Ricorso per cassazione contro l'ordinanza di sospensione per pregiudizialità (art. 479)InquadramentoAvverso l'ordinanza che dispone la sospensione del processo penale a norma dell'art. 479 c.p.p., in pendenza del procedimento civile o amministrativo avente ad oggetto una questione pregiudiziale, la parte interessata può proporre ricorso per Cassazione a norma dell'art. 479, comma 2, c.p.p. FormulaALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE RICORSO AVVERSO L'ORDINANZA DI SOSPENSIONE DEL PROCESSO PER PREGIUDIZIALITÀ (ex art. 479, comma 2, c.p.p.) Il sottoscritto Avv. ..., difensore del Sig. ..., nato a ..., il ..., imputato nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., pendente dinanzi al Tribunale di ...; propone RICORSO avverso l'ordinanza adottata in data ..., dal Tribunale di ..., con cui veniva disposta la sospensione del processo n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., aperto in danno del Sig. ...; premesso che con ordinanza adottata in data ..., il Tribunale di ... ordinava la sospensione del processo a carico del Sig. ... in attesa della definizione della questione pregiudiziale in materia di ..., oggetto di giudizio dinanzi al Giudice civile/amministrativo, e segnatamente del procedimento n. ... R.G. pendente dinanzi a ...; considerato che l'ordinanza impugnata deve considerarsi illegittima per i seguenti motivi: ...; CHIEDE a Codesta Ecc.ma Corte di Cassazione, accertata l'illegittimità dell'ordinanza emessa dal Tribunale di ... nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G., di voler annullare il provvedimento impugnato. Luogo e data ... Avv. ... Firma ... Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. CommentoLa sospensione del processo ex art. 479 c.p.p. La regola della cognitio incidenter tantum, sancita dall'art. 2 c.p.p., a mente del quale il Giudice civile risolve ogni questione civile, amministrativa o penale da cui dipende la propria decisione, patisce talune eccezioni, che debbono tuttavia essere rigorosamente predeterminate (“salvo che sia diversamente stabilito”): ciò in quanto la sospensione del processo si configura come un mezzo eccezionale, cui il Giudice deve fare ricorso solo quando la legge lo consenta (Cass. I, n. 38171/2006). Al di là dell'ipotesi di pregiudiziale costituzionale (art. 23, l. n. 87/1953), e di pregiudiziale comunitaria, la clausola di riserva di cui all'art. 2 c.p.p. si riempie di contenuto con riferimento alle questioni pregiudiziali sullo status e la cittadinanza (art. 3 c.p.p.), e le altre questioni pregiudiziali di cui all'art. 479 c.p.p. A differenza dell'abrogato codice di rito (art. 19), che contemplava la pregiudizialità obbligatoria del Giudice extra penale per ogni questione concernente lo stato della persona, tanto nelle ipotesi di status familiae e status civitatis, quanto per ogni altra questione pregiudiziale (ma con l'esclusione della c.d. pregiudiziale penale, cfr. infra), alla stregua dell'attuale disciplina la sospensione del processo in attesa del giudicato civile o amministrativo si configura come una mera facoltà del Giudice, la quale peraltro risulta ancorata a precisi presupposti. Con particolare riferimento alle ipotesi di sospensione di cui all'art. 479 c.p.p., la questione deferita al Giudice civile o amministrativo (che non deve concernere lo status o la cittadinanza, applicandosi in tal caso la diversa disciplina di cui all'art. 3 c.p.p.), deve anzitutto rivestire carattere pregiudiziale, ovvero deve profilarsi come antecedente logico indispensabile ai fini della decisione sull'esistenza del reato (come una condizione di punibilità o di procedibilità o una causa di estinzione del reato), mentre non appare legittima laddove vada ad incidere esclusivamente sulla qualificazione giuridica del fatto o su elementi circostanziali (per tali rilievi, cfr. Baccari, La cognizione e la competenza del Giudice, in Trattato di procedura penale, diretto da Ubertis-Voena, II, Milano, 2011, 59; v. anche le considerazione di Cass. III, n. 15752/2020 con riferimento al ricorso al T.A.R. avverso diniego di sanatoria). La questione pregiudiziale deve inoltre risultare di particolare complessità: in tale prospettiva si coglie la “strada mediana” per cui ha optato il legislatore del 1988 (cfr. Giarda, Sub art. 479 c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 6232), quale punto di equilibrio tra le esigenze di celerità e speditezza del processo penale (successivamente rivitalizzate dalla