Istanza di riesame contro il decreto di sequestro preventivo (art. 54, d.lgs. n. 231/2001)InquadramentoAnche nei confronti dell'ente il Giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell'art. 19, d.lgs. n. 231/2001. Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto società, aziende ovvero beni, ivi compresi i titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche se in deposito, il custode amministratore giudiziario ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendale, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria. In caso di violazione della predetta finalità l'autorità giudiziaria adotta i provvedimenti conseguenti e può nominare un amministratore. Con la nomina si intendono eseguiti gli adempimenti di cui all'art. 104 disp. att. c.p.p. FormulaAL TRIBUNALE DEL RIESAME DI.... PROC. N..... R.G. RICHIESTA DI RIESAME AVVERSO IL DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO EX ART. 54, D.LGS. N. 231/2001 Il sottoscritto Avv....., del Foro di...., con studio in...., via...., n....., rappresentante e difensore, giusta procura ad litem ex art. 100 c.p.p. depositata presso (la segreteria del Pubblico Ministero in data....) oppure (presso la cancelleria di questo Giudice in data....), di.... (denominazione dell'ente, associazione, società); rilevato che nei confronti del suddetto ente (costituitosi ai sensi dell'art. 39, d.lgs. n. 231/2001 con dichiarazione depositata presso la segreteria del Pubblico Ministero in data....) oppure (presso la cancelleria di questo Giudice in data.... pende il procedimento n..... R.G.N.R. Procura della Repubblica presso il Tribunale di...., per l'illecito dipendente dal reato di cui all'art....., per il quale si procede nei confronti di.... (nome e cognome del soggetto cui è attribuito il reato presupposto); rilevato che al suddetto ente è stata applicata, con provvedimento del Giudice delle indagini preliminari di...., emesso in data.... e notificato all'ente medesimo in data...., il sequestro preventivo di.... (specificare il tipo di misura applicata); visto gli artt. 54, d.lgs. n. 231/2001 e 324 c.p.p. propone RICHIESTA DI RIESAME avverso (il decreto di sequestro penale emesso da...., in data....) oppure (l'ordinanza di sequestro preventivo emessa da.... in data....) (eseguito in data....) oppure (di cui il sottoscritto interessato è venuto a conoscenza in data....); avente ad oggetto....; per i seguenti MOTIVI .... (specificare i motivi e le relative richieste ai sensi dell'art. 581 c.p.p.) Allega i seguenti documenti.... Con osservanza Luogo e data.... sottoscrizione del ricorrente o del difensore).... CommentoPrincipi generali Fra le misure cautelari adottabili nei confronti della persona giuridica è ricompreso il sequestro preventivo, ai fini della confisca ex art. 19, d.lgs. n. 231/2001. Scarna la disciplina che il d.lgs. dedica alla materia: le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 26654/2008,) ritengono che l'autonomia “topografica” e funzionale dei sequestri rispetto alle misure cautelari interdittive induce ad escludere la possibilità di integrare la disciplina de qua con quella dettata per le altre cautele e a ritenerla del tutto autosufficiente (Cass. II, n. 9829/2006; Cass. II, n. 23189/2005). In tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, è ammissibile il sequestro impeditivo di cui al comma 1 dell'art. 321 del c.p.p., non essendovi totale sovrapposizione e, quindi, alcuna incompatibilità di natura logico-giuridica fra il suddetto sequestro e le misure interdittive (vuoi per la temporaneità della misura interdittiva, laddove il sequestro è tendenzialmente definitivo ove, all'esito del giudizio di cognizione, sia disposta la confisca; vuoi perché, comunque, sotto il profilo degli effetti, mentre la misura interdittiva “paralizza” l'uso del bene “criminogeno” solo in modo indiretto, al contrario, il sequestro e la successiva confisca colpiscono direttamente il bene, eliminando, quindi, per sempre, il pericolo che possa essere destinato a commettere altri reati). È pur vero, infatti, che l'art. 53 del d.lgs. n. 231/2001 prevede testualmente che, nei confronti degli enti, si possa applicare il solo sequestro preventivo (del prezzo o del profitto del reato) a fini di confisca di