Eccezione di incompetenza per territorio (art. 21)

Lottini Riccardo

Inquadramento

L'incompetenza per territorio deve essere eccepita o rilevata entro i termini decadenziali previsti dall'art. 21 c.p.p.

Formula

ALL'ECC.MO TRIBUNALE DI.... IN COMPOSIZIONE....

ECCEZIONE DI INCOMPETENZA PER TERRITORIO

(ARTT. 21 E 23 C.P.P.)

Il sottoscritto Avv....., nella propria qualità di difensore di fiducia del Sig....., nato a...., il...., imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R. – n..... /.... R.G.

PREMESSO

che all'imputato, Sig....., è contestato il reato di cui all'art....., commesso in...., così come risulta dal capo di imputazione;

che con riferimento a tale reato, il locus commissi delicti deve essere individuato, a norma degli artt. 8 e 9 c.p.p., avendo riguardo a...., come peraltro chiarito anche da recente giurisprudenza (cfr.....) [1];

che pertanto erroneamente il giudizio veniva instaurato dinanzi a Codesto Ecc.mo Giudice, essendo per contro competente il Tribunale di....;

che l'incompetenza per territorio di Codesto Ecc.mo Collegio/della S.V. Ill.ma deve ritenersi tempestivamente eccepita, essendo stata formulata entro la conclusione dell'udienza preliminare, come da verbale di udienza allegato (cfr. doc. all. 1), e riproposta entro il termine di cui all'art. 491, comma 1, c.p.p.;

CHIEDE

a Codesto Ecc.mo Collegio/alla S.V. Ill.ma, di voler dichiarare con sentenza la propria incompetenza e di ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale di.... [2].

IN SUBORDINE

Luogo e data....

Firma Avv.....

[1]La regola generale per la determinazione della competenza per territorio (art. 8 c.p.p.) è il luogo di consumazione del reato, ovvero, ove si tratti di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, il luogo ove è avvenuta l'azione o l'omissione; nelle ipotesi di reato permanente e di delitto tentato, deve aversi riguardo, rispettivamente, al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione (anche se dal fatto sia derivata la morte di una o più persone), e al luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto. Nei casi in cui la competenza per territorio non possa essere individuata in base alle regole generali, trovano applicazione i criteri suppletivi di cui all'art. 9, che debbono applicarsi progressivamente (luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione; ove non determinabile, luogo di residenza, dimora o domicilio dell'imputato; ove non determinabili, luogo in cui ha sede l'ufficio del Pubblico Ministero che per primo ha iscritto la notizia di reato). Nei procedimenti in cui sia imputato, indagato, persona offesa o danneggiato dal reato un magistrato, che esercita o esercitava al momento del fatto le proprie funzioni nel distretto di Corte d'appello ove ha sede l'ufficio giudiziario che sarebbe competente a norma degli artt. 8 e 9 c.p.p., la competenza per territorio, a norma dell'art. 11 c.p.p., è individuata in base alla Tabella A allegata alle disposizioni di attuazione al c.p.p. (d.lgs. n. 271/1998, come modificato dalla l. n. 420/1998).

[2]Cfr. Corte cost., n. 70/1996, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevedeva che il Giudice ordinasse la trasmissione degli atti direttamente al Giudice competente a seguito della declaratoria di incompetenza per territorio.

Commento

Regime di rilevabilità dell'incompetenza per territorio

La competenza del Giudice penale ordinario, ovvero quella porzione della funzione giurisdizionale in materia penale che allo stesso è devoluta, è individuata per approssimazioni successive che tengono conto dei criteri di materia, territorio, funzione e dell'eventuale connessione fra procedimenti (cfr. Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2017, 77).

Tra i criteri attributivi della competenza, il locus commissi delicti (art. 8 c.p.p.) è quello che, tradizionalmente, si ritiene maggiormente espressivo del principio del Giudice naturale (art. 25 c.p.p.), che attiene alla predeterminazione, con riserva assoluta di legge, in maniera tassativa e irretroattiva, del soggetto investito del potere giurisdizionale con riferimento al fatto di reato commesso, sulla scorta anche del rilievo per cui il diritto e la giustizia dovrebbero essere riaffermati nel luogo in cui sono stati violati (cfr. Tonini, op. ult. cit., 83 e ss.).

