Eccezione sulla incompatibilità con l'ufficio di testimone (art. 197)

Riccardo Lottini

Inquadramento

Con il presente atto si eccepisce che il soggetto, il cui esame come testimone è stato chiesto da altra parte processuale, abbia avuto un ruolo (imputato in procedimento connesso o collegato, ecc.) che lo rende incompatibile a testimoniare ai sensi dell'art. 197 c.p.p. e non può essere sentito oppure sentito con altre modalità (ad es. esame o testimonianza ai sensi art. 197-bis c.p.p.).

Formula

ALL'ECC.MO TRIBUNALE DI ...

IN COMPOSIZIONE ... [1]

ECCEZIONE SULLA INCOMPATIBILITÀ CON L'UFFICIO DI TESTIMONE

(AI SENSI DELL'ART. 197 C.P.P.)

Il sottoscritto Avv. ... [2], nella sua qualità di difensore di fiducia/ufficio del Sig. ..., nato a ... il ..., imputato nel procedimento n. ... / ... R.G.N.R. – n. ... / ... R.G. per la violazione degli artt. ...,

con riferimento

alla richiesta di ammettere l'esame del Sig. ... in qualità di testimone, avanzata dal ... (indicare la parte processuale che ha avanzato la richiesta di prova) che lo ha indicato nella propria lista ex art. 468 c.p.p. depositata in data ...;

eccepisce

l'incompatibilità del medesimo a ricoprire il ruolo di testimone, in quanto è ... (indicare la posizione che lo rende incompatibile, ai sensi dell'art. 197 c.p.p., a testimoniare, allegando gli atti da cui emerge questa sua posizione) [3].

Luogo e data ...

Firma ...

Si allega:

1. ... (indicare l'atto processuale da cui emerge la incompatibilità)

1. Una tale richiesta viene formulata qualora si svolga il dibattimento, il Giudice di primo grado sarà dunque il tribunale in composizione monocratica o collegiale, ma anche il Giudice di pace o la Corte di appello (in questo caso qualora sia stata disposta la rinnovazione dibattimentale).

2. La richiesta può provenire dal difensore dell'imputato (come nella formula), ma anche dal Pubblico Ministero o dal difensore delle altre parti processuali (parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato pena pecuniaria).

3. Ad es. in quanto è imputato in un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, lett. a) e non è intervenuta sentenza di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena, allegando il decreto di rinvio a giudizio in cui è descritto il capo di imputazione che consente di comprendere il collegamento con il processo.

Commento

Le incompatibilità con l'ufficio di testimone

L'incompatibilità a testimoniare ricorre quando un soggetto, normalmente capace di testimoniare ai sensi dell'art. 196 c.p.p., non è però legittimato a ricoprire, in un determinato procedimento, il ruolo di testimone a causa della sua posizione o dell'esercizio di determinate attività nel medesimo procedimento.

La disposizione che indica quali sono i casi in cui vi è incompatibilità a testimoniare è contenuta nell'art. 197 c.p.p. secondo il quale non possono essere assunti come testimoni: a) i coimputati nel medesimo reato o imputati in un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. a), salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444; b) le persone imputate in un procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, lett. c) o di un reato collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b), prima che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 e sempre che non ricorra l'ipotesi di cui all'art. 64, comma 3, lett. c) (l'aver già reso dichiarazioni che riguardano la responsabilità di terzi); c) il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria; d) coloro che nel medesimo procedimento hanno svolto la funzione di Giudice, Pubblico Ministero o loro ausiliario, nonché il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'art. 391-ter c.p.p.

Affinché operi l'incompatibilità derivante dal combinato disposto di cui agli artt. 197, lett. b) e 371, comma 2, lett. b) è necessario che i più reati commessi “gli uni in occasione degli altri” o “che siano stati commessi in danno reciproco” si siano verificati nel medesimo contesto spazio-temporale (v. con riferimento a più reati commessi in danno reciproco v. Cass. II, n. 4128/2015; riguardo a reati commessi in occasione gli uni degli altri Cass. VI, n. 58089/2017 che ha precisato che è necessario che tra i più reati commessi nel medesimo contesto, l'uno abbia favorito, consentito, propiziato o motivato l'altro).

