Eccezione di incompetenza per connessione (art. 21)InquadramentoIn quanto criterio originario di attribuzione della competenza, la connessione fra procedimenti può comportare uno spostamento della competenza per territorio o per materia (o finanche della giurisdizione), in favore del Giudice competente a norma degli artt. 12 e ss. c.p.p. e degli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 274/2000. FormulaALL'ECC.MO TRIBUNALE DI.... IN COMPOSIZIONE.... ECCEZIONE DI INCOMPETENZA PER CONNESSIONE (ARTT. 21 E 23 C.P.P.) Il sottoscritto Avv....., nella propria qualità di difensore di fiducia del Sig....., nato a...., il...., imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R. – n..... /.... R.G. PREMESSO che all'imputato, Sig....., è contestato il reato di cui all'art....., commesso in...., così come risulta dal capo di imputazione; che il reato per il quale si procede risulta connesso, a norma dell'art. 12, lett....., con il reato di cui all'art....., commesso in...., in data...., e per il quale è imputato il Sig.....; che per il reato connesso è compente per territorio/per materia il Tribunale di.... /il Giudice di Pace di....; la Corte di assise di....; che l'incompetenza per territorio/per materia determinata da connessione di Codesto Ecc.mo Collegio/della S.V. Ill.ma deve ritenersi tempestivamente proposta, essendo stata formulata entro la conclusione dell'udienza preliminare, come da verbale di udienza allegato (cfr. doc. all. 1), e riproposta entro il termine di cui all'art. 491, comma 1, c.p.p.; CHIEDE a Codesto Ecc.mo Collegio/alla S.V. Ill.ma, di voler dichiarare con sentenza la propria incompetenza e di ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale/il Giudice di Pace/la Corte di assise di.... [1]. Luogo e data.... Firma Avv..... [1]Cfr. Corte cost., n. 70/1996, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevedeva che il Giudice ordinasse la trasmissione degli atti direttamente al Giudice competente a seguito della declaratoria di incompetenza per territorio. CommentoLa connessione fra reati La competenza del Giudice penale ordinario, ovvero quella porzione della funzione giurisdizionale in materia penale che allo stesso è devoluta, è individuata per approssimazioni successive che tengono conto dei criteri di materia, territorio, funzione e dell'eventuale connessione fra procedimenti (cfr. Tonini, Manuale di procedura penale, Milano, 2017, 77). Le norme che disciplinano l'attribuzione della competenza in ragione della connessione esistente tra reati sono racchiuse negli artt. da 12 a 16 del codice di rito. Si tratta di una disciplina particolarmente rilevante in quanto inevitabilmente destinata ad esplicare i propri effetti sulla giurisdizione e sugli altri criteri di attribuzione della competenza. In particolare, la scelta del legislatore del 1988 è stata quella di elevare la connessione a criterio originario di determinazione della competenza, contemperando l'esigenza di correlare l'esercizio della funzione giurisdizionale al locus commissi deliciti e con quella di una valutare la regiudicanda in maniera più ampia (cfr. Ricciarelli, L'esercizio della funzione giurisdizionale: dalla competenza al riparto di attribuzioni, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, vol. I, Soggetti e atti, t. II, Gli atti, a cura di Dean, Milano, 2009, 77 e ss.). In estrema sintesi, i casi di connessione sono individuati dall'art. 12 c.p.p., a mente del quale si ha connessione tra procedimenti: a) nelle ipotesi di concorso di persone nel reato o cooperazione colposa, nonché quando più condotte indipendenti hanno determinato l'evento; b) nelle ipotesi di connessione c.d. soggettiva (concorso formale e reato continuato); c) nelle ipotesi di connessione c.d. teleologica (reati commessi per eseguirne o occultarne altri). La connessione fra procedimenti si riverbera sul piano della giurisdizione secondo quanto prevede l'art. 16 c.p.p.: – la Corte costituzionale è competente a conoscere tutti i procedimenti connessi a quello su cui ha giurisdizione; – il Giudice ordinario conosce anche dei reati militari connessi con quello