Il codice di rito modula inoltre un differenziato regime di rilevabilità a seconda del criterio di riparto della competenza: l'incompetenza per territorio, in particolare, deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare (art. 424 c.p.p.), o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, c.p.p. (cfr. Cass. III, n. 5697/2019). Entro il medesimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare: la giurisprudenza prevalente ritiene che l'eccezione di incompetenza ratione loci (così come quella d'incompetenza per materia per eccesso, e quella per connessione) debba essere sollevata, a pena di decadenza, subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti (cfr. ex plurimisCass. II, n. 2662/2013; i medesimi termini valgono per il procedimento di sorveglianza, cfr. Cass. I, n. 26277/2020).

In argomento, è stato inoltre precisato che l'accertamento per la prima volta della costituzione delle parti determina, nel giudizio, il momento oltre il quale le questioni di competenza territoriale non possono più essere rilevate, neppure se i presupposti per porre le stesse emergono nel corso del dibattimento (Cass. IV, n. 27252/2020, in materia di prove sopravvenute), fatta eccezione per il solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa (Cass. II, n. 24736/2010).

In ossequio al principio di ragionevole durata del processo, atteso che l'incompetenza per territorio, a differenza di quella ratione materiae per difetto, non incide sulle capacità tecnico-professionali del Giudice, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito, in maniera nettamente prevalente, che la preclusione di cui all'art. 21, comma 2, c.p.p. vincola non soltanto le parti, ma anche il Giudice: la possibilità di dichiarare con sentenza la propria incompetenza “per qualsiasi causa”, contemplata dall'art. 23, comma 1, c.p.p., va infatti riferita implicitamente alle questioni di incompetenza che debbono ritenersi ancora aperte, o perché rilevabili in ogni stato e grado del procedimento, o perché tempestivamente eccepite dalle parti o riproposte (ex plurimisCass. I, n. 23907/2010; in senso conforme Cass. II, n. 4441/2008; Cass. VI, n. 33435/2006; Cass. IV, n. 41991/2003; Cass. VI, n. 8587/2000; Cass. I, n. 6458/1998; Cass. I, n. 3217/1992).

Nel giudizio di appello, affinché il Giudice possa rilevare il vizio e annullare la sentenza, ordinando la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Giudice competente (v. infra), l'eccezione di incompetenza per territorio deve essere stata tempestivamente sollevata (e respinta) nel giudizio di primo grado e riproposta nei motivi di appello (cfr. art. 24, comma 2).

La S.C. ha peraltro chiarito che l'eccezione di incompetenza, tempestivamente dedotta e respinta dal Giudice di primo grado, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza però introdurre argomentazioni ulteriori e diverse da quelle originarie, anche nel caso in cui eventuali sopravvenienze istruttorie potrebbero giustificare uno spostamento della competenza (cfr. Cass. II, n. 4876/2016).

Altresì, è stato affermato l'imputato non appellante per carenza di interesse (essendo stato assolto in primo grado), a fronte dell'impugnazione da parte del Pubblico Ministero, può riproporre, a norma dell'art. 24, comma 1, c.p.p., l'eccezione di incompetenza per territorio, ove tempestivamente formulata a norma dell'art. 21 c.p.p.: qualora non lo faccia, gli è preclusa la possibilità di ricorrere in cassazione sul punto (Cass. VI, n. 29235/2010).

In materia cautelare, la S.C. afferma, con orientamento costante, che l'eccezione di incompetenza territoriale può essere proposta, per la prima volta, anche in sede di legittimità, purché la stessa sia stata articolata tra i motivi di ricorso, adempiendo all'onere di specificità, e purché il ricorrente non fondi le proprie doglianze su elementi di fatto mai introdotti nel giudizio di merito ovvero sui quali sia necessario procedere a valutazioni o accertamenti inammissibili nel giudizio di Cassazione (Cass. IV, n. 2336/2015; Cass. VI, n. 25835/2010; Cass. II, n. 4548/2004; si veda tuttavia contraCass. III, n. 3816/2008). Di recente Cass. II, n. 44678/2019 ha precisato che la declaratoria di incompetenza nel corso del dibattimento non travolge la misura cautelare, non potendo il Giudice della cognizione il sindacato sulla competenza del Giudice della cautela.

