Costituzione di parte civile (artt. 76 e 78)

Angelo Salerno
Marco Nassi

Inquadramento

La condotta illecita è fonte di obbligazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1173 c.c., secondo cui le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico, e 185 c.p., a mente del quale ogni reato obbliga a norma delle leggi civili alle restituzioni e al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale che ne siano diretta conseguenza. L'azione civile risarcitoria o restitutoria relativa ai danni patrimoniali o non patrimoniali cagionati dal reato o alle attribuzioni patrimoniali che devono essere retrocesse in ragione dell'assenza di una causa lecita può essere esercitata nel processo penale mediante la costituzione di parte civile, attività che non deve essere rinnovata a seconda delle varie occorrenze processuali ma che produce i propri effetti in ogni stato e grado del processo. La legittimazione passiva spetta all'imputato e al responsabile civile. La legittimazione attiva spetta al danneggiato dal reato, ossia al soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero ai suoi successori universali. Nell'ambito dell'azione risarcitoria e restitutoria possono essere fatte valere dalla parte civile innanzi al Giudice penale tutte le istanze che trovano tradizionalmente spazio e sfogo nel giudizio promosso davanti al Giudice civile. Non è necessario che la parte civile specifichi le voci di danno e quantifichi il quantum preteso dall'imputato e dal responsabile civile, ben potendo limitarsi ad allegare genericamente di avere subito un danno dal reato, senza incorrere in alcuna nullità, in quanto il Giudice ha sempre la possibilità di pronunciare condanna generica, là dove ritenga che le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno con conseguenti effetti sull'onere di allegazione e prova spettante alla parte civile. L'esercizio delle azioni civili risarcitorie e restitutorie presuppone la piena capacità processuale del danneggiato: le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti lesi e da far valere – e dunque la capacità di agire secondo le leggi civili – non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l'esercizio delle azioni civili.

Formula

TRIBUNALE DI.... UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE 1

giudice....

PROC. PEN. N..... R.G.N.R. – N..... R.G.I.P.

UDIENZA DEL....

DICHIARAZIONE DI COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE

(ARTT. 76 E 78 C.P.P.)

Nell'interesse del Sig....., nato a.... il...., (ovvero in caso di ente o associazione) denominazione o ente.... di cui è legale rappresentante il Sig....., nato a.... il...., persona danneggiata nel procedimento penale indicato in epigrafe, pendente dinanzi all'intestata Autorità giudiziaria per il quale è fissata udienza preliminare per il giorno...., ove è rappresentata e difesa dall'Avv..... del foro di...., con studio in...., via...., giusta procura speciale in calce al presente atto,

PREMESSO

che il Pubblico Ministero ha esercitato l'azione penale nei confronti di:

a)...., nato a.... il....;

b)...., nato a.... il....;

nei cui confronti sono state elevate le seguenti imputazioni:

1. (riportare il testo dei capi di imputazione)

2. (riportare il testo dei capi di imputazione)

che il Sig..... /ente o associazione...., quale destinatario e soggetto passivo delle condotte descritte nei capi di imputazione sopra riportati, …. (occorre una precisa determinazione della causa petendi al pari delle forme prescritte per la domanda proposta nel giudizio civile)2 ha subito evidenti danni patrimoniali e non patrimoniali in seguito alla commissione da parte degli imputati dei reati contestati, la cui natura ed entità sarà oggetto di prova nel corso del procedimento penale;

che il Sig..... /ente o associazione.... intende esercitare il proprio diritto al risarcimento e alle restituzioni previsto dall'art. 185 c.p. e, per tale fine, intende costituirsi parte civile nel presente procedimento penale;

tutto ciò premesso, il Sig..... /ente o associazione.... come sopra identificato, rappresentato e difeso

DICHIARA DI COSTITUIRSI PARTE CIVILE

a mezzo del sottoscritto difensore e procuratore nel procedimento penale n..... R.g.n.r. – n..... R.G.i.p. a carico degli imputati sopra individuati e generalizzati (ovvero indicare solamente quelli nei cui confronti viene promossa l'azione civile), pendente dinanzi all'intestato tribunale, per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti per i fatti reato indicati e le restituzioni dovute.

Con osservanza

Luogo e data....

Firma Avv.....

PROCURA SPECIALE

Il sottoscritto.... (indicare generalità della persona fisica o la denominazione dell'associazione o dell'ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante), persona danneggiata nel procedimento penale n..... R.g.n.r. – n..... R.G.i.p., pendente dinanzi all'intestata Autorità giudiziaria e per il quale è fissata udienza per il giorno....,

NOMINA

proprio difensore nel presente procedimento l'Avv..... del foro di...., conferendogli procura speciale ex art. 100 c.p.p., valida espressamente per il presente e per i successivi gradi di giudizio, per la costituzione di parte civile nel procedimento penale indicato nei confronti di.... (indicare le generalità dell'imputato nei cui confronti viene esercitata l'azione civile) pendenti dinanzi al Tribunale di...., Giudice dell'udienza preliminare, con udienza fissata per il giorno...., perché lo rappresenti e difenda al fine di conseguire il risarcimento dei danni e le restituzioni dovute in conseguenza dei fatti di reato così come contestati nella richiesta di rinvio a giudizio da intendersi qui integralmente richiamata, con espresso mandato al difensore e procuratore speciale di impugnare i provvedimenti giurisdizionali ai fini civili, autorizzandolo a nominare sostituti processuali ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 102 c.p.p. – nel cui caso si concede altresì facoltà al sostituto processuale a costituirsi parte civile 3 – e ratificando sin da ora gli atti da lui e dai suoi sostituti compiuti nell'esercizio del presente mandato.

Luogo e data....

Firma....

È autentica....

Firma Avv.....

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

[1] La costituzione di parte civile può avvenire anche dinanzi al Giudice del dibattimento sino al quando non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 c.p.p.

[2]  La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con sentenza del 21 settembre 2023, n 38481, è intervenuta incidentalmente in merito agli effetti della c.d. Riforma Cartabia sull'art. 78 c.p.p., precisando che non si tratta di un mero “aggiustamento cosmetico” della previgente disciplina ma di una modifica resasi necessaria alla luce del disposto dell'art. 573, comma 1 bis, c.p.p., che prevede oggi la prosecuzione del giudizio “agli effetti civili” innanzi al giudice civile, sicché la domanda per il risarcimento dei danni e le restituzioni ex art. 185 c.p. dovrà essere proposta fin da principio “secondo gli stilemi dell'atto di citazione nel processo civile”, con “esposizione in modo chiaro e specifico” delle ragioni su cui si fonda la domanda e del titolo le legittima a far valere la pretesa.

[3] Ai sensi del nuovo comma 1-bis dell'art. 78 c.p.p., introdotto con d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, Il difensore cui sia stata conferita la procura speciale ai sensi dell'articolo 100, nonché la procura per la costituzione di parte civile a norma dell'articolo 122, se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, può conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l'atto di costituzione. La Riforma citata ha altresì introdotto, all'art. 122 c.p.p., il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale, la procura speciale è depositata, in copia informatica autenticata con firma digitale o altra firma elettronica qualificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, con le modalità telematiche previste dall'articolo 111-bis, salvo l'obbligo di conservare l'originale analogico da esibire a richiesta dell'autorità giudiziaria.

Commento

Premessa

La pretesa punitiva dello Stato conseguente alla violazione di norme assistite da tutela penale non è l'unica istanza che trova dimora nel processo penale.

La condotta illecita, in quanto integrante in linea generale anche un torto aquiliano, è fonte di obbligazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 1173 c.c., secondo cui le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico, e 185 c.p., a mente del quale ogni reato obbliga a norma delle leggi civili alle restituzioni e al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale che ne siano diretta conseguenza.

