Richiesta di non convalida del D.A.Spo. (l. n. 401/1989)InquadramentoLa l. n. 401/89 ha introdotto misure di prevenzione specifiche per il settore delle manifestazioni agonistiche volte, in particolare, a prevenire il manifestarsi della c.d. violenza antisportiva. Trattasi del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive (c.d. Da.Spo.) e dell'obbligo di comparizione personale presso l'ufficio o il comando di polizia. La prima viene applicata dal Questore del luogo ove si sono verificate le manifestazioni di pericolosità sociale dell'interessato e deve essere convalidata entro 48 ore dal Giudice per le Indagini Preliminari competente per territorio. Il sistema volto a prevenire episodi di violenza nell'ambito di avvenimenti sportivi prevede, attualmente, che ai sensi dell'art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 il questore possa disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive nonché possa interdire l'accesso ai luoghi, specificamente indicati, adibiti alla sosta, al transito, al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. Il comma 2 del citato art. 6 consente, poi, al questore di prescrivere, tenuto conto dell'attività lavorativa del proposto, l'obbligo - accessorio e strumentale alla precedente misura - di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati, nell'ufficio o nel comando di polizia nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per cui opera il divieto di cui al precedente comma 1. Esistono, quindi, un D.A.Spo. di competenza dell'autorità amministrativa, un D.A.Spo. per così dire “giudiziario” (accessorio a una sentenza di condanna per reati connessi a manifestazioni sportive, che può essere disposto per il periodo da 2 a 8 anni, così come l'obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di Polizia, unitamente all'eventuale ulteriore pena accessoria di effettuazione di servizi socialmente utili), un D.A.Spo. preventivo (svincolato dall'accertamento di reati e, come si è già detto, destinato a chi, “sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse”) e infine un D.A.Spo. “internazionale” (provvedimento di divieto di assistere a manifestazioni sportive all'estero o comminato dalle competenti autorità di Paesi membri dell'UE in relazione a competizioni che si svolgono in Italia). La dottrina ritiene che tra le due misure vi sia piena autonomia concettuale, nel senso che all'imposizione del divieto di accesso non deve necessariamente far seguito anche la prescrizione dell'obbligo di presentazione al posto di polizia, la cui contestuale applicazione dipende, in sostanza, dall'esito del vaglio in ordine alla maggiore o minore pericolosità sociale del destinatario formulato dal Questore. Per consolidata giurisprudenza, inoltre, si afferma che tra il provvedimento questorile di cui all'art. 6 e quello emesso dal Giudice ai sensi dell'art. 8 della stessa l. n. 401 vi è completa indipendenza, con conseguente piena compatibilità dei due istituti; peraltro, mentre il divieto di accesso ai luoghi in cui si tengono le manifestazioni sportive attiene alla libertà di circolazione, l'obbligo di presentazione alla P.S. afferisce, invece, più direttamente alla libertà personale. Si tratta, quindi, di due misure reciprocamente autonome e ciò comporta che il provvedimento che irroga l'obbligo di comparizione deve contenere l'indicazione specifica delle competizioni sportive per le quali opera la citata prescrizione, nonché la durata dell'obbligo che, come si evince dal successivo comma 5 dell'art. 6, deve essere ragionevolmente commisurata alle esigenze che lo giustificano e non può essere inferiore a un anno, né superiore a cinque. Di recente la Suprema Corte (Cass. n. 13675/2022) ha specificato che “in tema di misure volte a prevenire la violenza in occasione di competizioni sportive, le prescrizioni del divieto di accedere ai luoghi sede di manifestazioni sportive e dell'obbligo di presentarsi negli uffici di polizia disposte dal Giudice con la sentenza di condanna ex art. 6, comma 7, della l. n. 401/1989, hanno una propria autonomia e una differente efficacia, priva di profili di irragionevolezza, posto che la prima, sostanziandosi in un "non facere", ha immediata esecutività, mentre la seconda, riguardando un "facere", acquista esecutività solo al passaggio in giudicato della sentenza. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta l'affermata esclusione della possibilità di detrarre, dalla durata dell'obbligo di comparizione, il periodo di sottoposizione al divieto di accesso)”. Sotto il profilo soggettivo, va ricordato che l'obbligo di comparizione può essere adottato solo nei confronti di soggetti ai quali sia già stata applicata la misura del divieto di accesso di cui all'art. 6, comma 1; atteso il carattere tassativo delle ipotesi previste dalla legge, l'obbligo di comparizione non può essere disposto nei confronti di chi abbia partecipato a manifestazioni di protesta occasionate dalla temuta adozione di provvedimenti legislativi volti a prevenire episodi di violenza negli stadi. Pertanto la prescrizione di comparizione personale richiede un provvedimento giurisdizionale di convalida dell'operato dell'autorità di P.S. da parte del G.I.P. competente per territorio. La normativa è stata inasprita per effetto del c.d. decreto sicurezza bis, d.l. n. 53/2019, vigente dal 15 giugno 2019 e convertito con modificazioni per effetto della legge n. 77 dell'8 agosto 2019 La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito, inoltre, come nell'ambito del c.d. "daspo giudiziario", è previsto un differente regime applicativo delle due prescrizioni che il Giudice è tenuto a disporre: l'art. 6, comma 7, l. n. 401/1989, infatti, prevede che "il capo della sentenza non definitiva che dispone il divieto di accesso nei luoghi di cui al comma 1, è immediatamente esecutivo", mentre per l'obbligo di comparizione vale la regola generale, secondo cui l'esecuzione della relativa statuizione ha luogo solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Dunque, nel c.d. "daspo giudiziario", si verifica una scissione degli effetti delle prescrizioni da applicare, nel senso che il divieto di accedere alle manifestazioni sportive opera eccezionalmente dal momento dell'emissione della sentenza di condanna, mentre l'obbligo di comparizione diventa efficace solo dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile, per cui le due prescrizioni, a differenza di quanto avviene nel c.d. "daspo amministrativo", sono tra loro non contestuali. Deve escludersi che dalla durata dell'obbligo di comparizione possa "scomputarsi" il periodo in cui il destinatario della misura in esame sia stato già sottoposto, per effetto della sua immediata applicabilità, al divieto di accedere alle manifestazioni sportive, trattandosi di due prescrizioni non tra loro sovrapponibili. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive, infatti, è una misura inibitoria che si sostanzia essenzialmente nell'imposizione di un "non facere", laddove l'obbligo di comparizione pone a carico del suo destinatario un comportamento attivo, dunque "un facere", ricollegato alla disputa di determinati eventi sportivi. Ora, se è vero che generalmente l'obbligo di comparizione presuppone il divieto di accedere a manifestazioni sportive e non viceversa, e se è vero altresì che nel c.d. "daspo amministrativo" l'obbligo di comparizione normalmente si affianca al divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive senza alcuno sfasamento temporale, è altrettanto vero, tuttavia, che le due prescrizioni possono sia coesistere, sia avere tempi di esecuzione differenti, senza che possa ipotizzarsi una sorta di "presofferto" di una prescrizione rispetto all'altra (Cass. III, n. 13675/2022). FormulaAL TRIBUNALE PENALE DI ... ... SEZIONE Ufficio del Giudice dell'udienza preliminare [1] Richiesta di non convalida del D.A.Spo. *** Il sottoscritto Avv. ..., con studio in ..., via ..., difensore di fiducia/ufficio di 1. ..., nato a ... il ...; 2. ..., nata a ... il ...; nei cui confronti è stato emesso in data ... provvedimento applicativo della misura del Divieto di avvicinamento alle seguenti manifestazioni sportive ... RICHIEDE Alla S.V. la non convalida del citato provvedimento per le seguenti ragioni in fatto e in diritto: 1) incompetenza dell'autorità