Richiesta di perizia (art. 220)InquadramentoCon tale istanza si chiede che il Giudice voglia disporre una perizia, cioè un'indagine o l'acquisizione di dati o valutazioni che richiedono competenze scientifiche, tecniche o artistiche che il Giudice non è tenuto a possedere che può essere presentata in sede di indagini preliminari, nella forma dell'incidente probatorio, nell'ambito della richiesta di ammissione del rito abbreviato condizionato oppure al Giudice del dibattimento di primo o di secondo grado, ma anche al Giudice di appello, previa richiesta di rinnovazione del dibattimento. FormulaALL'ECC.MO TRIBUNALE DI.... IN COMPOSIZIONE.... [1] RICHIESTA DI PERIZIA (ART. 220 C.P.P.) Il sottoscritto Avv....., nella sua qualità di difensore del Sig....., nato a.... il...., imputato nel procedimento n..... /.... R.G.N.R. – n..... /.... R.G., per la violazione degli artt....., CHIEDE che Codesto Ecc.mo Collegio/la S.V. Ill.ma voglia disporre perizia affinché, attraverso la nomina di soggetto dotato delle necessarie specifiche competenze tecniche/scientifiche o artistiche, si proceda ad effettuare le seguenti indagini o acquisizioni di dati o valutazioni: .... (indicare in cosa consiste l'oggetto della perizia richiesta) [2]. Con ogni ossequio. Luogo e data.... Firma.... [1]Il Giudice a cui rivolgere tale richiesta è quello che procede. [2]Sarebbe preferibile che si indichi già una proposta di quesito da sottoporre all'attenzione del Giudice. CommentoLa perizia e il diritto delle parti alla sua ammissione La perizia è un mezzo di prova disciplinato dagli artt. 220 ss. c.p.p., che la giurisprudenza definisce “neutro”, cioè non classificabile, secondo quanto dispone l'art. 495, comma 2, c.p.p., né come prova a carico dell'imputato, né a discarico (v. negli esatti termini Cass. III, n. 13966/2014). Ne deriva che secondo un orientamento oramai granitico della Suprema Corte, la medesima sfugge alla disponibilità delle parti e ai criteri di ammissione di cui all'art. 190 c.p.p., per essere rimessa invece alla valutazione discrezionale del Giudice (v. Cass. S.U., n. 39746/2017; Cass. IV, n. 44323/2016). Non esiste dunque un “diritto” alla perizia per l'imputato e per le altri parti processuali e la mancata concessione della stessa non può definirsi “mancata assunzione di una prova decisiva” che può essere fatta valere come autonomo vizio di legittimità ai sensi dell'art. 606, lett. d), c.p.p. (ex multis, Cass. II, n. 52517/2016). Questo non sta a significare che il Giudice possa decidere liberamente di disporla o meno. Tutte le volte in cui, all'interno del processo, appaia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche il Giudice, infatti, non può prescindere dall'apporto di detto strumento e avvalersi di contro di proprie, personali, competenze scientifiche e tecniche (così Cass. IV, n. 54795/2017; Cass. IV, n. 1886/2017; Cass. n. 33582/2016). Si è inoltre precisato che l'eventuale impiego, ad opera del giudicante, della sua scienza privata costituirebbe una violazione del principio del contraddittorio e del diritto delle parti sia di vedere applicato un metodo scientifico, sia di interloquire sulla validità dello stesso (Cass. IV, n. 28102/2019) e Cass. I, n. 19822/2021. Ciò che la giurisprudenza di legittimità vuole sottolineare è che la necessità o meno della perizia costituisce una valutazione di fatto rimessa al Giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solamente sotto il più stringente profilo del difetto di motivazione (si veda, oltre la giurisprudenza sopra richiamata, anche Cass. IV, n. 7444/2013; Cass. VI, n. 43526/2012). Le parti processuali possono dunque solamente sollecitare il Giudice a disporre la perizia, evidenziandone la necessità per l'accertamento processuale, ma non possono pretenderne l'ammissione per tutte le altre prove per le quali è sufficiente sottolineare la non manifesta superfluità o irrilevanza (oltre che il non essere vietate dalla legge: v. art. 190 c.p.p.). La mancata concessione della perizia, la cui richiesta è stata rinnovata anche in grado di appello, può essere fatta unicamente valere sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, lett. e), c.p.p. La richiesta di perizia può essere avanzata nella fase delle indagini preliminari, sotto forma di richiesta di incidente probatorio, nell'ambito della richiesta di ammissione al giudizio abbreviato subordinato a integrazione probatoria o al Giudice del dibattimento. L'istanza può essere avanzata anche in grado di appello. In questo caso il Giudice può disporla, ai sensi dell'art. 603, comma 1, c.p.p., solo nel caso in cui non sia in grado di decidere allo stato degli atti (cfr. Cass. I, n. 11168/2019; Cass. I, n. 8633/2017; ma anche Cass. II, n. 36620/2013). Si è precisato anche che la consulenza tecnica, in