Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis)

Salvatore Ferraro
aggiornato da Angelo Salerno

Inquadramento

Prima della scadenza del termine di conclusione delle indagini preliminari (eventualmente prorogato), il Pubblico Ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ex artt. 408 e 411 c.p.p., fa notificare all'indagato e al suo difensore l'avviso della conclusione delle indagini preliminari (per i reati di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori la notifica va eseguita anche alla persona offesa dal reato). L'avviso contiene la sommaria contestazione del reato e l'avvertimento che tutti gli atti del procedimento sono depositati presso la segreteria del Pubblico Ministero, che l'indagato e il suo difensore possono prenderne visione ed estrarne copia, che l'indagato, entro il termine di venti giorni dalla notifica, ha la facoltà di depositare una memoria difensiva, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni difensive svolte, chiedere al Pubblico Ministero di presentarsi per rilasciare dichiarazioni o di essere sottoposto ad interrogatorio, chiedere al Pubblico Ministero di svolgere ulteriori atti di indagine. L'omessa notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p., rende nulla la richiesta di rinvio a giudizio o il decreto di citazione a giudizio. 

Formula

PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ...

N. ... / ... R.G.N.R.

AVVISO ALL'INDAGATO E AL DIFENSORE

DELLA CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI

(Art. 415-bis c.p.p.)

Il Pubblico Ministero, Dott. ...,

visti gli atti del procedimento penale n. ... / ... R.G.N.R. iscritto nei confronti di:

..., nato a ..., il ..., residente a ... in via ...;

difeso di ufficio/di fiducia dall'Avv. ... del Foro di ...;

indagato

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché ....

Commesso in ..., il ....

ovvero

a) per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché ....

Commesso in ..., il ... c.p.

b) per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché ....

Commesso in ..., il ... c.p.

c) per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.) ..., perché ....

Commesso in ..., il ... c.p.

visto l'art. 415-bis c.p.p.,

AVVISA

indagato e difensore che sono state concluse le indagini preliminari svolte nell'ambito del medesimo procedimento.

AVVISA [1]

- che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria di questo Pubblico Ministero e che l'indagato ed il difensore hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia;

- che l'indagato ha facoltà – entro il termine di venti giorni dalla notifica del presente atto – di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa alle investigazioni del difensore, chiedere al Pubblico Ministero il compimento di atti di indagine, nonché presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto a interrogatorio.

INFORMA infine

l'indagato che ha la facoltà di accedere ai programmi della giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p.[2].

Manda alla Segreteria in sede per gli adempimenti di sua competenza, ed in particolare per:

- la notifica:

all'indagato

- con modalità telematiche presso il difensore di ufficio/fiducia ai sensi degli artt. 148 e 157-bis c.p.p.[3]

al difensore;

- con modalità telematiche mediante servizio di posta elettronica certificata ex art. 148 c.p.p.

alla persona offesa [4];

- ex art. 33 disp. att. c.p.p., o elettivamente domiciliata presso il difensore nominato con modalità telematiche, mediante servizio di posta elettronica certificata ex art. 148 c.p.p.

Luogo e data ...

Il Pubblico Ministero ...

1. Pur non essendo previsto dall'art. 415-bis c.p.p., nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari possono essere inseriti ulteriori avvertimenti all'indagato e al suo difensore, ovvero l'avviso che può essere presentata domanda di oblazione ex art. 141 disp. att. c.p.p., se è in contestazione un reato o più reati estinguibili ai sensi dagli artt. 162 e 162-bis c.p., o domanda di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell'art. 168-bis c.p.

2. L'istituto della giustizia riparativa è stato introdotto dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021).

3. Con la Riforma Cartabia è stato previsto che tutte le notifiche fatte successivamente agli avvisi dati all'indagato ex art. 161 c.p.p. (novellato) devono essere effettuate con modalità telematiche, inviando l'atto al difensore di fiducia o di ufficio, che non può rifiutare. Gli atti, invece, introduttivi della fase processuale, come il decreto di citazione a giudizio, l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, il decreto di giudizio immediato e il decreto penale di condanna devono essere notificati presso il domicilio dichiarato o eletto dall'indagato.

4. Nei casi in cui è previsto dal legislatore, di seguito indicati.

Commento

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari e la sua funzione

La l. n. 479/1999 (c.d. legge Carotti) ha introdotto nel codice di rito l'art. 415-bis c.p.p., imponendo al Pubblico Ministero l'obbligo di notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari all'indagato e al suo difensore nel caso in cui ritenga di non dover richiedere l'archiviazione del procedimento al Giudice per le indagini preliminari. L'istituto aveva avuto come antecedente l'obbligo dell'invito a presentarsi per rendere interrogatorio ex art. 375, comma 3, c.p.p., sancito, sempre a pena di nullità della richiesta di rinvio a giudizio, dalla l. n. 324/1997 e poi sostituto dalla legge Carotti.

L'avviso di fine indagine ha la funzione di anticipare il contraddittorio fra accusa e difesa. Il legislatore ha voluto anticipare la conoscenza degli atti di indagine svolti dal Pubblico Ministero, in modo da consentire all'indagato di sviluppare la propria attività difensiva, sia fornendo la propria versione dei fatti (con l'interrogatorio), sia depositando documenti e atti investigativi svolti dal difensore, sia chiedendo al Pubblico Ministero di compiere ulteriori atti di indagine. L'intenzione del legislatore, pertanto, è quella di consentire alla difesa di intervenire nel procedimento e di interloquire con il Pubblico Ministero in una fase in cui l'organo dell'accusa non ha ancora operato la scelta di cesura nel procedimento penale (ovvero mediante l'esercizio dell'azione penale, che è irretrattabile) e, quindi, in una fase in cui il Pubblico Ministero ha ancora la possibilità di rivalutare gli elementi di prova a carico dell'indagato e optare per la richiesta di archiviazione. La finalità ultima è, quindi, evitare processi inutili qualora le attività difensive dimostrino l'infondatezza della notizia di reato o, comunque, la mancanza di elementi di prova che consentano di formulare una ragionevole previsione di condanna dell'indagato in sede processuale.

Va osservato che l'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p., per il suo contenuto, è un atto tipico del Pubblico Ministero e non può essere validamente delegato (Cass. V, n. 585/2003).

Il contenuto dell'avviso di fine indagine

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari deve essere emesso prima della scadenza del termine di conclusione delle indagini preliminari, eventualmente prorogato.

L'avviso deve contenere la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate nonché della data e del luogo del fatto. In sostanza, il Pubblico Ministero deve esplicitare all'indagato qual è l'ipotesi di reato formulata a suo carico a conclusione delle indagini preliminari e che potrà essere oggetto di contestazione in caso di esercizio dell'azione penale.

Come indicato espressamente dall'art. 415-bis c.p.p., si tratta di una contestazione sommaria, che, comunque, deve consentire all'indagato di conoscere effettivamente gli addebiti mossi nei suoi confronti al fine di dargli la possibilità di svolgere fin da subito un'adeguata attività difensiva. Solitamente, tuttavia, il Pubblico Ministero già nell'avviso di fine indagine contesta in modo puntuale e completo i fatti di reato ovvero negli stessi termini in cui verranno poi contestati nel decreto di citazione a giudizio o nella richiesta di rinvio a giudizio. Rilevato che è sufficiente un'enunciazione sommaria del fatto, non occorre una perfetta identità fra i capi di imputazione indicati nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e quelli presenti nell'atto con cui viene esercitata l'azione penale. Pertanto, nel momento in cui il Pubblico Ministero contesta i fatti di reato esercitando l'azione penale, può rettificare o integrare i capi di imputazione contenuti nell'avviso di fine indagine. La Suprema Corte, infatti, ha ritenuto abnorme il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari dichiara la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e dispone la restituzione degli atti al P.M., per essere stato enunciato il fatto addebitato all'imputato in termini parzialmente diversi da quelli contenuti nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, in quanto il differente tenore testuale dell'art. 417 c.p.p. (che richiede che l'enunciazione del fatto debba avere i requisiti di chiarezza e precisione) rende evidente la non sovrapponibilità del contenuto dei due atti, in ragione della loro diversa funzione e specifica finalità (Cass. I, n. 11405/2004).

L'avviso ex art. 415-bis c.p.p. deve contenere anche l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del Pubblico Ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

Con l'avviso di fine indagine, quindi, il Pubblico Ministero effettua una discovery completa di tutti gli atti di indagine svolti, facendo venire meno la segretezza degli atti legata alla fase istruttoria. Nei procedimenti più semplici, in assenza di proroga di indagini, di misure cautelari e di atti garantiti, l'avviso in questione rappresenta il primo momento in cui l'indagato viene formalmente a conoscenza della pendenza del procedimento a suo carico e delle contestazioni a lui mosse.

