Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1)InquadramentoL'indagato o l'imputato per reati di minore allarme sociale può chiedere, oggi anche su proposta del pubblico ministero, al Giudice di sospendere il procedimento penale e di metterlo alla prova (cosiddetta probation), affidandolo all'ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un articolato programma di trattamento (comprensivo di attività obbligatoria e gratuita, quale l'esecuzione di un lavoro di pubblica utilità in favore della collettività che può essere svolto presso istituzioni pubbliche, enti e organizzazioni di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato; di attività riparative dirette all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato; di attività di risarcimento del danno; di mediazione con la vittima), il cui esito positivo comporta l'estinzione del reato. FormulaTRIBUNALE PENALE DI UFFICIO DEL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE (OVVERO) TRIBUNALE PENALE DI.... IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (DOTT.....).... SEZIONE ISTANZA DI SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO CON MESSA ALLA PROVA [1] *** Il sottoscritto Avv....., con studio in...., via...., difensore di fiducia di 1....., nato a.... il....; 2....., nata a.... il....; imputato nel procedimento penale n..... /.... R.G.N.R., per il reato previsto e punito dall'art. (dagli artt.).... per i reati previsti e puniti dagli artt. a)...., c.p. b)...., l..... /.... c)...., d.P.R..... d)...., d.lgs..... PREMESSO che, per i reati per cui si procede, è previsto l'esercizio dell'azione penale mediante decreto di citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica; (ovvero che i reati per cui si procede sono puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria); che l'imputato non è delinquente o contravventore abituale o professionale ai sensi degli artt. 102,103,104 e 105 c.p., né delinquente per tendenza ai sensi dell'art. 108 c.p.; che l'imputato non ha mai beneficiato in precedenza della sospensione del procedimento con messa alla prova [2] ; che non sussistono fondate ragioni, in base ai parametri tutti di cui all'art. 133 c.p., per escludere che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati [3] ; che il domicilio indicato nel programma è tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa; che l'imputato è pienamente disponibile ad affrontare un percorso di mediazione con la vittima del reato e a porre in essere condotte conciliative [4] ; che sono state eliminate tutte le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato per cui si procede e, in particolare, è stato risarcito il danno cagionato alla persona offesa.... (ovvero alla parte civile costituita....); (OVVERO) che l'imputato è pienamente disponibile ad eliminare tutte le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato per cui si procede e a risarcire il danno cagionato alla persona offesa.... (ovvero alla parte civile costituita....), nelle forme e nei termini che saranno ritenuti congrui dall'autorità giudiziaria [5] ; che è stato richiesto all'Ufficio di esecuzione penale esterna di.... uno specifico programma di trattamento; (ovvero) che l'Ufficio di esecuzione penale esterna di.... ha predisposto il programma di trattamento che si allega e che prevede [6] – attività di volontariato di rilievo sociale (specificare in breve); – prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria (specificare in breve); – prescrizioni relative alla dimora e alla libertà di movimento (specificare in breve); – prescrizioni relative al divieto di frequentare determinati locali; CHIEDE che il Giudice dell'udienza preliminare (ovvero il tribunale) voglia disporre la sospensione del presente procedimento e la messa alla prova dell'imputato. Si allegano i seguenti documenti. 1)....; 2)..... Luogo e data.... Firma.... Ai sensi dell'art. 1 d.m. 4 luglio 2023 (G.U. n. 155 del 5 luglio 2023) e dell'art. 1 d.m. 18 luglio 2023 (G.U. n. 166 del 18 luglio 2023), l'atto rientra tra quelli per i quali è provvisoriamente possibile anche il deposito telematico. Tale obbligo decorrerà solo dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022. [1]La richiesta può essere proposta, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni nell'udienza preliminare o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall'art. 458, comma 1, c.p.p. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l'atto di opposizione (art. 464-bis, comma 2, c.p.p.). [2]La Corte costituzionale, con sentenza n. 174/2022, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 168-bis, comma 4, c.p., nella parte in cui non prevede che l'imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell'ipotesi in cui si proceda per reati connessi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), c.p.p., con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso. [3]Specifica prognosi di recidivanza imposta dall'art. 464-quater, comma 3, c.p.p. [4]Questa dichiarazione di disponibilità non ha ovviamente ragion d'essere per i reati privi di un soggetto passivo, rispetto ai quali non è agevole individuare il titolare del bene giuridico tutelato dalle fattispecie incriminatrici (ad esempio, i superstiti reati contro la moralità pubblica e il buoncostume). [5]Anche in questo caso, è necessario che il reato abbia cagionato un effettivo danno a un soggetto determinato. [6]Le previsioni sotto specificate sono alternative e comunque non necessariamente cumulative tra loro. CommentoPrincipi generali La l. n. 67/2014 ha introdotto nell'ordinamento italiano il nuovo istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova. Gli immediati antecedenti, pur settoriali, possono facilmente individuarsi: – nella misura alternativa alla detenzione dell'affidamento in prova al servizio sociale, riservata al condannato che debba espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, che abbia serbato, almeno nell'anno precedente alla richiesta (trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di misura cautelare ovvero in libertà), un comportamento tale da far presumere l'assenza del pericolo di recidiva e da consigliare viceversa un suo precoce reinserimento sociale (art. 47, l. n. 354/1975. L'art. 94, d.P.R. n. 309/1990 prevede condizioni speciali in favore del tossicodipendente o alcooldipendente, che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, qualora presenti richiesta di affidamento in prova); – nella modalità (potenzialmente) definitoria del procedimento minorile, applicabile a tutti i reati, apparentemente estranea a qualsiasi formale affermazione di responsabilità, ma comunque di natura indiscutibilmente afflittiva (artt. 28-29, d.P.R. n. 448/1998, secondo cui il Giudice, sentite le parti, anche officiosamente, sospende con ordinanza il procedimento e dispone l'affidamento del minore ai servizi sociali, “quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne” mediante messa alla prova). Il nuovo istituto previsto dal codice di rito presenta profili di similitudine più accentuati con la probation minorile, quanto meno per la sequenza strutturale: sospensione del processo/messa alla prova/proscioglimento dell'imputato in caso di esito positivo della prova. Elemento caratterizzante della sospensione del processo con messa alla prova è la sua volontarietà: il consenso dell'indagato/imputato svolge una funzione condizionante l'intera dinamica dell'istituto ed evita problemi di compatibilità con l'art. 4 CEDU (in ordine al divieto di lavoro forzato), giustificando al contempo un trattamento sanzionatorio, per quanto a contenuto afflittivo attenuato, in assenza di una sentenza di condanna. La centralità dell'imprescindibile consenso dell'interessato è ben evidenziata dal fatto che il Giudice non ha poteri officiosi di impulso e l'iniziativa è rigidamente vincolata alla sola volontà dell'interessato (art. 464-bis, comma 1, c.p.p.). Il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha introdotto la possibilità per il pubblico ministero di proporre all'indagato o imputato di accedere alla messa alla prova, ferma restando la necessità di una volontà adesiva espressa dallo stesso che, ove la proposta sia avanzata dal pubblico ministero in udienza, potrà ottenere un termine non superiore a venti giorni per formulare la relativa richiesta (art. 464-bis, comma 1, c.p.p.). La stessa disciplina procedimentale sottolinea ancor di più la natura di atto personalissimo della presentazione dell'istanza, che non solo deve avvenire personalmente o per mezzo di procuratore speciale (art. 464-bis, comma 3, c.p.p.), ma è altresì suscettibile di una specifica verifica quanto alla sua volontarietà, laddove tale ulteriore accertamento appaia opportuno al giudicante (art. 464-quater, comma 2, c.p.p.). Attraverso questa esclusiva facoltà, potenzialmente definitoria, il legislatore persegue il duplice obiettivo di offrire un percorso di reinserimento alternativo ai soggetti processati per reati di minore allarme sociale e di perseguire risultati di deflazione processuale e di equilibrata de-carcerizzazione, senza perdere di vista la necessaria componente afflittiva. Questo reticolo di finalità potrebbe rivelarsi fonte di tensioni sistematiche, in caso, ad esempio, di assoluzione successiva alla revoca o al fallimento della messa alla prova (cfr. Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, in Relazione dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione sulle nuove disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili introdotte dalla legge n. 67/2014). I reati suscettibili di estinzione all'esito positivo della messa alla prova Il nuovo istituto presenta un estesissimo campo di applicazione, ma non copre l'intera gamma delle violazioni penali, come invece accade per la probation minorile. Esso è infatti previsto: – per tutti i reati per i quali l'azione penale è esercitata ordinariamente mediante decreto di citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica; in attuazione della legge delega n. 134/2021, il d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha esteso le fattispecie per le quali è prevista la citazione diretta a giudizio, di cui all'art. 550, comma 2, c.p.p., con conseguente ampliamento dell'area applicativa della messa alla prova. – per tutti i reati edittalmente puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni (sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria), anche se attribuiti alla cognizione del tribunale in composizione monocratica a séguito di udienza preliminare e persino del tribunale in composizione collegiale. Si tratta, statistiche alla mano, della maggior parte dei procedimenti che impegnano le nostre procure e i nostri uffici giudicanti. Un'estensione maggiore – in assenza delle peculiarità che governano il rito minorile – avrebbe potuto comportare, come acutamente sottolineato già durante i lavori preparatori, una eccessiva sproporzione tra la severità della pena irroganda e la sostanziale convenienza degli obblighi da assumere per evitare la carcerazione. Ai fini dell'individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile la disciplina di questo istituto, il richiamo contenuto all'art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese quelle ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato (Cass. S.U., n. 36272/2016). Non è possibile, in ogni caso, richiedere la sospensione, previa separazione dei processi, soltanto per quelli tra i reati contestati per i quali sia possibile l'accesso al beneficio, dal momento che la messa alla prova tende alla eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo e sarebbe incompatibile con le finalità dell'istituto una rieducazione parziale (Cass. II, n. 14112/2015, relativa a reato associativo connesso ad altri reati, in cui la Corte ha reputato corretta la decisione di non disporre la separazione dei processi a seguito della richiesta di messa alla prova per i soli reati satellite. D'altronde, secondo Cass. III, n. 14750/2016, l'ordinanza di sospensione con messa alla prova non determina l'incompatibilità del Giudice nel giudizio che prosegua con le forme ordinarie nei confronti di eventuali coimputati, trattandosi di decisione adottata nella medesima fase processuale che non implica una valutazione sul merito dell'accusa). Preclusioni e limiti soggettivi Il legislatore, onde evitare che la riforma fosse vanificata da una pletora di richieste prive, anche ictu oculi, di oggettive possibilità di accoglimento in ragione della mancanza di meritevolezza della parte istante, ha posto una serie di “barriere all'ingresso”. Non possono, in primo luogo, richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova i delinquenti e i contravventori abituali e/o professionali e i delinquenti per tendenza, giusta l'espresso divieto imposto dall'art. 168-bis, ultimo comma c.p. (prerequisito negativo reso pressoché ultroneo non solo dalla scarsa applicazione pratica degli artt. 102,103,104,105 e 108 c.p. nella quotidianità giudiziaria, ma soprattutto dall'obbligo di prognosi fausta meglio illustrato più avanti). Non può essere, d'altronde, concessa una seconda messa alla prova, potendosene beneficiare una volta sola. E ciò sia, ex art. 168-bis, comma 4, c.p., in caso di esito formalmente (e apparentemente) positivo di una prima messa alla prova (sconfessato dalla concreta recidivanza, quantomeno ipotizzata dall'accusa), sia, ex art. 464-novies c.p.p., laddove una precedente ordinanza sia stata revocata (per grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, per il rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità, per la commissione di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede) ovvero sia stato accertato, una volta decorso l'intero periodo di messa alla prova, l'esito negativo di quest'ultima con conseguente ripresa del procedimento. Infine, pare opportuno valutare in questa sede – dedicata ai requisiti inerenti la persona del richiedente – anche la specifica prognosi di recidivanza, opportunamente imposta dall'art. 464-quater, comma 3, c.p.p.: il Giudice, infatti, non può disporre la probation, qualora non ritenga, in base ai parametri di cui all'art. 133 c.p. (e verificando altresì che il domicilio indicato nel programma sia tale da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa), che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. Formalmente, non è preclusa la proposizione dell'istanza a colui che