Richiesta dell'imputato di applicazione della pena al giudice dell'udienza preliminare o al giudice del dibattimento (art. 444, comma 1)

Ferraro Salvatore

Inquadramento

L'imputato può presentare la richiesta di applicazione della pena (cd. istanza di patteggiamento) al giudice dell'udienza preliminare, prima che questi si pronunci sulla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero. Tale richiesta, se il pubblico ministero presta il consenso e se viene accolta dal giudice che pronuncia sentenza, porta alla definizione del giudizio di primo grado. Se la richiesta non viene accolta dal giudice dell'udienza preliminare o se il pubblico ministero non presta il consenso, l'istanza può essere riproposta al giudice del dibattimento prima che dichiari l'apertura del dibattimento.

Formula

AL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE PRESSO IL TRIBUNALE DI.... OVVERO AL TRIBUNALE PENALE DI.... SEZIONE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....) IN COMPOSIZIONE COLLEGIALE

RICHIESTA DI APPLICAZIONE DELLA PENA

(ARTT. 444, COMMA 1, E 446, COMMA 1, C.P.P.)

Il sottoscritto Avv..... [1], con studio in.... via...., quale difensore di ufficio/fiducia di:

...., nato a...., il...., residente a.... in via...., con domicilio ivi dichiarato ovvero con domicilio eletto presso....;

imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., n..... /.... R.G. G.I.P./Dib.;

per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.)...., commesso in...., il....;

ovvero

per i reati previsti e puniti dagli artt.:

a).... c.p., commesso in...., il....;

b).... legge.... /...., commesso in...., il....;

c).... d.P.R..... /...., commesso in...., il....;

d).... d.lgs..... /...., commesso in...., il....;

difensore di ufficio,

ovvero

difensore di fiducia, come da atto di nomina già depositato in data.... opp. come da atto di nomina allegato,

munito di procura speciale, già depositata agli atti del procedimento in data.... ovvero come da atto allegato alla presente richiesta;

rilevato che, con avviso emesso in data...., è stata fissata l'udienza preliminare davanti a codesta A.G. per il giorno.... e per i reati sopra indicati;

ovvero

rilevato che, con decreto emesso in data...., l'imputato è stato rinviato a giudizio davanti a codesta A.G. per il giorno.... e per i reati sopra indicati;

rilevato, altresì, che in data.... il giudice dell'udienza preliminare ha rigettato l'istanza di applicazione della pena avanzata dall'imputato ovvero che in data.... il pubblico ministero non ha prestato il consenso alla richiesta di patteggiamento avanzata dall'imputato;

visti gli artt. 444 e 446, comma 1 c.p.p.,

CHIEDE

nei confronti dell'imputato.... e per il reato/i reati sopra specificato/i l'applicazione della pena di.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda, così determinata [2]:

previo riconoscimento della circostanza/delle circostanze [3] di cui all'art. /agli artt....., prevalenti sulle/equivalenti alle aggravanti contestate

pena base [4]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda;

ridotta/aumentata ex art. [5]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda;

aumentata ex art. 99, comma...., c.p.[6]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda;

aumentata ex art. 81, comma 1 o comma 2, c.p.[7]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda;

ridotta per il rito [8]:.... anni/mesi di reclusione/arresto e.... Euro di multa/ammenda, pena finale [9].

Con il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena [10], subordinando la richiesta alla concessione di tale beneficio [11].

In merito alle pene accessorie [12] previste dall'art..... chiede che le stesse non vengano applicate, considerato che....

OVVERO

In merito alle pene accessorie previste dall'art..... chiede che le stesse vengano applicate per la durata di.....

In merito ai beni in sequestro [13] chiede il dissequestro e la restituzione all'avente diritto, rilevando che....

OVVERO

In merito ai beni in sequestro chiede che venga disposta la confisca (facoltativa) sui seguenti beni opp. per il seguente importo:.....

Si allega:

1) avviso di fissazione dell'udienza preliminare;

2) procura speciale;

OVVERO

3) atto di nomina a difensore di fiducia, con allegata la procura speciale.