La persona offesa che riveste la qualità di imputato in un procedimento collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p. per reato commesso in danno reciproco, è incompatibile ad essere assunta come testimone, ma deve essere sentita con le forme di cui all'art. 210 oppure 197-bis c.p.p. (da ultimo Cass. I, n. 44978/2014; si veda Cass. S.U., n. 12067/2009 che ha risolto il contrasto che in passato divideva la giurisprudenza; v. Cass. V, n. 29227/2014 che ha ritenuto l'inutilizzabilità delle dichiarazioni persona offesa sentita come testimone, spiegando però come la prova dichiarativa possa essere riassunta con le garanzie previste dal codice di rito).

Con riferimento ai casi di collegamento probatorio che si verificano quando “la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza”, è stato spiegato che è ravvisabile tale ipotesi quando sussiste identità di uno degli elementi di prova, ovvero quando è ravvisabile la diretta rilevanza di uno degli elementi di prova acquisti in un procedimento su uno dei reati oggetto dell'altro procedimento (Cass. II, n. 24570/2015).

Sempre in argomento, recentemente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che chi ha svolto il ruolo di avvocato nel medesimo procedimento quale difensore dell'imputato ed abbia dismesso il proprio ruolo, senza aver mai svolto l'attività di investigazione difensiva, non è incompatibile a svolgere il ruolo di testimone, né le dichiarazioni rese dallo stesso soggetto sono inutilizzabili, poiché la scelta di non opporre il segreto professionale rileva, eventualmente, sotto il profilo deontologico (così Cass. II, n. 22954/2017).

La giurisprudenza, inoltre, spiega che la disposizione di cui all'art. 197, comma 1, lett. d), secondo cui non possono essere assunti come testimoni coloro che hanno svolto la funzioni di ausiliari del Giudice nel procedimento, è applicabile nei confronti di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria solo in relazione all'attività svolta nella redazione degli atti di cui all'art. 373 c.p.p., ma non anche in relazione a quella posta in essere nello svolgimento delle funzioni istituzionali (Cass. V, n. 11905/2015). Nessuna incompatibilità a testimoniare del consulente del P.M., posto che lo stesso non può definirsi ausiliario dell'organo della pubblica accusa, riguardando la disposizione che sancisce l'incompatibilità dell'ausiliario del P.M. a ricoprire il ruolo di testimone il personale della segreteria o della cancelleria dell'ufficio giudiziario e non invece un soggetto estraneo all'amministrazione giudiziaria che si trovi a svolgere, di fatto e occasionalmente, determinate funzioni previste dalla legge (Cass. V, n. 32045/2014).

Le condizioni in presenza delle quali sollevare l'eccezione di incompatibilità. In particolare l'elemento formale dell'avvenuta iscrizione nel registro degli indagati

Nel caso in cui venga chiesto di essere sentito come testimone, colui che invece si trova in una situazione di incompatibilità, è onere della parte interessata ad opporsi all'assunzione della testimonianza di allegare, prima della assunzione delle dichiarazioni, le circostanze fattuali da cui risultano situazioni di incompatibilità a testimoniare, sempre che la posizione del dichiarante non risulti già dagli atti nella disponibilità del Giudice (Cass. VI, n. 12379/2016).

Una domanda che si è spesso posta nei procedimenti è quali sono le condizioni in presenza delle quali si può eccepire l'incompatibilità a testimoniare del dichiarante. In particolare si chiede se sia indispensabile l'iscrizione nel registro degli indagati.

In passato, l'opinione prevalente riteneva che per poter far valere l'eccezione di incompatibilità ad essere sentito come testimone fosse indispensabile l'iscrizione nel registro ex art. 335 c.p.p. del dichiarante, così come l'inutilizzabilità di cui all'art. 63, comma 2, c.p.p. potesse essere fatta valere solamente nei confronti di chi avesse formalmente assunto la veste di indagato, non necessariamente in epoca precedente o coeva rispetto al rilascio delle dichiarazioni stesse (v. Cass. VI, n. 40512/2007; Cass. VI, n. 12175/2005; Cass. I, n. 21802/2002).