comune su cui ha competenza, purché il reato comune si possa considerare “più grave” secondo i criteri previsti dall'art. 16, comma 3, c.p.p. (ovvero tenuto conto, nell'ordine, della distinzione tra delitto e contravvenzione, del limite edittale di pena nel massimo, del limite di pena edittale nel minimo, delle pene pecuniarie). Quanto alla competenza per materia, in presenza di procedimenti connessi, la competenza della Corte di Assise attrae anche i reati per i quali sia competente il Tribunale (art. 15 c.p.p.). La connessione fra procedimenti aventi ad oggetto reati di competenza del Giudice di competenza e degli altri giudici ordinari opera soltanto nell'ipotesi di cui all'art. 6, comma 1, c.p.p., ovvero nell'ipotesi di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione: in tal caso la connessione opera, in favore del Giudice superiore, soltanto se è possibile la riunione dei procedimenti (comma 3). Non opera invece alcuna connessione tra i procedimenti di competenza del Giudice di pace e quelli la cui cognizione sia devoluta ad un Giudice speciale. Sul piano del riparto della competenza per territorio, il Giudice competente per tutti i procedimenti connessi è il Giudice competente per il reato più grave (art. 16, comma 3, c.p.p.); in caso di parità, la competenza è attribuita sulla scorta del criterio di priorità temporale rispetto alla commissione del fatto; tuttavia, nelle ipotesi di connessione di cui all'art. 12, comma 1, lett. a), se le azioni od omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata la morte di una persona, è competente il Giudice del luogo ove si è verificato l'evento. Un regime peculiare è previsto per il Giudice di pace, per cui la connessione sussiste soltanto in ipotesi di concorso o cooperazione di persone nel reato e di concorso formale (art. 7, d.lgs. n. 274/2000); in tali ipotesi, è competente il magistrato del luogo ove è stato commesso il primo reato, ovvero, laddove la competenza non sia determinabile alla stregua di tale criterio, quello del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi. Regime di rilevabilità dell'eccezione di incompetenza per connessione Il codice di rito modula un differenziato regime di rilevabilità a seconda del criterio di riparto della competenza: a norma dell'art. 23, comma 3, c.p.p., che rinvia al comma 2 della medesima disposizione, l'incompetenza per connessione segue il regime di rilevabilità previsto per l'incompetenza territoriale. La violazione delle norme relative al riparto della competenza in caso di connessione fra procedimenti, supra ricordate, deve dunque essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare (art. 424 c.p.p.), o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1, c.p.p.: entro il medesimo termine deve inoltre essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare. La giurisprudenza prevalente ritiene l'eccezione di incompetenza ratione loci determinata dalla connessione debba essere sollevata, in dibattimento, subito dopo l'accertamento della costituzione delle parti (cfr. Cass. II, n. 2662/2013; in senso conforme, ex plurimis, Cass. VI, n. 34472/2007). La preclusione de qua opera anche nel procedimento penale dinanzi al Giudice di pace: cfr. Cass. V, n. 13827/2007. In ossequio al principio di ragionevole durata del processo, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito, in maniera nettamente prevalente, che la preclusione di cui all'art. 21, comma 2, c.p.p. vincola non soltanto le parti, ma anche il Giudice: la possibilità di dichiarare con sentenza la propria incompetenza “per qualsiasi causa”, contemplata dall'art. 23, comma 1, c.p.p., va infatti riferita implicitamente alle questioni di incompetenza che debbono ritenersi ancora aperte, o perché rilevabili in ogni stato e grado del procedimento, o perché tempestivamente eccepite dalle parti o riproposte (ex plurimisCass. I, n. 23907/2010; in senso conforme Cass. II, n. 4441/2008; Cass. VI, n. 33435/2006; Cass. IV, n. 41991/2003; Cass. VI, n. 8587/2000; Cass. I, n. 6458/1998; Cass. I, n. 3217/1992). Meno pacifico risulta il regime di rilevabilità dell'incompetenza