Luogo e data....

Firma....

V°, il pubblico ministero presta il consenso.

Luogo e data....

Firma....

[1] La richiesta di patteggiamento può essere presentata anche direttamente dall'imputato.

[2] Nella dosimetria della pena di cui si chiede l'applicazione occorre seguire questo ordine: a) pena base; b) aumenti o diminuzioni per le circostanze del reato (prima le circostanze speciali, poi quelle comuni); c) eventuale aumento per la recidiva (se non subvalente rispetto alle attenuanti, v. infra); d) aumento per il concorso formale dei reati o per la continuazione fra i reati; e) riduzione per il rito.

[3] Ai del riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), dopo il d.l. n. 92/2008 conv. in l. n. 125/2008, che ha introdotto il comma 3 di detto articolo, non è sufficiente la sola incensuratezza dell'imputato, occorrendo ulteriori elementi o circostanze che, non essendo già contemplate quali attenuanti (speciali o comuni), giustifichino l'attenuazione del trattamento sanzionatorio, come, per esempio, la condotta processuale del reo (confessione spontanea, collaborazione prestata nel corso delle indagini), il comportamento successivo alla commissione del reato (parziale riparazione o risarcimento del danno), le condizioni di vita del reo (giovane età, situazione di emarginazione sociale, arretratezza culturale).

[4] La pena base è da individuare fra il minimo e il massimo edittale della pena prevista dal legislatore per la fattispecie contestata, tenendo conto dei criteri fissati dall'art. 133 c.p.

[5] In caso di una sola circostanza, attenuante o aggravante, si deve effettuare l'aumento o la diminuzione prevista dal legislatore. Se concorrono più attenuanti o più aggravanti, andranno effettuate tante diminuzioni o tanti aumenti quante sono le circostanze (ogni diminuzione/aumento va operato sulla quantità di pena risultante dalla precedente diminuzione/aumento). Se concorrono sia circostanze attenuanti sia circostanze aggravanti, si deve effettuare il cd. giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p., che si può tradurre in un'equivalenza delle circostanze, o in una prevalenza/subvalenza delle une rispetto alle altre. Nel primo caso (equivalenza) le circostanze attenuanti e aggravanti si elidono a vicenda; di conseguenza, non verrà operata alcuna riduzione o aumento di pena (è come se non vi fosse alcuna circostanza). Nel secondo caso (subvalenza/prevalenza) sono le circostanze di un tipo a prevalere sulle altre, eliminandole sotto il profilo sanzionatorio. Pertanto, la pena base verrà soltanto ridotta o aumentata a seconda che a prevalere siano le attenuanti o le aggravanti. Nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale, ovvero con aumento della pena superiore ad 1/3, l'art. 63, comma 4, c.p. prevede che si applichi la pena stabilità per la circostanza più grave. In riferimento ad alcune fattispecie criminose il legislatore esclude la circostanza aggravante dal giudizio di bilanciamento (v. art. 628, comma 4, c.p.; art. 186, comma 2-septies, c.d.s.). In tale ipotesi, si opererà prima l'aumento per l'aggravante e poi la riduzione per l'attenuante.

[6] In caso di contestazione della recidiva, qualora sussistano una o più attenuanti, l'art. 69, comma 4 c.p. consente la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva solo nel caso di recidiva semplice (comma 1) e di recidiva specifica e/o infraquinquennale (comma 2 e 3). In caso di recidiva reiterata (comma 4) è possibile soltanto l'equivalenza delle circostanze.