Attualmente l'orientamento maggioritario è di segno opposto. Anche se non mancano decisioni che ripropongono l'indirizzo oramai minoritario (v. Cass. V, n. 24300/2015), la giurisprudenza di legittimità è prevalente nel ritenere che tutte le volte in cui viene in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al Giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e prescindendo da indici formali, come l'eventuale già intervenuta iscrizione normativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese (Cass. VI, n. 20098/2016; parla di indici sostanziali e non formali Cass. V, n. 39498/2021).

Una tale conclusione tra le proprie radici dagli argomenti e dagli approdi interpretativi cui perviene una famosa sentenza delle sezioni unite che, riguardo ai presupposti di operatività dell'art. 63, comma 2, c.p.p., che attua una tutela anticipata rispetto all'incompatibilità a testimoniare, ha avuto modo di spiegare che «Ove si subordinasse, infatti, l'applicazione della disposizione di cui all'art. 63, comma 2, c.p.p., alla iniziativa del Pubblico Ministero di iscrizione del dichiarante nel registro ex art. 335 c.p.p., si finirebbe col fare assurgere la condotta del Pubblico Ministero a requisito positivo di operatività della disposizione, quando sarebbe invece proprio la omissione antidoverosa di quest'ultimo ad essere oggetto del sindacato in vista della dichiarazione di inutilizzabilità [ ... ]. Quanto al tipo e alla consistenza degli elementi apprezzabili dal Giudice al fine di verificare l'effettivo status del dichiarante, devono ritenersi rilevanti i soli indizi non equivoci di reità, sussistenti già prima dell'escussione del soggetto e conosciuti dall'autorità procedente [ ... ]. Il Giudice, infatti, per potere applicare la norma di cui all'art. 210 c.p.p., deve essere messo in condizione di conoscere la situazione di incapacità a testimoniare o di incompatibilità, le quali, quindi, se non risultano dagli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento, devono essere dedotte dalla parte esaminata o comunque da colui che chiede l'audizione della persona imputata o indagata in un procedimento connesso o collegato [ ... ]. L'originaria esistenza di gravi indizi di reità, inoltre, non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a loro carico, occorrendo invece che tali vicende, per come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da non poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando necessariamente l'esistenza di responsabilità penali a carico di tutti i soggetti coinvolti o di taluni di essi [ ... ]. Resta fermo, comunque, che la questione relativa alla sussistenza ab initio di indizi di reità a carico dell'interessato costituisce accertamento in punto di fatto che, in caso di congrua motivazione da parte del Giudice di merito, è sottratto al sindacato di legittimità» (così in motivazione Cass. S.U., n. 15208/2010; si legga anche Cass. S.U., n. 33583/2015).

Affinché si verifichi l'incompatibilità con l'ufficio di testimone è dunque sufficiente che emergano indizi di reità a carico del dichiarante, a prescindere da elementi formali, indizi di reità che possono trarre origine anche dalle proprie dichiarazioni, con conseguente applicazione dell'art. 63, comma 1, c.p.p.

La giurisprudenza avverte però che l'incompatibilità di cui all'art. 197 c.p.p. sorge solo quando dalle dichiarazioni del testimone emergono fatti diversi da quelli che integrano il tessuto delle stesse. Solo in questo caso (ad es. si scopre che il dichiarante è concorrente del reato oggetto del procedimento o di qualche altro reato collegato) si incrina la investitura soggettiva e muta lo status di dichiarante. Se gli indizi, di contro, riguardano reati commessi attraverso le dichiarazioni (ad es. calunnia, falsa testimonianza o favoreggiamento) non compare alcun profilo di incompatibilità e il soggetto rimane testimone (Cass. S.U., n. 33583/2015 che spiega che l'incompatibilità deve preesistere rispetto a quando si assume la posizione di testimone, in quanto non si può divenire incompatibili a causa della funzione che si è legittimati a svolgere).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario