Richiesta di correzione di errore materiale (art. 130)InquadramentoIn caso di errori frutto di una svista o di un lapsus espressivo da cui derivi un divario tra la effettiva volontà del Giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, senza alcuna incidenza sul processo valutativo da cui è scaturita la decisione, è possibile per lo stesso magistrato che ha emesso il provvedimento emendare questo errore, mediante uno snello procedimento camerale. FormulaTRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE.... SEZIONE RICHIESTA DI CORREZIONE DI ERRORE MATERIALE *** Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia/ufficio di.... 1....., nato a.... il....; 2....., nata a.... il....; indagato/imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)...., per i reati previsti e puniti dagli artt. a).... c.p. b)...., legge.... /.... c)...., d.P.R..... d)...., d.lgs..... PREMESSO che nel (indicare il provvedimento che si chiede di rettificare, specificando il paragrafo, la pagina, la riga) è contenuto un evidente refuso tipografico, in particolare nella frase “.... ”; (ovvero, in caso di errore materiale per omissione) che, dopo quanto affermato in tema di (indicare il brano del provvedimento che costituisce il necessario precedente logico di quanto invece pretermesso), in particolare là dove si dice “.... ”, non è poi stata inserita la obbligatoria statuizione in tema di...., CHIEDE che, sentite le parti, si proceda alla correzione del suddetto errore materiale, di modo che nel...., là dove si dice “.... ”, debba invece leggersi ed intendersi “.... ”. (ovvero, in caso di errore materiale per omissione) che, sentite le parti, si proceda alla correzione del suddetto errore materiale, di modo che nel...., dopo la frase “.... ”, sia inserita la frase “.... ”. Si allegano i seguenti documenti. 1)....; 2)....; Luogo e data.... Firma.... Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. CommentoSecondo l'art. 130 c.p.p., la correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell'atto, è disposta, anche di ufficio, dal Giudice che ha emesso il provvedimento. Se il provvedimento è oggetto di gravame, la correzione è disposta dal Giudice dell'impugnazione, a meno che non debba emettere pronuncia di inammissibilità. La correzione di errori materiali che incidano su capi e punti della decisione divenuti irrevocabili è riservata, anche se sono stati impugnati altri capi e punti, alla competenza funzionale del Giudice che ha emesso il provvedimento (Cass. I, n. 57818/2017). In particolare, è stato recentemente precisato che nel caso di sentenza di condanna passata in giudicato, spetta al Giudice dell'esecuzione, su iniziativa del pubblico ministero, porre rimedio, a norma degli artt. 662 c.p.p. e 183 disp. att. c.p.p., alla omessa applicazione di una pena accessoria predeterminata nella durata, con procedimento da tenersi nelle forme dell'art. 676 c.p.p., non potendo trovare applicazione l'art. 130 c.p.p. (Cass. S.U., n. 47802/2022). Il Giudice provvede con rito camerale. Pertanto, egli fissa la data dell'udienza in camera di consiglio (cioè senza la presenza del pubblico) e ne fa dare avviso, almeno dieci giorni prima, alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. Costoro, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono presentare memorie. La presenza delle parti in udienza non è viceversa necessaria, ma l'udienza è rinviata se sussiste un loro legittimo impedimento tempestivamente comunicato. Se l'interessato è detenuto o internato al di fuori della circoscrizione del tribunale e chiede di essere sentito, a questo incombente procede per tempo il magistrato di sorveglianza competente per territorio. Il Giudice provvede con ordinanza, annotata sull'originale dell'atto rettificato e comunicata o notificata senza ritardo alle parti e a tutti gli interessati, che possono proporre ricorso per cassazione. Questa eventuale impugnazione non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno di espresso decreto motivato sul punto. In ogni caso, è ammissibile il ricorso per cassazione per violazione del contraddittorio, solo quando il ricorrente deduca un concreto interesse a partecipare alla camera di consiglio per allegare fatti o situazioni decisive, direttamente incidenti sul provvedimento impugnato (Cass. IV, n. 39523/2016). Oggetto della procedura di correzione degli errori materiali possono dunque essere solo atti del Giudice (sentenze, ordinanze, decreti): la competenza a provvedere spetta al medesimo Giudice che ha emesso il provvedimento da rettificare. L'errore deve essere “materiale” (distinto dall'errore concettuale, che incide sulla formazione del ragionamento del Giudice, e dall'errore ostativo, che colpisce la dichiarazione, i cui contenuti non corrispondono alla reale volontà dell'autorità emittente). La materialità dell'errore sussiste quando è riscontrabile una divergenza, manifesta e causale, tra la volontà del Giudice e la sua espressione. La difformità tra il contenuto letterale del provvedimento e l'effettivo pensiero del giudicante deve emerge in maniera evidente e deve risultare emendabile con semplici operazioni meccaniche di adeguamento sostitutivo o integrativo (dal momento che la formulazione esteriore può tradire il pensiero dell'autore dell'atto anche semplicemente per omissione). L'intervento di rettifica, dunque non potrà mai riguardare il processo di formazione del giudizio, né postulare un'indagine diretta a stabilire quale fu la reale volontà dell'estensore, anche se a tal fine appaiono utilizzabili atti ulteriori rispetto a quello oggetto di correzione (Cass. S.U., n. 7946/2008). La possibilità di correzione, per espressa disposizione normativa (all'evidente fine di impedire che un uso illimitato di questo rimedio possa trasformarlo in un anomalo mezzo