abbia già goduto del beneficio della sospensione condizionale della pena. D'altronde, il presupposto di quest'ultima (ovvero, ai sensi dell'art. 164 c.p., la presunzione che “il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati”) parrebbe almeno in via ordinaria incompatibile con la commissione (per vero, soltanto ipotizzata, in virtù della presunzione di non colpevolezza) di un nuovo illecito penale. Ogni decisione in concreto, risulta perciò rimessa alla valutazione prognostica sopra descritta. Del pari, non osta formalmente neppure lo stato di detenzione (a titolo cautelare o definitivo) del richiedente. La privazione della libertà, d'altronde, avrà effetti notevoli, e forse non superabili, sia sulle pratiche possibilità di presentare un'istanza completa, sia sulla successiva valutazione di ammissibilità della richiesta (e soprattutto di idoneità del programma di trattamento) e sulla prognosi da parte del Giudice. Il contenuto afflittivo della messa alla prova Il nuovo istituto, oltre e al di là delle espresse intenzioni deflattive, postula il perseguimento di un'emenda dell'indagato/imputato, raggiungibile, auspicabilmente, anche attraverso la gravosità, morale e materiale, degli obblighi (rectius, oneri) imposti dalla legge. Sono, infatti, fissati tre diversi ordini di impegni specifici che l'imputato deve assumere durante la messa alla prova e che ne costituiscono l'essenza: a) la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno cagionato (art. 168-bis, comma 2, primo periodo, c.p.); b) l'affidamento al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro: – attività di volontariato di rilievo sociale, – prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, – prescrizioni relative alla dimora e alla libertà di movimento, – prescrizioni relative al divieto di frequentare determinati locali (art. 168-bis, comma 2, secondo periodo, c.p.); c) la prestazione di lavoro di pubblica utilità, cioè una prestazione non retribuita in favore della collettività, presso enti pubblici o privati, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, e non superiore a un anno per i reati puniti con la sola pena pecuniaria e a due anni per i reati puniti con la pena detentiva, sola, congiunta o alternativa con la pena pecuniaria (art. 168-bis, comma 3, c.p.). La sospensione del procedimento con messa alla prova, d'altronde, è rimessa al potere discrezionale del Giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all'efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo (Cass. IV, n. 9581/2015, secondo cui anche la presenza di un precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal Giudice circostanza valorizzabile in senso negativo nella stima della prognosi). Condotte conciliative, riparatorie, risarcitorie e restitutorie In primo luogo, si prevede la necessità di un contatto tra l'autore (presunto) dell'offesa e la sua vittima. Questo contatto si connota di molteplici sfumature, non soltanto materiali. Innanzitutto, quasi ovviamente, se sussistono ancora conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, l'imputato è tenuto ad impegnarsi per quanto in suo potere al fine di eliminarle. È facile esemplificare: chi ha costruito un edificio senza il permesso di costruire e l'autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, deve rimettere in pristino l'area; chi ha aperto, magari all'estero, un sito web diffamatorio, è tenuto a chiuderlo; chi tiene condotte moleste oppure provoca emissioni di fumo, gas o vapori parimenti molesti oppure si è appropriato di beni mobili altrui, deve cessare tali comportamenti. La circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p. rappresenta manifestamente l'antecedente normativo delle nuove disposizioni in tema condotte riparatorie. Per quanto resta escluso da una possibile rimessione in pristino, si confermano e si specificano, anche nella “messa alla prova”, le obbligazioni civilistiche inerenti il risarcimento del danno e le restituzioni. Accanto a tali condotte di soddisfazione sostanziale della vittima del reato, si prescrive all'imputato un ulteriore obbligo di natura schiettamente morale, di avvicinamento ai fini di una riconciliazione personale tra offensore ed offeso (“condotte volte a promuovere [....] la mediazione con la persona offesa”, art. 464-bis, comma 4, lett. c), c.p.p.). Tale composito obiettivo si propone di restaurare la legalità violata, senza tentazioni di “ri-privatizzazione della giustizia penale”, non solo attraverso attività esclusivamente materiali, ma anche mediante l'incontro, auspicabilmente chiarificatore, tra l'imputato e la persona offesa, di modo che ognuno possa comprendere le ragioni dell'altro (le causali dirette e indirette della decisione criminale, la concreta gravità del danno sopportato dalla vittima, i tentativi di entrambi di