Istanza per l'emissione di ordinanza per l'integrazione delle indagini (art. 421-bis)

Veronica Manca

Inquadramento

L'art. 421-bis c.p.p. mira a garantire che la decisione presa in sede di udienza preliminare sia sostenuta dalla garanzia di completezza delle indagini preliminari.

Formula

UFFICIO DEL G.U.P. TRIBUNALE DI.... [1]

RICHIESTA DI EMISSIONE DI ORDINANZA PER L'INTEGRAZIONE DELLE INDAGINI

***

Proc. pen. n..... R.G.N.R.

Proc. pen. n..... R.G.

Il sottoscritto Avv..... del Foro di...., con studio in...., difensore di fiducia dell'imputato...., nel procedimento penale N..... R.G.N.R.,

PREMESSO

– che il Sig..... è imputato nel proc. pen. N..... R.G.N.R. – R.GIP..... per il reato di cui all'art..... per avere....;

– che il Pubblico Ministero in data.... ha emesso richiesta di rinvio a giudizio;

– che, per l'effetto, il Giudice per le Indagini Preliminari ha disposto la fissazione dell'udienza preliminare per il giorno...., ad ore....;

– che, tuttavia, allo stato, in ragione del materiale probatorio offerto dalle indagini preliminari non è possibile addivenire ad una decisione in relazione al procedimento penale in epigrafe nei confronti di Tizio, dato che.... (specificare le ragioni a sostegno della propria istanza);

– che, allo stato le indagini preliminari abbiano restituito un quadro probatorio incompleto, dato che.... (specificare le ragioni a sostegno della propria istanza);

– che, in ragione delle considerazioni sopra esposte, si ritiene necessario che vengano poste in essere ulteriori indagini consistenti in.... sui seguenti fatti.... (qui specificare);

Tutto ciò premesso, il presente difensore, ai sensi dell'art. 421-bis c.p.p.

CHIEDE

che il Giudice dell'Udienza Preliminare voglia disporre ulteriori indagini entro il termine che vorrà stabilire in ordinanza, fissando nuovamente l'udienza preliminare in camera di consiglio, secondo i termini di legge.

Con la massima osservanza,

Luogo e data....

Firma Avv.....

[1]Indicare con precisione l'autorità competente per territorio.

Commento

L'art. 421-bis c.p.p. mira a garantire che la decisione presa in sede di udienza preliminare sia sostenuta dalla garanzia di completezza delle indagini preliminari.

Il giudice, quindi, ravvisata un'incompletezza investigativa è tenuto ad assumere le doverose iniziative istruttorie di completamento finalizzate ad evitare che la pronuncia conclusiva sconti in modo ingiustificato la mancanza di elementi conoscitivi rilevanti.

Tale previsione di fatto conferisce all'udienza preliminare una configurazione del tutto innovativa: al G.U.P. infatti viene riconosciuta una funzione di controllo della completezza delle indagini preliminari correlata sia all'obbligatorietà dell'azione penale sia all'esigenza di pronunciarsi sulla base di un materiale probatorio tendenzialmente completo. Sul punto, la Cassazione ha affermato che: “Il giudice dell'udienza preliminare è chiamato ad una rigorosa valutazione di effettiva consistenza del materiale probatorio posto a fondamento dell'accusa, ovvero a verificare se gli elementi a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio siano idonei a dimostrare la sussistenza di una minima probabilità che, all'esito del dibattimento, possa essere affermata la colpevolezza dell'imputato e, a tal fine, può avvalersi dei poteri di integrazione delle indagini, il cui esercizio, se adeguatamente motivato, non può essere oggetto di ricorso sotto il profilo della “eccessiva ampiezza”, posto che l'unico limite processuale all'utilizzazione di tale potere è rappresentato dall'essere lo stesso finalizzato alle valutazioni suddette” (Cass. V, n. 2516/2016; in senso analogo, Cass. VI, n. 33763/2015).