di impugnazione), è sottoposta a una duplice condizione: l'errore – non deve essere causa di nullità dell'atto; – non deve comportare una modifica essenziale dell'atto, cioè può subire interventi integrativi solo nell'ambito di un rapporto di stretta dipendenza logico-giuridica, restando intangibile il contenuto essenziale del provvedimento (in tal modo, reso conforme ai parametri normativi di riferimento). In altre parole, questo strumento di rettifica consente solo di adeguare la rappresentazione grafica della volontà del magistrato all'univoco e trasparente contenuto del comando giudiziale, al più limitata all'aggiunta di elementi che dovevano necessariamente far parte del provvedimento. La massima latitudine interpretativa dell'istituto giunge nell'ipotizzare la correggibilità di qualsiasi errore, anche non omissivo, che derivi dalla necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale, di carattere accessorio e a contenuto predeterminato. Ad esempio, l'omessa trascrizione, nell'originale della sentenza, del dispositivo letto in pubblica udienza non integra la nullità di cui all'art. 546 c.p.p., ma rappresenta una mera assenza grafica sanabile con la procedura di correzione degli errori materiali (Cass. V, n. 22996/2017). La giurisprudenza più recente tende, condivisibilmente, a valorizzare in misura minore la ricostruzione delle dinamiche del foro interno dell'autore dell'atto per incentrare la riflessione su argomentazioni di ordine equitativo, dirette ad evitare un danno ingiusto e non altrimenti eliminabile, privilegiando soluzione esegetiche che consentano di modificare l'atto nel senso in cui avrebbe dovuto univocamente muoversi il giudicante in forza di un obbligo normativo: la procedura di correzione degli errori materiali è stata dunque ritenuta applicabile in tutti i casi in cui il provvedimento abbia omesso statuizioni obbligatorie per legge e di natura accessoria (Cass. III, n. 39081/2017 in tema di sentenza di patteggiamento per reati tributari in cui il Giudice aveva omesso di disporre la confisca obbligatoria per equivalente ai sensi dell'art. 322-ter c.p.; Cass. III, n. 3741/2020 in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, qualora nella motivazione e nel dispositivo della sentenza il Giudice abbia omesso di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, cui sia stata subordinata l'efficacia dell'accordo e possa tuttavia desumersi che siffatta mancata pronuncia sia da ascrivere ad una mera svista). Al contrario, il Giudice dell'esecuzione non può disporre, ai sensi dell'art. 130 c.p.p., la confisca del veicolo utilizzato per la commissione del reato di guida in stato di ebbrezza, quando questa statuizione sia stata omessa in sede di condanna, poiché essa ha natura di sanzione amministrativa accessoria e non costituisce componente essenziale di detto provvedimento (Cass. I, n. 53329/2017). La difformità tra dispositivo letto in udienza e dispositivo in calce alla motivazione non è causa di nullità della sentenza, che ricorre nei soli casi in cui difetti totalmente il dispositivo: prevale invece, semplicemente, il dispositivo di udienza e la suddetta difformità è sanabile mediante il procedimento di correzione dell'errore materiale (Cass. VI, n. 18372/2017, laddove il dispositivo in calce alla motivazione indicava la conferma della sentenza di primo grado emessa nei confronti di altro imputato, mentre quello letto in udienza dichiarava l'estinzione per prescrizione di un reato, con conseguente riduzione della pena). Neppure il contrasto tra dispositivo e motivazione determina nullità della sentenza, ma si risolve con la logica prevalenza dell'elemento decisionale su quello giustificativo, seppure non in via automatica (Cass. VI, n. 7980/2017). La procedura di correzione dell'errore materiale è espressamente richiamata dagli artt.: – 66, comma 3, c.p.p., in tema di rettifica delle erronee generalità attribuite all'imputato; – 535, comma 4, c.p.p. sulla mancata condanna alle spese; – 547, sulla correzione della sentenza per completamente della motivazione insufficiente o mancanza o incompletezza di uno dei requisiti di legge (intestazione, generalità dell'imputato, imputazione, conclusione delle parti, motivazione, dispositivo, data e sottoscrizione del Giudice); – 668 c.p.p., sulla condanna di una persona in luogo di un'altra per errore di nome; – 624, comma 3, c.p.p., che prevede una particolare procedura camera camerale in deroga a quanto disposto dall'art. 127 c.p.p. da parte della Corte di Cassazione, per l'omessa dichiarazione nel dispositivo di quali parti della sentenza diventano irrevocabili dopo l'annullamento parziale. Nel procedimento davanti alla Corte di Cassazione, è specificamente prevista una particolare procedura di rettificazione degli errori di diritto nella motivazione e delle erronee indicazioni di testi di legge che non producano l'annullamento della sentenza impugnata. La corte specifica nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti. Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la Corte di Cassazione vi provvede senza pronunciare annullamento. Nello stesso modo si provvede nei casi di legge più favorevole all'imputato, anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto (art. 619 c.p.p.). La l. n. 103/2017, mutuando questa architettura procedimentale per la emenda delle sentenze di patteggiamento, ha inserito poi nell'art. 130 un comma 1-bis del seguente tenore: “Quando nella sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti si devono rettificare solo la specie e la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la correzione è disposta, anche d'ufficio, dal Giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo è impugnato, alla rettificazione provvede la Corte di Cassazione a norma dell'art. 619, comma 2”. |