ratione materiae determinata da connessione, rispetto al quale si registrano pronunce discordanti. Si ricordi, infatti, che l'incompetenza per materia segue un diverso regime di rilevabilità a seconda che si tratti di incompetenza per difetto o per eccesso: nel primo caso (art. 21, comma 1, c.p.p.), il vizio è rilevabile in ogni stato e grado del procedimento; nel secondo (art. 23, comma 2), l'eccezione patisce le medesime preclusioni previste per l'incompetenza territoriale. Un consolidato, ancorché risalente orientamento, ritiene operante la preclusione di cui all'art. 21, comma 2, c.p.p., anche nelle ipotesi di incompetenza per materia per difetto determinata da connessione (cfr. Cass. VI, n. 5998/1997; in senso conforme, Cass. I, n. 366/1995; Cass. VI, 17 ottobre 1994): in tale occasione la S.C. ha precisato che stante l'inequivoco tenore dell'art. 21, comma 3, c.p.p., riferito ad un criterio attributivo della competenza ispirato a prevalenti esigenze di economia processuale, la questione concernente l'incompetenza, ancorché per connessione, non può essere più eccepita o rilevata di ufficio oltre il termine fissato dall'art. 491 dello stesso codice, neppure nel caso in cui la possibilità concreta di proporla o rilevarla sia sorta soltanto nel corso del dibattimento. Un esplicito contrasto si è tuttavia originato tra due pronunce, aventi ad oggetto l'eccezione di incompetenza per materia per eccesso determinata da ragioni di connessione nei procedimenti con udienza preliminare. In un primo caso, la S.C. ha affermato che il regime di deducibilità previsto dall'art. 21, comma 2, c.p.p., e richiamato dal successivo comma 3 per l'incompetenza per connessione, senza distinzione tra il criterio di riparto (territorio o materia) sul quale la stessa concretamente incide, comporta che la relativa eccezione deve essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione della udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento in ordine alla costituzione delle parti: ciò in ossequio alla prevalenti ragioni di economia processuale che hanno giustificato l'introduzione, nel nuovo codice di rito, del criterio attributivo de quo (cfr. Cass. VI, n. 34472/2007). Sconfessando apertamente tali arresti, una più recente pronuncia ha invece escluso che il potere-dovere del Giudice del dibattimento di dichiarare d'ufficio la propria incompetenza ai sensi dell'art. 23, comma 1, c.p.p. possa essere limitato o condizionato dalle preclusioni dettate dall'art. 21, comma 2, ammettendo dunque la proponibilità in dibattimento dell'eccezione di incompetenza per materia (per eccesso), che non era stata sollevata in udienza preliminare, rimarcando il fatto che fino all'adozione del decreto che dispone il giudizio, essendo il G.U.P. competente tanto per i reati di competenza della Corte di Assise, quanto per quelli di competenza del Tribunale in composizione collegiale, non sarebbe stato possibile dedurre l'errore relativo all'individuazione del Giudice ad quem (Cass. I, n. 40879/2010). Più recenti pronunce, tuttavia, hanno ribadito l'orientamento di segno contrario (cfr. Cass. I, n. 30964/2019; Cass. I, n. 14988/2019). Nel giudizio di appello, affinché il Giudice possa rilevare il vizio e annullare la sentenza, ordinando la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Giudice competente, l'eccezione di incompetenza per connessione deve essere stata tempestivamente sollevata (e respinta) nel giudizio di primo grado e riproposta nei motivi di appello (cfr. art. 24, comma 2). La S.C. ha peraltro chiarito che l'eccezione di incompetenza, tempestivamente dedotta e respinta dal Giudice di primo grado, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza però introdurre argomentazioni ulteriori e diverse da quelle originarie, anche nel caso in cui eventuali sopravvenienze istruttorie potrebbero giustificare uno spostamento della competenza (cfr. Cass. II, n. 4876/2016). Declaratoria d'incompetenza: forme, effetti, rimedi A norma dell'art. 22, comma 2, c.p.p., nel corso delle indagini preliminari il Giudice che si riconosca incompetente “per qualsiasi