Ulteriore avvertimento che deve contenere l'avviso di conclusione delle indagini preliminari concerne la facoltà per l'indagato di svolgere le proprie argomentazioni difensive, al fine di contrastare l'ipotesi accusatoria e portare il Pubblico Ministero ad una diversa determinazione (non esercizio dell'azione penale, ma richiesta di archiviazione). Pertanto, nell'avviso di cui si tratta il Pubblico Ministero deve altresì avvertire l'indagato che, nel termine di venti giorni dalla notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, può presentare delle memorie, produrre dei documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al Pubblico Ministero il compimento di atti di indagine, presentarsi al Pubblico Ministero per rilasciare dichiarazioni, chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

In ultimo, la Riforma Cartabia (art. 22, comma 1, lett. l), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha previsto che con l'avviso di fine indagini l'indagato e la persona offesa, alla quale lo stesso è notificato, vengano informati che hanno la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa ex art. 129-bis c.p.

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari deve essere notificato all'indagato e al suo difensore. Se successivamente alla notifica dell'avviso l'indagato nomina un nuovo difensore di fiducia, il Pubblico Ministero non deve provvedere a rinotificare l'avviso al nuovo difensore.

La persona offesa non ha il diritto di ricevere la notifica dell'avviso di fine indagine, se non nei procedimenti penali iscritti per maltrattamenti in famiglia e atti persecutori. Tale estensione (parziale) dell'obbligo della notifica alla persona offesa è stata introdotta dal d.l. n. 93/2013 conv. in l. n. 119/2013, ma lascia molte perplessità sulla sua utilità, considerato che il legislatore non ha previsto in questi casi a favore della persona offesa l'esercizio delle facoltà successive previste per l'indagato. In ogni caso la persona offesa, in base alla norma generale di sui all'art. 90 c.p.p., può sempre presentare memorie e indicare elementi di prova.

I casi in cui l'avviso di conclusione delle indagini preliminari non è dovuto

In caso di rito ordinario l'obbligo di notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ha carattere generale. Il fatto che l'indagato sia già venuto a conoscenza della sussistenza del procedimento penale a suo carico e del reato ipotizzato nei suoi confronti (o perché è stata eseguita una misura cautelare – personale o reale, o perché ha ricevuto l'informazione di garanzia, o perché ha ricevuto l'avviso di proroga del termine delle indagini preliminari, o perché si è svolto un incidente probatorio o perché nei suoi confronti è stato eseguito un decreto di perquisizione o un decreto di ispezione) non fa venire meno la sussistenza dell'obbligo, perché in tali ipotesi l'indagato non ha avuto comunque la possibilità di accedere interamente agli atti del fascicolo del Pubblico Ministero.

Quando, invece, ciò avviene, si ritiene che l'obbligo di notifica ex art. 415-bis c.p.p. non sussista. Infatti, nel caso di richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero con opposizione della persona offesa e successiva restituzione degli atti all'organo dell'accusa ordinando di esercitare l'azione penale nei confronti dell'indagato (imputazione coatta), non è dovuto, secondo l'orientamento costante della Corte di Cassazione (in ultimo, Cass. VI, n. 45126/2014), l'avviso di fine indagini, proprio perché l'indagato ha avuto la possibilità di accedere a tutti gli atti del fascicolo del Pubblico Ministero nel procedimento camerale exartt. 408 e 409 c.p.p.

In caso di emissione di decreto penale di condanna successivamente revocato dal Giudice per le indagini preliminari per l'impossibilità di eseguire la notifica all'imputato, la Corte di Cassazione si è pronunciata affermando che non è necessaria la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte del Pubblico Ministero (Cass. sez. fer., n. 39541/2004). In realtà, con l'emissione del decreto penale di condanna non notificato all'imputato viene garantita al solo difensore la conoscenza del procedimento e la possibilità di prendere visione di tutti gli atti, ma non anche all'imputato. La regressione del procedimento ad una fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, seguendo un'interpretazione più garantista, dovrebbe imporre al Pubblico Ministero di provvedere comunque alla notifica dell'avviso in oggetto. In effetti, la prassi degli uffici delle procure si orienta in questa direzione.