L'azione civile risarcitoria o restitutoria relativa ai danni patrimoniali o non patrimoniali cagionati dal reato o alle attribuzioni patrimoniali che devono essere retrocesse in ragione dell'assenza di una causa lecita può essere esercitata nel processo penale mediante la costituzione di parte civile, attività che non deve essere rinnovata a seconda delle varie occorrenze processuali ma che produce i propri effetti in ogni stato e grado del processo (art. 76 c.p.p.).

La legittimazione passiva spetta all'imputato (soggetto che ha tenuto la condotta penalmente illecita fonte di danno) e al responsabile civile (soggetto che è tenuto a risarcire il danno cagionato dall'autore del reato in virtù di una espressa norma di legge civile che a ciò lo obbliga, es. art. 2049 c.c.). Anche ove l'imputato sia interdetto mantiene piena capacità e legittimazione processuale per resistere alla domanda restitutoria e/o risarcitoria proposta nei suoi confronti dalla parte civile (Cass. II, n. 35616/2007).

La legittimazione attiva spetta al c.d. danneggiato dal reato, ossia al soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero ai suoi successori universali (art. 74 c.p.p.). Sul punto merita ricordare come la legittimazione attiva all'azione civile nel processo penale vada verificata esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dalla parte a fondamento dell'azione, in relazione al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ed indipendentemente dalla effettiva titolarità del vantato diritto al risarcimento dei danni, il cui accertamento riguarda il merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza, ed è collegato all'adempimento dell'onere deduttivo e probatorio incombente sull'attore (Cass. IV, n. 14768/2016). In altri termini, ai soli fini della positiva valutazione da parte del Giudice della ricorrenza delle condizioni per ammettere la costituzione di parte civile, è sufficiente che la parte si limiti ad affermare di essere stata danneggiata dal reato, non anche che dimostri di esserlo stato realmente, essendo rimessa tale secondo aspetto alla fase istruttoria del giudizio e ai profili di merito attinenti all'accoglibilità della domanda restitutoria o risarcitoria. Lo stesso principio è applicabile anche nell'incidente cautelare reale avverso l'ordinanza con cui il Giudice abbia disposto il sequestro conservativo di immobili dell'imputato su richiesta della parte civile (v. in motivazione Cass. V, n. 47087/2019 relativamente al procedimento di riesame, laddove la contestazione degli imputati in ordine alla legittimazione a chiedere la misura adottata per difetto di titolarità del credito azionato è stata respinta valorizzando la consolidata giurisprudenza secondo cui ai fini della legittimazione alla costituzione di parte civile per l'esercizio di un'azione risarcitoria, è sufficiente la prospettazione da parte del preteso danneggiato di un fatto astrattamente idoneo a cagionare un pregiudizio, giuridicamente apprezzabile, alla sua sfera di interessi).

I risarcimenti e le restituzioni

Nell'ambito dell'azione risarcitoria e restitutoria possono essere fatte valere dalla parte civile innanzi al Giudice penale tutte le istanze che trovano tradizionalmente spazio e sfogo nel giudizio promosso davanti al Giudice civile.

Il danno risarcibile è pertanto quello rientrante nella tradizionale dicotomia danno patrimoniale-danno non patrimoniale e nelle rispettive declinazioni interne di danno emergente, lucro cessante, danno da perdita di chance, danno biologico, danno non patrimoniale per lesione di diritti costituzionalmente protetti, danno morale soggettivo, con la precisazione, quanto al danno non patrimoniale, che trattasi non di autonome categorie di danno ma di denominazioni classificatorie dell'unica categoria del danno non patrimoniale: si veda sul punto Cass. III, n. 1361/2014, secondo cui la categoria generale del danno non patrimoniale – che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio – presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel patema d'animo o sofferenza interiore subìti dalla vittima dell'illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana), quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno ove essi ricorrano cumulativamente, in ossequio al principio dell'integralità del risarcimento e senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto o voce venga computato due o più volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni.

Non è necessario che la parte civile specifichi le voci di danno e quantifichi il quantum preteso dall'imputato e dal responsabile civile, ben potendo limitarsi ad allegare genericamente di avere subito un danno dal reato, senza incorrere in alcuna nullità, in quanto il Giudice ha sempre la possibilità di pronunciare condanna generica, là dove ritenga che le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno con conseguenti effetti sull'onere di allegazione e prova spettante alla parte civile (Cass. IV, n. 6380/2017). Né il Giudice è tenuto a precisare a quale genere di danni faccia riferimento la condanna del responsabile civile al risarcimento in favore delle parti civili, perché ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, essendo sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. In tali casi la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al Giudice della liquidazione. Ne deriva che il Giudice penale che disponga il risarcimento dei danni in favore della parte civile, rinviando al Giudice civile per la determinazione del quantum, non ha l'obbligo di specificare la tipologia di danno al cui risarcimento è tenuto l'imputato (Cass. IV, n. 12175/2016). Si veda anche Cass. III, n. 36350/2015, secondo cui la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il Giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza – desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità – di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando perciò impregiudicato l'accertamento riservato al Giudice civile sulla liquidazione e l'entità del danno, ivi compresa la possibilità di escludere l'esistenza stessa di un danno eziologicamente collegato all'evento illecito.

Il Giudice non ha l'onere di motivare la decisione con cui, condannato l'imputato e il responsabile civile al pagamento di una provvisionale, rimetta le parti dinanzi al Giudice civile per la liquidazione definitiva del danno (Cass. V, n. 42987/2016). Il nostro ordinamento consente infatti nello stesso processo civile la proposizione di un'autonoma domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, sia in materia contrattuale che extracontrattuale, senza che sia necessario il consenso – espresso o tacito – del convenuto, in ragione del principio di autonoma disponibilità delle forme di tutela offerte dall'ordinamento e della configurabilità di un interesse giuridicamente rilevante dell'attore (Cass. II, n. 5551/2016; Cass. S.U., n. 12103/1995) e una simile conclusione è peraltro coerente con la funzione del processo penale, in cui l'innesto della pretesa civilistica al risarcimento del danno e alle restituzioni è meramente eventuale rispetto all'accertamento del reato.

Laddove il Giudice abbia optato per una condanna generica al risarcimento del danno con assegnazione alla parte civile di una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva, la decisione di condanna alla provvisionale non è impugnabile per cassazione in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (Cass. II, n. 49016/2014). Ove la parte civile non abbia impugnato la sentenza di primo grado di condanna dell'imputato al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, il Giudice del gravame non può procedere alla liquidazione definitiva del danno, in quanto ne risulterebbe violato il principio devolutivo dell'appello (Cass. V, n. 12725/2019).

Per converso, non incorre nel vizio di ultrapetizione il Giudice che, disattendendo la richiesta della parte civile di rimettere la liquidazione del danno al Giudice civile, provveda alla liquidazione immediata (Cass. V, n. 12722/2019).

Nella liquidazione del danno non patrimoniale il Giudice deve tenere conto di tutti gli aspetti che caratterizzano la gravità del reato compiuto, ivi compreso il fatto ingiusto posto in essere dalla vittima, che, anche al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 62, n. 5, c.p., rileva sul piano oggettivo creando l'occasione o determinando l'insorgere del movente dell'azione delittuosa commessa nei suoi confronti (Cass. I, n. 4821/2018, relativa ad una Fattispecie di omicidio commesso dal proprietario di un fondo ai danni di soggetto ivi introdottosi nottetempo al fine di perpetrare un furto, in tal modo dando origine allo scontro con l'imputato).

Sempre in tema di liquidazione del danno, la parte civile ha interesse a partecipare al giudizio di legittimità attivato dall'imputato in ordine alla ravvisabilità delle circostanze attenuanti, in quanto tale giudizio può incidere sulla stessa liquidazione del danno da risarcire, cui si perviene tenendo conto anche della gravità del reato, suscettibile di acuire i turbamenti psichici, e della entità del patema d'animo sofferto dalla vittima, che può risultare ridotto qualora il fatto sia considerato di minore gravità (Cass. III, n. 15218/2016).