[7] Nel caso di più reati in contestazione vi sono due possibilità: a) se i reati sono stati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale ex art. 81, comma 1, c.p.) oppure con più azioni od omissioni, ma in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (continuazione ex art. 81, comma 2, c.p.), deve essere individuata la fattispecie più grave, per poi calcolare l'aumento per l'altro reato o gli aumenti per gli altri reati; b) se non sussiste né un concorso formale né la continuazione, si ha un concorso materiale di reati e il cumulo delle pene secondo le regole disposte dagli artt. 71 e ss. c.p.p. Nel caso dell'art. 81, commi 1 e 2 c.p. per l'individuazione della fattispecie più grave si deve tenere conto dei limiti edittali dei reati (compiendo una valutazione in astratto delle fattispecie, così come precisato dalla giurisprudenza), seguendo i criteri fissati dall'art. 16, comma 3 c.p.p.: i delitti sono più gravi delle contravvenzioni; fra i delitti e le contravvenzioni è più grave il reato con il massimo della pena più elevato; a parità di massimo edittale della pena, è più grave il reato con il minimo edittale più alto; si tiene conto della pena pecuniaria solo in caso di parità delle pene detentive.

[8] La riduzione per il rito è fino ad 1/3. A differenza del rito abbreviato, in cui la riduzione è fissa (di 1/3), nel caso del patteggiamento la riduzione può avvenire anche in misura inferiore a 1/3. Per effetto della decurtazione la pena non può mai risultare inferiore ai limiti di legge fissati dagli artt. 23 ss. c.p.

[9] La pena finale non può superare i 5 anni di pena detentiva (solo o congiunta alla pena pecuniaria). In caso di pena pari o inferiore a 2 anni di pena detentiva la sentenza di patteggiamento garantisce all'imputato i benefici di cui all'art. 445 c.p.p.

[10] Il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere richiesto al giudice non solo nel caso di imputato incensurato, ma anche nel caso di soggetto già precedentemente condannato, senza o con sospensione condizionale della pena. In questo secondo caso, ovvero in caso di soggetto che ha già beneficato una volta della sospensione condizionale della pena, il giudice può concedere per la seconda volta il beneficio in oggetto, sempre che la pena che verrà applicata, sommandosi alla precedente già sospesa, non vada a superare il limite di 2 anni fissato dal legislatore. In tale ipotesi, comunque, il giudice, nel concedere per la seconda volta la sospensione condizionale della pena (art. 165, comma 2 c.p.), deve subordinare il riconoscimento del beneficio in oggetto all'adempimento di uno degli obblighi previsti dall'art. 165, comma 1 c.p. (obbligo di restituzione, obbligo di pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno, obbligo di eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, obbligo di prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa). La Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 23400/2022), ha recentemente precisato che in caso di patteggiamento con cui viene richiesta la sospensione condizionale della pena, l'accordo deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi ex lege alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata; in mancanza di pattuizione anche su tali elementi, la sospensione non può essere accordata e, qualora al suo riconoscimento sia subordinata l'efficacia della stessa richiesta di applicazione della pena, questa deve essere integralmente rigettata.

[11] Se l'istante subordina la richiesta di patteggiamento alla sospensione condizionale della pena, vincola la propria richiesta al riconoscimento da parte del giudice del beneficio de quo. In tal caso il giudice o accoglie l'istanza, applicando anche la sospensione condizionale della pena, o rigetta l'istanza. La richiesta del beneficio della pena sospesa, comunque, può essere formulata senza condizionare l'istanza di patteggiamento. In tale ipotesi il giudice può accogliere la richiesta di applicazione della pena anche senza riconoscere il beneficio in oggetto.

[12] La Riforma Cartabia (art. 25, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021) ha modificato l'art. 444, comma 1, c.p.p. prevedendo che le parti, in caso di patteggiamento con pena superiore a due anni, possano accordarsi anche in materia di pene accessorie, ovvero formulando al giudice richiesta di non applicazione delle stesse o di applicazione per una durata determinata.

[13]Sui beni sottoposti a sequestro (probatorio o preventivo) nel corso delle indagini preliminari l'indagato ha diritto alla restituzione, a meno che non sia prevista la confisca obbligatoria o, in caso di confisca facoltativa, il giudice non decida di disporla. Va aggiunto che la Riforma Cartabia, nei casi del cd. patteggiamento allargato, ha previsto, altresì, che la confisca facoltativa possa essere oggetto dell'accordo tra le parti, consentendo di chiedere al giudice di non disporla o di disporla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato.

