astrattamente consentono di affermare la causa di non punibilità in oggetto. Per individuare il minimo edittale della pena occorre prendere in considerazione solo le circostanze aggravanti che comportano una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e quelle ad effetto speciale (ossia che determinano un aumento di pena superiore a 1/3 ai sensi dell'art. 63, comma 3, c.p.); in questo secondo caso non si tiene conto dell'eventuale giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'art. 69 c.p. Il legislatore, all'ultimo comma dell'art. 131-bis c.p., ha puntualizzato che non è ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui si tratta la previsione della particolare tenuità del danno o del pericolo quale circostanza attenuante del reato.

Va aggiunto che la Riforma Cartabia, considerata la modifica apportata al limite edittale di pena che consente l'applicazione del presente istituto, ha ampliato le specifiche fattispecie penali per le quali va esclusa la punibilità per la particolare tenuità del fatto, ovvero: 1) i delitti commessi in occasione o a causa di manifestazioni, se puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione; 2) i delitti previsti dagli artt. 336, 337 e 341-bis, quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché il delitto previsto dall'art. 343; 3) i delitti, consumati o tentati, previsti dagli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis, 391-bis, 423, 423-bis, 558-bis, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, 583, comma 2, 583-bis, 593-ter, 600-bis, 600-ter, comma 1, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-undecies, 612-bis, 612-ter, 613-bis, 628, comma 3, 629, 644, 648-bis, 648-ter; 4) i delitti, consumati o tentati, previsti dall'art. 19, comma 5, della l. n. 194/1978, dall'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, salvo i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo, e dagli artt. 184 e 185 del d.lgs. n. 58/1998.

Più problematica, invece, è l'esegesi dei profili che attengono alla condotta tenuta in concreto dall'autore del reato, ovverosia gli aspetti della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del comportamento.

Sul primo aspetto l'autorità giudiziaria deve valutare l'offesa basandosi sui parametri previsti dall'art. 133, comma 1, c.p., in riferimento sia alle modalità della condotta sia all'esiguità del danno o del pericolo quale evento conseguenziale alla condotta. La Riforma Cartabia ha integrato il comma 1 dell'art. 131-bis c.p. prevedendo che nella valutazione dell'offesa l'autorità giudiziaria deve tenere conto anche della condotta tenuta dall'indagato dopo la commissione del reato.

Si tratta, evidentemente, di una valutazione ampiamente discrezionale che il legislatore (art. 131-bis, comma 2, c.p.) ha cercato di limitare, stabilendo che l'offesa non può essere ritenuta tenue se:

a) l'autore del reato ha agito per motivi abietti o futili, con crudeltà (anche in danno di animali) o adoperando sevizie. Pertanto, sono escluse tutte le ipotesi in cui ricorrono le circostanze aggravanti di cui all'art. 61, nn. 1 e 4, c.p.;

b) l'autore del reato ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa. Anche in questo caso il riferimento è chiaro alla circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 5, c.p.;

c) la condotta ha cagionato la morte o le lesioni gravissime di una persona o tali eventi sono derivati dalla sua condotta quali conseguenze non volute. Con tale previsione il legislatore ha inteso escludere le ipotesi di reato di cui agli artt. 586,589,590, comma 2, c.p., che astrattamente, come limiti edittali della pena, sarebbero riconducibili alla causa di non punibilità in questione.

Anche sul secondo aspetto il legislatore ha cercato di guidare la valutazione dell'organo giudicante stabilendo che il comportamento è abituale se:

a) l'autore del reato è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;

b) l'autore del reato abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità;

c) si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Il Giudice, pertanto, per riconoscere la particolare tenuità del fatto ai fini della non punibilità del reato, è chiamato a compiere una valutazione complessa che tenga conto di tutti gli indici e requisiti sopra indicati.