Una volta che la sentenza di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile sia passata in giudicato, la successiva azione volta alla quantificazione del danno non è soggetta al termine di prescrizione breve ex art. 2947 c.c., ma a quello decennale ex art. 2953 c.c. decorrente dalla data in cui la sentenza stessa è divenuta irrevocabile, atteso che la pronuncia di condanna generica, pur difettando dell'attitudine all'esecuzione forzata, costituisce una statuizione autonoma contenente l'accertamento dell'obbligo risarcitorio in via strumentale rispetto alla successiva determinazione del quantum (Cass. III, n. 16289/2019 che ha pure precisato che il termine prescrizionale più lungo è invocabile anche nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al processo nel quale è stata pronunciata la stessa sentenza quale il coobbligato in solido, a meno che non si tratti di diritti che non furono oggetto di valutazione o di decisione). Se la sentenza passata in giudicato non contiene alcuna espressa limitazione del danno, l'actio iudicati di cui all'art. 2953 citato si estende a tutte le pretese risarcitorie comunque correlate al reato, senza possibilità di ritenere soggette al termine di prescrizione quinquennale pretese relative a danni che, sebbene non specificamente dedotti nell'atto di costituzione di parte civile, siano comunque conseguenti al reato (Cass. III, n. 4318/2019).

Oltre ad avere cagionato un danno risarcibile il reato può avere determinato attribuzioni patrimoniali – e, dunque, spostamenti di ricchezza – che dal punto di vista civilistico non sono sorrette da causa lecita. In tali casi – si pensi ad esempio a trasferimenti immobiliari nell'ambito di ipotesi delittuose di usura, estorsione, truffa, circonvenzioni di incapace ecc. – in ragione del principio causale che informa il nostro ordinamento, secondo cui ogni spostamento patrimoniale deve essere sorretto a pena di nullità da una ragione giustificativa lecita (artt. 1325, comma 1, n. 2 e 1343 c.c.), la conseguenza è l'insorgenza di un obbligo restitutorio. L'art. 1418 c.c. disciplina le cause di nullità del contratto, prevendo che il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente, nonché negli altri casi previsti dal comma 2 in cui è rinvenibile la illiceità della causa. È principio consolidato nella giurisprudenza civile della Corte di Cassazione che qualora la stipulazione del contratto integri reato sussiste nullità del negozio giuridico per contrarietà a norme penali ai sensi dell'art. 1418 c.c. (Cass. I, n. 16706/2020 in tema di insinuazione al passivo fallimentare; Cass. II, n. 18016/2018; Cass. I, n. 14234/2003. In tema di appalti pubblici si veda Cass. I, n. 11031/2008, secondo cui in materia di appalti, il principio secondo cui il negozio concluso è annullabile, per vizi concernenti l'attività negoziale degli enti pubblici, solo ad iniziativa della P.A., non si estende al caso in cui l'omesso svolgimento della gara di appalto, cui deve equipararsi l'espletamento meramente apparente delle formalità previste dalla legge, abbia integrato gli estremi di reato: le norme contenenti un divieto, sanzionato penalmente, allorché siano dirette alla tutela di un interesse pubblico generale, senza possibilità di esenzione dalla loro osservanza, devono infatti essere considerate imperative, con conseguente nullità del contratto per contrarietà ad esse. In tema di circonvenzione di incapace, si veda Cass. II, n. 10609/2017 in cui è stata affermato che il contratto stipulato per effetto diretto del reato di circonvenzione d'incapace è nullo, ai sensi dell'art. 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, dovendosi ravvisare una violazione di disposizioni di ordine pubblico in ragione delle esigenze d'interesse collettivo sottese alla tutela penale, trascendenti quelle di mera salvaguardia patrimoniale dei singoli contraenti perseguite dalla disciplina sull'annullabilità dei contratti; (per l'affermazione del medesimo principio in relazione ad un contratto stipulato per effetto del reato di estorsione si veda Cass. II, n. 17959/2020, in cui le esigenze d'interesse collettivo sono state ravvisate nell'inviolabilità del patrimonio e della libertà personale). Ove la parte che abbia dato causa alla nullità chieda l'adempimento di quel contratto, il Giudice è tenuto a rilevare tale nullità d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio e, dunque, anche in appello, dovendo, da un lato, verificare l'esistenza delle condizioni dell'azione e, dall'altro, rilevare le eccezioni che, senza ampliare l'oggetto della controversia, tendono al rigetto della domanda e possono configurarsi come mere difese del convenuto. Seppure rilevabile d'ufficio, la nullità non può tuttavia essere accertata sulla base di una “nuda” eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l'intimato sarebbe costretto a subire il “vulnus” delle maturate preclusioni processuali (Cass. II, n. 21243/2019, in relazione ad una fattispecie in cui, richiesto il pagamento del compenso per l'attività di mediazione espletata, è stata sollevata solo in sede di legittimità l'eccezione relativa alla mancata iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale).

Qualora la domanda restitutoria venga avanzata nel processo penale mediante la costituzione di parte civile, il sindacato del Giudice penale deve estendersi alla verifica del rispetto dei precetti di cui agli artt. 1325,1418 e 1343 c.c., ben potendo essa concludersi, in caso di giudizio negativo, con la stessa dichiarazione di nullità del contratto e con la condanna alla restituzione. Per un'ipotesi in cui era stata acquisita la proprietà di un immobile a seguito della consumazione del delitto di estorsione, si veda Cass. II, n. 54561/2016, Quagliata, ove è stato affermato che il Giudice penale, nel condannare l'imputato alla restituzione in favore della parte civile del bene immobile il cui trasferimento ha costituito l'oggetto della condotta criminosa, può dichiarare la nullità del contratto di compravendita che lo riguarda per violazione di disposizioni di ordine pubblico, in ragione delle esigenze di interesse collettivo sottese alla tutela penale.

A ben vedere il potere del Giudice penale di dichiarare la nullità del contratto quale statuizione autonoma ed accessoria della sentenza penale non è previsto espressamente da alcuna norma, contrariamente a quanto avviene, ad esempio, in tema di falso documentale (art. 537 c.p.p.).