costituzionalizzazione del principio di ragionevole durata), e la contrapposta “tentazione” di affidarsi indefettibilmente al Giudice civile o amministrativo, che, occupandosi quotidianamente della materia su cui insiste la questione controversa, sembra assicurare “epiloghi decisori più affidabili” anche ai fini dell'accertamento del fatto-reato. Ai sensi dell'art. 479, comma 1, l'intervento del Giudice civile o amministrativo non può però essere semplicemente potenziale, occorrendo sia già in corso un procedimento dinanzi al Giudice competente per la risoluzione della questione controversa. Incombe dunque sulla parte che chiede la sospensione del processo non soltanto allegare specificamente l'esistenza della procedura in sede civile, ma anche indicare i fatti o le ragioni dalle quali emerge la serietà della questione sollevata, stante che, tra i presupposti positivi dell'istituto, è richiesta la complessità della controversia devoluta al Giudice civile o amministrativo: sicché laddove tale onere rimanga inadempiuto, il Giudice può legittimamente respingere la richiesta di sospensione (cfr. Cass. V, n. 31074/2001; in senso conforme, Cass. V, n. 8607/2011). La disposizione de qua, inoltre, precisa che la legge non deve prevedere limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa: trattasi di previsione che si rispecchia in quella di cui all'art. 193 c.p.p., e che invece risulta assente nell'art. 3 c.p.p., proprio perché, in tema di status e cittadinanza, vi è piena corrispondenza tra processo civile e processo penale in tema di limitazioni probatorie. Diversamente da quanto stabilito dal previgente codice di rito, che prevedeva il rinvio facoltativo del processo in attesa della definizione del procedimento penale presupposto (artt. 18 e 458 c.p.p.), il legislatore del 1988 non ha dettato alcuna specifica disposizione con riferimento alla c.d. pregiudiziale penale: con orientamento ormai pacifico, la S.C. ha confermato che la sospensione del processo penale ex art. 479 c.p.p. non è ammessa per questioni di natura diversa da quelle civili e amministrative, che rimangono dunque rimesse alla cognizione incidentale del Giudice penale (cfr. Cass. V, n. 14972/1995; Cass. I, 20 gennaio 1998). I rimedi contro l'ordinanza di sospensione: in particolare, il ricorso per Cassazione La sospensione del processo è disposta con ordinanza motivata (a pena di nullità, secondo quanto dispone l'art. 125, comma 3, c.p.p.): il processo può rimanere sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la questione. A norma dell'art. 479, comma 3, c.p.p., il Giudice, anche d'ufficio, può revocare il provvedimento sospensivo quando, trascorso un anno, il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso: nel qual caso, la questione controversa viene nuovamente attratta nella cognizione incidentale del Giudice penale, a norma dell'art. 2 c.p.p. Le parti possono anche proporre ricorso per Cassazione; a differenza dell'art. 3 c.p.p., che prevede espressamente il rito camerale per il giudizio dinanzi al Giudice di legittimità, l'art. 479 c.p.p. tace sul punto. Tuttavia, anche allo scopo di evitare irragionevoli disparità di trattamento, appare applicabile anche all'impugnazione de qua la disciplina del giudizio camerale; di talché, il termine per impugnare il provvedimento sospensivo, sul quale tacciono tanto l'art. 479, quanto l'art. 3, può essere ricostruito alla luce della disciplina di cui all'art. 127 c.p.p., ed è quindi di quindici giorni (cfr. Baccari, loc. ult. cit, 40 e 68). Il provvedimento sospensivo è autonomamente impugnabile: come si osserva in dottrina (cfr. ancora Baccari, ibidem, 39), sarebbe irragionevole ritenere applicabile, nella materia de qua, la regola di cui all'art. 568, comma 3, c.p.p., posto che l'impugnazione, laddove differita sino all'emissione della sentenza, sarebbe del tutto inutile in quanto il periodo di sospensione risulterebbe già esaurito (per contro, dovrà essere impugnata con la sentenza conclusiva l'ordinanza che rigetta la richiesta di sospensione). In assenza di limitazioni esplicita ai motivi di impugnazione, la parte ricorrente potrà ricorrere contro l'ordinanza sospensiva per tutti i motivi previsti dall'art. 606 c.p.p., deducendo tanto l'inesistenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il thema decidendum e la questione deferita al Giudice civile o amministrativo, quanto l'insussistenza del giudizio “pregiudicante”, quanto il difetto di motivazione del provvedimento sospensivo. |