Decreto di riconoscimento di ordine europeo di indagine penale (art. 4, d.lgs. n. 108/2017)

Chiara Maria Paolucci

Inquadramento

l'ordine europeo di indagine penale è lo strumento più avanzato di cooperazione penale internazionale in ambito UE, essendo basato sul principio del mutuo riconoscimento, ed è utilizzabile per ogni tipo di acquisizione probatoria, sia nella fase delle indagini preliminari sia nelle fasi processuali in senso stretto.

Formula

N. O.E.I.

PROCURA DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI ...

Decreto di riconoscimento dell'ordine europeo di indagine penale

-Artt. 4 e ss., d.lgs. n. 108/2017-

Il Procuratore della Repubblica,

letta la richiesta di assistenza giudiziaria formulata con ordine europeo di indagine penale, emesso in data ... dal ... nell'ambito del procedimento n. ..., per i reati ..., avente ad oggetto i seguenti atti: ...

(indicare qui gli atti di acquisizione probatoria richiesti dall'autorità straniera)

rilevato che l'Autorità richiedente risulta Autorità di emissione competente a norma dell'art. 2, lett. b) del d.lgs. 108/2017[1];

rilevato che questa Procura della Repubblica risulta competente ex art. 4 del d.lgs. n. 108/2017;

(in alternativa):

rilevato che sussiste la doppia incriminabilità del fatto, atteso che i reati per cui procede l'Autorità giudiziaria richiedente sono previsti quale reato anche dall'ordinamento italiano;

ovvero

considerato che i reati sopra indicati sono richiamati sub lett. ... dell'art. 11 del d.lgs. n. 108/2017 quali ipotesi di deroga alla doppia incriminazione;

rilevato che non sussiste alcuno dei motivi di rifiuto di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 108/2017;

considerato che il principio di proporzione di cui all'art. 7 del medesimo d.lgs. risulta rispettato;

rilevato altresì che l'Autorità di emissione ha richiesto la partecipazione al compimento degli atti di propri rappresentanti, specificamente indicati nell'O.E.I. e che detta partecipazione sarà assicurata attraverso accordi successivi con l'Autorità richiedente;

P.Q.M.,

visti gli artt. 4 e ss. del d.lgs. n. 108/2017,

RICONOSCE

L'ordine europeo di indagini emesso da ..., nell'ambito del procedimento n. ..., per i reati di ... e (in alternativa)

provvede all'esecuzione della richiesta di cooperazione con separati atti

(oppure)

visto l'art. 5, d.lgs. n. 108/17, richiede al Giudice per le indagini preliminari l'esecuzione degli atti richiesti,

- avendo l'Autorità di emissione chiesto che l'atto sia compiuto da parte di un Giudice,

(ovvero)

- trattandosi di atti che devono essere compiuti, secondo la legge italiana, dal Giudice.

Luogo e data ...

Il procuratore della Repubblica ...

1. La verifica della legittimazione attiva potrà essere compiuta attraverso la consultazione delle indicazioni fornite dagli Stati Membri all'atto della notifica di attuazione della Direttiva 2014/14/UE, rinvenibili sul sito della rete giudiziaria europea.

Commento

L'ordine europeo di indagine penale

L'ordine europeo di indagine penale (OEI) è uno strumento di mutuo riconoscimento e rappresenta, nel settore della cooperazione giudiziaria penale, il corrispettivo di ciò che il mandato di arresto europeo (MAE) ha rappresentato nel settore delle consegne dei soggetti condannati o ricercati per l'esecuzione di misure cautelari personali custodiali e di pene detentive; costituisce uno strumento tendenzialmente omnicomprensivo, sia con riferimento alla natura delle attività investigative e probatorie che possono esservi ricomprese, sia con riferimento alle diverse fasi del procedimento penale, con le precisazioni che verranno fatte in prosieguo.

L'obiettivo dichiarato della Direttiva 2014/41/UE è quello di fornire un quadro giuridico unitario per l'acquisizione o l'esecuzione di atti probatori, sostituendo gli strumenti previgenti.

