Ricorso per cassazione contro l'ordinanza di sospensione per pregiudizialità sullo stato di famiglia o di cittadinanza (art. 3)

Riccardo Lottini

Inquadramento

Avverso l'ordinanza che dispone la sospensione del processo penale a norma dell'art. 3 c.p.p. in pendenza del procedimento civile o amministrativo avente ad oggetto una questione attinente allo stato di famiglia o alla cittadinanza, la parte interessata può proporre ricorso per Cassazione a norma dell'art. 3, comma 2, c.p.p.

Formula

ALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

RICORSO AVVERSO L'ORDINANZA DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO PER PREGIUDIZIALITÀ

(ex art. 3, comma 2, c.p.p.)

Il sottoscritto Avv. ..., difensore del Sig. ..., nato a ..., il ..., imputato nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., pendente dinanzi al Tribunale di ...; propone

RICORSO

avverso l'ordinanza adottata in data ..., dal Tribunale di ..., con cui veniva disposta la sospensione del processo n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., aperto in danno del Sig. ...;

PREMESSO

che con ordinanza adottata in data ..., il Tribunale di ... ordinava la sospensione del processo a carico del Sig. ... in attesa della definizione della questione pregiudiziale in materia di ..., oggetto di giudizio dinanzi al Giudice civile/amministrativo, e segnatamente del procedimento n. ... R.G. pendente dinanzi a ...;

considerato

che l'ordinanza impugnata deve considerarsi illegittima per i seguenti motivi:

...;

chiede

a Codesta Ecc.ma Corte di Cassazione, accertata l'illegittimità dell'ordinanza emessa dal Tribunale di ... nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., di voler annullare il provvedimento impugnato.

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022.

Commento

La sospensione del processo ex art. 3 c.p.p.

Nel vigente codice di rito è stata introdotta la regola dell'autonoma cognizione del Giudice per quanto concerne le questioni strumentali rispetto alla decisione finale. A norma dell'art. 2 c.p.p., il Giudice penale risolve ogni questione civile, amministrativa o penale da cui dipende la propria decisione: si tratta di una cognizione che dispiega i propri effetti limitatamente al processo in corso, senza alcuna efficacia di giudicato (v. da ultimo Cass. III, n. 17855/2019).

La regola della cognitio incidenter tantum, tuttavia, patisce talune eccezioni, che sono rigorosamente previste dalla legge (“salvo che sia diversamente stabilito”): tra queste è opportuno menzionare la pregiudizialità costituzionale di cui all'art. 23, l. n. 87/1953 la pregiudiziale c.d. comunitaria, le questioni pregiudiziali sullo status e la cittadinanza (art. 3 c.p.p.) e le altre questioni pregiudiziali di cui all'art. 479 c.p.p.

L'art. 3 c.p.p., in particolare, segna i limiti della pregiudizialità civile e amministrativa in tema di status familiae e status civitatis: ciò avviene in maniera invero molto più circoscritta rispetto al passato, considerato che l'art. 19 del codice di rito abrogato devolveva obbligatoriamente al Giudice civile o amministrativo ogni questione concernente lo “stato della persona”.

Alla stregua dell'attuale disciplina, la sospensione del processo si configura come mera facoltà attribuita al Giudice quando sia pendente una controversia riguardante lo stato di famiglia o la cittadinanza: tali questioni, difatti, rivestono particolare rilevanza per l'ordinamento giuridico e sottendono peculiari esigenze di certezza. Poiché tuttavia debbono essere parimenti garantite le esigenze di regolare svolgimento e di ragionevole durata del procedimento penale, la sospensione del processo si configura come un mezzo eccezionale, cui il Giudice deve fare ricorso solo quando la legge lo consenta (Cass. I, n. 38171/2006), ed è pertanto ancorata a precisi presupposti.

In primo luogo, la questione deve attenere rigorosamente alle materie indicate (stato di famiglia o cittadinanza): ogni ulteriore questione pregiudiziale (ad esempio l'accertamento dello status di fallito) soggiacerà alla diversa disciplina dettata dall'art. 479 c.p.p.