assenza di richiesta di rinnovazione istruttoria, non può essere introdotta ed acquisita in grado di appello come memoria ex art. 121 c.p.p. (Cass. II, n. 10968/2018). Non è invece possibile formulare una tale istanza, per la prima volta, davanti alla Corte di Cassazione, in quanto l'ammissione della perizia richiede valutazioni di merito incompatibili con il giudizio di legittimità (Cass. III, n. 52637/2017). Inoltre, l'accertamento peritale può essere oggetto di esame critico solo nei limiti del cosiddetto travisamento della prova, che sussiste in caso di assunzione di prova inesistente o quando il risultato probatorio sia diverso da quello reale in termini di “evidente incontestabilità” (cfr. Cass. I, n. 51171/2018). Non è obbligatoria rinnovarla quando il Giudice di appello intende riformare la sentenza di assoluzione di primo grado, trattandosi la perizia di una prova dichiarativa non assimilabile a quella del testimone (Cass. III, n. 57863/2017; Cass. IV, n. 1691/2016). Gli ambiti dell'attività peritale L'art. 220 c.p.p. prevede la possibilità di ricorrere al mezzo di prova in parola quando occorre svolgere indagini oppure acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Nella relazione al progetto preliminare è stato osservato che è stato ritenuto preferibile sostituire la terminologia del codice del ‘30, che parlava solo di “indagine”, con le espressioni “indagine” e “valutazioni” capaci di contemplare una più ampia e articolata gamma di ipotesi che consentisse al perito tanto lo svolgimento di accertamenti (“indagini”), che la formulazione di giudizi (“valutazioni”). Per sintetizzare è possibile sostenere, come sottolineato da autorevole dottrina, che con la perizia si possono adempiere tre funzioni: 1) svolgere indagini per acquisire dati probatori con l'utilizzo di operazioni specialistiche (si pensi ad un'analisi istologica oppure un esame radiografico); 2) esporre massime di esperienze o leggi scientifiche con elaborazione di teoremi su premesse ipotetiche; 3) combinare i dati acquisiti con le massime di esperienza o leggi scientifiche al fine di formulare conclusioni induttive (Cordero, Procedura penale, Milano, 2006). L'attività che il perito può compiere è dunque molto ampia e può consistere in attività “percipiente”, caratterizzata cioè da una natura direttamente probatoria, finalizzata ad introdurre del nuovo materiale conoscitivo in seno al processo e consentire al Giudice di percepire una data realtà attraverso i dati conoscitivi raccolti dall'esperto. Ma anche “deducente”, diretta a consentire la comprensione di una serie di fatti la cui esistenza fenomenica è già stata accertata, indicando i criteri che devono essere seguiti per pervenire a una loro corretta valutazione (Rivello, La prova scientifica, Milano, 2014). Trattandosi di un mezzo di prova che può avere ad oggetto temi le cui competenze non appartengono al Giudice o che, comunque, questi non è tenuto ad avere, non può essere utilizzata per risolvere questioni di diritto (v. Cass. S.U., n. 6495/2015 che ha ritenuto illecito disciplinare la devoluzione di questioni di diritto ad un esperto da parte del magistrato del P.M.). Per stessa ammissione di legge, salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, la perizia non può essere disposta per accertare la personalità dell'imputato (disposizione che, stante la eadem ratio, vale anche per la persona offesa: Cass. sez. fer., n. 32796/2011) e, in genere, le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche. Altre disposizioni, ulteriori rispetto a quelle di cui agli artt. 220 ss., richiamano lo strumento della perizia: l'art. 70 relativamente agli accertamenti sulla capacità dell'imputato, gli artt. 242 e 493-bis c.p.p. per la trascrizione dei nastri magnetofonici e le intercettazioni, l'art. 299, comma 4-ter, per gli accertamenti medici sulle condizioni di salute del detenuto, gli artt. 141 c.p.p. e art. 398, comma 5-bis che prevedono il ricorso alla perizia in caso di indisponibilità di strumenti di riproduzione. La Suprema Corte ha recentemente precisato che il Giudice, qualora si discosti dalle conclusioni del perito, è tenuto a motivare il proprio convincimento con criteri che rispondano ai principi scientifici oltreché logici, ed in particolare, sviluppandosi l'“iter” diagnostico dei periti attraverso due operazioni successive, connesse ed interdipendenti in relazione al risultato finale, ovverossia la percezione dei dati storici e il successivo giudizio diagnostico fondato sulla prima, è su tale percezione che il Giudice deve portare la sua indagine, discostandosi dalle conclusioni raggiunte quando queste si basino su dati fattuali dimostratisi erronei che, viziando l'“iter” logico dei periti, rende inattendibili le loro conclusioni (Cass. IV, n. 37785/2020). |