Secondo l'art. 34 della Direttiva, le disposizioni in essa contenute sono destinate a sostituire ‘le corrispondenti previsioni' degli strumenti internazionali previgenti ed in particolare della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (Strasburgo, 1959: c.d. CEAG), dei due relativi protocolli aggiuntivi e gli accordi bilaterali stipulati a norma dell'art. 26 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen (ratificata dall'Italia con l. n. 388/1993), la c.d. Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea (Bruxelles, 2000) ed il relativo protocollo (quest'ultimo non ancora ratificato dall'Italia), la decisione quadro 2003/577/GAI relativa all'esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, attuata nel nostro ordinamento con d.lgs. n. 35/2016, sostituita con il Reg. 2018/1805 e la decisione quadro 2008/978/GAI in tema di mandato europeo di ricerca delle prove (c.d. M.E.R.), mai trasposta nel nostro ordinamento e comunque abrogata, prima del termine di trasposizione della Direttiva OEI, dal Regolamento 95/2016 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 gennaio 2016.

L'ambito soggettivo di applicazione dell'OEI

Secondo quanto espressamente previsto, la Direttiva 2014/41/UE si applica a tutti gli Stati Membri, fatta eccezione per Irlanda e Danimarca. Era applicabile al Regno Unito, che aveva notificato la propria decisione di partecipare all'adozione ed all'applicazione dello strumento, sino all'uscita dall'Unione europea (c.d. brexit), a seguito della quale si è determinata la ‘riviviscenza' degli strumenti internazionali non UE, ed in particolare della Convenzione di Strasburgo del 1959 e dei relativi protocolli.

L'ambito oggettivo di applicazione dell'OEI

Il problema maggiore è certamente quello della delimitazione dell'area oggettiva di operatività dell'O.E.I., delimitazione di estremo rilievo anche ai fini della connotazione del rapporto di detto strumento con quelli previgenti, dei quali, secondo la formulazione utilizzata nell'art. 34 sostituisce le “corresponding provisions”.

Da plurime disposizioni della direttiva si ricava comunque chiaramente che l'OEI dovrebbe applicarsi a tutti gli atti di indagine finalizzati all'acquisizione di prove (Considerando n. 8 della Direttiva OEI) ed a qualsiasi atto di indagine (art. 3).

Nonostante il riferimento ad ‘atti di indagine', l'esame complessivo delle disposizioni della Direttiva rende chiaro che tale nozione non è utilizzata in modo assimilabile a quanto avviene nell'ordinamento italiano e che, in realtà, per quanto la locuzione sia ingannevole, la stessa deve interpretarsi come riferibile all'acquisizione o esecuzione di prove, anche in relazione alle fasi processuali in senso stretto.

L'espressa previsione di specifici atti agevola chiaramente il lavoro dell'interprete nell'individuazione delle corresponding provisions, di cui all'art. 34 della Direttiva, e dell'ampiezza dell'effetto sostitutivo che ne consegue.

Dovrà così sicuramente applicarsi l'OEI per il trasferimento temporaneo nello Stato di emissione di persone detenute ai fini di un atto di indagine (art. 22) e per il trasferimento temporaneo nello Stato di esecuzione di persone detenute ai fini del compimento di un atto di indagine (art. 23), per l'audizione mediante videoconferenza o altra trasmissione audiovisiva e mediante teleconferenza, previste dagli artt. 24 e 25, consegne controllate (art. 28, § 1 lett. b) e le operazioni di infiltrazione (art. 29), l'intercettazione di telecomunicazioni (capo V - artt. 30-31), le informazioni relative a conti bancari o altri conti finanziari (art. 26) le informazioni relative a operazioni bancarie e ad altre operazioni finanziarie (art. 27).

Alcuni strumenti non trovano alcun precedente negli strumenti internazionali previgenti: si pensi agli atti di indagine che implicano l'acquisizione di elementi di prova in tempo reale, in modo continuo e per un periodo determinato (art. 28), o i provvedimenti provvisori (capo VI - art. 32); pertanto troverà applicazione l'OEI, senza alcun effetto “sostitutivo” delle previgenti disposizioni sovranazionali.

Gli atti esclusi dall'ambito di operatività dell'OEI

Alcuni atti sono espressamente esclusi dalla Direttiva; in particolare la stessa non trova applicazione in relazione all'istituzione di una squadra investigativa comune e all'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra ai sensi dell'art. 13 della convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea e della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio eccetto ai fini dell'applicazione, rispettivamente, dell'art. 13, § 8 della convenzione e dell'art. 1, § 8 della decisione quadro (art. 3), né alle osservazioni transfrontaliere di cui alla convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (Considerando n. 9).