La Suprema Corte ha diffusamente trattato la questione relativa ai limiti dei poteri del Giudice penale investito della domanda restitutoria e risarcitoria avanzata dalla parte civile costituita, con particolare riferimento alle modalità satisfattorie delle pretese della parte civile (Cass. IV, n. 27412/2008). Dopo avere ricostruito l'evoluzione giurisprudenziale in tema di risarcibilità di situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela (diritti assoluti-diritti di credito-interessi legittimi) e avere ricordato la carenza di pronunce sulla specifica questione dei poteri del Giudice in relazione al negozio giuridico traslativo, la Corte ha ricordato che il risarcimento del danno non mira solamente alla tutela di un interesse eminentemente privato, valendo esso anche come mezzo di lotta contro il delitto, trovando sempre maggiore riscontro una concezione del sistema penale in cui la tutela degli interessi della vittima è considerata come condizione necessaria dell'efficienza del sistema giustizia. Le forme della riparazione sono essenzialmente la restituzione (o restitutio in integrum) o il risarcimento in denaro, consistendo la prima nel ristabilimento in forma specifica della situazione esistente prima del compimento del reato. Essa può essere materialmente impossibile o eccessivamente onerosa rispetto al vantaggio che ne deriverebbe al danneggiato ed in questo caso non è esigibile, ma in ogni altra situazione la legge non pone limitazioni. La Corte ha poi sottolineato che in sede penale non può essere disconosciuta la restituzione delle cose mobili, che anzi è regolata anche al di fuori della costituzione della parte offesa o danneggiata in parte civile, cosicché la precisazione contenuta nell'art. 185 c.p. non può riferirsi solo a questa fattispecie che non necessita di questo tipo di domanda processuale, potendo la restituzione sempre essere richiesta da parte dell'avente diritto. Perché l'indicazione del legislatore svolga una sua funzione ad abbia una sua coerenza interna al sistema processualistico penale è necessaria che con il termine “restituzione” si voglia intendere una statuizione più ampia, conseguente alla presenza della vittima nel processo con una domanda di tipo civilistico, atta a ristabilire la situazione antecedente. Posto che non sussiste alcun dubbio che il Giudice penale possa annullare un contratto quando esso riguarda il trasferimento di una cosa mobile, attraverso la restituzione della stessa all'avente diritto (si pensi al reato di truffa), non vi è alcuna ragione per escludere la restitutio quando essa presuppone la dichiarazione di nullità di un contratto con effetto estintivo del diritto di proprietà sul bene immobile. La natura immobiliare del bene non contempla un'apprensione materiale del bene che può essere annullata attraverso un ordine di restituzione (materiale), cosicché affinché l'ordine restitutorio possa permettere il raggiungimento della funzione principale della riparazione – ossia la cancellazione di tutte le conseguenze del fatto illecito quale forma privilegiata attraverso cui si riconosce la valenza del diritto violato – esso non può che presuppore la dichiarazione di nullità del contratto ad effetti reali. La Corte, nel ribadire l'importanza che il Giudice penale eserciti pienamente questo tipo di potere per il principio di economia che deve governare il processo penale e i rapporti tra quest'ultimo e il processo civile nell'ottica di un superiore principio di efficienza del sistema giustizia, ha tuttavia fissato come limiti ad un suo corretto e valido esercizio la circostanza che vi sia piena sovrapponibilità tra fattispecie civile e fattispecie penale e che non si profilino interessi di terzi rimasti estranei al processo penale: ove ricorra tale ultima eventualità la dichiarazione di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative deve essere meglio valutata nel processo civile, sede in cui costoro possono intervenire per difendere le proprie ragioni.

Rapporti tra azione civile e azione penale

Il nostro ordinamento è ispirato dal principio di autonomia e di separazione del giudizio civile risarcitorio e restitutorio da quello penale finalizzato all'accertamento della responsabilità penale e all'irrogazione della sanzione penale.

Il legislatore delegato alla stesura del nuovo codice di procedura penale, in conformità ai criteri miranti a ridurre l'efficacia extrapenale del giudicato indicati nella legge delega, ha previsto una drastica riduzione degli effetti extrapenali della decisione penale, coerentemente con la logica complessiva del codice del 1988 in ordine ai rapporti tra giudizio penale e giudizio civile, i quali ormai non sono più improntati al principio, in precedenza imperante nel sistema inquisitorio, della unitarietà della funzione giurisdizionale e quindi della priorità e del primato della giurisdizione penale e della sua pregiudizialità rispetto agli altri processi. Ne è conferma la mancata riproduzione nel codice vigente della disposizione di cui all'art. 3, comma 2, del codice abrogato (sulla sospensione necessaria della controversia civile in pendenza del processo penale) né diverse altre disposizioni alla stessa collegate (parte degli artt. 24 e ss.), con conseguente eliminazione di ogni riferimento alla c.d. pregiudiziale penale dal testo dell'art. 295 c.p.c. Il legislatore, dunque, con il codice di procedura del 1988 ha introdotto il diverso principio della (pressoché) completa autonomia e separazione fra giudizio civile e giudizio penale, nel senso che, tranne alcune particolari e limitate ipotesi di sospensione del processo civile previste dall'art. 75 c.p.p., comma 3 da un lato il processo civile deve proseguire il suo corso, senza essere influenzato dal processo penale e, dall'altro, il Giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità civile dedotti in giudizio (Cass. V, n. 11090/2015; Cass. S.U., n. 40049/2008).

Nell'ordinamento processuale vigente, l'unico mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è costituito dall'art. 75 c.p.p., il quale esaurisce ogni possibile ipotesi di sospensione del giudizio civile per pregiudizialità, ponendosi come eccezione al principio generale di autonomia, al quale s'ispirano i rapporti tra i due processi, con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dell'obbligo del Giudice civile di accertare autonomamente i fatti. La sospensione necessaria del giudizio civile è pertanto limitata all'ipotesi in cui l'azione in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, prevedendosi, nel caso inverso, la facoltà di trasferire l'azione civile nel processo penale, il cui esercizio comporta la rinuncia ex lege agli atti del giudizio civile, ovvero la prosecuzione separata dei due giudizi (Cass. VI-III ord., n. 26863/2016).

L'azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale ovvero se è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile (art. 75, comma 2, c.p.p.). Il trasferimento nel processo penale è possibile sino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L'esercizio di tale facoltà da parte del danneggiato dal reato – attore nel processo civile – determina l'estinzione del processo civile per rinuncia agli atti, le cui spese saranno regolate dal Giudice penale all'esito del processo (art. 75, comma 1, c.p.p.).

Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge (art. 75, comma 3, c.p.p.).

Per converso, laddove il danneggiato dal reato abbia agito preliminarmente in sede penale costituendosi parte civile e successivamente decida di promuovere l'azione davanti al Giudice civile, tale iniziativa vale revoca tacita della costituzione di parte civile (art. 82, comma 2, c.p.p.).

La Corte di Cassazione ha da tempo chiarito i rapporti intercorrenti fra l'azione risarcitoria esercitata nel processo civile e quella proposta in sede penale, osservando che deve escludersi che il danneggiato dal reato che abbia esercitato l'azione risarcitoria nel processo civile sia legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale per far valere ulteriori profili di danno derivanti dalla stessa causa, qualora sia intervenuta la pronuncia di una sentenza di merito, anche non passata in giudicato, nella sede civile (Cass. IV, n. 24215/2015; Cass. II, n. 7126/2000). L'effetto preclusivo sancito dall'art. 75 c.p.p., comma 1, cioè, in base al quale il trasferimento dell'azione civile nel processo penale comporta l'automatica rinuncia agli atti del giudizio civile che, di conseguenza, deve essere dichiarato estinto, opera nel caso in cui sia stata pronunciata sentenza di merito, anche non definitiva, nel giudizio civile; e allorché tra l'azione promossa in sede civile e quella esercitata con la costituzione di parte civile nel processo penale sussista identità di soggetti e di causa petendi (Cass. IV, n. 35604/2003).

È stato infatti ripetutamente affermato che la costituzione di parte civile nonostante che il danneggiato abbia agito anche in sede civile è ammissibile – e non determina l'effetto estintivo del giudizio civile previsto dall'art. 75 c.p.p. – nella misura in cui tra l'azione civile e quella penale sussista diversità di soggetti e di causa petendi (Cass. II, n. 5801/2013). E che nel caso in cui il danneggiato da un reato agisca dinanzi al Giudice civile per il risarcimento del danno morale e di quello biologico e, successivamente, si costituisca parte civile nel processo penale chiedendo il risarcimento dei soli danni patrimoniali, il giudizio civile non va sospeso, in quanto il principio di autonomia e di separazione del giudizio civile da quello penale, posto dall'art. 75 c.p.p., comporta che, qualora un medesimo fatto illecito produca diversi tipi di danno, il danneggiato possa pretendere il risarcimento di ciascuno di essi separatamente dagli altri, agendo in sede civile per un tipo e poi costituendosi parte civile nel giudizio penale per l'altro (Cass. II, n. 38806/2008).