cui all'art. 321, comma 2, del c.p.p., non essendo espressamente previsto il sequestro preventivo di cui al comma 1 dell'art. 321 del c.p.p., ma tale sequestro “impeditivo” deve ritenersi ammissibile anche nei confronti dell'ente, in base a una interpretazione costituzionalmente orientata che trova fondamento nell'amplissimo disposto dell'art. 34, d.lgs. n. 231/2001, a norma del quale “per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del d.lgs. n. 271/1989”, e si giustifica con il fatto che, diversamente, si teorizzerebbe per l'ente un regime privilegiato rispetto a quello generale previsto dal codice di rito, privando la collettività di un formidabile e agile strumento di tutela finalizzato a eliminare dalla circolazione beni criminogeni (Cass. pen. II, n. 34293/2018). Il fondamento della cautela è rappresentato: a) dal fumus boni iuris circa l'astratta configurabilità dell'illecito (Cass. IV, n. 1271/2014; Cass. II, n. 41435/2014; Cass. II, 16 febbraio 2006; Cass. II, n. 316/2006). Puntualizzano le Sezioni Unite come sia sufficiente la riconduzione del fatto attribuito all'indagato/imputato fra le fattispecie criminose di cui agli artt. 24 ss. d.lgs. 231/2001, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità (Cass. S.U., n. 920/2003; successivamente, Cass. VI, n. 34505/2012). Si presuppone l'esplicitazione della sussistenza di un reato concreto, il dovere di verifica del Giudice della compatibilità e congruità degli elementi addotti dall'accusa e dalla parte privata pretende una valutazione concreta, analogamente a quanto imposto in ordine al giudizio indiziario per l'applicazione delle misure cautelari personali (Cass. S.U., n. 18954/2016); b) il sequestro deve avere ad oggetto le cose di cui è consentita la confisca ai sensi e nei limiti dell'art. 19, d.lgs. n. 231/2001. È, poi, ammesso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente che può essere disposto anche quando l'impossibilità del reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, sia transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell'adozione della misura, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata (Cass. S.U., n. 10562/2014). Sotto tale aspetto si evidenzia come la confisca per equivalente, in quanto sanzione principale ed autonoma, è obbligatoria, al pari di quella diretta, atteso che il ricorso da parte del legislatore, nel comma 2 dell'art. 19, d.lgs. n. 231/2001, alla locuzione “può”, non esprime l'intenzione di riconoscere ad essa natura facoltativa, ma la volontà di vincolare il dovere del Giudice di compiere una previa verifica dell'impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto del reato e dell'effettiva corrispondenza del valore dei beni oggetto di ablazione al valore di detto profitto (Cass. S.U., n. 11170/2014). Ancora, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confisca, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell'art. 19, d.lgs. n. 231/2001, dei beni che costituiscono il prezzo e il profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il periculum richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p., essendo sufficiente accertarne la confiscabilità una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Cass. II, n. 41435/2014). Qualora il profitto sia costituito dal denaro, l'adozione del sequestro preventivo non è subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilità dell'indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all'importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare. (Fattispecie, in materia di truffa, nella quale veniva disposto il sequestro per equivalente nei confronti di una società, responsabile per illecito amministrativo ex l. n. 231/2001). Mette conto osservare che spetta al Giudice che, in sede di riesame, procede alla conferma del sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore del profitto del reato, il compito di valutare l'effettiva equivalenza tra il valore dei beni sottoposti a vincolo e l'entità del suddetto profitto (Cass. VI, n. 19051/2013). Si ricorda che le confische previste dall'art. 19, commi 1 e 2, d.lgs. n. 231/2001 sono considerate vere e proprie sanzioni principali obbligatorie e, di conseguenza, il sequestro ha lo stesso regime di