Commento

Il cd. “patteggiamento allargato”

La l. n. 134/2003 ha introdotto il c.d. “patteggiamento allargato”. Il legislatore, modificando il comma 1, dell'art. 444 c.p.p. ha elevato da 2 a 5 anni di pena detentiva il limite entro cui è possibile accedere al rito alternativo de quo. Chiara l'intenzione di estendere la portata del rito speciale, in modo da consentire il patteggiamento anche alla persona imputata di reati gravi.

In ogni caso, il patteggiamento allargato resta escluso, per espressa previsione normativa (comma 2 dell'art. 444 c.p.p.), per i delitti di criminalità organizzata (indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.), di terrorismo (specificati dall'art. 51, comma 3-quater, c.p.p.) ovvero per determinati delitti contro la personalità individuale o contro la libertà sessuale (artt. 600-bis, 600-ter, commi 1, 2, 3 e 5, 600-quater, comma 2, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies c.p.).

Ulteriore ipotesi di esclusione del cd. patteggiamento allargato è la dichiarazione di delinquente abituale, professionale e per tendenza o di recidivo ai sensi dell'art. 99, comma 4 c.p. Per quest'ultima ipotesi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno precisato che non è sufficiente la mera contestazione del pubblico ministero, sulla base dei precedenti penali a carico dell'imputato, ma occorre che il giudice la dichiari e la riconosca in sentenza (Cass. II, 23548/2019; Cass. S.U., n. 35738/2010).

Il “patteggiamento allargato”, tuttavia, è un rito speciale con una premialità ridotta rispetto al patteggiamento con pena fino a 2 anni, in quanto determina solo la riduzione della pena fino a 1/3, ma non anche i benefici previsti dall'art. 445 c.p.p. (non condanna al pagamento delle spese del procedimento, non applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza).

Per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (artt. 314,317,318,319,319-ter, 319-quater e 322-bis c.p.) il comma 1-ter dell'art. 444 c.p. (introdotto dalla l. n. 69/2015) subordina la richiesta di patteggiamento alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.

Va precisato che l'espressione “soli o congiunti a pena pecuniaria” che accompagna l'indicazione dei limiti della pena irrogabile con il patteggiamento (2 e 5 anni) sta a significare che la pena di due/cinque anni è quella massima irrogabile sia quando la pena detentiva è sola sia quando debba infliggersi anche la pena pecuniaria, la quale si aggiunge ai due anni di pena detentiva. Non si deve, pertanto, tenere conto, ai fini dei due/cinque anni, della pena pecuniaria ragguagliata (Cass. IV, n. 4310/1995 Cotrufo ed altri).

I soggetti legittimati e la forma della richiesta di applicazione della pena; la procura speciale

L'imputato può presentare la richiesta di patteggiamento o personalmente o a mezzo procuratore speciale (art. 446, comma 3, c.p.p.).

L'istanza di applicazione della pena può essere presentata direttamente in udienza in forma orale. Ai fini della sua validità è necessaria la presenza dell'imputato o di un suo procuratore speciale (la cui procura deve essere depositata agli atti del fascicolo dell'autorità giudiziaria che sta procedendo).

Se la richiesta viene formulata in forma scritta prima dell'udienza, allora è necessario che l'istanza sia sottoscritta personalmente dall'imputato o da un suo procuratore speciale e che la sottoscrizione sia autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore ex art. 446 c.p.p. (così come modificato dall'art. 25, comma 1 lett. c), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021).

Se l'imputato ha rilasciato al proprio difensore una procura speciale esclusivamente per chiedere l'ammissione al rito abbreviato, il difensore non è legittimato a concordare l'applicazione della pena e l'eventuale accordo raggiunto con il pubblico ministero è da considerare invalido (Cass. V, n. 4604/2015).