Quel che conta, in sostanza, è che non si pervenga ad una duplicazione di giudizi, quando cioè sussista coincidenza tra la domanda proposta davanti al Giudice civile e quella avanzata dinanzi al Giudice penale quanto alla causa petendi e al petitum, poiché in tal caso opererà la revoca tacita della costituzione di parte civile ai sensi dell'art. 82, comma 2, c.p.p. (Cass. V, n. 21672/2018), trattandosi di disposizione appunto dettata per evitare la duplicazione dei giudizi risarcitori (Cass. IV, n. 3454/2014). Qualora la parte civile che abbia proposto dinanzi al Giudice civile la stessa domanda azionata in sede penale impugni la sentenza penale di primo grado, l'atto di appello sarebbe inammissibile giacché l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale conseguente al trasferimento dell'azione civile preclude al Giudice penale di ulteriormente decidere sulle statuizioni civili di una sentenza relativa a un rapporto processuale ormai estinto (Cass. V, n. 38741/2019). Per scongiurare la revoca tacita della costituzione di parte civile è necessario che nell'atto di citazione, successivamente proposto davanti al Giudice civile, siano determinati gli elementi di autonomia che contraddistinguono la diversità della nuova domanda risarcitoria o restitutoria rispetto all'atto di costituzione di parte civile, in guisa da evitare un'inequivoca coincidenza fra le due domande civili e, quindi, un duplice esercizio della medesima azione che integra l'ipotesi della revoca di cui all'art. 82, comma 2, c.p.p. (Cass. IV, n. 3454/2014; Cass. II, n. 62/2009; Cass. IV, n. 21588/2007).

Deve tuttavia darsi atto che, in relazione alla fase delle impugnazioni, il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha modificato l'art. 573 c.p.p., inserendo il comma 1 bis nel testo dell'articolo, ai sensi del quale “Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.” La disposizione, come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è destinata tuttavia a trovare applicazione con esclusivo riferimento alle “impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile è intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione ai sensi dell'art. 99-bis del predetto d. lgs. n. 150 del 2022” (Cass. S.U., n. 38481/2023).

La Corte di Cassazione ha peraltro sottolineato che non è sufficiente a eludere il divieto di duplicazione dei giudizi l'utilizzo nell'atto di citazione di frasi quali “per gli ulteriori profili non contestati in sede penale” e simili, come frasi selezionatrici del danno domandato, precisando che deve ritenersi che sia onere della persona offesa, quando questa intenda limitare la potenzialità della domanda formulata con l'atto di costituzione di parte civile, onde consentire un pieno contraddittorio nei riguardi dell'imputato e, al tempo stesso, al Giudice penale una liquidazione del danno risarcibile realmente dedotto, recingerne i limiti in modo chiaro ed esplicito, ovvero espressamente riservando alla sede civile la tutela delle ulteriori ragioni creditorie aventi origine nel fatto penalmente illecito per cui pende il procedimento nel quale ha inserito la pretesa risarcitoria; e, parallelamente, sia suo onere precisare, nell'atto di citazione civile successivamente proposta, ove intenda evitare il rischio di estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, gli elementi di autonomia significativi della diversità della nuova domanda risarcitoria o restitutoria (Cass. V, n. 28753/2005).

Non costituisce duplicazione di titoli esecutivi (eventualità connessa alla duplicazione dei giudizi) l'emissione – dopo la sentenza di primo grado recante condanna generica dell'imputato a risarcire il danno alla parte civile, con contestuale previsione in favore di questa di una provvisionale immediatamente esecutiva (nella specie, ai sensi dell'art. 539, comma 2-bis, c.p.p.) – di un sequestro conservativo sui beni e sui crediti del predetto a richiesta della stessa parte civile, atteso che il sequestro non è titolo esecutivo, esplicando solo una funzione di garanzia dei diritti derivanti alla parte civile dalle statuizioni civili della sentenza penale e dalle decisioni della futura sentenza civile di condanna dell'imputato al pagamento della somma liquidata a titolo risarcitorio (Cass. I, n. 45343/2019 che in motivazione ha specificato che, in tal caso, la parte civile è legittimata ad eseguire il pignoramento sulla base del solo sequestro, destinato a convertirsi in pignoramento senza necessità di attivazione del procedimento di cui agli artt. 479-482 c.p.c. per effetto della condanna dell'imputato alla provvisionale immediatamente esecutiva, nei limiti dell'ammontare da questa stabilito).

In tema di reati fallimentari, qualora il curatore, successivamente all'inizio del processo penale per bancarotta, abbia optato per l'esercizio in sede civile dell'azione di responsabilità nei confronti del fallito, la precedente costituzione di parte civile del singolo creditore in sede penale conserva efficacia solo per i crediti di natura personale, mentre deve intendersi automaticamente caducata per i crediti della massa già azionati dallo stesso curatore (Cass. V, n. 19216/2014).

La revoca della costituzione di parte civile, determinando l'estinzione del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, impedisce al Giudice penale di mantenere ferme le statuizioni civili relative a un rapporto processuale ormai estinto. Di conseguenza il Giudice di legittimità, investito di un ricorso proposto dall'imputato e relativo alla responsabilità penale, preso atto della revoca, deve annullare senza rinvio la sentenza in ordine alle statuizioni civili in essa contenute (Cass. IV, n. 3454/2014; Cass. IV, n. 31320/2004) senza adozione di alcun provvedimento in ordine alla liquidazione delle spese del giudizio in favore delle parti civili.

Gli aspetti processuali - La procura speciale e la difesa tecnica

A mente dell'art. 76 c.p.p. l'azione civile è esercitata, anche a mezzo di procuratore speciale, mediante la costituzione di parte civile. La persona danneggiata che si costituisce parte civile deve nominare un difensore ma non anche un procuratore speciale qualora si costituisca personalmente, avendo la Corte chiarito che l'obbligo di nomina del procuratore speciale – che ben può essere lo stesso difensore nominato con il medesimo atto – sussiste solo nel caso in cui la parte civile non si costituisca personalmente (Cass. III, n. 35187/2009). La procura, da unire agli atti, a pena di inammissibilità deve essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata (con sottoscrizione autenticata dal difensore se rilasciata al medesimo) e contenere la determinazione dell'oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce (art. 122, comma 1, c.p.p.). Per le pubbliche amministrazioni è sufficiente che la procura sia sottoscritta dal dirigente dell'ufficio nella circoscrizione in cui si procede e sia munita del sigillo dell'ufficio (art. 122, comma 2, c.p.p.).

Il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha introdotto nel testo dell'art. 122 c.p. il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale, la procura speciale è depositata, in copia informatica autenticata con firma digitale o altra firma elettronica qualificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, con le modalità di deposito telematico, previste dall'art. 111-bis c.p.p. (anch'esso introdotto dalla Riforma), salvo l'obbligo di conservare l'originale analogico da esibire a richiesta dell'autorità giudiziaria.

Se la procura non è apposta in calce o a margine della dichiarazione di parte civile, ed è conferita nelle altre forme previste dall'art. 100, commi 1 e 2, essa è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione della parte civile (art. 78, comma 3, c.p.p.).

L'omessa indicazione della data di conferimento della procura speciale al difensore della parte civile non determina alcuna incertezza in ordine allo ius postulandi dello stesso, posto che l'art. 78, comma 3, c.p.p. prevede espressamente che, qualora non venga apposta in calce o a margine dell'atto di costituzione di parte civile, la procura può essere presentata direttamente in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione, sicché in tal caso la data che fa fede è quella di deposito (Cass. III, n. 52435/2017).