Declaratoria d'incompetenza: forme, effetti, rimedi

A norma dell'art. 22, comma 2, c.p.p., nel corso delle indagini preliminari il Giudice che si riconosca incompetente “per qualsiasi causa” pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. La forma dell'ordinanza è espressiva della funzione incidentale che il G.I.P. assolve in questa fase (cfr. Cassibba, Sub art. 22, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 347), e si compendia con la limitazione dell'efficacia del provvedimento allo stato degli atti (cfr. art. 22, comma 2, c.p.p.): si ritiene peraltro possibile sia che il Pubblico Ministero possa successivamente svolgere ulteriori indagini, sia che il g.i.p., investito di una nuova richiesta, possa rivalutare la propria competenza alla luce dei nuovi elementi emersi.

L'ordinanza che dichiara l'incompetenza è tuttavia inoppugnabile, salvo che si tratti di provvedimento abnorme. Pertanto, il Pubblico Ministero che si veda respinta la richiesta di applicazione di una misura cautelare, che ritiene irrinunciabile, potrà soltanto trasmettere gli atti al proprio omologo presso l'ufficio giudiziario territorialmente compente, non potendo ravvisarsi, in queste ipotesi, un “caso analogo” al conflitto di competenza di cui all'art. 28, comma 2, c.p.p.: conflitto che potrà nondimeno originarsi allorché il g.i.p. adito parimenti declini la propria competenza, consentendo a questo punto il ricorso in Cassazione a norma dell'art. 568, comma 2, c.p.p. (cfr. Cass. S.U., n. 42030/2004).

A norma dell'art. 22, comma 3, c.p.p., dopo la chiusura delle indagini preliminari l'incompetenza deve essere dichiarata con sentenza, con la quale il Giudice ordina la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Giudice competente. È controverso se tale disposizione si applichi anche nell'ipotesi di richiesta di archiviazione: in alcune pronunce, la S.C. ha qualificato come abnorme il provvedimento, reso con la forma della sentenza, con il quale il g.i.p. investito della richiesta di archiviazione dichiarava la propria incompetenza e ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, “atteso il fondamentale principio secondo cui non può darsi pronuncia di sentenza se non quando vi sia stato esercizio dell'azione penale in una delle forme previste dalla legge” (cfr. Cass. I, n. 1981/1998; nello stesso senso Cass. I, n. 2108/1998; in senso contrario tuttavia Cass. I, n. 4127/1998; Cass. III, n. 1700/1998).

Il Giudice dichiara la propria incompetenza con sentenza anche nel corso del dibattimento (art. 23) e nel giudizio di appello (art. 24): occorre rammentare che anche in tali sedi, la pronuncia di incompetenza comporta il dovere di ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso l'ufficio giudiziario ritenuto competente. Ciò a seguito dell'intervento della Corte costituzionale, che, con le sentenze Corte costituzionale n. 76/1993, n. 70/1996 e n. 214/1996, ha censurato le suddette disposizioni nella parte in cui prevedevano la trasmissione degli atti direttamente al Giudice competente, sul rilievo che la mancata regressione del procedimento, qualora l'imputato intendesse optare per il rito abbreviato e omettesse di subordinarne la richiesta al mancato accoglimento dell'eccezione di incompetenza (ratione loci o ratione materiae), pregiudicherebbe il diritto di difesa.

Con la successiva sentenza n. 104/2001, la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità delle medesime norme sollevata con riferimento ai procedimenti di cui agli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, c.p.p. Nella citata pronuncia, la Corte ha precisato che, per tali reati, la competenza territoriale infra-distrettuale assume rilevanza esclusivamente nella fase del dibattimento, mentre il Giudice competente (ovvero quello distrettuale), è univocamente individuato tanto per la fase delle indagini preliminari, quanto per l'udienza preliminare. Di talché, nell'ipotesi in cui venga disposto il rinvio a giudizio dinanzi al Giudice infra-distrettuale territorialmente incompetente (anche, come nel caso di specie, a seguito di annullamento da parte della Corte di Appello della sentenza di proscioglimento pronunciata all'esito dell'udienza preliminare), non si rende necessaria alcuna regressione del procedimento, avendo già avuto modo l'imputato di esercitare appieno le proprie garanzie difensive dinanzi al Giudice naturale precostituito per legge.