Inoltre, poiché la richiesta di patteggiamento è un atto dispositivo personalissimo dell'imputato, non è consentito al procuratore speciale dell'imputato travalicare i limiti del mandato ricevuto (se ha ricevuto una procura limitata) né in relazione alla pena, se predeterminata, né in relazione alle condizioni alle quali la richiesta è stata subordinata. La conseguenza è la nullità della sentenza che abbia ratificato un accordo fra le parti affetto da violazione dei limiti della procura (Cass. V, n. 37262/2015). Qualora, invece, la procura conferita dall'imputato sia priva di limiti o condizioni, il difensore/procuratore speciale può liberamente negoziare la pena da applicare.

Il procuratore speciale dell'imputato non ha la facoltà di delegare un'altra persona, se ciò non sia espressamente previsto nella procura speciale. Pertanto, in mancanza di tale specifica facoltà, il sostituto processuale del difensore munito di procura speciale, non è legittimato ad avanzare istanza di patteggiamento né a modificare l'istanza già depositata dal difensore dell'imputato. Solo se la facoltà di delega sia espressamente prevista nella procura speciale, il sostituto processuale può presentare istanza di patteggiamento (Cass. n. 16111/2009).

La revocabilità della richiesta di patteggiamento o dell'accordo fra le parti

La richiesta di patteggiamento è sempre revocabile e modificabile fino a che non intervenga il consenso dell'altra parte.

Nel caso in cui sia manifestato il consenso e, quindi, si sia perfezionato l'accordo fra le parti si registra un contrasto giurisprudenziale sulla possibilità per le parti (ovviamente prima che il giudice pronunci la sentenza) di revocare la richiesta o il consenso già prestato. Minoritario è l'orientamento che ammette la revocabilità del consenso, argomentando che è solo la pronuncia del giudice che rende immodificabile l'accordo raggiunto fra le parti (Cass. III, n. 3580/2009). Prevalenti, invece, sono le pronunce che affermano l'irrevocabilità del consenso già manifestato dalle parti, in ragione dalla natura dell'accordo quale negozio giuridico processuale recettizio (Cass. I, n. 48900/2015; Cass. IV, n. 38070/2012). La Suprema Corte ha recentemente precisato in merito che l'accordo raggiunto dalle parti può comunque essere concordemente sostituito, nei termini di legge, da un nuovo accordo (Cass. IV, n. 25102/2021).

La rinnovazione della richiesta al giudice del dibattimento

Nel caso in cui la richiesta di patteggiamento sia stata rigettata dal giudice dell'udienza preliminare o il pubblico ministero abbia manifestato il proprio dissenso in udienza preliminare e il procedimento sia proseguito con il rinvio a giudizio disposto dal giudice, l'imputato ha la possibilità di ripresentare l'istanza di patteggiamento al giudice del dibattimento, sia monocratico sia collegiale (art. 448 c.p.p.). Il termine “rinnovare” utilizzato dal legislatore significa che l'imputato non può riproporre la medesima richiesta oggetto di rigetto (del giudice) o di dissenso (del pubblico ministero), ma deve presentare una nuova istanza, diversa dalla precedente (Cass. VI, n. 42775/2014; Cass. III, n. 28641/2009). Tale interpretazione, pacifica in giurisprudenza, viene collegata alla previsione dell'art. 464, comma 3, c.p.p., che al contrario, prevede la riproposizione della medesima richiesta nel caso di richiesta di patteggiamento presentata contestualmente all'opposizione a decreto penale e poi riproposta prima della dichiarazione di apertura del conseguente dibattimento).

Anche in caso di annullamento senza rinvio di una sentenza di patteggiamento si producono gli stessi effetti, ovvero, dovendosi instaurare il processo ex novo sulla base della originaria citazione a giudizio, sono privi di effetti giuridici gli atti presupposti, quali la richiesta di patteggiamento e il consenso prestato dall'altra parte, e il giudice non può provvedere secondo il rito speciale se non viene rinnovata la procedura fin dall'inizio (Cass. VI, n. 34810/2008).