L'avviso di conclusione delle indagini preliminari non è dovuto, poi, in tutti i casi di rito speciale, in quanto incompatibile con la semplificazione procedurale e con l'evidenzia probatoria del rito alternativo. In caso di richiesta di giudizio immediato (Cass. I, n. 9429/2014), di richiesta di emissione del decreto penale di condanna (Cass. IV, n. 1794/2008), di patteggiamento in fase di indagini preliminari, oltre che in tutte le ipotesi di giudizio direttissimo il Pubblico Ministero non deve provvedere, anteriormente all'esercizio dell'azione penale, ad emettere e notificare l'avviso di fine indagine. Il fondamento normativo viene individuato nell'art. 416 c.p.p., che sancisce la nullità della sola richiesta di rinvio a giudizio (e del decreto di citazione) in caso di omesso avviso ex art. 415-bis c.p.p.

La nullità dell'avviso di fine indagine e sue conseguenze

L'omessa notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari rende nulla la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 416, comma 1, c.p.p. (e del decreto di citazione a giudizio per l'efficacia estensiva dell'art. 549 c.p.p.).

La giurisprudenza di legittimità è divisa sulla natura di questa nullità. Un indirizzo sostiene che sia una nullità relativa, come tale da eccepire a pena di decadenza subito dopo aver compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti (Cass. V, n. 34515/2014). Altro indirizzo, invece, sostiene che si tratti di nullità a regime intermedio e, pertanto, eccepibile e rilevabile d'ufficio fino alla deliberazione della sentenza di primo grado (Cass. II, n. 46763/2018; Cass. VI, n. 2382/2017).

Nel caso di più imputati nel medesimo procedimento, qualora il Giudice accerti la nullità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione solo per alcuni imputati, deve separare dette posizioni, restituendo gli atti al Pubblico Ministero, e procedere nei confronti degli altri imputati. In caso di restituzione degli atti al Pubblico Ministero per tutti gli imputati, un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità ha valutato come abnorme tale provvedimento, perché comporterebbe la violazione del principio dell'irretrattabilità dell'azione penale e del principio logico che non consente la ripetizione degli atti già validamente e utilmente compiuti (Cass. II, n. 46640/2015). Successivamente è sorto un orientamento contrario, che ha ritenuto non abnorme il provvedimento di restituzione degli atti anche in riferimento alle posizioni non viziate da nullità, precisando che l'abnormità va limitata ai casi di provvedimenti che impongono al Pubblico Ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel successivo corso del processo, e che, al di fuori dalle ipotesi di abnormità, il Pubblico Ministero è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal Giudice, ancorché illegittimi (Cass. II, n. 50135/2017).

Nel caso in cui il Pubblico Ministero, all'atto della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, depositi solo alcuni atti di indagine (discovery parziale) o compia atti di indagine successivi a tale notifica, non si determina la nullità della successiva richiesta di rinvio a giudizio e del conseguente decreto che dispone il giudizio, ma solamente l'inutilizzabilità degli ulteriori atti investigativi svolti (Cass. IV, n. 7597/2013). In questi casi, comunque, il Pubblico Ministero può sanare l'illegittimità notificando un nuovo avviso di conclusione delle indagini preliminari che vada a “coprire” l'ulteriore attività di indagine svolta.

La richiesta motivata di differimento della notifica dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p. e la sua abrogazione con il c.d. Correttivo alla Riforma Cartabia

Con d.lgs. n. 150/2022, il legislatore ha originariamente integrato la disciplina dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, introducendo i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies nell'art. 415-bis c.p.p., oggetto tuttavia di successiva abrogazione per effetto del d.lgs. n. 31/2024, c.d. Correttivo alla riforma Cartabia, essendo la relativa disciplina confluita nel nuovo art. 415 ter c.p.

 Le previgenti disposizioni prevedevano che il Pubblico Ministero, prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'art. 405 c.p.p., può presentare richiesta motivata di differimento della notifica dell'avviso di fine indagine al procuratore generale presso la Corte d'appello. I casi in cui il Pubblico Ministero può avanzare detta richiesta sono:

a) quando è stata richiesta l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il Giudice non ha ancora provveduto o quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita;

b) quando la conoscenza degli atti d'indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l'incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato ovvero, nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p., arrecare un concreto pregiudizio, non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo, per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all'accertamento dei fatti, all'individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca.

La ratio delle ipotesi suddette è evidente: il differimento della notifica dell'avviso di fine indagine è imposto dalla necessità di tutelare un interesse prevalente, legato all'esecuzione di una misura cautelare custodiale, all'esigenza di salvaguardare la vita o l'incolumità di una persona o la sicurezza dello Stato oppure al dover tutelare le indagini di un procedimento connesso.