Secondo la dottrina, le ulteriori indagini ordinate dal G.U.P. non hanno necessariamente un segno favorevole o sfavorevole all'imputato, ben potendo essere disposte sia nell'interesse dell'accusa sia a favore della difesa. I destinatari inoltre possono essere anche le parti private e, quindi, i loro difensori con le rispettive facoltà di investigazione.

Secondo la dottrina, la norma in esame non chiarisce se il G.U.P. debba limitarsi ad indicare al pubblico ministero i temi d'indagine da sviluppare o da completare ovvero se debba altresì specificare i singoli atti di indagine: la soluzione al quesito si rinviene con un parallelismo rispetto a quanto ha stabilito la Corte cost. n. 253/1991 in sede di archiviazione, ex art. 409, comma 4 c.p.p., per cui “l'indicazione del giudice opera come devoluzione in tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta”).

La quantificazione del termine necessario per l'espletamento delle nuove indagini è rimessa alla discrezionalità del giudice: la distinta previsione del termine per il compimento delle indagini delle investigazioni e la data della nuova udienza delinea un necessario previo deposito degli ulteriori atti d'indagine compiuti.

Per la Cassazione, sul termine: “Nel corso dell'udienza preliminare, la produzione di nuovi documenti non soggiace al limite temporale di cui all'art. 127 c.p.p., fino a cinque giorni prima dell'udienza, essendo la produzione ammissibile fino all'inizio della discussione, ai sensi dell'art. 421, comma 3, c.p.p. senza che ciò comporti lesione del contraddittorio, potendo la controparte chiedere al giudice, a fronte della nuova produzione, un'attività di integrazione probatoria ex art. 422, comma 1, c.p.p. (Cass. III, n. 44011/2015).

Casistica

Recente la pronuncia della Cassazione, che, in relazione alla produzione documentale, in udienza preliminare ha stabilito il seguente principio di diritto: “Nel corso dell'udienza preliminare, la produzione di nuovi documenti non soggiace al limite temporale di cui all'art. 127 c.p.p., fino a cinque giorni prima dell'udienza, essendo la produzione ammissibile fino all'inizio della discussione, ai sensi dell'art. 421, comma 3, c. p. p., senza che ciò comporti lesione del contraddittorio, potendo la controparte chiedere al giudice, a fronte della nuova produzione, un'attività di integrazione probatoria ex art. 422, comma 1, c.p.p.” (così, Cass. II, n. 41012/2018). In relazione, invece, alla sentenza di non luogo a procedere, la Cassazione ha sancito che: «la sentenza di non luogo a procedere è una sentenza di merito su di un aspetto processuale, in cui il giudice dell'udienza preliminare è chiamato a valutare non la fondatezza dell'accusa, bensì la capacità degli elementi posti a sostegno della richiesta di cui all'art. 416 c.p.p., eventualmente integrati ai sensi degli artt. 421-bis e 422 c.p.p., di dimostrare la sussistenza di una “minima probabilità” che, all'esito del dibattimento, possa essere affermata la colpevolezza dell'imputato. Peraltro, la valutazione dei dati probatori da parte del giudice è finalizzata a verificare l'esistenza di un livello “serio” di fondatezza delle accuse, ma restano escluse da tale sindacato quelle letture degli atti di indagine o delle prove connotate da un significato “aperto” o “alternativo”, suscettibile, dunque, di diversa interpretazione da parte del giudice del dibattimento» (v. Cass. V, n. 2310/2017; Cass. V, n. 27823/2017; Cass. VI, n. 17385/2016; Cass. III, n. 28698/2016).

Più di recente, la Cassazione ha pronunciato il seguente principio di diritto: Non è abnorme, ma meramente irrituale, il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare disponga l'integrazione delle indagini ai sensi dell'art. 421-bis c.p.p. in un momento antecedente alla fase conclusiva dell'udienza, atteso che il provvedimento è comunque emesso nella sede propria, previa conoscenza del contenuto del fascicolo del pubblico ministero (Cass. II, n. 29664/2020).

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