Un'ulteriore espressa esclusione è contenuta nell'art. 34, § 2 della direttiva, relativamente ai sequestri a fini di confisca, che continuavano pertanto ad essere disciplinati dalla D.Q. c.d. freezing, n. 2003/577/GAI, a far data dal 19 dicembre 2020 sostituita dal Regolamento 2018/1805 del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

Le difficoltà di delimitazione dell'area di operatività dell'OEI ha portato all'elaborazione di un documento congiunto di Eurojust e della Rete Giudiziaria europea (Note on the meaning of “corresponding provisions” and the applicable legal regime in case of delayed transposition of the EIO Directive), redatto con il contributo degli esperti dei diversi Stati membri, nel quale è stato fornito un elenco di attività che devono ritenersi escluse dall'area di operatività dell'OEI, ed in particolare:

- la notifica degli atti del procedimento penale, che trova specifica disciplina nel titolo III della Convenzione di assistenza del 1959, come integrata dall'art. 52 CAAS e, successivamente, dall'art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 2000;

- lo scambio spontaneo di informazioni: tale attività, non contemplata dalla Direttiva 2014/14/UE, trova invero specifica disciplina nell'art. 7 della Convenzione di Bruxelles del 2000;

- il trasferimento dei procedimenti penali, la cui disciplina è pertanto quella dettata dall'art. 21 della Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del Consiglio d'Europa, come integrata dall'art. 6 della Convenzione di Bruxelles del 2000;

- le restituzioni di beni alle parti offese del reato e i sequestri disposti con tale finalità;

- i sequestri esclusivamente finalizzati alla confisca ed i provvedimenti di confisca, per i quali continuavano pertanto a trovare applicazione il d.lgs. n. 35/2016 e n. 137/2015 che attuavano, rispettivamente, la Decisione quadro 2003/577/GAI relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti giudiziari di blocco e sequestro dei beni e la Decisione quadro 2006/783/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, entrambe sostituite dal Regolamento 2018/1805, in vigore dal 19 dicembre 2020;

- lo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziale, rispetto al quale continuano a trovare applicazione le decisioni quadro in tema di casellario giudiziario europeo (2009/315/GAI e 2009/316/GAI), attuate con il d.lgs. n. 74/2016 e n. 75/2016 (ECRIS);

- Le osservazioni transfrontaliere, espressamente escluse dal considerando n. 9 della Direttiva 2014/41/UE, che continueranno ad essere disciplinate dagli artt. 40 e 41 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen.

La decorrenza dell'effetto sostitutivo della direttiva OEI

L'art. 34, §§ 1 e 2 della Direttiva individua la data del 22 maggio 2017 (la stessa indicata dall'articolo 36 come termine per il recepimento) come dies a quo dell'effetto sostitutivo delle corrispondenti disposizioni contenute nelle fonti sopra elencate (Montaldo, La scadenza del termine di recepimento della direttiva 2014/41/UE sull'ordine europeo di indagine penale e la sostituzione delle "disposizioni corrispondenti" della convenzione di assistenza giudiziaria tra gli Stati membri del 2000: spunti per la ricostruzione di un quadro normativo complesso, in Dir. Unione europea, 2017, n. 2, 28.).

Le richieste ricevute prima della predetta data continueranno pertanto ad essere disciplinate dagli strumenti previgenti. Analoga regola, mutatis mutandis, deve applicarsi alle richieste di sequestro probatorio adottate in base alla decisione quadro 2003/577/GAI e ricevute prima del 22 maggio 2017 (art. 35 della Direttiva).

La direttiva non contempla espressamente l'ipotesi del mancato recepimento dell'OEI da parte degli Stati Membri nel termine previsto (22 maggio 2017), e ciò ha portato a molteplici problemi interpretativi in ordine al regime transitorio.

