Richiesta di esame e copia degli atti (art. 466)InquadramentoNel termine a comparire previsto in relazione al rito con il quale si procede, le parti e i difensori hanno diritto di prendere visione delle cose sottoposte a sequestro, ovunque custodite (purché ciò non implichi il ricorso a personale qualificato o l'utilizzo di particolari strumenti, nel qual caso ciò potrà avere luogo in dibattimento), nonché ad esaminare ed estrarre copia degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo processuale, ciò tipicamente allo scopo di verificarne la corretta composizione. FormulaAL TRIBUNALE DI.... RICHIESTA DI ESAME E COPIA DEGLI ATTI (ART. 466 C.P.P.) Il sottoscritto Avv....., difensore del Sig....., nato a...., il....; imputato nel procedimento penale n..... R.G.N.R./.... R.G. PREMESSO che in data.... è stata fissata dinanzi a Codesto Ecc.mo Tribunale la prima udienza del procedimento a carico del Sig..... [1]; CONSIDERATO che ai sensi dell'art. 466 c.p.p., durante il termine per comparire è facoltà del difensore di esaminare gli atti e i documenti raccolti nel fascicolo per il dibattimento presso la cancelleria del Giudice procedente; PQM il sottoscritto difensore chiede di esaminare il fascicolo indicato in epigrafe/di estrarre copia dei seguenti atti dal fascicolo indicato in epigrafe: .... Luogo e data.... Firma Avv..... [1]L'indicazione della data fissata per l'udienza può facilitare la verifica del fatto che la richiesta è stata avanzata entro il termine a comparire di cui all'art. 466, che sarà di venti e sessanta giorni (liberi) rispettivamente nel rito ordinario e in quello a citazione diretta. Nella prassi, può accadere che il fascicolo pervenga in cancelleria prima dei suddetti termini: in tali casi, tuttavia, l'eventuale rigetto della richiesta di esame non potrà costituire motivo di doglianza per il difensore. CommentoCollocazione sistematica L'attività processuale in commento rinviene la propria collocazione sistematica nella fase degli atti preliminari al dibattimento, la cui disciplina è contenuta nel Titolo I del Libro VII del Codice di rito. Tale fase si inaugura con la ricezione, da parte del Giudice del dibattimento, del decreto che dispone il giudizio e del fascicolo processuale formato dal Giudice dell'udienza preliminare a norma dell'art. 431 c.p.p., mentre nelle ipotesi di citazione diretta a giudizio di cui all'art. 550 c.p.p. è il Pubblico Ministero ad adottare il relativo decreto e a predisporre il fascicolo. L'esatta collocazione del momento iniziale della fase preliminare assume particolare rilevanza sotto il profilo dell'individuazione del Giudice procedente a norma dell'art. 279 c.p.p., che dunque, sino a che non sia stato trasmesso il fascicolo processuale, deve indentificarsi con il Giudice dell'udienza preliminare o con il Giudice per le indagini preliminari (cfr. Cass. S.U., n. 7/1994; Cass. S.U., n. 6/1994). La fase in rassegna si conclude, in pubblica udienza, con l'accertamento della regolare costituzione delle parti (art. 484 c.p.p.), ovvero con la dichiarazione di apertura del dibattimento, laddove vi si ritengano compresi anche i cc.dd. atti introduttivi di cui agli artt. 484-491 c.p.p. (Lozzi, Lezioni di procedura penale, Torino, 2006, 515 ss.). Soltanto nel corso degli atti preliminari in senso stretto è possibile, tuttavia, emettere sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 469 c.p.p.: trattasi di una delle ipotesi tassative in cui la fase preliminare trova il proprio epilogo in udienza camerale. Sotto il profilo funzionale, la fase degli atti preliminari risulta preordinata al compimento di attività propedeutiche allo svolgimento del futuro dibattimento, distinguibili in atti necessari o obbligatori e atti meramente eventuali (cfr. Santalucia, Gli atti preliminari al dibattimento, in Trattato di procedura penale, IV, II, Milano, 2009, 4). Tra gli atti necessari vi è il deposito, ai sensi dell'art. 468 c.p.p., delle cc.dd. liste testimoniali contenenti l'indicazione delle prove orali, tecniche e documentali di cui deve essere fatta richiesta a pena di decadenza, e delle quali verrà chiesta l'ammissione a norma dell'art. 493 c.p.p., nonché l'eventuale richiesta di autorizzazione alla citazione dei testi, dei consulenti tecnici, dei periti e degli imputati connessi. Tra le attività meramente eventuali che connotano la fase preliminare al dibattimento è annoverabile l'assunzione probatoria di urgenza: il codice di rito si preoccupa di dettare una disciplina ad hoc, contenuta nell'art. 467 c.p.p., per l'assunzione delle prove non differibili, che avverrà nei casi previsti dell'art. 392 c.p.p. e con le formalità del dibattimento. Un'ulteriore attività non necessaria tipicamente disciplinata dal Titolo I è l'anticipazione o il differimento della data prima udienza, che potrà essere disposta, per una sola volta ed eventualmente su istanza di parte, con decreto motivato adottato dal Giudice (monocratico) procedente, dal Presidente del Tribunale o della Corte di Assise ovvero dal Collegio. Infine, è opportuno ricordare una serie di attività, anch'esse meramente eventuali, non