obbligatorietà della confisca (Cass. S.U., n. 11170/2014). Il provvedimento cautelare è finalizzato all'esecuzione della confisca del prezzo o profitto del reato presupposto in caso di condanna dell'ente, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato (Cass. VI, n. 16526/2010, quei beni o la parte di quei beni su cui il danneggiato può accampare una specifica pretesa restitutoria in forza del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento o di garanzia ovvero del possesso o della detenzione e non una pretesa risarcitoria). Quanto al concetto di profitto, esso deve, ormai, ritenersi adeguatamente delineato delle Sezioni Unite che hanno indicato come il parametro della pertinenzialità al reato del profitto presuppone una correlazione diretta del profitto col reato e una stretta affinità con l'oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita ad ogni e qualsiasi vantaggio patrimoniale, che possa comunque scaturire, pur in difetto di un nesso diretto di causalità, dall'illecito; esso, peraltro, non s'identifica nel vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato presupposto (non operando parametri valutativi di tipo aziendale) (Cass. S.U., n. 26654/2008). Al riguardo s'impone una valutazione da effettuarsi in concreto per ciascun caso sulla scorta del tipo di reato presupposto e delle modalità con cui quest'ultimo interferisce con l'esercizio dell'attività lecita (Cass. S.U., n. 26654/2008). Ancora, si afferma che occorre distinguere il vantaggio economico che deriva in via diretta dal reato (confiscabile) dal corrispettivo (non confiscabile) ottenuto per una prestazione lecita eseguita per la controparte: la confisca, in altri termini, non può avere ad oggetto il corrispettivo ricevuto per il compimento delle prestazioni nei limiti dell'utilità conseguita dal danneggiato medesimo (Cass. S.U., n. 26654/2008; successivamente, Cass. VI, n. 23013/2016). Si è, inoltre, previsto relativamente ai crediti, che possono essere confiscati nella forma per equivalente, ma solo in quella diretta, atteso che altrimenti l'espropriazione priverebbe il destinatario di una utilità non ancora concretamente realizzata dal medesimo (Cass. S.U., n. 26654/2008). È pacifico che il profitto è rappresentato anche dal risparmio di spesa derivante dalla mancata adozione di condotte di natura cautelare (Cass. S.U., n. 38343/2014). Devono, in ogni caso, essere fatti “salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede”, vale a dire coloro che vantano il diritto di proprietà e altri diritti reali che gravano sui beni oggetto di apprensione. Al riguardo le Sezioni Unite hanno confermato come il Giudice che dispone il sequestro deve verificare i diritti dei terzi in buona fede e garantire la restituzione al danneggiato anche se il sequestro è finalizzato alla confisca per equivalente (Cass. S.U., n. 11170/2014). Al terzo spetta l'onere di allegazione: è onere del terzo che voglia far valere un diritto acquisito, allegare gli elementi che concorrono ad integrare le condizioni di appartenenza del bene e la sua buona fede. Allo stesso tempo si è evidenziato che è sempre in prima battuta il Giudice della cautela che deve valutare la parte che deve essere restituita al danneggiato sia che si tratti di sequestro finalizzato alla confisca diretta (art. 19, comma 1, d.lgs. n. 231/2001) ovvero per equivalente (art. 19, comma 2, d.lgs. n. 231/2001) (Cass. S.U., n. 11170/2014). In tema di responsabilità da reato della persona giuridica successivamente fallita, la verifica del diritto e della buona fede del soggetto terzo, opponibili, ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 231/2001, alla confisca dei beni dell'ente spetta, anche in sede esecutiva, al Giudice penale e non al Giudice fallimentare (Cass. S.U., n. 11170/2014). Quanto al profilo secondo cui nei confronti dell'ente è disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato, deve aversi riguardo, quanto alla possibilità di restituzione, non alla esistenza di una generica garanzia patrimoniale prestata nell'interesse dell'ente responsabile a vantaggio del danneggiato, ma alla possibilità di distaccare concretamente una porzione – specificamente individuata – del patrimonio dell'ente, spettante come tale al