Numerosi sono stati gli arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione in merito a questo istituto, a volte contrastanti, tanto da richiedere l'intervento delle Sezioni Unite: a) la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, essendo non astrattamente incompatibile, con il giudizio di particolare tenuità, la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica, rapportate ai valori di tassi alcolemici accertati e nonostante vi sia una fattispecie che integra un illecito amministrativo al di sotto della soglia di rilevanza penale (Cass. S.U., n. 13681/2016); b) la causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p. non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del Giudice di pace, per i quali opera già l'art. 34, d.lgs. n. 274/2000 anche in funzione conciliativa fra le parti (Cass. S.U., n. 53683/2017); c) in tema di ricettazione, non è configurabile l'attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità ove l'oggetto del reato sia costituito da carte di credito, in quanto il valore da considerare ai fini della valutazione del danno non è quello del supporto materiale, ma quello, non determinabile, derivante dalla potenziale utilizzabilità seriale dello strumento di pagamento (Cass. II, n. 21790/2022); d) in tema di sostanze stupefacenti la fattispecie di lieve entità di cui al comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. sono fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il Giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l'entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta (Cass. IV, n. 48758/2016); e) il reato permanente e il concorso formale di reato non impediscono il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, in quanto di per sé non riconducibili al comportamento abituale; tuttavia, in caso di permanenza del reato si impone un'attenta valutazione, perché la sussistenza della particolare tenuità dell'offesa è tanto più difficilmente rilevabile quanto più a lungo si sia protratta la permanenza (Cass. III, n. 47039/2015); f) in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione non può essere riconosciuta la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto il reato continuato configura un'ipotesi di “comportamento abituale” per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, segno di una devianza “non occasionale” (Cass. VI, n. 3353/2017). Tuttavia, se il vincolo della continuazione concerne una pluralità di azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo nonché nei confronti della medesima persona offesa, allora, emergendo, un'unitaria e circoscritta deliberazione criminosa, è riconoscibile la causa di non punibilità in oggetto (Cass. V, n. 5358/2018). La Corte di Cassazione, poi, ha ulteriormente esteso l'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. al reato continuato, affermando che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è configurabile se le plurime violazioni non siano in numero tale da costituire di per sé dimostrazione di serialità, ovvero di una progressione criminosa indicativa di una particolare intensità del dolo o di versatilità offensiva (Cass. II, n. 9495/2018). Recentemente sul punto, infine, sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. S.U., n. 18891/2022) che hanno stabilito il seguente principio: "La pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto la quale può essere riconosciuta dal Giudice all'esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che - salve le condizioni ostative tassativamente previste dall'art. 131-bis c.p. per escludere la particolare tenuità dell'offesa o per qualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall'entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall'intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti”.

L'avviso del Pubblico Ministero in caso di richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere riconosciuta fin dalle indagini preliminari, legittimando la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero. Infatti, il legislatore del 2015 ha esteso gli “altri casi di archiviazione” di cui all'art. 411 c.p.p. inserendovi anche l'ipotesi dell'art. 131-bis c.p.

Tuttavia, in tale situazione l'art. 411, comma 1-bis, c.p.p. impone al Pubblico Ministero l'obbligo di notificare l'avviso della richiesta di archiviazione non solo alla persona offesa, ma anche all'indagato. Tale obbligo di contraddittorio sussiste a prescindere da qualsiasi richiesta delle parti di essere avvisate nel caso di istanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto.

In via ordinaria l'indagato non ha alcun interesse a interloquire sulla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, perché è un provvedimento che non gli reca alcun pregiudizio. Pertanto, solo in caso di opposizione della persona offesa gli viene riconosciuto il diritto al contraddittorio.