Il procuratore speciale del danneggiato dal reato, seppure sia un esercente la professione forense, non può costituirsi parte civile personalmente senza il ministero di un difensore munito della procura speciale di cui all'art. 100 c.p.p. (Cass. VI, n. 14411/2020, per un caso di tutore del minore danneggiato; Cass. III, n. 41744/2009). Sul tema sono intervenute anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 44712/2004) che hanno tra l'altro fatto chiarezza sulle differenze intercorrenti tra le varie “procure speciali” che il codice di rito utilizza per indicare atti, relazioni e uffici che sono indiscutibilmente eterogenei tra loro. Colui che sostiene di essere danneggiato dal reato può esercitare l'azione civile nel processo penale mediante la costituzione di parte civile. Ciò può fare, a mente dell'art. 76 c.p.p., personalmente (se persona giuridica tramite il rappresentante legale, se persona fisica non avente “il libero esercizio dei diritti” secondo le modalità indicate nell'art. 77 c.p.p., che rimanda al c.p.c.) o a mezzo di procuratore speciale ad atti ex art. 122 c.p.p. In quest'ultimo caso conferisce al procuratore la capacità di essere soggetto del rapporto processuale (legitimatio ad processum, contrapposta alla legitimatio ad causam che è collegata allo status di soggetto che ha subito danni a causa di un reato) e detto procuratore ha titolo di promuovere l'azione risarcitoria in nome e per conto del danneggiato. È questa la “procura speciale” cui si riferiscono gli artt. 76 e 122 c.p.p. Diversa è la procura speciale rilasciata ai sensi dell'art. 100 c.p.p. La parte civile non può difendersi da sola, ma deve stare in giudizio con il ministero di un difensore, munito di procura speciale. Tale atto conferisce la rappresentanza tecnica in giudizio, ossia esclusivamente lo jus postulandi, attribuendogli il potere di compiere e ricevere tutti gli atti del procedimento (art. 100, comma 4, c.p.p.), necessari allo svolgimento dell'azione civile: si tratta di una “capacità di schietto diritto processuale”, che risponde ad un'esigenza prevalentemente pubblicistica. Appare così evidente che l'intenzione del legislatore è stata quella di modellare la procura alle liti con riferimento all'omologo istituto processual-civilistico (art. 83 c.p.c.), giacché la parte civile, come gli altri soggetti indicati nell'art. 100 c.p.p., si muove nel processo penale nell'ambito, diretto o indiretto, di un contenzioso di natura civilistica. Conclusivamente, la procura di cui agli artt. 76 e 122 c.p.p. tende ad attribuire al procuratore la capacità di essere soggetto del rapporto processuale, al fine di promuovere l'istanza risarcitoria in nome e per conto del danneggiato; la procura ex art. 100 c.p.p. mira a conferire un valido mandato defensionale della parte rappresentata, onde far valere in giudizio la pretesa di detta parte. La differenza tra le due procure è dunque radicale e tale resta anche quando unitamente alla prima venga, con lo stesso atto, conferita alla stessa persona anche la seconda: la qual cosa è ben possibile in quanto, pur in presenza di distinte disposizioni normative, non si rinviene nell'ordinamento una disposizione che vieti il cumulo, in unico atto, di tali distinte scritture.

La procura di cui all'art. 76 c.p.p. è quindi ontologicamente e concettualmente distinta da quella di cui all'art. 100 c.p.p., per cui anche se contenute nello stesso atto debbono essere specificamente indicate. Deve risultare cioè dall'atto “unico” che si sia inteso conferire la procura per proporre in giudizio la domanda risarcitoria e la procura per esercitare in giudizio il mandato difensivo. Le Sezioni Unite hanno ricordato che è indubbio che all'azione civile esercitata nell'ambito del processo penale si applichino le norme del codice di procedura penale e che pertanto trovi applicazione l'art. 100 c.p.p., secondo cui la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale, e non l'art. 86 c.p.c. in base al quale la parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il Giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore. La conferma, del resto, si ricava dalla circostanza che il nuovo codice di procedura penale, a differenza del previgente, prevede espressamente per la parte civile il ministero del difensore (art. 100 c.p.p.) quando il previgente art. 126 riconosceva semplicemente la facoltà di farsi assistere da un solo avvocato o procuratore.

Nel caso in cui la parte civile revochi il proprio difensore nominandone un altro ma omettendo di conferire a quest'ultimo la procura speciale per legittimarlo allo ius postulandi ai sensi dell'art. 100 c.p.p., si ha revoca tacita della costituzione di parte civile, ai sensi degli artt. 82 e 523 c.p.p. non potendo tale situazione ritenersi sanata dalla presenza personale della parte in udienza (Cass. V, n. 43479/2015, Palmieri, in cui la Corte ha evidenziato che la procura speciale ex art. 100 c.p.p. si differenzia da quella prevista dall'art. 122 c.p.p. in quanto quest'ultima ha la funzione di attribuire al procuratore la capacità di essere soggetto del rapporto processuale, mentre la prima ha riguardo al conferimento della rappresentanza tecnica della parte). La designazione del nuovo difensore e procuratore speciale non determina la necessità della rinnovazione della costituzione in giudizio (Cass. V, n. 34305/2020).

Il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha introdotto il nuovo comma 1-bis nel testo dell'art. 78 c.p.p., prevedendo che il difensore cui sia stata conferita la procura speciale ai sensi dell'art. 100 c.p.p., nonché la procura per la costituzione di parte civile a norma dell'art. 122 c.p.p., se in questa non risulta la volontà contraria della parte interessata, può conferire al proprio sostituto, con atto scritto, il potere di sottoscrivere e depositare l'atto di costituzione. Deve ritenersi in ogni caso tutt'ora valido il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, secondo cui la costituzione di parte civile effettuata dal sostituto processuale, cui non sia stato conferito per iscritto il relativo potere dal difensore sostituito, è valida allorché avvenga in presenza del danneggiato, dovendosi considerare come avvenuta personalmente da parte di quest'ultimo (Cass. S.U., n. 12213/2017, Zucchi e altri).

Nonostante l'art. 100, comma 3, c.p.p. disponga che la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo quando nell'atto non è espressa una diversa volontà, per ritenere estesa la procura conferita in primo grado anche in grado di appello, è sufficiente che il difensore sia designato con locuzioni quali “per la presente procedura”, “per la presente causa” e simili, in considerazione del fatto che il processo si articola in più fasi (Cass. VI, n. 6332/1994).

La capacità processuale

L'esercizio delle azioni civili risarcitorie e restitutorie presuppone la piena capacità processuale del danneggiato: le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti lesi e da far valere – e dunque la capacità di agire secondo le leggi civili – non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l'esercizio delle azioni civili (art. 77, comma 1, c.p.p.).

Laddove nel caso concreto manchi la persona a cui spetta la rappresentanza o assistenza e vi siano ragioni di urgenza ovvero rilevi una situazione di conflitto di interesse tra il danneggiato e chi lo rappresenta, è prevista l'attivazione del Pubblico Ministero che può chiedere (anche se la discrezionalità è solo apparente, se solo si considera che ai sensi dell'art. 73 del r.d. n. 12/1941, c.d. legge di ordinamento giudiziario, il Pubblico Ministero veglia alla pronta tutela delle persone giuridiche e degli incapaci, richiedendo nei casi di urgenza i provvedimenti cautelari che ritiene necessari) la nomina di un curatore speciale al Giudice che procede.

Nel caso di minori la rappresentanza è collegata all'esercizio della potestà genitoriale. Secondo orientamento consolidato di legittimità la costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la potestà genitoriale, non richiede l'autorizzazione del Giudice tutelare, in quanto si tratta di un atto non eccedente l'ordinaria amministrazione. In proposito è stato anche affermato che l'art. 77 c.p.p. esaurisce nella sua disciplina il problema della capacità processuale del minore, senza distinguere tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (Cass. VI, n. 18266/2014, R.; Cass. VI, n. 40719/2007).