La lettera della norma, che parla di sostituzione e non di abrogazione delle corrispondenti previsioni, induce a ritenere percorribile una soluzione ermeneutica che renda possibile una sopravvivenza degli strumenti previgenti. La scelta del verbo replaces in luogo del verbo abolishes o abrogates, come evidenziato nella circolare del 26 ottobre 2017 del Ministero della Giustizia “indica che il nuovo strumento normativo non travolgerà la previgente regolazione dei rapporti di assistenza prima che gli Stati membri interessati abbiano trasposto nei rispettivi ordinamenti le nuove disposizioni. Le convenzioni multilaterali e la decisione quadro in tema di sequestro probatorio continueranno dunque a trovare applicazione nei rapporti tra l'Italia e i numerosi Paesi dell'Unione che, pur avendo aderito alla direttiva sull'ordine europeo di indagine penale, non l'hanno ancora recepita nell'ordinamento interno”.

La maggioranza degli Stati Membri consultati dal Segretariato della Rete giudiziaria europea (EJN) e da Eurojust si sono espressi in favore di tale soluzione conservativa, per scongiurare gli effetti paradossali di una interpretazione rigorosamente letterale, che avrebbe potuto portare a ritenere decaduti gli strumenti previgenti alla scadenza del 22 maggio 2017, con conseguente inaccettabile regressione ai principi della cortesia internazionale e della reciprocità nei rapporti tra gli Stati Membri dell'Unione europea.

Tale interpretazione (definita, nel documento congiunto Eurojust – Rete Giudiziaria Europea al quale si è fatto prima riferimento, quale “practical, teleological interpretation”), certamente più conforme alla ratio sottesa all'adozione della Direttiva - che è quella di migliorare ed agevolare la cooperazione penale degli stati Membri - corrisponde, d'altro canto, a quella già adottata dalla Corte di giustizia dell'Unione in relazione all'analoga previsione dell'art. 31, § 1 della decisione quadro istitutiva del mandato di arresto europeo (cfr. Decisione C-296/08 PPU, Goicoechea.).

Quindi, nei rapporti con i Paesi Membri dell'Unione europea che non abbiano ancora implementato l'OEI, deve farsi ricorso agli strumenti sovranazionali esistenti ed in vigore per entrambi i Paesi al momento della richiesta di cooperazione.

La disciplina interna. Autorità competenti per il riconoscimento e l'esecuzione dell'OEI

Il d.lgs. n. 108/2017 prevede che organo deputato alla verifica di ammissibilità ed all'esecuzione delle richieste formulate con ordine europeo di indagine penale è il procuratore della Repubblica presso il capoluogo del distretto nel quale devono essere compiuti gli atti richiesti (art. 4). Nel caso di pluralità di atti da compiersi in diversi distretti è prevista la competenza dell'ufficio del Procuratore distrettuale competente per il maggior numero di atti o, in caso di egual numero, a quello nel cui distretto devono compiersi gli atti di maggiore importanza investigativa.

Quando l'autorità di emissione ha richiesto che l'atto sia compiuto dal Giudice o quando ciò è imposto dalla legge italiana in ragione della natura dell'atto stesso, il procuratore distrettuale competente investirà il Giudice per le indagini preliminari che, ricevuta a richiesta, autorizzerà l'esecuzione (art. 5).

Il procuratore distrettuale dovrà comunicare all'Autorità di emissione, entro il termine di 7 giorni, l'avvenuta ricezione dell'OEI, utilizzando il modulo dell'allegato B).

Dovrà inoltre trasmettere al Ministro della Giustizia copia dell'OEI, informando il Procuratore Nazionale antimafia ed antiterrorismo, ai fini del coordinamento investigativo, quando si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p.

Il decreto di riconoscimento dell'OEI deve essere emesso entro il termine (ordinatorio) di 30 giorni o il più breve termine eventualmente indicato dall'autorità di emissione, quando sussistono ragioni di urgenza o di necessità.

Nel termine di 90 giorni successivi al decreto di riconoscimento deve darsi esecuzione agli atti richiesti.

