Richiesta del Pubblico Ministero di autorizzazione a procedere a ispezione, perquisizione e sequestro nell'ufficio del difensore (art. 103)InquadramentoA tutela dell'esercizio del diritto di difesa, le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori e i sequestri a loro carico sono consentiti in casi particolarissimi e il Pubblico Ministero non può procedere senza una preventiva autorizzazione del Giudice delle indagini preliminari, che abbia vagliato la ritualità dell'atto investigativo. FormulaN. ... / ... R.G.N.R. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ... All'Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari ... Sede ... RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE A ISPEZIONE, PERQUISIZIONE E SEQUESTRO NELL'UFFICIO DEL DIFENSORE – art. 103 c.p.p. – Il Pubblico Ministero Letti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe, nei confronti di: 1. ..., nato il ... a ..., residente in ..., difeso di ufficio dall'Avv. ... del Foro di ...; 2. ..., nata il ... a ..., residente in ..., difesa di ufficio dall'Avv. ... del Foro di ...; per il reato previsto e punito dall'art. ..., per i reati previsti e puniti dagli artt. .... In ... Commesso/Accertato in ..., il .... Ritenuto che ... [1]; Ipotesi 1 Chiede l'autorizzazione a procedere a ispezione (ovvero a perquisizione), nei termini e con le finalità meglio specificati in parte motiva, nell'ufficio dell'Avv. ..., del Foro di ..., sito in ..., via .... Manda la Segreteria per gli adempimenti di competenza. Ipotesi 2 Chiede l'autorizzazione a procedere al sequestro di ... [2], come meglio descritti in parte motiva, a carico dell'Avv. ..., del Foro di .... Manda la Segreteria per gli adempimenti di competenza. Luogo e data ... Il sostituto Procuratore della Repubblica ... 1. Specificare gli elementi che rendono lecita l'attività di indagine nei confronti del difensore. 2. Si procederà direttamente a sequestro (attività investigativa retta da una disciplina differenziata da quella delle attività ispettive e perquirenti) quando siano già note agli investigatori le res da sottoporre a vincolo probatorio. CommentoIspezioni, perquisizioni e sequestri a carico del difensore La fondamentale funzione del difensore potrebbe essere turbata, limitata o impedita da un uso invasivo e strumentale dei poteri coercitivi della polizia giudiziaria e del Pubblico Ministero. Sono previste pertanto alcune rigidissime garanzie di libertà del professionista, la cui violazione è sanzionata con la inutilizzabilità degli esiti delle indagini illegittime. Questa forma di presidio tutela sia il difensore di fiducia, sia quello di ufficio, tenuto conto della lettera della disposizione, muta sul punto, e della finalità di assicurare l'effettività del diritto inviolabile di difesa sancito dall'art. 24 cost. (Cass. I, n. 1779/2014). In primo luogo, è stabilita la tendenziale intangibilità degli uffici professionali (art. 103 c.p.p.). Questi immobili possono essere oggetto di ispezioni e perquisizioni negli uffici solo: - quando i difensori o altre persone che svolgono stabilmente attività in quell'ufficio sono indagati/imputati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito; - per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate. Neppure in tali occasioni si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, a meno che essi non costituiscano corpo del reato (Cass. V, n. 27988/2020). La restrizione all'attività degli inquirenti non è limitata ai casi in cui il sequestro sia disposto nell'ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l'attività difensiva ancora in corso: essa opera anche quando l'attività professionale concerne un procedimento diverso e anche quando l'attività diretta al sequestro si svolga in luogo diverso dall'ufficio (Cass. IV, n. 23002/2014). Restano viceversa assoggettabili a vincolo probatorio documenti rinvenuti nella sfera di pertinenza esclusiva dell'indagato, privi di una finalizzazione attuale all'espletamento delle funzioni del difensore (Cass. S.U., n. 15208/2010). Tra le diverse garanzie di libertà del difensore, occorre distinguere: mentre per le perquisizioni e le ispezioni la tutela procedimentale è collegata all'esecuzione degli atti presso gli uffici dei difensori, per i sequestri il divieto di acquisire documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato, è collegato direttamente alle persone dei difensori, in linea con quanto previsto anche dall'art. 4 della direttiva 2013/48/UE. Ne deriva pertanto che il divieto opera anche quando l'attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dallo studio del professionista (Cass. II, n. 19255/2017). In caso di totale assenza dei requisiti necessari al compimento dell'atto o con modalità che fuoriescano totalmente da quelle ordinarie di esplicazione del pubblico potere, tali