La costituzione di parte civile conserva la sua validità, pur in assenza di rinnovazione, nel caso in cui il minore raggiunga la maggiore età nel corso del giudizio – con conseguente perdita della capacità processuale del rappresentante legale – e in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensore e di iniziative delle controparti (Cass. VI, n. 26870/2017), ciò del resto in conformità al disposto di cui all'art. 300 c.p.c. Né la mancata dichiarazione nelle more del giudizio del raggiungimento della maggiore età può essere interpretata come un'implicita rinuncia alla costituzione da parte del minore medesimo, né, ancora, tale conseguimento di maggiore età può essere rilevato d'ufficio dal Giudice (Cass. VI, n. 18266/2014). Nel caso inverso di perdita della capacità processuale nel corso del giudizio non si determina alcuna caducazione degli atti legittimamente compiuti prima di tale evento, comportando tale situazione solamente che il processo prosegue nei confronti del tutore, soggetto legittimato in vece dell'incapace, il quale assume la veste di parte mediante la sua semplice costituzione in giudizio che non integra un “nuovo” atto di costituzione di parte civile (Cass. V, n. 474/2014).

Per il caso del fallimento della parte civile nel corso del processo si veda Cass. VI, n. 40801/2018 e Cass. V, n. 4958/2006, che hanno ribadito come in tal caso non si verifichi la perdita della capacità processuale del fallito se il proprio procuratore o il curatore del fallimento ometta la relativa dichiarazione in giudizio – preordinata a regolarizzare il rapporto processuale a norma dell'art. 43, l. fall. – con la conseguenza che il rapporto processuale instaurato dal fallito, anteriormente al fallimento, prosegue tra le parti originarie e non può venire meno in conseguenza dell'iniziativa dell'imputato, trattandosi di parte processuale non legittimata a far valere eventuali questioni relative alla prosecuzione del giudizio civile in sede penale da parte del fallito e inerenti esclusivamente ai rapporti tra quest'ultimo e la curatela fallimentare. Dinanzi a simili evenienze si applicano i principi che disciplinano il processo civile – i quali regolano, per quanto espressamente non derogato, l'esercizio dell'azione civile nel processo penale – in virtù dei quali la perdita della capacità di una parte di stare in giudizio, per avere effetto, deve essere dichiarata dal suo procuratore, proseguendo il processo in caso contrario tra le parti originarie ai sensi dell'art. 300 c.p.c.

Con riferimento agli enti locali nella previgenza della l. n. 142/1990 era stata affermata l'inammissibilità della costituzione di parte civile del comune qualora la relativa deliberazione adottata in via di urgenza dalla giunta comunale non fosse stata ratificata dal consiglio comunale né sottoposta al visto dell'autorità di controllo, mancando in tal caso la legitimatio ad processum (Cass. S.U., n. 6483/1979).

Nell'attuale assetto normativo non è più contestabile la presenza del comune nel processo come parte civile laddove il sindaco non abbia ricevuto l'autorizzazione della giunta municipale a costituirsi parte civile, poiché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali la competenza a conferire al difensore del comune la procura alle liti appartiene al sindaco senza che sia necessaria alcuna autorizzazione della giunta municipale, atteso che al sindaco è attribuita la rappresentanza dell'ente (art. 50, comma 2, d.lgs. n. 267/2000), mentre la giunta ha una competenza residuale, sussistente cioè soltanto nei limiti in cui norme legislative o statutarie non la riservino al sindaco (Cass. VI, n. 7527/2005; Cass. S.U., n. 17550/2002).

La nomina del curatore speciale può essere richiesta oltre che dal Pubblico Ministero dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interesse, dal rappresentante (art. 77, comma 2, c.p.p.).

Il procedimento per la nomina del curatore speciale prevede l'assunzione da parte del Giudice di informazioni dalle persone che reputa in possesso di notizie utili alla decisione e l'audizione, ove possibile, delle stesse persone interessate e in favore delle quali si pone la nomina del curatore speciale. La decisione, adottata nella forma del decreto, viene comunicata al Pubblico Ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace (art. 77, comma 3, c.p.p.).

L'intervento sostitutivo del Pubblico Ministero assume maggiore incisività in ragione del grado dell'urgenza e della qualità del soggetto danneggiato privo della capacità processuale: l'art. 77, comma 4, c.p.p. prevede che in caso di assoluta urgenza, l'azione civile nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore possa essere esercitata dal Pubblico Ministero, finché subentri a norma dei commi precedenti colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza ovvero il curatore speciale. La relazione al progetto preliminare del codice di rito ne trattava in termini di legittimazione provvisoria del Pubblico Ministero all'esercizio dell'azione civile nell'interesse dell'incapace che poteva trovare applicazione, ad esempio, in tema di giudizio direttissimo che per l'immediatezza della procedura non avrebbe consentito di adottare i meccanismi previsti dai commi 2 e 3. Nella relazione al testo definitivo si menzionava la possibile decadenza per l'incapace dalla possibilità di esercitare l'azione civile in sede penale (Relazioni al progetto preliminare e al testo definitivo del c.p.p., pubblicate nella Gazz. Uff. n. 250 del 24 ottobre 1988 – Suppl. Ordinario n. 93).

Le formalità della costituzione di parte civile

La dichiarazione di costituzione di parte civile può essere alternativamente depositata nella cancelleria del Giudice che procede ovvero presentata in udienza nel rispetto dei termini indicati dall'art. 79 c.p.p. e previsti a pena di decadenza.

Il contenuto della dichiarazione di costituzione di parte civile è rigorosamente predeterminato dal legislatore a pena di inammissibilità, circostanza che unitamente alla inoppugnabilità delle ordinanze che escludono o ammettono la parte civile (essendo impugnabile con ricorso per cassazione solo l'ordinanza che respinge la richiesta di esclusione) dovrebbe indurre a particolare attenzione nella redazione dell'atto.

Essa deve innanzitutto indicare le generalità della persona fisica o la denominazione dell'associazione o dell'ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante (art. 78, comma 1, lett. a), c.p.p.) e le generalità dell'imputato nei cui confronti viene esercitata l'azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo (art. 78, comma 1, lett. b), c.p.p.) per evidenti ragioni di identificazione del legittimato attivo e del legittimato passivo che costituiscono i termini soggettivi del rapporto processuale dedicato alle pretese risarcitorie e restitutorie che il danneggiato fa valere nel processo penale.

Con riferimento a questo secondo elemento la Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile la costituzione di parte civile formalizzata facendo riferimento alla generalità degli imputati di una specifica imputazione (nello specifico “contro gli imputati del reato associativo”), ovvero in danno di soggetti identificabili senza incertezze ex actis facendo riferimento alle contestazioni mosse dal Pubblico Ministero e al successivo decreto che ha disposto il giudizio emesso dal Giudice dell'udienza preliminare (Cass. II, n. 34147/2015). In altra pronuncia precedente la Corte aveva diversamente valutato inammissibile la costituzione di parte civile che individuava l'imputato nei cui confronti esercitava l'azione civile mediante il riferimento al “ + 1” rispetto ad altro imputato indicato nominativamente (Cass. IV, n. 6225/2009, in cui purtuttavia difettavano anche le generalità del legale rappresentante della società che si costituiva parte civile).

Ai sensi dell'art. 78, comma 1, lett. d), c.p.p., come integrato per effetto del d.lgs. n. 150/2022, la dichiarazione di costituzione di parte civile deve altresì contenere l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda agli effetti civili.

La dichiarazione di costituzione deve contenere altresì il nome e il cognome del difensore, l'indicazione della procura (art. 78, comma 1, lett. c), c.p.p.) e la sua sottoscrizione (art. 78, comma 1, lett. e), c.p.p.), mentre non ne sono richieste le generalità, essendo esse pretese a pena di inammissibilità solo con riguardo alla persona fisica che si costituisce e non al suo difensore (Cass. I, n. 43723/2008). Non determina l'inammissibilità della costituzione di parte civile l'apposizione della sottoscrizione del difensore esclusivamente in calce alla procura speciale rilasciata dalla persona offesa e non alla dichiarazione di costituzione sottoscritta dal solo interessato, considerato che essa è sufficiente ad integrare il requisito della sottoscrizione del difensore in calce all'atto di costituzione, previsto dall'art. 78, comma 1, lett. e), c.p.p. (Cass. V, n. 43481/2014, che ha precisato che l'inesistenza dell'atto ricorre solamente qualora l'atto di costituzione non rechi la sottoscrizione dell'interessato, ma solo quella del difensore il quale non sia munito di procura speciale rilasciata nelle forme di legge).