Il termine per la presentazione della richiesta di patteggiamento in udienza preliminare e in dibattimento

L'art. 446, comma 1 c.p.p. stabilisce i termini entro i quali deve essere formulata la richiesta di applicazione della pena: a) in udienza preliminare fino alla presentazione delle conclusioni ai sensi degli artt. 421, comma 3, c.p.p. e 422, comma 3, c.p.p. (nel caso in cui vi sia stata attività di integrazione probatoria del giudice); b) in dibattimento fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento; c) in caso di notifica di giudizio immediato, entro il termine e con le forme previste dall'art. 458, comma 1, c.p.p. o all'udienza prevista dall'art. 458, comma 2-bis, c.p.p. (in caso di rigetto dell'istanza di giudizio abbreviato condizionato).

Il termine in questione è perentorio in ragione del carattere deflattivo del rito: la premialità del patteggiamento è giustificata solo se consente di evitare alcune attività processuali. Pertanto, la richiesta di patteggiamento presentata oltre tali termini non può essere accolta dal giudice se non restituendo in termini le parti ex art. 175 c.p.p., ovverosia soltanto nei soli casi di forza maggiore e caso fortuito.

Pur non essendo espressamente previsto dal codice di rito, è pacifica la possibilità di formulare la richiesta di patteggiamento anche all'udienza fissata ex art. 421-bis c.p.p., qualora il G.U.P. ritenga necessario compiere ulteriori investigazioni a completamento delle indagini svolte dal pubblico ministero. Una diversa interpretazione sarebbe del tutto irragionevole, in quanto precluderebbe l'accesso a questo rito alternativo nel caso di un cambiamento del quadro istruttorio a carico dell'imputato.

La necessità dell'assistenza del difensore e la volontarietà della richiesta proveniente dall'imputato

Al fine di valutare la convenienza dell'istanza di applicazione della pena, l'imputato ha sempre diritto ad essere assistito dal proprio difensore. Pertanto, nel caso in cui sia stata omessa la citazione a giudizio del difensore dell'imputato ricorre un'ipotesi di nullità assoluta exartt. 178, lett. c), e 179 c.p.p. Né può indurre a diversa conclusione l'art. 446, comma 5, c.p.p., che attribuisce rilevanza determinante alla volontarietà della richiesta o del consenso dell'imputato, poiché tale norma non esclude la necessità dell'assistenza tecnica in sede di patteggiamento (Cass. V, n. 5037/1993).

Il consenso prestato dall'imputato è valido anche qualora egli non si sia reso conto delle conseguenze del “patto” e nonostante la dichiarazione d'innocenza. Il giudice deve controllare, infatti, la volontarietà della richiesta e del consenso manifestati dall'imputato, senza andare a verificare i motivi che hanno determinato l'interessato a giungere all'accordo (Cass. III, n. 1319/1997).

Il dissenso manifestato dal pubblico ministero

Nel caso in cui il pubblico ministero non presti il consenso alla richiesta di applicazione della pena avanzata dall'imputato, l'organo requirente deve motivare il proprio dissenso, ex art. 446, comma 6 c.p.p. Pertanto, nel manifestare il proprio diniego alla richiesta di rito alternativo della difesa il pubblico ministero deve spiegare le ragioni su cui lo stesso si fonda (errata qualificazione giuridica del fatto, calcolo della pena non corretto, pena troppo mite in relazione alla gravità del fatto, non riconoscibilità di attenuanti e benefici, insussistenza del vincolo della continuazione) (Sechi, Sul dissenso del pubblico ministero all'applicazione della pena su richiesta, in Giur. it., 1990, II, 276). Il mancato risarcimento del danno da parte dell'imputato alla persona offesa o al danneggiato dal reato non può legittimare il dissenso del pubblico ministero (Cass. IV, n. 10393/2000). Sulla possibilità di patteggiare anche in mancanza di risarcimento a favore della parte civile si è pronunciata la Corte Costituzionale (Corte cost. n. 443/1990).