danneggiato. (Fattispecie in cui la Corte, in relazione al reato di malversazione ai danni dello Stato, ha escluso che, ai fini della confisca di valore, dovesse essere sottratta dall'entità del profitto, costituito dall'importo erogato e distratto, la somma corrispondente alla polizza fideiussoria costituita in favore dell'ente erogante (Cass. VI, n. 12653/2016). Per il resto, al pari di quanto previsto dalla disciplina generale, il sequestro preventivo di cui si discute non implica alcuna prognosi di pericolosità relativa alla libera disponibilità delle cose medesime che in quanto confiscabili ai sensi dell'art. 240, commi 1 e 2, c.p. sono di per sé oggettivamente pericolose (Cass. II, n. 9829/2006). Duplice è pertanto la verifica a cui è chiamato il Giudice per ritenere integrato il c.d. periculum in mora: valutare se appaia probabile che si giunga ad una sentenza di condanna e se il bene costituisce il prezzo o il profitto del reato (coperti da una sorta di presunzione ope legis di pericolosità). Il d.lgs. ammette l'applicazione congiunta delle misure cautelari interdittive e reali (Cass. S.U., n. 26654/2008). La disciplina ammette, peraltro, il sequestro, ergo, la confisca per un valore equivalente al prezzo o al profitto del reato nel caso in cui non sia possibile procedere in via diretta all'apprensione dei beni che costituiscono effettivamente tale prezzo o tale profitto. In tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, per il sequestro preventivo dei beni di cui è obbligatoria la confica, eventualmente anche per equivalente, e quindi, secondo il disposto dell'art. 19 del d.lgs. n. 231/2001, dei beni che costituiscono prezzo e profitto del reato, non occorre la prova della sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità, né il periculum richiesto per il sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., essendo sufficiente accertare la confiscabilità dei beni una volta che sia astrattamente possibile sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Cass. II, n. 34293/2018). Presupposto della confisca per equivalente è che vi sia una oggettiva impossibilità (anche transitoria e non reversibile, purché esistente nel momento in cui la misura cautelare viene richiesta o disposta, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata: Cass. S.U., n. 10561/2014) di individuare le somme di denaro o i beni costituenti il prezzo o il profitto del reato (Cass. II, n. 31989/2006). In tali casi, appare, peraltro, alleggerito l'obbligo motivazionale del Giudice che non sarà tenuto a indicare le attività volte alla ricerca dell'originario prodotto o profitto del reato (così Cass. II, n. 19662/2007). Quando l'attività ha per oggetto denaro o beni fungibili, l'attività non è considerata confisca per equivalente, ma diretta (Cass. S.U., n. 10561/2014; Cass. S.U., n. 42873/2015; quanto ai reati tributari commessi dal legale rappresentante, il sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell'ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale l'imputato agisca come effettivo titolare (Cass. S.U., n. 10561/2014). Ancora, si è affermato che quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato, sul presupposto dell'impossibilità di reperire il profitto del reato nei confronti dell'ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto non siano indicati i beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Cass. III, n. 40362/2016). In caso di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di beni di una società nei cui confronti pende un procedimento per responsabilità amministrativa nascente da reato, disposto ai sensi del comma 2 dell'art. 19, d.lgs. n. 231/2001, qualora il provvedimento cautelare abbia a oggetto “società, aziende, ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche in deposito”, il comma 1-bis dell'art. 53 dello stesso decreto legislativo prevede che sia il “custode amministratore giudiziario” a consentirne l'utilizzo e la gestione agli organi societari, “esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria”. La ratio della disposizione è quella di evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l'ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo e la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario, in