Entro venti giorni dal deposito della richiesta, se ne ricorrono i presupposti, il procuratore generale autorizza con decreto motivato il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p. non superiore a un anno.

Se, invece, il procuratore generale non accoglie la richiesta, allora ordina con decreto motivato al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell'avviso di fine indagini entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto con cui il procuratore generale rigetta la richiesta di differimento del Pubblico Ministero è notificata all'indagato e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini.

La disciplina del presente istituto si inserisce in altre modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia improntate ad un crescente controllo della procura generale sull'operato degli uffici del Pubblico Ministero.

La novella legislativa prevede, altresì, un controllo delle parti sull'attività del Pubblico Ministero, con la possibilità di attivarsi per addivenire alla chiusura delle indagini preliminari. Se infatti scadono i termini di cui all'art. 407-bis, comma 2, c.p.p. (ovvero i tre mesi dalla scadenza del termine di conclusione delle indagini preliminari o i tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all'art. 415-bis, commi 3 e 4, c.p.p., nel caso in cui sia stato notificato l'avviso di fine indagini), se il Pubblico Ministero non ha esercitato l'azione penale né richiesto l'archiviazione, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al Giudice per le indagini preliminari di ordinare al Pubblico Ministero di assumere le determinazioni sull'azione penale. Sulla richiesta il Giudice provvede, nei venti giorni successivi, con decreto motivato. In caso di accoglimento, il Giudice ordina al Pubblico Ministero di assumere le determinazioni sull'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è comunicata al Pubblico Ministero e al procuratore generale presso la Corte di appello e notificato alla persona che ha formulato la richiesta.

Il Pubblico Ministero, ottemperando all'ordine ricevuto, adotta i provvedimenti sull'azione penale e li trasmette in copia al Giudice e al procuratore generale.

Sempre la Riforma Cartabia ha introdotto l'art. 415-ter c.p.p. in merito ai diritti e facoltà dell'indagato e della persona offesa in caso di inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari.

Alla scadenza dei termini di cui all'art. 407-bis, comma 2, c.p.p. (sopra indicati), se il Pubblico Ministero non ha disposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, la documentazione relativa alle indagini espletate deve essere depositata in segreteria. Alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini è immediatamente notificato avviso dell'avvenuto deposito e della facoltà di esaminarla ed estrarne copia. L'avviso contiene altresì l'indicazione della facoltà di cui al comma 3. Copia dell'avviso è comunicata al procuratore generale presso la Corte di appello. Pertanto, qualora il Pubblico Ministero rimanga inerte dopo la scadenza dei termini previsti dal legislatore per la chiusura delle indagini preliminari, è prevista una completa discovery degli atti di indagine svolti.

Il procuratore generale, quando non riceve la comunicazione prevista al comma 1 e sono decorsi dieci giorni dalla scadenza dei termini di cui all'art. 407-bis, comma 2, può decidere di disporre l'avocazione delle indagini preliminari oppure, con decreto motivato, può ordinare al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell'avviso di deposito di cui al comma 1 entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto è notificata alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente, abbia dichiarato di volere essere informata della conclusione delle indagini.

Se dalla notifica dell'avviso di deposito indicato dall'art. 415-ter, comma 1, c.p.p. o del decreto indicato dall'art. 415-ter, comma 2, c.p.p. è decorso un termine pari a un mese senza che il Pubblico Ministero abbia assunto le determinazioni sull'azione penale, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere al Giudice di ordinare al Pubblico Ministero di provvedere (il termine è pari a tre mesi nei casi di cui all'art. 407, comma 2, c.p.p.). Quando, in conseguenza dell'ordine emesso dal Giudice, è notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, i termini di cui all'art. 407-bis, comma 2, c.p.p. sono ridotti di due terzi.

Se ricorrono le medesime circostanze previste dal comma 5-bis dell'art. 415-bis c.p.p., il Pubblico Ministero, comunque, ha la possibilità di presentare richiesta motivata di differimento del deposito e della notifica dell'avviso di deposito di cui al comma 1 al procuratore generale, purché lo faccia prima della scadenza dei termini previsti dall'art. 407-bis, comma 2, c.p.p. Su tale richiesta il procuratore generale provvede ai sensi del comma 5-ter dell'art. 415-bis c.p.p. Le disposizioni del presente comma non si applicano quando il Pubblico Ministero ha già presentato la richiesta di differimento prevista dal comma 5-bis dell'art. 415-bis c.p.p.

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