Richiesta di applicazione dell'amnistia o dell'indulto (art. 672)InquadramentoAl Giudice dell'esecuzione viene attribuito il compito di applicare l'amnistia e l'indulto mediante la procedura de plano, contemplata dall'art. 667, comma 4, c.p.p.; la disposizione contempla la procedura da seguire per il caso in cui - passata in giudicato una decisione - si debba dar corso agli effetti estintivi prodotti da un provvedimento assunto ex art. 79 Cost. FormulaIL TRIBUNALE DI ... GIUDICE DELL'ESECUZIONE [1] *** Istanza di declaratoria di amnistia/indulto Proc. N. ... Provvedimento N. ... Il sottoscritto Avv. ... del Foro di ... , con studio in ... , difensore di fiducia, come da nomina allegata, del Sig. ... , nato il ... , a ... , premesso - che, con sentenza del ... di ... , pronunciata in data ... , divenuta irrevocabile in data ... , il Sig. ... è stato condannato alla pena di ... per i reati di cui agli artt. ... ; (per l'amnistia) - che tale reato è da ritenersi estinto per intervenuta amnistia ai sensi del d.P.R. ... n. ... del ... , art. ... ; - che non sussistono condizioni soggettive o oggettive ostative all'applicazione della predetta amnistia; (per indulto) - che la pena inflitta per tali reati è da ritenersi condonata ai sensi del d.P.R. ... n. ... del ... , art. ... ; - che non sussistono condizioni soggettive o oggettive ostative all'applicazione della predetta amnistia; Tanto premesso, il sottoscritto difensore, ai sensi degli artt. 151 c.p. e 672 c.p.p., chiede (per amnistia) che la S.V., ai sensi dell'art. 672 c.p.p., dichiari estinto il reato sopraindicato per intervenuta amnistia e adottati i conseguenti provvedimenti di legge (ad es., scarcerazione se l'interessato è detenuto solo per il fatto oggetto di amnistia). (per indulto) che la S.V., ai sensi dell'art. 672 c.p.p., dichiari interamente condonata (oppure condonata nel limite di ... ) la pena per il reato sopraindicato ed adotti i conseguenti provvedimenti di legge (ad es., scarcerazione se l'interessato è detenuto solo per il fatto oggetto di amnistia). Allega: - la nomina difensiva; - ... (la documentazione utile a sostegno della richiesta, come, ad es., la sentenza di riferimento). Con la massima osservanza. Luogo e data ... Avv. ... 1. Volendo, far precedere la richiesta, dalla dovuta intestazione, indirizzando l'istanza al Giudice dell'esecuzione competente. Commento1. Rilievi introduttivi: la ratio della disciplina Al Giudice dell'esecuzione viene attribuito il compito di applicare l'amnistia e l'indulto mediante la procedura de plano, contemplata dall'art. 667, comma 4, c.p.p.; la disposizione contempla la procedura da seguire per il caso in cui – passata in giudicato una decisione – si debba dar corso agli effetti estintivi prodotti da un provvedimento assunto ex art. 79 Cost.: l'art. 672 c.p.p. interessa solo i casi ove la legge d'amnistia intervenga successivamente alla definizione del procedimento con condanna (c.d. amnistia impropria), così come le ipotesi in cui – per scelta consapevole del giudicante e delle parti o per semplice inerzia – si rimetta al momento esecutivo l'applicazione dell'indulto. L'applicazione della disciplina in esame avviene senza formalità, a meno che l'esecuzione sia terminata: in questo caso sarà necessaria la richiesta del condannato ex art. 672, comma 4, c.p.p., dato che ciò che giustifica l'intervento del Giudice dell'esecuzione su un caso ormai definito ed “esaurito” è una questione di tipo morale e personalistica propria dell'interessato (perché appunto l'esecuzione della pena ormai si è conclusa, ma comunque potrebbe permanere l'interesse ad agire). Il rito procedurale è quello di cui al comma 4 dell'art. 667 c.p.p., come già anticipato; l'opposizione davanti al Giudice dell'esecuzione in ordine alla decisione dallo stesso presa in materia di amnistia ed indulto, contemplata dall'art. 667, comma 4, c.p.p., pur con le sue peculiarità, è riconducibile tra i mezzi di impugnazione. La questione relativa all'applicazione dell'indulto può essere proposta nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il Giudice di merito l'abbia presa in esame e l'abbia risolta negativamente, escludendo che l'imputato abbia diritto al beneficio, e non, invece, quando abbia omesso di pronunciarsi, riservandone implicitamente l'applicazione al Giudice dell'esecuzione, con la conseguenza che, allorché l'applicazione dell'indulto non risulti richiesta nelle fasi di merito, la stessa non è deducibile in cassazione (Cass. II, n. 6954/2019). Poteri del Pubblico Ministero È espressione del favor libertatis il riconoscimento al Pubblico