questa prospettiva, è quella di vigilare sull'utilizzo e sulla gestione dell'azienda e di riferirne all'autorità giudiziaria: da ciò deriva anche che la nomina dell'amministratore è a tal punto presupposto imprescindibile per l'attività aziendale che, nel caso sia stata omessa, la parte interessata ha un “onere di impulso” di adire il Giudice che procede, ai sensi dell'art. 47, d.lgs. n. 231/2001. Dunque, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 19, d.lgs. n. 231/2001, la nomina di un amministratore giudiziario (art. 53 del d.lgs. n. 231/2001) è presupposto imprescindibile per consentire la continuità nell'esercizio dell'attività aziendale e, nel caso in cui tale nomina venga omessa, la parte interessata ha un onere di impulso di adire il Giudice che procede ai sensi dell'art. 47 del d.lgs. n. 231/2001. Rapporti fra sequestri Di recente, Cass. II, n. 34293/2018, ha ammesso che, in tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, è ammissibile il sequestro impeditivo di cui al comma 1 dell'art. 321 c.p.p., non essendovi totale sovrapposizione e, quindi, alcuna incompatibilità di natura logico-giuridica fra il suddetto sequestro e le misure interdittive (vuoi per la temporaneità della misura interdittiva, laddove il sequestro è tendenzialmente definitivo ove, all'esito del giudizio di cognizione, sia disposta la confisca; vuoi perché, comunque, sotto il profilo degli effetti, mentre la misura interdittiva “paralizza” l'uso del bene “criminogeno” solo in modo indiretto, al contrario, il sequestro e la successiva confisca colpiscono direttamente il bene, eliminando, quindi, per sempre, il pericolo che possa essere destinato a commettere altri reati). È pur vero, infatti, che l'art. 53, d.lgs. n. 231/2001 prevede testualmente che, nei confronti degli enti, si possa applicare il solo sequestro preventivo (del prezzo o del profitto del reato) a fini di confisca di cui all'art. 321, comma 2, c.p.p., non essendo espressamente previsto il sequestro preventivo di cui al comma 1 dell'art. 321 c.p.p., ma tale sequestro “impeditivo” deve ritenersi ammissibile anche nei confronti dell'ente, in base a una interpretazione costituzionalmente orientata che trova fondamento nell'amplissimo disposto dell'art. 34, d.lgs. n. 231/2001, a norma del quale “per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del d.lgs. n. 271/1989”. L'estensione si giustifica con il fatto che, diversamente, si teorizzerebbe per l'ente un regime privilegiato rispetto a quello generale previsto dal codice di rito, privando la collettività di un formidabile e agile strumento di tutela finalizzato a eliminare dalla circolazione beni criminogeni (nella specie, quindi, la Corte, ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di alcuni impianti fotovoltaici disposto ex art. 321, comma 1, c.p.p. nei confronti di un ente chiamato a rispondere dell'illecito amministrativo di cui all'art. 24, d.lgs. n. 231/2001, in relazione all'art. 640-bis c.p.). Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente previsto dall'art. 322-ter c.p. può essere disposto sui beni dell'ente, nel caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni. (Fattispecie relativa a provvedimento cautelare reale emesso con riguardo al profitto di reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti di truffa aggravata ed appropriazione indebita, contestata a soggetti che non rivestivano al momento della misura o non avevano mai rivestito ruoli di amministratore o socio nella società “schermo”). Cass. II, n. 41355/2015 ha affermato che è legittimo il mantenimento del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni di una società, nei cui confronti pende un procedimento per responsabilità amministrativa nascente da reato, anche quando sopravviene a carico dell'ente una procedura concorsuale, poiché tale vicenda giuridica non sottrae al Giudice penale il potere di valutare, all'esito del procedimento, se disporre la confisca, e, in caso positivo, con quale estensione e limiti (v., già, Cass. II, n. 25201/2014). Ancora, la confisca ex art. 240 c.p. è applicabile anche nei confronti di persona giuridica nel cui interesse il reato è stato commesso da parte di un suo legale rappresentante (v. Cass. II, n. 14600/2014). I