da connotare la condotta del deliberato proposito del magistrato procedente di eccedere le proprie attribuzioni per finalità diverse da quelle attribuitegli in ragione dei suoi pubblici poteri, potrebbe ritenersi configurabile il reato di perquisizione e ispezione personali arbitrarie, previsto dall'art. 609 c.p. (Cass. V, n. 8031/2016). Gli atti di indagine all'interno degli uffici dei difensori non possono essere delegati alla polizia giudiziaria: essi spettano al Pubblico Ministero, il quale deve procedere personalmente (sia pure con l'ausilio di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria per le materiali incombenze di ricerca, repertazione e verbalizzazione) ed ha bisogno di ottenere preventivamente un decreto motivato di autorizzazione da parte del Giudice. Durante la fase processuale, procede personalmente il Giudice. Subito prima di procedere ad una ispezione, una perquisizione o un sequestro nei termini sopra illustrati, l'autorità giudiziaria procedente, a pena di nullità, deve darne avviso al consiglio dell'ordine del luogo. Il presidente o un consigliere delegato ad hoc possono assistere alle operazioni e hanno diritto ad avere copia del provvedimento. Secondo la giurisprudenza, non occorre avvisare il consiglio dell'ordine per l'esecuzione di un provvedimento di perquisizione e sequestro, - qualora nella commissione del reato sia coinvolto anche il difensore, poiché le guarentigie previste dall'art. 103 c.p.p. non introducono un principio immunitario di chiunque eserciti la professione legale, ma sono applicabili unicamente se devono essere tutelate la funzione difensiva o l'oggetto della difesa (Cass. II, n. 32909/2012); - nel caso di accertamenti presso l'ufficio di un difensore in cui operino altri avvocati in veste di meri collaboratori dell'unico titolare, ma non uniti a quest'ultimo nella forma della contitolarità o dell'associazione professionale (Cass. II, n. 39837/2012). Va inoltre rilevato che le garanzie difensive di cui all'art. 103 c.p.p., in quanto finalizzate a prevenire il pericolo di abusive intrusioni nella sfera difensiva e a tutelare il segreto professionale, non sono limitate al difensore dell'indagato o dell'imputato nel procedimento in cui sorge la necessità dell'attività di ispezione, di ricerca o di sequestro, ma devono essere osservate in tutti i casi in cui tali atti sono eseguiti nell'ufficio di un professionista, iscritto all'albo degli avvocati e procuratori, che abbia assunto la difesa di assistiti, anche fuori del procedimento in cui l'attività di ricerca, perquisizione e sequestro è compiuta (Cass. II, n. 44892/2022). Tutela rafforzata delle comunicazioni del difensore Analoga tutela rafforzata è concessa alle conversazioni e comunicazioni dei difensori con i loro assistiti o con i loro consulenti tecnici, i loro ausiliari e gli investigatori privati autorizzati incaricati (art. 103, comma 5, c.p.p.). Il divieto di intercettazione si riferisce però solo ai dialoghi e contatti che riguardino la funzione difensiva, ma non si estende indiscriminatamente a tutte le conversazioni di chi riveste una simile qualifica, anche quando esulino dalla sfera strettamente professionale (Cass. V, n. 42854/2014) o addirittura integrino esse stesse reato (Cass. II, n. 43410/2015, in tema di suggerimenti forniti dall'avvocato al cliente circa le modalità per eludere le indagini mediante ricorso ad un passaporto falso onde rendersi latitante, conversazioni idonee a provare l'intraneità del ricorrente ad una associazione di stampo mafioso). Tenuto conto della particolare natura dell'atto di indagine, le conversazioni o comunicazioni non utilizzabili in quanto inerenti all'esercizio del diritto di difesa potranno essere individuate solo a seguito di una verifica postuma degli atti di indagine (Cass. IV, n. 55253/2016). Non vi è dunque luogo a richiedere autorizzazioni al Giudice per le indagini preliminari. Salvo quanto previsto dall'art. 271 c.p.p., i risultati delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione di queste disposizioni, non possono essere utilizzati e, prima ancora, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente: nel verbale sono indicate soltanto la data, l'ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta (art. 103, comma 7, c.p.p.). Non è possibile neppure procedere a sequestro, né a semplice controllo della corrispondenza che intercorre tra l'indagato e il proprio difensore, a meno che essa non sia riconoscibile come tale dall'esterno ovvero che si abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato (art. 103, comma 5, c.p.p.). Anche nel caso in cui il difensore sia indagato, il sequestro presso il suo studio di carte e documenti relativi all'oggetto della difesa è consentito solo qualora essi costituiscano corpo del reato (Cass. V, n. 27988/2020). |