In secondo luogo, la questione deve rivestire carattere pregiudiziale, ovvero deve profilarsi come antecedente logico necessario ai fini della decisione sul fatto-reato oggetto della decisione o su altro thema probandum devoluto alla cognizione del Giudice penale (come una circostanza o una condizione di punibilità, cfr. Baccari, La cognizione e la competenza del Giudice, in Trattato di procedura penale, diretto da Ubertis-Voena, II, Milano, 2011, 29), e deve risultare “seria”, ovvero deve presentare un grado di incertezza non pretestuosa rispetto ai contrapposti interessi delle parti processuali (cfr. Giarda, Sub art. 3, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 245), ovvero non “temeraria, artificiosa o manifestamente infondata” (cfr. Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., n. 250 del 24 ottobre 1998, p. 9).

Infine, la questione deve essere oggetto di un procedimento rispetto al quale sia già stata iniziata l'azione a norma delle leggi civili. Il riferimento esclusivo alla legge civile non deve essere inteso nel senso di escludere la pregiudizialità amministrativa: come chiarito dalla Relazione al testo definitivo del codice di procedura penale, in Gazz. Uff., n. 250 del 24 ottobre 1998, 165, i riferimenti al Giudice civile e alla legge civile valgono tradizionalmente, in materia di controversie sullo stato delle persone, ad indicare il Giudice e la legge non penale, cosicché pacificamente l'istituto deve ritenersi applicabile anche quando la cognizione della questione preliminare sia devoluta al Giudice amministrativo.

I rimedi contro l'ordinanza di sospensione: in particolare, il ricorso per Cassazione

La sospensione è disposta con ordinanza dal Giudice procedente: il processo può rimanere sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la questione.

Le parti possono chiedere la revoca dell'ordinanza di sospensione, secondo la previsione espressa dell'art. 479 c.p.p., comma 3, con riferimento alle altre questioni pregiudiziali diverse dallo stato di famiglia e dalla cittadinanza, che deve ritenersi applicabile anche alla sospensione disposta ex art. 3 c.p.p., soprattutto laddove si consideri il rischio - invero spesso assai concreto - di una stasi del giudizio civile o amministrativo (cfr. Paola, Questioni pregiudiziali, in Dig. Disc. pen., X, Torino, 2005), che condurrebbe ad una dilatazione intollerabile dei tempi del processo penale, in violazione del canone costituzionale di ragionevole durata.

Le parti possono anche proporre ricorso per Cassazione: il giudizio si svolgerà con le forme del rito camerale.

Il ricorso non sospende l'efficacia dell'ordinanza, così come espressamente prevede l'art. 479, comma 2, con riferimento alle “altre” questioni pregiudiziali: l'applicazione analogica della disposizione de qua appare tuttavia praticabile anche alle ipotesi di sospensione di cui all'art. 3 c.p.p.

L'ordinanza è autonomamente impugnabile: come si osserva in dottrina (Baccari, loc. ult. cit., 39), sarebbe irragionevole ritenere applicabile, nella materia de qua, la regola di cui all'art. 568, comma 3, c.p.p., posto che l'impugnazione, laddove differita sino all'emissione della sentenza, sarebbe del tutto inutile in quanto il periodo di sospensione risulterebbe già esaurito (per contro, dovrà essere impugnata con la sentenza conclusiva l'ordinanza che rigetta la richiesta di sospensione).

Quanto ai termini per impugnare, tanto l'art. 3, quanto l'art. 479 c.p.p. nulla dispongono sul punto: tuttavia, poiché la prima delle citate disposizioni prescrive, per l'impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione, il rito camerale, deve ritenersi applicabile la disciplina di cui all'art. 127 c.p.p., e conseguentemente il termine di 15 giorni, decorrenti dalla data di emissione o di notifica dell'ordinanza (Baccari, loc. ult. cit., 40).

La parte ricorrente potrà impugnare l'ordinanza sospensiva per tutti i motivi previsti dall'art. 606 c.p.p., posto che l'art. 3 c.p.p., a differenza del codice di rito abrogato, che circoscriveva l'impugnazione all'inesistenza delle condizioni legittimanti la sospensione, non contempla limitazioni di sorta: la parte ricorrente potrà quindi dedurre tanto l'inesistenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il thema decidendum e la questione deferita al Giudice civile o amministrativo, quanto l'insussistenza del giudizio “pregiudicante”, quanto il difetto di motivazione del provvedimento sospensivo; appaiono invece difficilmente censurabili, in sede di legittimità, laddove la decisione risulti adeguatamente motivata sul punto, i profili relativi alla serietà della questione pregiudiziale e all'opportunità della sospensione.

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