rapporti tra l'ente e la persona fisica Nel caso di concorso di persone in uno dei reati indicati dall'art. 322-ter c.p. e di coinvolgimento di enti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato può incidere contemporaneamente ed indifferentemente sui beni dell'ente che dal medesimo reato ha tratto vantaggio e su quelli della persona fisica che lo ha commesso, con l'unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo del suddetto profitto (Cass. VI, n. 1676/2019; Cass. II, n. 21227/2014; Cass. VI, n. 21103/2013; Cass. VI, n. 19764/2009; Cass. I, n. 42894/2009). Quanto ai fenomeni che mutano il regime dell'ente, si ricorda che, nel caso di cessione di azienda i beni dell'ente cessionario non possono essere sottoposti alla confisca per equivalente del profitto del reato commesso prima della cessione dagli amministratori dell'ente cedente, atteso che ai sensi dell'art. 33 l'ente cessionario risponde in solido con quello cedente esclusivamente del pagamento della sanzione pecuniaria comminata per l'illecito a quest'ultimo addebitabile (Cass. VI, n. 30001/2008). La Cassazione ha ammesso, invece, il sequestro a fini di confisca può essere esteso in caso di fusione per incorporazione anche alla società incorporante, sempre che, sul piano oggettivo, abbia conseguito vantaggi o utilità e sul piano soggettivo, all'atto della fusione, fosse in condizione i buona fede (Cass. V, n. 4064/2015). Si è affermato, inoltre, che è legittimo il mantenimento del sequestro nei confronti di una società anche quando sopravviene a carico dell'ente una procedura concorsuale, poiché tale vicenda giuridica non sottrae al Giudice penale il potere di valutare all'esito del procedimento se disporre la confisca ed entro quali limiti (Cass. II, n. 43154/2015; Cass. II, n. 16359/2014). Il risultato è stato confermato dalle Sezioni Unite secondo le quali non vi è alcuna norma che impedisce l'apposizione di più vincoli e nello specifico il sequestro su beni facenti parte della massa fallimentare (Cass. S.U., n. 11170/2014 in motivazione). In ogni caso, va osservato come il curatore fallimentare non sia titolare di alcun potere d'impugnazione. Custodia dei beni In caso di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di beni di una società nei cui confronti pende un procedimento per responsabilità amministrativa nascente da reato, disposto ai sensi del comma 2 dell'art. 19 del d.lgs. n. 231/2001, qualora il provvedimento cautelare abbia a oggetto “società, aziende, ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche in deposito”, il comma 1-bis dell'art. 53 dello stesso decreto legislativo prevede che sia il “custode amministratore giudiziario” a consentirne l'utilizzo e la gestione agli organi societari, “esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria”. La ratio della disposizione è quella di evitare che la disposta misura cautelare possa paralizzare l'ordinaria attività aziendale pregiudicandone la continuità e lo sviluppo e la funzione assegnata al custode amministratore giudiziario, in questa prospettiva, è quella di vigilare sull'utilizzo e sulla gestione dell'azienda e di riferirne all'autorità giudiziaria: da ciò deriva anche che la nomina dell'amministratore è a tal punto presupposto imprescindibile per l'attività aziendale che, nel caso sia stata omessa, la parte interessata ha un “onere di impulso” di adire il Giudice che procede, ai sensi dell'art. 47 del d.lgs. n. 231/2001 (Cass. pen. III, n. 6742). Dissequestro In tema di responsabilità da reato degli enti, è consentito, in ossequio al principio di proporzionalità della misura cautelare, il dissequestro parziale delle somme di denaro sottoposte a sequestro ai fini di confisca del profitto del reato presupposto onde provvedere al pagamento delle imposte dovute dall'ente sulle medesime, ex art. 14, comma 4, l. n. 537/1993, quale provento di attività illecite, alla stringente condizione che l'entità del vincolo reale, nella sua concreta dimensione afflittiva, metta in pericolo l'esistenza stessa del soggetto economico e la sua operatività corrente e che sia impresso un vincolo espresso di destinazione al pagamento del debito tributario in forme “controllate” (Cass. VI, n. 13936/2022). Iter procedurale Per l'esecuzione del