Nel caso, invece, della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto il legislatore ha previsto l'obbligo di notificare l'avviso relativo alla richiesta di archiviazione non solo alla persona offesa, ma anche all'indagato. La ratio di questa previsione normativa è da individuare nell'art. 3, lett. f), d.P.R. n. 313/2002, che, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. n. 28/2015, in merito all'iscrizione nel casellario giudiziario include anche i provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell'art. 131-bis c.p. Pertanto, è tale iscrizione nel casellario giudiziario del provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto a far sorgere l'interesse dell'indagato ad opporsi all'istanza di archiviazione del Pubblico Ministero al fine di ottenere un provvedimento di archiviazione per una ragione diversa che escluda l'iscrizione nel casellario. Tuttavia, recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta sul punto affermando che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale. La Suprema Corte ha motivato sostenendo che il decreto e l'ordinanza di archiviazione, essendo sempre revocabili, non possono essere considerati “provvedimenti definitivi” e, pertanto, sono esclusi dal novero dei provvedimenti di cui all'art. 3, comma 1, lett. f) d.P.R. n. 313/2002 (Cass. III, n. 30685/2017; Cass. V, n. 3817/2018). Pertanto, anche se formalmente l'obbligo permane, la ragione giustificativa dell'avviso ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p. all'indagato è sostanzialmente venuta meno.

L'avviso che l'organo inquirente deve notificare all'indagato e alla persona offesa deve contenere, oltre all'indicazione che le parti possono prendere visione degli atti e presentare atto di opposizione, anche la precisazione che con l'opposizione (a pena di inammissibilità) devono essere indicate le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta del Pubblico Ministero.

Il termine entro il quale le parti possono prendere visione degli atti e presentare atto di opposizione è di 10 giorni. Questo termine, a differenza di quelli previsti dall'art. 408 c.p.p., non è stato aumentato dalla l. n. 103/2017. Questa dissimmetria è giustificabile sotto il profilo sistematico con la minore complessità di una vicenda processuale in cui il Pubblico Ministero ritenga sussistenti i presupposti per richiedere l'archiviazione per particolare tenuità del fatto.

Va osservato che la procedura prevista dall'art. 411, comma 1-bis, c.p.p., imponendo la notifica dell'avviso della richiesta di archiviazione sia all'indagato che alla persona offesa, si dimostra particolarmente gravosa per l'ufficio del Pubblico Ministero e ne può limitare l'utilizzo sotto il profilo pratico.

Se il Pubblico Ministero omette di osservare la speciale procedura di cui all'art. 411, comma 1-bis, c.p.p., il Giudice non può accogliere la richiesta di archiviazione, altrimenti il provvedimento risulterebbe affetto da nullità, così come espressamente previsto dall'art. 410-bis c.p.p. Nullo, però, è anche il provvedimento di archiviazione pronunciato dal Giudice per le indagini preliminari per particolare tenuità del fatto qualora la richiesta del Pubblico Ministero sia stata presentata per motivi diversi. Infatti, in questo caso, le disposizioni generali contenute negli artt. 408 e ss. c.p.p. non sarebbero comunque idonee a garantire quel necessario contraddittorio sulla configurabilità della causa di non punibilità in oggetto, garantito soltanto dalla speciale procedura prevista dal comma 1-bis dell'art. 411 c.p.p. (Cass. VI, n. 10455/2018; Cass. VI, n. 6959/2018.

Con la Riforma Cartabia, inoltre, (artt. 5, comma 1, lett. e), e 10, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) sono stati modificati i diritti e le facoltà della persona offesa (integrando l'art. 90 c.p.p.), introducendo anche un nuovo articolo nel codice di procedura penale (il 153-bis), che disciplina espressamente il domicilio del querelante e le notificazioni al querelante, fra cui quella dell'avviso della richiesta di archiviazione.