La motivazione del dissenso del pubblico ministero è necessaria per consentire al giudice di accogliere l'istanza di applicazione della pena anche in assenza di accordo fra le parti. Infatti, il dissenso del pubblico ministero impedisce al giudice solo di pronunciare immediatamente la sentenza ex art. 444 c.p.p., ma non nelle fasi successive del giudizio di primo e secondo grado (prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, se l'imputato rinnova la richiesta, oppure dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o del giudizio di appello). Infatti, ex art. 448 c.p.p. il giudice, se ritiene ingiustificato il dissenso dell'organo dell'accusa, può pronunciare una sentenza con cui applica la pena richiesta e, quindi, una pronuncia del tutto equiparabile a una sentenza di patteggiamento (Cass. S.U., n. 36084/2005) e come tale non può essere appellata dall'imputato (“Non è appellabile dall'imputato la sentenza di applicazione della pena pronunciata dal giudice che, in chiusura del dibattimento, ritenga ingiustificato il dissenso espresso dal pubblico ministero o il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di rigetto della richiesta, poiché tutte le sentenze che applicano la pena su richiesta delle parti presentano analoga natura e, salvo particolari disposizioni normative, esplicano i medesimi effetti” – Cass. IV, n. 12157/2021).

Sulla costituzione di parte civile

In merito alla costituzione di parte civile all'udienza preliminare o all'udienza dibattimentale in caso di patteggiamento pacifica è l'ammissione nel caso in cui le parti raggiungano l'accordo in udienza. Nel caso in cui, invece, tale accordo sia raggiunto dall'imputato e dal pubblico ministero antecedentemente all'udienza, si registra un evidente contrasto giurisprudenziale. Favorevole è il recente orientamento della Suprema Corte (Cass. n. III, n. 32768/2022), osservando che l'udienza preliminare e l'udienza dibattimentale, a differenza dell'udienza di cui all'art. 447, comma 1, c.p.p., può avere epiloghi diversi da quelli dell'accoglimento o del rigetto della richiesta stessa; pertanto, è da considerare legittimo il provvedimento con cui il giudice liquidi in favore del danneggiato le spese di costituzione. L'orientamento contrario, invece, preclude la liquidazione delle spese alla parte civile nel caso in cui il danneggiato era stato messo a conoscenza dell'istanza di patteggiamento promossa dalle parti (Cass. V, n. 34530/2020; Cass. V, n. 17252/2020).

La cd. Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021)

La recente novella legislativa è intervenuta sul rito alternativo del cd. patteggiamento introducendo delle integrazioni allo scopo evidente di agevolarne l'applicazione.

In primo luogo, nei casi di patteggiamento con pena superiore a due anni, è stata prevista la possibilità per le parti di inserire nell'accordo da presentare al giudice anche le pene accessorie e la confisca facoltativa (art. 25, comma 1 lett. a), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021). Prima della riforma, le parti non potevano concordare alcunché in merito ai suddetti istituti, che erano rimessi alla discrezione del giudice. L'unica possibilità per le parti era formulare le proprie richieste al giudice indipendentemente dall'accorgo negoziale raggiunto con la controparte sulla pena. Dopo la novella, invece, l'indagato/imputato e il pubblico ministero possono concordare anche se e quali pene accessorie applicare nonché la loro durata. Inoltre, le parti possono concordare che non venga ordinata la confisca facoltativa o che la stessa venga disposta su specifici beni o per un importo determinato. In tali ipotesi, se il giudice non concorda con le parti sulle richieste in tema di pene accessorie e confisca facoltativa, deve rigettare l'istanza di patteggiamento.

In secondo luogo, sempre allo scopo di favorire l'acceso a questo rito premiale, è stato modificato il comma 1-bis dell'art. 445 c.p.p., sugli effetti della sentenza di patteggiamento. Oltre che nei giudizi civili e amministrativi, è stato previsto che la sentenza di patteggiamento non abbia efficacia e non possa essere utilizzata a fini di prova anche nei giudizi tributari e disciplinari nonché nei giudizi relativi all'accertamento della responsabilità contabile (art. 25, comma 1 lett. b), del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione della legge-delega n. 134/2021).

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