La verifica finalizzata al riconoscimento dovrà riguardare:

a) Legittimazione dell'autorità emittente: a tal fine dovrà verificarsi quanto indicato nei riquadri sub F, K e L del modello A, dedicate al tipo di procedimento per il quale è emesso l'OEI, ai dati dell'autorità che ha emesso l'OEI, nonché a quelli dell'autorità giudiziaria che ha convalidato l'OEI (ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. a) il riconoscimento e l'esecuzione di un OEI emesso da un'Autorità giudiziaria o anche da un'Autorità amministrativa e convalidato dall'Autorità giudiziaria). Tali informazioni dovranno essere comparate con quelle risultate dalle dichiarazioni depositate dagli Stati membri ai sensi dell'art. 33, § 1 lett. a);

b) Insussistenza dei motivi di rifiuto di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 108/2017 (sostanzialmente corrispondenti a quelli previsti dall'art. 11 della Direttiva):

- Incompletezza, manifesta erroneità, incoerenza e incongruità delle informazioni contenute nell'OEI (lett. a);

- Immunità riconosciute dallo Stato italiano che limitano o impediscono l'esercizio o il proseguimento dell'azione penale nei confronti della persona per cui si procede (lett. b);

- Pregiudizio per la sicurezza nazionale (lett. c);

- Ne bis in idem (lett. d);

- Incompatibilità dell'atto richiesto con i principi e i diritti fondamentali (lett. e);

- Doppia incriminazione salvo eccezioni (lett. f e comma 2); per detta verifica deve prescindersi dal nomen juris e dalla perfetta corrispondenza con la fattispecie interna (è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato: cfr., da ultimo, Cass.VI, n. 22249/2017); la regola della doppia incriminabilità incontra diverse deroghe; in primo luogo l'art. 9, comma 5 della normativa interna esclude dall'operatività della regola della doppia incriminazione diversi atti: in particolare l'acquisizione dei verbali di prove di altro procedimento, l'acquisizione di informazioni contenute in banche dati accessibili all'autorità giudiziaria, l'audizione della persona informata sui fatti, del testimone, del consulente o del perito, della persona offesa, nonché della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato presenti nel territorio dello Stato, degli atti di indagine che non incidano sulla libertà personale e sul diritto all'inviolabilità del domicilio, dell'identificazione di persone titolari di uno specifico numero telefonico o di un indirizzo di posta elettronica o di un indirizzo IP).

Il secondo ambito della deroga riguarda le 32 categorie di reato previste dall'art. 11 della normativa interna, che ricalca l'allegato D della direttiva e che, ove sanzionate nello Stato di emissione con una pena non inferiore nel massimo a tre anni o con una misura di sicurezza detentiva, obbligano lo Stato di esecuzione a prestare assistenza a prescindere dalla doppia incriminazione.

In proposito va rammentato che la giurisprudenza, in relazione all'analoga previsione di cui all'art. 8 della l. n. 69/2005 sul mandato di arresto europeo, ha in diverse occasioni affermato il principio secondo cui l'elencazione dei reati non è indicativa di una specifica qualificazione giuridica dei fatti, ma dell'appartenenza ad una categoria di delitti, definita secondo una tecnica descrittiva che tiene conto della necessità di rendere comprensibile l'oggetto del procedimento penale nei rapporti tra ordinamenti diversi dell'Unione europea (Cass. VI, n. 43536/2014 che riporta CGUE 3 maggio 2007, in causa C-303/05).

c) Proporzionalità.

L'art. 7 del decreto interno prevede che “l'atto non è proporzionato se dalla sua esecuzione può derivare un sacrificio ai diritti e alle libertà dell'imputato o della persona sottoposta alle indagini o di altre persone coinvolte nel compimento degli atti richiesti, non giustificato dalle esigenze investigative o probatorie del caso concreto, tenuto conto della gravità dei reati per i quali si procede e della pena per essi prevista”.

Il difetto di proporzionalità non può tuttavia comportare, di per sé, il rifiuto del riconoscimento o dell'esecuzione.

Il decreto di attuazione contiene inoltre specifiche disposizioni inoltre in materia di trasferimento delle prove acquisite (art. 12), di impugnazioni (art. 13) e, soprattutto, come accennato in precedenza, una dettagliata disciplina di alcuni atti, conformemente alle previsioni della direttiva 2014/14/UE.

In merito alle impugnazioni, Cass. VI, n. 24048/2022 ha precisato che il rimedio dell'opposizione al decreto di riconoscimento del pubblico ministero, disciplinato dall'art. 13 del d.lgs. n. 108/2017, va qualificato come mezzo di impugnazione in senso tecnico, soggetto al generale principio devolutivo, con la conseguenza che i "motivi nuovi" devono investire soltanto i capi o i punti della decisione già enunciati nell'atto di opposizione.

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