La persona offesa (art. 90, comma 1-bis, c.p.p.) ha la facoltà di dichiarare od eleggere domicilio; per il querelante sussiste l'obbligo di dichiarare o eleggere domicilio. Ai fini della dichiarazione di domicilio la persona offesa può indicare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

L'art. 153-bis c.p.p. prevede che il querelante, nell'atto di querela, dichiara o elegge domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento. A tale scopo, come già indicato dall'art. 90, comma 1-bis, c.p.p. può dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

L'art. 153-bis, comma 2, c.p.p. aggiunge che il querelante comunque ha la facoltà di dichiarare od eleggere domicilio anche dopo la presentazione dell'atto di querela, avvalendosi di vari strumenti: 1) dichiarazione raccolta a verbale (dalla polizia giudiziaria); 2) dichiarazione inviata all'A.G. a mezzo PEC; 3) telegramma; 4) lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio, da una persona autorizzata o dal difensore; 5) dichiarazione depositata presso la segreteria del Pubblico Ministero o presso la cancelleria del Giudice procedente.

In caso di mutamento del domicilio dichiarato o eletto (art. 153-bis, comma 3, c.p.p.) il querelante ha l'obbligo di comunicare all'autorità procedente il nuovo domicilio (dichiarato o eletto) con le medesime modalità sopra indicate.

Le notificazioni al querelante, che non abbia nominato un difensore, sono eseguite da parte dell'autorità giudiziaria procedente presso il domicilio digitale o, in caso di assenza o inidoneità del domicilio digitale, presso il domicilio dichiarato o eletto (art. 153-bis, comma 4, c.p.p.). Pertanto, in caso di nomina di un difensore da parte del querelante, rimane sempre vigente l'art. 33 disp. att. c.p.p., che prevede che le comunicazioni e le notificazioni debbano essere eseguite al difensore nominato.

L'art. 153-bis, comma 5, c.p.p. disciplina le ipotesi di dichiarazione o elezione di domicilio mancante, insufficiente o inidonea. In tal caso le notificazioni al querelante sono eseguite mediante deposito dell'atto da notificare nella segreteria del Pubblico Ministero procedente o nella cancelleria del Giudice procedente.

La Riforma ha modificato anche l'art. 154 c.p.p., ovvero la norma in tema di notificazioni alla persona offesa che non abbia proposto querela e non abbia nominato un difensore (se ha nominato un difensore, si applica sempre l'art. 33 disp. att. c.p.p.). In questo caso si applica l'art. 153-bis, comma 4, c.p.p., ovvero le notificazioni sono eseguite presso il domicilio digitale o, in caso di assenza o inidoneità del domicilio digitale, presso il domicilio dichiarato o eletto. Nel caso in cui la dichiarazione o l'elezione del domicilio manchino o siano insufficienti o inidonee le notificazioni andranno eseguite ai sensi dell'art. 157, commi 1, 2, 3, 4 e 8, c.p.p. (ovvero secondo le disposizioni dettate dal codice di rito per la prima notificazione all'imputato non detenuto). Nel caso in cui risulti ignoto il luogo di residenza o di lavoro della persona offesa, la notifica è eseguita mediante deposito nella segreteria del Pubblico Ministero o nella cancelleria del Giudice. Qualora invece risulti che la persona offesa viva o lavori abitualmente all'estero, l'autorità giudiziaria deve provvedere a inviarle, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, un invito a dichiarare o eleggere domicilio in Italia oppure a dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Se poi, entro il termine di venti giorni dalla ricezione della raccomandata, la persona offesa non provvede ad effettuare alcuna dichiarazione o elezione di domicilio oppure se il domicilio dichiarato o eletto risulta insufficiente o inidoneo, allora la notificazione dovrà essere eseguita mediante deposito dell'atto nella segreteria o nella cancelleria. Alla persona offesa si applicano le disposizioni sopra indicate per il querelante ex art. 153-bis, commi 2 e 3, c.p.p.

Parallelamente alle suddette modifiche è stato integrato l'art. 90-bis c.p.p. (informazioni alla persona offesa), prevedendo alle lettere a-bis), a-ter), a-quater), a-quinquies) tutte le informazioni sugli obblighi e le facoltà del querelante in tema di dichiarazione o elezione di domicilio (sopra esplicitate).

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