Rinuncia all'impugnazione personale della parte (art. 589)InquadramentoIn base all'art. 589 c.p.p. tutte le parti (sia quelle private che il Pubblico Ministero) che hanno proposto l'impugnazione possono rinunciare ad essa. Quando la rinuncia è presentata dalle parti private è prevista una disciplina particolare sia per quanto concerne la forma della dichiarazione sia per quanto riguarda le modalità di presentazione. La rinuncia all'impugnazione costituisce un atto dispositivo personale della parte, anche nel caso in cui l'atto sia stato sottoscritto dal difensore, per cui se ad essa non vi provvede personalmente il titolare del diritto, vi può provvedere un soggetto diverso (eventualmente anche il difensore) purché munito di procura speciale resa nelle forme di cui all'art. 122 c.p.p. La dichiarazione di rinuncia può essere presentata sia nel corso degli atti preliminari, attraverso il deposito presso uno degli organi competenti a ricevere l'impugnazione nelle forme e nei modi previsti dagli artt. 581, 582 sia in dibattimento prima dell'inizio della discussione. All'istituto della rinuncia si richiama il concordato sui motivi in appello di cui all'art. 599-bis c.p.p. Ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d), c.p.p. alla rinuncia dell'impugnazione consegue la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione. FormulaCORTE DI APPELLO DI.... /CORTE DI CASSAZIONE DICHIARAZIONE DI RINUNCIA ALL'IMPUGNAZIONE *** Il sottoscritto...., nato a.... difeso/rappresentato dall'Avv..... con studio in...., via...., in qualità di imputato/parte civile/responsabile civile/civilmente obbligato/querelante [1] nel procedimento penale n..... /...., PREMESSO – Che in data.... /.... /.... ha proposto impugnazione (appello/ricorso per cassazione) avverso la sentenza emessa da....; – Che intende rinunziare all'impugnazione. Chiede che la Corte voglia dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione. Luogo e data.... Firma.... [1]Il querelante è legittimato ad impugnare in base a quanto previsto dall'art. 576, comma 2, c.p.p. CommentoPrincipi generali La rinuncia all'impugnazione è un atto abdicativo personale, recettizio, formale, che non ammette equipollenti e costituisce esercizio di un diritto potestativo dell'avente diritto che determina l'immediata estinzione del rapporto processuale e l'immediato passaggio in giudicato della sentenza all'atto della dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione (Cass. S.U., n. 12602/2015). Stante la natura recettizia dell'atto abdicativo, esso, una volta pervenuto all'autorità competente, produce l'effetto dell'estinzione del gravame, sicché la revoca della rinuncia è priva di effetti (Cass. II, n. 25020/2012). La rinuncia può essere anche parziale e poiché essa determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, non solo è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d'appello rinunciati ma non possono nemmeno essere rilevate d'ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Cass. IV, n. 9857/2015 che in relazione ad una fattispecie nella quale gli imputati avevano rinunciato ai motivi di appello concernenti la responsabilità penale, la Corte ha dichiarato di poter esaminare i soli motivi di ricorso riguardanti il trattamento sanzionatorio, tra i quali non rientrava l'eccepita violazione della disciplina del reato continuato). Quando essa è disposta fuori dai casi previsti dall'art. 599-bis c.p.p., la rinunzia parziale ai motivi di appello deve ritenersi incondizionata ed il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinunzia che ne consegue, determina che la Corte di Appello non abbia l'onere di motivare in ordine ad essi (Cass. II, n. 46053/2012). In tema di impugnazioni, ai fini della validità della rinuncia al ricorso per cassazione formulata personalmente da imputato minorenne è necessario il concorso di volontà del genitore o del tutore (Cass. V, n. 12917/2020). Stante la natura dell'atto, il difensore dell'indagato o imputato non munito di procura speciale non può rinunciare validamente all'impugnazione ancorché essa sia stata da lui autonomamente proposta (Cass. S.U., n. 12603/2015). È pertanto inefficace l'atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall'indagato, ma dal solo difensore non munito di procura speciale, in quanto la rinuncia, non costituendo espressione dell'esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell'interessato, espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale (Cass. II, n. 5378/2014). La procura deve essere rilasciata con le forme di cui all'art. 122 c.p.p. vale a dire, a pena di inammissibilità, per atto pubblico o scrittura autenticata. Solo nel caso in cui la procura sia rilasciata al difensore, questi può provvedere alla sua autenticazione. La procura, sempre in forza dell'art. 122 c.p.p., deve contenere la determinazione dell'oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. Secondo