Se la dichiarazione di costituzione di parte civile è presentata fuori udienza sorge l'onere in capo alla stessa parte civile di procedere alla notifica alle altre parti, producendo effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione (art. 78, comma 2, c.p.p.). Nel novero delle “altre parti” non rientra il difensore dell'imputato che, dunque, non è titolare di alcun diritto di notizia, posto che nel vigente codice di rito la nozione di “parte” deve intendersi riferita ai soggetti, attivo e passivo dell'azione penale (ossia Pubblico Ministero e imputato), nonché ai soggetti dell'eventuale azione civile proposta in sede penale che vanno individuati nella parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (Cass. IV, n. 3797/2014).

Il termine per la costituzione di parte civile è individuato dall'art. 79 c.p.p. e trattasi di termine previsto a pena di decadenza.

La disposizione citata è stata oggetto di modifiche per effetto del d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, e prevede oggi, al comma 1, che la costituzione di parte civile può avvenire per l'udienza preliminare, prima che siano ultimati gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, o, quando manca l'udienza preliminare, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 o dall'art. 554-bis, comma 2, c.p.p., con riferimento dunque alla fase predibattimentale ovvero, nei procedimenti per i quali sia prevista la citazione diretta a giudizio, all'udienza predibattimentale, introdotta con la Riforma Cartabia.

Fuori da queste ultime ipotesi, quando cioè la costituzione di parte civile è consentita fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'art. 484 c.p.p., se la stessa avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468, comma 1, c.p.p., la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.

Con riferimento al termine finale stabilito per la costituzione in sede di udienza preliminare (“per l'udienza preliminare”) la Corte di Cassazione ha precisato che esso deve essere individuato nel momento in cui il Giudice dichiara aperta la discussione ai sensi dell'art. 421, comma 1, c.p.p., con la conseguenza che ove il Giudice, senza dichiarare l'apertura della discussione, rinvii ad altra udienza per consentire alla parte civile di regolarizzare la sua posizione, è da considerarsi tempestiva la costituzione di parte civile che avvenga regolarmente alla successiva udienza e prima dell'apertura della discussione (Cass. III, n. 21408/2002). L'ordinanza di rinvio emessa per tali fini è infatti pacificamente legittima (v. per il dibattimento Cass. VI, n. 29442/2009, Chirico e altro, secondo cui è legittima l'ordinanza con la quale il Giudice, senza dichiarare l'apertura del dibattimento, rinvii ad altra udienza per consentire alla parte civile di eliminare eventuali irregolarità della costituzione).

Avuto riguardo alla fase dibattimentale, con considerazioni estensibili alla nuova udienza predibattimentale ex art. 554-bis c.p.p., il termine ultimo per la costituzione di parte civile deve individuarsi nel momento, antecedente all'apertura del dibattimento, in cui il Giudice ha esaurito l'accertamento della regolare costituzione delle parti e deciso le eventuali questioni sollevate al riguardo, ai sensi dell'art. 491, comma 1, c.p.p. (Cass. V, n. 29394/2019, che ha dichiarato intempestiva la costituzione di parte civile riproposta nell'udienza successiva a quella nella quale il Giudice aveva proceduto alla verifica della costituzione delle parti e, su eccezione della difesa dell'imputato, aveva pronunciato provvedimento di esclusione della parte civile; Cass. VI, n. 16394/2018; Cass. V, n. 28157/2015), essendo per conseguenza inammissibile la costituzione che sia avvenuta successivamente al compimento degli adempimenti per la verifica della regolare costituzione delle parti, pur se siano ancora proponibili le questioni previste dall'art. 491 c.p.p. le quali, invece, la presuppongono (Cass. V, n. 38982/2013, in cui è stata ritenuta tardiva la dichiarazione di costituzione presentata dopo la dichiarazione di contumacia dell'imputato e prima dell'apertura del dibattimento). Il momento individuato dall'art. 491, comma 1, c.p.p. è peraltro il termine entro cui a pena di decadenza devono essere sollevate anche le corrispondenti questioni sulla tempestività della costituzione di parte civile, anche se avvenuta a seguito di rimessione in termini ai sensi dell'art. 175 c.p.p. (Cass. III, n. 37507/2011). Peraltro gli adempimenti relativi alla regolare costituzione delle parti possono esaurirsi nell'udienza immediatamente successiva a quella della proposizione delle eccezioni sulla formale regolarità della costituzione stessa, non ostandovi le previsioni degli artt. 491, comma 1 e 80, comma 5, c.p.p., che si limitano ad escludere che la decisione su queste ultime avvenga dopo l'apertura del dibattimento (Cass. V, n. 31974/2019). È da considerarsi legittima e tempestiva la costituzione di parte civile avvenuta nell'udienza successiva a quella c.d. di “mero smistamento”, all'esito della quale il procedimento è stato semplicemente rinviato dinanzi al Giudice designato per la trattazione del giudizio, poiché, in tal caso, gli adempimenti in ordine alla regolare costituzione delle parti non devono considerarsi ancora conclusi, né sono state compiute le formalità di apertura del dibattimento (Cass. III, n. 46036/2018).

Qualora la costituzione di parte civile non abbia avuto luogo entro il termine stabilito, a pena di decadenza, dall'art. 79 c.p.p., essa non può più essere effettuata neppure a seguito della disposta rinnovazione delle formalità di apertura del dibattimento dovuta ad astensione del Giudice (Cass. V, n. 519/2006).

La costituzione di parte civile avvenuta tempestivamente è valida ed efficace anche se effettuata davanti al Giudice territorialmente incompetente, in virtù del principio di immanenza della costituzione rinvenibile nell'art. 76, comma 2, c.p.p. secondo cui la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo (Cass. VI, n. 4243/2007).

La costituzione di parte civile non viene travolta dall'eventuale dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio – e pertanto non dovrà essere reiterata in vista della nuova udienza preliminare (Cass. III, n. 21338/2010) – né dalla dichiarazione di nullità del decreto che dispone il giudizio immediato (Cass. I, 54604/2018). La nullità del decreto che dispone il giudizio non comporta la nullità della costituzione di parte civile, posto che tra tali atti non sussiste quel rapporto di consecutività e dipendenza previsto dall'art. 185 c.p.p. (Cass. V, n. 11783/2010).

Se la costituzione di parte civile avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468, comma 1, c.p.p. per il deposito, a pena di inammissibilità, della lista con cui viene chiesto l'esame dei testimoni, dei periti o consulenti tecnici, delle persone indicate nell'art. 210 c.p.p. o l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste.

La Corte di Cassazione ha tuttavia sottolineato che la persona offesa che si costituisca parte civile fuori udienza ha invece la facoltà di depositare la lista testimoniale nei termini di cui all'art. 468 c.p.p. prima della notificazione della dichiarazione di costituzione, e quindi ha il diritto, una volta costituita, all'ammissione delle prove testimoniali ivi indicate essendo l'imputato posto nella condizione di conoscere l'ambito di indagine rispetto al quale organizzare la propria difesa in dibattimento (Cass. IV, n. 27388/2018) e che nel rito a citazione a diretta la persona offesa non ancora costituitasi parte civile può validamente assolvere l'onere di presentazione della lista testimoniale mediante il deposito, prima del termine di sette giorni antecedenti l'udienza, di una memoria ai sensi dell'art. 90 c.p.p. (Cass. VI, n. 43211/2010).

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