causa” pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al Pubblico Ministero. La forma dell'ordinanza è espressiva della funzione incidentale che il G.I.P. assolve in questa fase (cfr. Cassibba, Sub art. 22, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, Milano, 2010, 347), e si compendia con la limitazione dell'efficacia del provvedimento allo stato degli atti (cfr. art. 22, comma 2, c.p.p.): si ritiene peraltro possibile sia che il Pubblico Ministero possa successivamente svolgere ulteriori indagini, sia che il G.I.P., investito di una nuova richiesta, possa rivalutare la propria competenza alla luce dei nuovi elementi emersi. L'ordinanza che dichiara l'incompetenza è tuttavia inoppugnabile, salvo che si tratti di provvedimento abnorme. A norma dell'art. 22, comma 3, c.p.p., dopo la chiusura delle indagini preliminari l'incompetenza deve essere dichiarata con sentenza, con la quale il Giudice ordina la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Giudice competente. È controverso se tale disposizione si applichi anche nell'ipotesi di richiesta di archiviazione: in alcune pronunce, la S.C. ha qualificato come abnorme il provvedimento, reso con la forma della sentenza, con il quale il G.I.P. investito della richiesta di archiviazione dichiarava la propria incompetenza e ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, “atteso il fondamentale principio secondo cui non può darsi pronuncia di sentenza se non quando vi sia stato esercizio dell'azione penale in una delle forme previste dalla legge” (cfr. Cass. I, n. 1981/1998; nello stesso senso Cass. I, n. 2108/1998; in senso contrario tuttavia Cass. I, n. 4127/1998; Cass. III, n. 1700/1998). Il Giudice dichiara la propria incompetenza con sentenza anche nel corso del dibattimento (art. 23) e nel giudizio di appello (art. 24): occorre rammentare che anche in tali sedi, la pronuncia di incompetenza comporta il dovere di ordinare la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso l'ufficio giudiziario ritenuto competente. Ciò a seguito dell'intervento della Corte costituzionale, che, con le sentenze n. 76/1993, n. 70/1996 e n. 214/1996, ha censurato le suddette disposizioni nella parte in cui prevedevano la trasmissione degli atti direttamente al Giudice competente, sul rilievo che la mancata regressione del procedimento, qualora l'imputato intendesse optare per il rito abbreviato e omettesse di subordinarne la richiesta al mancato accoglimento dell'eccezione di incompetenza (ratione loci o ratione materiae), pregiudicherebbe il diritto di difesa. Con la successiva sentenza n. 104/2001, la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità delle medesime norme sollevata con riferimento ai procedimenti di cui agli artt. 51, comma 3-bis, e 328, comma 1-bis, c.p.p. Nella citata pronuncia, la Corte ha precisato che, per tali reati, la competenza territoriale infra-distrettuale assume rilevanza esclusivamente nella fase del dibattimento, mentre il Giudice competente (ovvero quello distrettuale), è univocamente individuato tanto per la fase delle indagini preliminari, quanto per l'udienza preliminare. Di talché, nell'ipotesi in cui venga disposto il rinvio a giudizio dinanzi al Giudice infra-distrettuale territorialmente incompetente (anche, come nel caso di specie, a seguito di annullamento da parte della Corte di Appello della sentenza di proscioglimento pronunciata all'esito dell'udienza preliminare), non si rende necessaria alcuna regressione del procedimento, avendo già avuto modo l'imputato di esercitare appieno le proprie garanzie difensive dinanzi al Giudice naturale precostituito per legge. L'errata statuizione circa la trasmissione degli atti non attinge in ogni caso il contenuto decisorio del provvedimento, ma concerne esclusivamente una disposizione strumentale, pertanto è rimediabile attraverso la procedura di rettificazione degli errori non comportanti annullamento prevista dall'art. 619 c.p.p. (Cass. IV, n. 1526/2013). Più di recente tuttavia le S.U., con sentenza n. 28909/2018, hanno chiarito che l'incompetenza a conoscere del Giudice pace deve essere dichiarata in ogni stato e