L'errata statuizione circa la trasmissione degli atti non attinge in ogni caso il contenuto decisorio del provvedimento, ma concerne esclusivamente una disposizione strumentale, pertanto è rimediabile attraverso la procedura di rettificazione degli errori non comportanti annullamento prevista dall'art. 619 c.p.p. (Cass. IV, n. 1526/2013).

Si discute dei poteri spettanti al Pubblico Ministero a seguito della trasmissione degli atti a norma degli artt. 23 e 24 c.p.p., in particolare se questi sia vincolato alle determinazioni del proprio omologo territorialmente incompetente rispetto all'esercizio dell'azione penale, oppure se sia legittimato a svolgere nuove indagini o a chiedere l'archiviazione.

Recente giurisprudenza di legittimità, sconfessando un più risalente orientamento che escludeva che la trasmissione degli atti potesse determinare una regressione del procedimento (Cass. VI, n. 20512/2003), ha invece affermato che il Pubblico Ministero ad quem può liberamente determinarsi in ordine all'esercizio dell'azione penale: ciò in ragione del nuovo assetto normativo tracciato proprio dalle citate declaratorie di incostituzionalità degli artt. 23 e 24, che hanno sostanzialmente introdotto una deroga al principio di irretrattabilità dell'azione (Cass. II, n. 36186/2017).

Come in parte già accennato, i provvedimenti declinatori della competenza non sono ricorribili per Cassazione qualora possano dar luogo ad un conflitto ai sensi dell'art. 28 c.p.p.; in tal senso si esprime l'art. 568, comma 2, c.p.p., seppur soltanto con riferimento alle sentenze: le Sezioni Unite hanno chiarito che tale norma deve ritenersi munita di portata precettiva generale, in quanto tale valevole per tutti i provvedimenti declinatori della competenza, ove suscettibili di dar luogo ad un conflitto, a prescindere dalla forma che gli stessi rivestono (Cass. S.U., n. 42030/2014).

A norma dell'art. 25 c.p.p., la decisione della Corte di Cassazione sulla competenza è vincolante nel corso del processo: la norma trova applicazione nei confronti delle sentenze risolutive di conflitti, a norma dell'art. 32 c.p.p., nonché in quelle di annullamento con rinvio (art. 627 c.p.p.).

Non trova applicazione nei confronti dell'incompetenza per territorio (o per connessione), la deroga relativa all'emersione, nel corso del processo, di fatti nuovi idonei ad attribuire al fatto una diversa qualificazione giuridica (ovvero a determinare uno spostamento della giurisdizione o della competenza a favore di un Giudice superiore): cfr. Cordero, Procedura penale, Milano, 2012.

In materia cautelare, il Giudice che si ritenga incompetente non può provvedere sulla richiesta di applicazione della misura a meno che non sussista il requisito dell'urgenza previsto dall'art. 291, comma 2, c.p.p. In base a quanto stabilito dall'art. 27 c.p.p., le misure cautelari disposte dal Giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiari incompetente per qualsiasi motivo, cessano di avere effetto se, entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti, il Giudice competente non provvede. In argomento, la S.C. ha chiarito che non è impugnabile da parte del P.M. il provvedimento con il quale il G.I.P., ritenutosi incompetente, non abbia provveduto sulla domanda cautelare ritenendo insussistenti le ragioni di urgenza (Cass. I, n. 46588/2016).

In consonanza con il principio di conservazione degli atti processuali, l'art. 26 c.p.p. prevede che l'inosservanza delle norme sulla competenza non comporta l'inefficacia delle prove già acquisite.

Riti speciali

La c.d. riforma Orlando (l. n. 103/2017), ha introdotto novità significative rispetto alla deducibilità dell'incompetenza territoriale nei riti speciali, accogliendo tuttavia soluzioni ambivalenti.