lasciarsi alle spalle la difficile esperienza vissuta). A tali condotte si affianca la partecipazione da parte dell'indagato o imputato a programmi di giustizia riparativa, come oggi previsto a seguito della Riforma del 2022 su citata, purché tuttavia vi consenta anche la persona offesa. La persona offesa, d'altronde, non ha – e non può avere – una sorta di diritto di veto sull'esito della procedura (“Interlocutrice necessaria ma non vincolante del Giudice e degli uffici dell'esecuzione penale”, secondo Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, cit., 14). Ciò che, dunque, deve essere oggetto della valutazione del Giudice – dapprima ai fini dell'ammissione della richiesta, poi nella verifica finale dei risultati della messa alla prova – sono la disponibilità e la serietà degli sforzi profusi, da parametrarsi alle concrete condizioni personali e patrimoniali dell'imputato, e non solo l'effettivo conseguimento degli obiettivi programmati e tanto meno la sussistenza di un consenso o di un nulla osta da parte della vittima (la quale potrebbe non ritenere satisfattivo un impegno viceversa oggettivamente adeguato ovvero comunque agire sulla base di considerazioni, se non proprio irrazionali o mercantili, derivanti da una sensibilità soggettiva diversamente orientata). Ciò è confermato, indirettamente ma appieno, dalla tutela offerta allo stesso imputato, laddove si esclude che il lavoro sostitutivo possa pregiudicarne “le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute” (art. 168-bis, comma 3, c.p.), esigenze che pare con ogni evidenza neppure potersi comprimere indefinitamente in nome di una “conciliazione a tutti i costi”. In ogni caso, con il consenso della persona offesa (in questo caso necessario), è possibile disporre una rateazione del pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento. Configurano, inoltre, ipotesi di obbligazione insuscettibile di adempimento i casi di irreperibilità o mancata individuazione della persona offesa ovvero di rifiuto, implicito o esplicito, da parte di quest'ultima a prendere contatto con l'imputato o ad accettare il risarcimento quantificato dal Giudice (specialmente in difetto di osservazioni da parte dell'avente diritto, che ha diritto di essere sentito exartt. 464-quater, comma 7 e 464-quinquies, comma 1, c.p.p., e nonostante i tentativi diligenti del soggetto in prova). In caso di reati formali o di mera condotta, senza evento di danno e, soprattutto, “senza vittima” (evasione, detenzione di stupefacenti, etc.), gli obblighi risarcitori/restitutori/conciliativi sinora esaminati non hanno diritto di cittadinanza. Pene accessorie amministrative L'estinzione del reato, com'è ovvio, caduca ogni potestà punitiva in sede strettamente penale. Residua nondimeno la possibilità che l'imputato incorra in ulteriori sanzioni di natura amministrativa, sottratte alla declaratoria di estinzione. Infatti, a differenza di quanto espressamente previsto proprio dal codice della strada (evidente motivo del favore con cui i potenziali interessati hanno accolto la possibilità loro offerta dal legislatore), l'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge (art. 168-ter, comma 2, c.p.). In tema di guida in stato di ebbrezza, quindi, il Giudice che dichiari l'estinzione del reato per l'esito positivo della probation non può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che resta di competenza del prefetto ai sensi dell'art. 224, comma 3, c.d.s., in considerazione della sostanziale differenza tra l'istituto della messa alla prova, che prescinde dall'accertamento di penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, previste dagli artt. 186, comma 9-bis e 187, comma 8-bis, c.d.s. Sul punto, di recente, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 224, comma 3, c.d.d., nella parte in cui non prevede che, nel caso di estinzione del reato di guida sotto l'influenza dell'alcool di cui all'art. 186, comma 2, lettere b) e c), c.d.s., per esito positivo della messa alla prova, il prefetto, applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, ne riduca la durata della metà (Corte cost., n. 163/2022). Analogamente, l'ordine di demolizione dell'opera edilizia abusiva, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001, presuppone la pronuncia di una sentenza di condanna, alla quale, per quanto appena accennato, non può essere equiparata la declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ma resta ferma però la competenza dell'autorità amministrativa ad irrogare la predetta sanzione (Cass. III, n. 39455/2017, che ha precisato che la preventiva e spontanea demolizione dell'opera abusiva, ovvero la sua riconduzione alla legalità attraverso il rilascio di un legittimo titolo abilitativo in sanatoria, rientra fra le condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato che costituiscono il presupposto per il positivo superamento della messa alla prova). Statuizioni civili Qualora il Giudice sospenda il procedimento, in conseguenza della messa alla prova dell'imputato, la parte civile costituita può optare per la tutela di fronte al Giudice civile, dal momento che il processo civile non è eccezionalmente sottoposto alla ordinaria sospensione “fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione”. Questa possibilità di scelta, deve tenere conto, oltre che dei tempi ad oggi non rassicuranti (anche) della giustizia civile, della ulteriore circostanza che una porzione tutt'altro che irrilevante degli obblighi imposti all'imputato in prova attiene proprio alla reintegrazione in forma specifica ovvero al risarcimento del danno. In ogni caso, la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell'accusa e sulla responsabilità (Cass. II, n. 53648/2016). Prescrizione L'art. 168-ter, comma 1, c.p. afferma che, durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il corso della prescrizione del reato resti sospeso (unicamente, però, rispetto agli imputati che ne abbiano beneficiato, contrariamente alla regola generale stabilita dall'art. 161 c.p.). La scelta tecnico-normativa adottata dal legislatore per inserire tale specifica modifica alla ordinaria disciplina della prescrizione appare in qualche modo eterodossa: infatti, non si è novellato direttamente l'art. 159 – che ha per oggetto proprio i casi di sospensione del corso della prescrizione – inserendo invece un nuovo specifico articolo nel corpus codicistico. Non è, tuttavia, inutile sottolineare come il corso della prescrizione resti sospeso soltanto a far data dalla sospensione del procedimento con messa alla prova (ovverosia dalla sottoscrizione del verbale di messa alla prova da parte dell'imputato). Resta, dunque, per così dire, “scoperto” da questa norma di salvaguardia, l'intero periodo (che potrebbe non essere brevissimo) che separa la formale presentazione dell'istanza dal inizio del procedimento incidentale (o speciale, che dir si voglia). La procedura Gli obiettivi – plurimi, complessi e ambiziosi – che si è posta la novella esigono strumenti procedimentali sofisticati. Gli incombenti posti dalla legge in capo al Giudice, quindi, non sono pochi, né di poco momento; egli, infatti, in estrema sintesi, deve: – verificare preliminarmente la correttezza della qualificazione del fatto operata con la formulazione dell'imputazione (cfr. Cass. IV, n. 4527/2015, che riconosce al magistrato giudicante, in caso di non condivisione del titolo di reato ipotizzato dall'accusa, la facoltà di modificare la qualificazione, traendone i conseguenti effetti sul piano della ricorrenza o meno dei presupposti dell'istituto in questione); – valutare preliminarmente gli atti onde verificare, previa condivisione della qualificazione del fatto operata con la formulazione dell'imputazione, l'insussistenza di elementi acquisti agli atti tali da dedurne che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità (cosiddetto “convincimento provvisorio di colpevolezza”); – valutare l'ammissibilità dell'istanza stessa (rispetto dei termini, presentazione da parte dell'imputato o di suo procuratore speciale, allegazione del programma di trattamento ovvero della presentazione della relativa richiesta all'UEPE etc.); – valutare gli atti onde verificare la fondatezza del programma di trattamento; – sentire le parti e la persona offesa; – eventualmente fissare un'ulteriore e distinta udienza camerale (da comunicarsi alle parti e alla persona offesa), per provvedere sulla richiesta; – eventualmente fissare un'ulteriore udienza camerale, al solo scopo di verificare la volontarietà della richiesta, per la comparizione dell'imputato (l'imputato, ex art. 127, comma 3, c.p.p., dovrebbe essere sentito solo se comparso, di modo che un'ipotetica assenza non rappresenterebbe un motivo di rinvio. Tuttavia, tenuto conto della necessità dell'audizione postulata nella convocazione da parte del tribunale e secondo i principi generali, un legittimo impedimento addotto e debitamente provato dalla parte interessata potrebbe difficilmente essere messo in non cale ovvero interpretato quale semplice disinteresse a coltivare la propria istanza); – eventualmente esercitare gli ulteriori amplissimi poteri informativi “in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell'imputato” riconosciutigli dall'art. 464-bis, comma 5, c.p.p., compulsando a tal fine i servizi sociali o altri enti pubblici e avvisando tempestivamente degli esiti il pubblico ministero e il difensore; – valutare positivamente la “prognosi di risocializzazione” (cioè ritenere “che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati”); – valutare con particolare attenzione, l'adeguatezza (cioè la congruità rispetto a un danno