grado del processo, ai sensi dell'art. 48, d.lgs. n. 274/2000, (disposizione che deroga al regime previsto dall'art. 23 c.p.p., comma 2); tuttavia, per effetto del principio di perpetuatio iurisdictionis, resta ferma la competenza del Giudice togato quando questa sia stata ab origine correttamente individuata e il vincolo di connessione sia venuto meno nel corso del processo (ad esempio, per un'assoluzione parziale). Si discute dei poteri spettanti al Pubblico Ministero a seguito della trasmissione degli atti a norma degli artt. 23 e 24 c.p.p., in particolare se questi sia vincolato alle determinazioni del proprio omologo territorialmente incompetente rispetto all'esercizio dell'azione penale, oppure se sia legittimato a svolgere nuove indagini o a chiedere l'archiviazione. Recente giurisprudenza di legittimità, sconfessando un più risalente orientamento che escludeva che la trasmissione degli atti potesse determinare una regressione del procedimento (Cass. VI, n. 20512/2003), ha invece affermato che il Pubblico Ministero ad quem può liberamente determinarsi in ordine all'esercizio dell'azione penale: ciò in ragione del nuovo assetto normativo tracciato proprio dalle citate declaratorie di incostituzionalità degli artt. 23 e 24, che hanno sostanzialmente introdotto una deroga al principio di irretrattabilità dell'azione (Cass. II, n. 36186/2017). Come in parte già accennato, i provvedimenti declinatori della competenza non sono ricorribili per Cassazione qualora possano dar luogo ad un conflitto ai sensi dell'art. 28 c.p.p.; in tal senso si esprime l'art. 568, comma 2, c.p.p., seppur soltanto con riferimento alle sentenze: le Sezioni Unite hanno chiarito che tale norma deve ritenersi munita di portata precettiva generale, in quanto tale valevole per tutti i provvedimenti declinatori della competenza, ove suscettibili di dar luogo ad un conflitto, a prescindere dalla forma che gli stessi rivestono (Cass. S.U., n. 42030/2014). A norma dell'art. 25 c.p.p., la decisione della Corte di Cassazione sulla competenza è vincolante nel corso del processo: la norma trova applicazione nei confronti delle sentenze risolutive di conflitti, a norma dell'art. 32 c.p.p., nonché in quelle di annullamento con rinvio (art. 627 c.p.p.). Non trova applicazione nei confronti dell'incompetenza per connessione la deroga relativa all'emersione, nel corso del processo, di fatti nuovi idonei ad attribuire al fatto una diversa qualificazione giuridica (ovvero a determinare uno spostamento della giurisdizione o della competenza a favore di un Giudice superiore): cfr. Cordero, Procedura penale, Milano, 2012. In materia cautelare, la S.C. ha stabilito che il tribunale del riesame può pronunciarsi sulla propria competenza solo entro i limiti dei fatti sottoposti alla sua valutazione e, pertanto, non può accertare la connessione con altri reati sottoposti alla cognizione di un Giudice territorialmente diverso (cfr. Cass. IV, n. 48273/2012; in senso conforme, Cass. V, n. 6458/2002). In consonanza con il principio di conservazione degli atti processuali, l'art. 26 c.p.p. prevede che l'inosservanza delle norme sulla competenza non comporta l'inefficacia delle prove già acquisite. Casistica A dimostrazione del fatto che la connessione è criterio originario di attribuzione della competenza, la S.C. ha chiarito che, in ossequio al principio della perpetuatio jurisdictionis, le vicende successive ai limiti temporali entro i quali deve essere dedotta e rilevata l'incompetenza per territorio non incidono sulla competenza già affermata (in specie, si trattava della pronuncia di sentenza di non luogo a procedere per un'imputazione – ed un imputato – che aveva determinato lo spostamento della competenza territoriale anche per gli altri imputati (cfr. Cass. VI, n. 33435/2006). In caso di connessione tra reati a citazione diretta e reati per i quali è prevista l'udienza preliminare, accomunati dal presupposto dell'evidenza della prova, è ammissibile la richiesta di giudizio immediato formulata dal Pubblico Ministero per tutti i reati (giudizio immediato c.d. unitario): cfr. Cass. II, n. 4876/2016. |