Con l'introduzione del comma 6-bis nell'art. 438 c.p.p., il legislatore ha stabilito che nel giudizio abbreviato preceduto da udienza preliminare la richiesta di rito speciale, oltre a sanare tutte le nullità non assolute e le inutilizzabilità non derivanti dalla violazione di un divieto probatorio, preclude ogni questione sulla competenza per territorio del Giudice (identica preclusione sconta il potere officioso del Giudice, Cass. II, n. 1596/2019).

L'opzione legislativa disattende la soluzione accolta in precedenza dalle Sezioni Unite, le quali, accogliendo l'orientamento minoritario, avevano affermato la proponibilità dell'eccezione in limine al rito speciale non preceduto da udienza preliminare, in quanto, pur in assenza di una fase dedicata alle questioni preliminari, l'eccezione può essere proposta in quella dedicata alla verifica della costituzione delle parti; nel giudizio abbreviato preceduto da udienza preliminare, l'eccezione poteva parimenti essere formulata in limine, purché già proposta e rigettata dal g.u.p. (Cass. S.U., n. 27996/2012; in senso conforme Cass. I, n. 12293/2019).

L'art. 438, comma 6-bis, è richiamato anche in tema di richiesta di abbreviato a seguito di giudizio direttissimo (art. 452, comma 2, c.p.p.), e di giudizio immediato (art. 458, comma 1, c.p.p.): quest'ultima disposizione, tuttavia, prevede espressamente per l'imputato la possibilità di eccepire l'incompetenza territoriale del Giudice nella richiesta di rito speciale; nessuna preclusione risulta infine positivizzata con riferimento alla richiesta di procedersi con rito abbreviato formulata in sede di opposizione a decreto penale di condanna (art. 464 c.p.p.).

Per giurisprudenza costante, la richiesta di applicazione della pena (art. 444 c.p.p.) implica la rinuncia all'eccezione di incompetenza per territorio, la quale non ha natura inderogabile (a differenza della giurisdizione e dell'incompetenza per materia) e non può dunque essere rilevata ex officio (Cass. III, n. 44132/2008): la legge non demanda infatti al Giudice, tra le verifiche da compiersi in ordine all'intervenuto accordo sulla pena, anche quello della sussistenza della propria competenza ratione loci (Cass. II, n. 14/2000). Perché si produca il predetto effetto preclusivo, occorre tuttavia che la richiesta di patteggiamento venga effettivamente accolta, difettando, in caso contrario, il perfezionamento della fattispecie complessa costituita dal negozio processuale concluso fra le parti e la sua ratifica da parte del Giudice (cfr. Cass. III, n. 49647/2015).

Casistica

Nel delitto di truffa commesso a mezzo dei cc.dd. vaglia cambiari veloci, il luogo di consumazione del reato deve essere individuato in quello in cui viene compiuta l'operazione di disposizione patrimoniale, in quanto è in tale luogo che si verifica, attraverso la compilazione del modulo con cui il mittente comunica al destinatario la parola chiave necessaria per ottenere il pagamento presso qualsiasi ufficio postale, tenuto conto anche brevissimo tempo entro il quale è consentito al mittente revocarla, la perdita di possesso del denaro in cui si concreta la deminutio patrimonii del soggetto passivo (Cass. II, n. 14317/2018).

Sempre in materia di truffa, quando il profitto sia conseguito mediante addebito su carta di pagamento ricaricabile, poiché tale operazione ha realizzato contestualmente sia l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente, che ottiene l'immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima (cfr. Cass. II, n. 14730/2017; Cass. I, n. 25230/2015), tempus e locus commissi delicti vanno individuati nel momento e nel luogo in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del danaro sulla carta (cfr. Cass. II, n. 939/2017).

In tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio, assumendo rilievo non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l'operatività della struttura (Cass. VI, n. 4118/2018; ex plurimis conformi, Cass. IV, n. 166666/2016; Cass. IV, n. 48837/2015, Cass. II, n. 50338/2015).

Novità introdotte dalla riforma c.d. Cartabia.

Il d.lgs. n. 150/2022 ha introdotto l'art. 24-bis c.p.p. che introduce l'istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per la decisione sulla competenza territoriale. In base ad esso, il Giudice, chiamato a decidere sulla questione di competenza territoriale, può, anche d'ufficio, rimettere la questione alla Suprema Corte. La parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di Cassazione, non può riproporre l'eccezione nel corso del procedimento.

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