espressamente contemplate dalla disciplina degli atti preliminari, che tuttavia possono trovare luogo in questa fase, quali l'interrogatorio di garanzia dell'imputato (nel caso in cui sia stato il Giudice del dibattimento ad adottare l'ordinanza genetica), la costituzione della parte civile, la citazione e la costituzione del responsabile civile. Funzione e presupposti soggettivi e oggettivi dell'istituto La facoltà per i difensori e per le parti di prendere visione delle cose sottoposte a sequestro e di esaminare ed estrarre copia degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo processuale, assume diversa rilevanza a seconda che si proceda con rito ordinario o mediante citazione diretta a giudizio. Nella prima ipotesi, il fascicolo processuale è stato formato, ai sensi dell'art. 431 c.p.p., in udienza preliminare: il controllo sul suo contenuto è già stato pertanto effettuato “a monte” nel contraddittorio fra le parti. Nel caso della citazione diretta, per contro, il fascicolo è stato formato dal Pubblico Ministero a norma dell'art. 553 c.p.p.: pertanto i difensori e le altre parti private avranno un peculiare interesse ad esaminarlo per formulare le eventuali questioni di cui all'art. 491, comma 2, c.p.p., relative alle richieste di acquisizione o di espunzione di eventuali atti o documenti indebitamente omessi o inseriti. In entrambi i casi, l'esame del fascicolo processuale sarà comunque opportuno in prospettiva di verificare l'eventuale deposito, ad opera delle altre parti, delle liste di cui all'art. 468 c.p.p., anche allo scopo di formulare eventuali richieste in controprova a norma del comma 4 della citata disposizione. Quanto ai soggetti legittimati, l'art. 466 c.p.p. menziona esclusivamente le parti (da intendersi come pubbliche e private) e i loro difensori: si discute, pertanto, se le predette facoltà siano riconoscibili anche alla persona offesa e agli enti o associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato a norma dell'art. 91 c.p., che pure potrebbero averne pieno interesse allo scopo di valutare l'opportunità di un'eventuale costituzione in giudizio. Parte della dottrina (Dubolino, Il nuovo codice di procedura penale, Piacenza, 1992, 1205; Bonetto, Sub art. 466, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da Chiavario, Torino, V, 1991, 36), propende per la soluzione affermativa, prospettando anche un'applicazione analogica dell'art. 131 del d.lgs. n. 271/1998 (Norme di attuazione al c.p.p.), che prevede espressamente tale facoltà per la persona offesa durante il termine a comparire e fino a che non si sia conclusa l'udienza preliminare. Di regola la custodia delle cose sottoposte a sequestro è affidata alla cancelleria, salvo che la peculiare natura delle stesse richieda una diversa sistemazione: in ogni caso la competenza ad autorizzare le parti o i difensori a prenderne visione spetta al Giudice, mentre, per quanto riguarda le cose non trasmesse, la custodia incombe sul cancelliere o sul segretario. Peculiari problematiche possono insorgere laddove sia necessario rimuovere e apporre nuovamente sigilli, nel qual caso sarà richiesta la partecipazione dell'autorità giudiziaria all'esame. Quando poi la presa visione della cosa richieda l'intervento di personale qualificato ovvero l'utilizzo di particolari strumenti (come ad esempio l'esame di un hard disk contenente materiale filmato o registrato), la giurisprudenza esclude che tale attività possa ritenersi ricompresa tra quelle previste dall'art. 466 c.p.p., e la stessa dovrà pertanto essere svolta in dibattimento, in contraddittorio e sotto la direzione del Giudice (cfr. Cass. III, n. 28524/2009). Le conseguenze dell'omesso deposito del fascicolo entro il termine a comparire e dell'ingiustificato diniego alla richiesta di esame ai sensi dell'art. 466 c.p.p. A differenza dell'abrogata codificazione, ove era prevista la comminatoria della nullità del decreto di citazione, l'attuale codice di rito non contempla alcuna espressa sanzione processuale per le ipotesi in cui il fascicolo processuale non venga messo a disposizione nel termine a comparire oppure venga opposto un diniego del tutto ingiustificato alle richieste formulate ai sensi dell'art. 466 c.p.p. Le conseguenze processuali di tali condotte andranno pertanto ricostruite nel sistema delle nullità di ordine generale, sub specie del difetto di assistenza dell'imputato e delle altre parti private, a norma dell'art. 178, comma 1, lett. c). Perché possa ritenersi operante detta nullità occorrerà, tuttavia, che vi sia stato un effettivo vulnus al diritto di difesa della parte, non ravvisabile nelle ipotesi di temporanea e temporalmente limitata indisponibilità delle cose sequestrate o del fascicolo processuale (perché magari trattenuto nell'ufficio dell'organo giudicante). Quale possibile rimedio al pregiudizio patito, la dottrina prefigura la possibilità di accordare alla parte un termine di difesa a norma dell'art. 183, comma 1, lett. b), c.p.p., che di regola non dovrebbe superare quello previsto per legge (Beltrani, Il dibattimento penale monocratico, Torino, 2003, 108). |