Ministero “che cura l'esecuzione del provvedimento di condanna” del potere di “disporre provvisoriamente la liberazione del condannato detenuto o la cessazione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative” (per il combinato disposto di cui al comma 3 dell'art. 672 e comma 3 dell'art. 667 c.p.p.). Esecuzione della pena ed applicazione dell'amnistia e dell'indulto Il comma 4 dell'art. 672 c.p.p., come già anticipato, propone un'eccezione rispetto alla disciplina generale, prescrivendo l'attivazione di parte, laddove la pena sia già stata espiata. Tale previsione, se letta in combinato disposto di cui all'art. 657, comma 2, c.p.p.: esaurito il rapporto punitivo, infatti, il riconoscimento “postumo” dell'operatività di una causa estintiva (del reato o della pena), risponde a logica solo se “legata” alla fruizione di un beneficio per l'istante, essendo concetto immanente ad ogni iniziativa di parte, il perseguimento di un interesse concreto (così, v. Cass. I, n. 39542/2007). In giurisprudenza, si è ribadito come il provvedimento applicativo dell'indulto, emesso in sede di cognizione, in quanto condizionato “ex lege”, non abbia carattere definitivo, potendo essere sempre revocato “in executivis”, pur se erroneamente emesso in presenza di una causa di revoca, a meno che non risulti che quest'ultima, nota al Giudice, sia stata almeno implicitamente valutata e ritenuta inoperante. Qualora, invece, sia lo stesso Giudice dell'esecuzione a dichiarare condonata la pena con provvedimento impugnabile a norma degli artt. 672, comma 1 e 667 c.p.p., la decisione assume – in forza del generale principio del “ne bis in idem” operante, in quanto compatibile, anche nel procedimento esecutivo – carattere di definitività e deve, quindi, ritenersi irrevocabile, essendo suscettibile di modifica solo in sede di gravame, ma non per successivo e autonomo intervento del Giudice dell'esecuzione, cui la stessa questione potrebbe essere riproposta, data la natura di pronuncia “allo stato degli atti” dei provvedimenti da lui emessi, soltanto in una mutata situazione di fatto e non sulla base di elementi preesistenti. Ne consegue che nel procedimento di esecuzione l'erronea applicazione dell'indulto in presenza di una causa di revoca, una volta definitiva, preclude l'accoglimento di una successiva istanza del Pubblico Ministero intesa a far valere la medesima ragione di revoca (v. Cass. I, n. 749/2000). Si è inoltre rilevato che il ricorso per cassazione avverso la mancata applicazione dell'indulto è ammissibile solo qualora il Giudice di merito abbia esplicitamente escluso detta applicazione; mentre, nel caso in cui egli abbia omesso di pronunciarsi, deve essere adito il Giudice dell'esecuzione (v. Cass. VI, n. 43500/2010). Si ritiene infine che, qualora il Giudice dell'esecuzione, adito per l'applicazione dell'amnistia o dell'indulto, anziché procedere “de plano”, fissi l'udienza di comparizione delle parti e decida all'esito di essa, la relativa ordinanza non è immediatamente ricorribile per cassazione, ma è suscettibile di opposizione dinanzi al medesimo Giudice, il cui provvedimento è successivamente impugnabile con ricorso per cassazione (Cass. I, n. 37343/2007). Amnistia, indulto e misure di sicurezza Secondo l'art. 210 c.p. l'estinzione del reato impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione. L'estinzione della pena inoltre impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal Giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno, alla colonia agricola e alla casa di lavoro è sostituita la libertà vigilata. Qualora poi per effetto di indulto o di grazia non debba essere eseguita la pena di morte, ovvero, in tutto o in parte, la pena dell'ergastolo, il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a tre anni. I concreti ambiti d'operatività della norma – che prevede la trasmissione degli atti alla magistratura di sorveglianza - sono limitati solo all'ipotesi in cui ad applicarsi in esecuzione sia l'indulto. Sulla competenza ad applicare l'amnistia impropria e l'indulto in caso di condanne plurime Qualora vi siano più titoli esecutivi a cui dare attuazione, ma solo rispetto ad alcuni e non tutti di essi, si applica il beneficio dell'amnistia o dell'indulto, si è posto il problema in giurisprudenza circa l'individuazione del Giudice competente. Secondo l'orientamento maggioritario, si predilige seguire la regola di cui all'art. 665, comma 4, c.p.p., individuando nel Giudice il cui titolo è divenuto definitivo per ultimo l'organo giurisdizionale competente (così, v. Cass. I, n. 1247/1993; Cass. I, n. 1125/1996). |