la giurisprudenza, non è configurabile una rinuncia implicita. La mera assenza nel giudizio di appello della parte civile appellante all'udienza di discussione e la mancata riproposizione delle conclusioni (Cass. II, n. 29859/2016). L'art. 589 c.p.p. stabilisce che la rinuncia debba essere presentata con le forme di cui agli artt. 581,582 c.p.p., come introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 150/2022. Per quanto concerne l'imputato detenuto, viene considerata valida la rinuncia al ricorso per cassazione effettuata personalmente dallo stesso e ritualmente trasmessa alla cancelleria della Corte di Cassazione dall'ufficio matricola della casa circondariale ove questi è ristretto (Cass. I, n. 32155/2013). La rinuncia può essere presentata o nella fase degli atti preliminari al dibattimento o nel corso di esso ma prima dell'inizio della discussione. La rinuncia al ricorso formulata prima del deposito della sentenza impugnata, per la sua natura di negozio processuale abdicativo, non può considerarsi valida in quanto presuppone l'avvenuto esercizio del diritto che ne costituisce oggetto e, comunque, che sia già sorto il diritto all'impugnazione, con la conseguenza che essa non può precludere una successiva tempestiva impugnazione proposta dallo stesso imputato o dal difensore abilitato (Cass. I, n. 39219/2014). Si evidenzia che la facoltà di rinuncia all'impugnazione, riconosciuta alle parti dall'art. 589 cpp, non è esercitabile nel procedimento di esecuzione, perché in esso l'atto introduttivo non ha natura di impugnazione ed è, quindi, legittima la decisione del giudice dell'esecuzione sull'incidente sollevato dal condannato che vi abbia rinunciato (Cass. I, n. 31014/2022). Deve essere evidenziato, inoltre, che non possono essere dedotte in sede di legittimità questioni, pur rilevabili d'ufficio, oggetto di motivi di appello rinunciati in funzione dell'accordo sulla pena ex art. 599-bis c.p.p. (Cass. V, n. 46850/2022, la fattispecie si riferiva all'ipotesi in cui sia intervenuta rinuncia al motivo con il quale - successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018 - l'imputato si era doluto della determinazione in maniera fissa delle pene accessorie di cui all'art. 216, ultimo comma, legge fall., la questione non può essere riproposta con il ricorso per cassazione, non ricorrendo un'ipotesi di pena illegale). Si ricorda che L'imputato che intende rinunciare all'impugnazione ha l'onere di comunicarlo tempestivamente alla parte civile e, nel caso non vi provveda, è tenuto alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile stessa (Cass. I, n. 20158/2022). Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, la rinuncia all'impugnazione da parte del Pubblico Ministero costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed è disciplinata, quanto a legittimazione, modalità di presentazione e termini, dall'art. 589 c.p.p., con la conseguenza che tale manifestazione di volontà deve essere espressa dal Pubblico Ministero che ha proposto l'impugnazione fino all'apertura del dibattimento, ovvero dal Pubblico Ministero presso il Giudice dell'impugnazione, anche se quest'ultima sia stata proposta da altro Pubblico Ministero, prima dell'inizio della discussione, in modo chiaro e inequivoco e non può, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate dal procuratore generale nell'udienza di appello (Cass. VI, n. 35267/2021). Le spese del procedimento Per effetto di quanto stabilisce l'art. 592 c.p.p. con il provvedimento che dichiara inammissibile l'impugnazione (come nel caso in cui sia rigettata) la parte privata che l'ha proposta è condannata alle spese del procedimento ed ai sensi dell'art. 616 c.p.p. quando l'inammissibilità è dichiarata dalla Corte di Cassazione essa provvede anche condannarla con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da Euro 258 a Euro 2.065. La Corte di Cassazione è costante nel ritenere che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per una delle cause indicate dall'art. 591 c.p.p. consegue la condanna in favore della cassa delle ammende, in quanto l'art. 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, né vi sono ragioni logiche idonee a giustificare una differenza di trattamento tra le ipotesi previste dall'art. 606, comma 3, c.p.p. e quelle contemplate dall'art. 591 c.p.p. (così Cass. III, n. 5185/2014 in una fattispecie relativa a ricorso dichiarato inammissibile per rinuncia). Secondo la giurisprudenza, solo nell'ipotesi in cui la rinuncia all'impugnazione sia fondata sulla emersione di nuovi elementi di fatto, non conosciuti all'atto della proposizione dell'impugnazione (nella specie ricorso) e tali da comportare una diversa valutazione dell'interesse ad impugnare da parte del ricorrente, essa non comporta anche la pronuncia di condanna al pagamento in favore della cassa delle ammende della sanzione prevista dall'art. 616 c.p.p. (Cass. V, n. 9831/2015). |