decreto si rinvia all' art. 104 disp. att. e coord. in base al quale tale esecuzione avviene, tra l'altro, sui mobili e sui crediti secondo le forme del pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili; sugli immobili o mobili registrati con la trascrizione dei provvedimenti presso gli appositi uffici; sui beni aziendali, oltre che con le modalità previste per i singoli beni, con l'immissione in possesso dell'amministratore giudiziario, con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese; sulle azioni o sulle quote sociali, con l'annotazione nei libri sociali e con l'iscrizione nel registro delle imprese; sugli strumenti finanziari dematerializzati con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'art. 34, d.lgs. n. 213/1998. Altrettanto importante è l'introduzione ad opera del d.l. n. 101/2013, convertito nella l. n. 255/2013 del comma 1-bis nella norma in commento, in base al quale ove il sequestro abbia ad oggetto società, aziende ovvero beni, ivi compresi titoli, nonché quote azionarie o liquidità anche se in deposito, l'amministratore giudiziario ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esclusivamente al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria. In questo modo si conferma l'obbligo per il Giudice, in tutti questi casi, di nominare un amministratore giudiziario, il quale però non avrà direttamente compiti di utilizzo e di gestione, ma solo di controllo. Solo qualora gli organi sociali non rispettino le finalità imposte loro dalla novella, il Giudice avvisato dagli stessi amministratori potrà attribuirgli gli stessi poteri degli azionisti. Legittimazione oggettiva La richiesta di riesame è proponibile contro il decreto di sequestro emesso dal Giudice. Legittimazione soggettiva La richiesta di riesame è proponibile dalla persona giuridica (il suo rappresentante legale) e dal difensore, munito di procura (o dalla persona alle quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione). Quanto al difensore si ricorda che la domanda di riesame è ritenuta inammissibile se proposta da un difensore nominato dal rappresentante legale indagato/imputato per il reato presupposto (Cass. S.U., n. 33041/2015) e, nel caso in cui sia già stata inviata l'informazione di garanzia ex art. 57, d.lgs. n. 231/2001, occorre che l'ente si sia costituito a norma dell'art. 39, d.lgs. n. 231/2001 (Cass. S.U., n. 33014/2015). Non è legittimata la persona fisica, autrice del reato-presupposto, che fonda la responsabilità da reato della persona giuridica, perché l'illecito di cui è chiamata a rispondere la persona giuridica non si identifica con il reato commesso dalla persona fisica, ma semplicemente lo “presuppone”: trattasi, infatti, di un illecito “autonomo” rispetto al reato commesso dalla persona fisica, rispondendo l'ente di un fatto proprio secondo criteri di imputazione oggettivi e soggettivi propri. Contenuto La richiesta di riesame è proponibile per motivi di merito e di legittimità (si possono contestare i presupposti su cui riposa il sequestro, il suo oggetto, il suo ambito, la titolarità dei beni, ma anche la competenza del Giudice, la validità delle modalità di attuazione). Forme La domanda va presentata in forma scritta. Nella domanda possono essere enunciati anche i motivi. Colui che ha presentato la domanda ha facoltà di enunciare motivi nuovi in udienza davanti al Giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione. Modalità La domanda va presentata nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del Giudice che ha emesso il provvedimento. La richiesta può essere presentata a norma dell'art. 582 e ss. c.p.p. La presentazione della domanda di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento. Termini La domanda va presentata entro dieci giorni dalla data di esecuzione del decreto che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro. Competenza Sulla domanda decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del Giudice che ha emesso il provvedimento. Iter procedurale L'udienza si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'art. 127 c.p.p. Nel caso in cui vi sia contestazione della proprietà, il Giudice rinvia la decisione della controversia, al Giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro. |