che, anche sommariamente, dovrà comunque essere accertato, sia pure con largo ricorso alle presunzioni) delle condotte riparatorie e risarcitorie e delle condotte di mediazione; – redigere l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova, una volta valutate tutte le informazioni raccolte e le memorie allegate dalle parti (in particolare, il necessario parere dell'ufficio di procura) e fissare il termine entro il quale le prescrizioni e gli obblighi relativi alle condotte riparatorie e risarcitorie devono essere adempiuti; – valutare le informazioni periodiche circa l'attività trattamentale svolta e il comportamento dell'imputato, secondo cadenze regolate comunque non eccedenti il trimestre, ex art. 141-ter, comma 4, disp. att. c.p.p., fissando, qualora previste, le relative udienze; – valutare l'opportunità di “modificare con ordinanza le prescrizioni originarie, ferma restando la congruità delle nuove prescrizioni rispetto alle finalità della messa alla prova”, previa audizione delle parti in apposita udienza; – valutare, dopo la sospensione del procedimento per un anno o due anni a decorrere dalla firma da parte dell'imputato del verbale di messa alla prova, la relazione conclusiva dell'Uepe e le eventuali memorie delle parti; – fissare l'udienza deputata, salvo complicazioni, all'emissione del provvedimento che definisce la vicenda processuale, da rendersi nel contraddittorio delle parti, ivi compresa la persona offesa (art. 464-septies c.p.p.); – emettere, infine, il provvedimento che dichiara estinto il reato (sentenza), qualora la messa alla prova abbia avuto esito positivo, ovvero che dispone la ripresa del processo (ordinanza), nel caso contrario. Rapporti con gli altri procedimenti speciali La duplice natura, già sottolineata, della sospensione con messa alla prova può creare momenti procedimentali di tensione rispetto ad altri riti premiali. L'istanza di sospensione del procedimento per messa alla prova, ad esempio, è incompatibile con la richiesta di giudizio abbreviato, in quanto entrambe, rimesse alla libera volontà dell'imputato, sono soggette ai medesimi sbarramenti temporali (Cass. II, n. 36672/2017, secondo cui anche la eventuale riqualificazione in iure da parte del Giudice di appello non ha l'effetto di rimettere in termini). Analogamente, deve escludersi che, una volta celebrato il giudizio di primo grado nelle forme del rito abbreviato, l'imputato possa dedurre, in sede di appello, il carattere ingiustificato del diniego, da parte del Giudice di primo grado, della richiesta di sospensione con messa alla prova (Cass. VI, n. 22545/2017, che ha osservato come la connotazione di rito alternativo assegnata all'istituto e la sostanziale analogia tra i termini per la presentazione delle richieste di accesso ai due riti alternativi, precludono, in assenza di una espressa previsione di convertibilità dell'un rito nell'altro, la possibilità di coltivare o ripercorrere altre strade di definizione alternativa del giudizio). Recentemente la Corte di Cassazione ha precisato che la richiesta dell'imputato di procedere con rito abbreviato, formulata a seguito della revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento, implica la rinuncia all'autonoma impugnazione, ai sensi dell'art. 464-octies, comma 3, c.p.p., del provvedimento di revoca, poiché optando per la definizione nel merito del giudizio, l'istante abbandona l'intento di proseguire il subprocedimento di messa alla prova (Cass. VI, n. 13747/2021). L'applicazione concordata della pena, inoltre, postula la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso prestato (Cass. V, n. 2525/2016, che pure ha riconosciuto la fondatezza in astratto delle deduzioni relative al rigetto della predetta istanza). Nel caso di opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di riti speciali, la mancanza di procura speciale per il rito richiesto determina l'inammissibilità della richiesta relativa a tale rito, ma non comporta l'inammissibilità dell'intera opposizione a decreto penale (Cass. IV, n. 58015/2017). La Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato che nel caso di opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, l'inammissibilità di tale istanza non comporta l'inammissibilità dell'opposizione stessa a decreto penale (Cass. IV, n. 28136/2020). Recentemente la Suprema Corte ha specificato che il riconoscimento della diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del Giudice del dibattimento non legittima l'imputato a proporre tardivamente la richiesta di messa alla prova, in quanto l'inesatta contestazione del reato non preclude l'accesso al rito speciale che può essere avanzata nel termine di cui all'art. 464, comma 2, c.p.p., deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto (Cass. V, n. 31665/2021; Cass. VI, n. 19673/2021). |