che ha emesso il provvedimento, perché le condotte rilevanti ai fini del giudizio di pericolosità sociale dell'interessato si sono verificate in luogo diverso rispetto a quello in cui ha sede l'ufficio del Questore che ha emesso il divieto di accesso; 2) mancata comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento amministrativo (la procedura amministrativa tendente all'emanazione del D.A.Spo. deve seguire necessariamente le regole generali dei procedimenti amministrativi, al fine di garantire il diritto di difesa dell'interessato, al quale deve quindi essere sempre comunicato l'avviso di avvio della procedura, pena l'invalidità del provvedimento; ciò salvo che non ricorrano specifici motivi di celerità ed urgenza, che dovranno quindi essere sufficientemente motivati, per giustificare la mancata comunicazione); 3) difetto di motivazione del provvedimento (il provvedimento del Questore è carente in ordine all'indicazione dei presupposti necessari alla sua adozione: - sussistenza degli elementi indiziari in base ai quali il fatto-reato posto a fondamento del provvedimento viene collegato al soggetto (fumus di attribuibilità delle condotte addebitate); - fatto-reato riconducibile alle ipotesi previste dalla l. 401/1989 e successive modifiche (riconducibilità delle condotte alle ipotesi previste dalla normativa, così come recentemente modificata); - pericolosità del soggetto concreta ed attuale per l'ordine e la sicurezza pubblica (la pericolosità sociale dell'individuo deve essere desunta non solo dalle circostanze di tempo e di luogo inerenti ai fatti-eventi posti alla base della misura, nonché dalla condotta tenuta dall'interessato nella circostanza, ma anche da altri elementi oggettivi (precedenti penali e giudiziari, recenti denunce per gravi reati, tenore di vita, frequentazione con pregiudicati, eventuali procedimenti penali in corso, eccetera); - ragioni di necessità ed urgenza (le ragioni di necessità ed urgenza di un provvedimento devono sempre essere motivate sia per ovviare alle eccezioni sulla eventuale mancata comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento amministrativo ai sensi della l. n. 241/1990, che per giustificare l'emissione da parte dell'autorità di P.S. dell'obbligo di presentazione all'ufficio di polizia, in quanto atto restrittivo della libertà personale del soggetto di cui all'art. 13 della Costituzione); 4) violazione di legge per indeterminatezza: il divieto di accesso alle manifestazioni sportive deve indicare specificatamente ed esaustivamente tutte le competizioni per le quali vige la misura interdittiva; il presente provvedimento invece non individua dette manifestazioni in modo da renderle conoscibili all'interessato (indicando con maggiori elementi possibili le competizioni vietate, nazionali e/o internazionali, professionali e/o amichevoli, solo di un club, di tutti i club e/o della nazionale italiana, solo sul territorio nazionale e/o anche all'estero); 5) decorrenza dei termini previsti per la convalida: la richiesta di convalida è stata trasmessa dal P.M. al G.I.P. oltre le 48 ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, ovvero il G.I.P. non ha provveduto sulla convalida entro le successive 48 ore; 6) violazione del diritto di difesa per mancata comunicazione all'interessato della facoltà di presentare memorie o deduzioni al G.I.P. preliminare competente per la convalida: la giurisprudenza sul punto risulta assolutamente costante nel ritenere che la mancanza nel provvedimento dell'avviso all'interessato della facoltà di presentare memorie o deduzioni al G.I.P. determini una violazione del diritto di difesa del medesimo, con conseguente nullità ex art. 178, lett. c) del c.p.p., sia del provvedimento del questore, che della successiva ordinanza di convalida. Luogo e data ... Firma ... 1. In difetto di una norma esplicita, la giurisprudenza individua quale Questore territorialmente competente quello del luogo in cui si sono verificati i fatti che hanno originato il provvedimento interdittivo; la stessa competenza opererà anche per il G.I.P. preposto alla convalida. CommentoLe misure antiviolenza in occasione delle manifestazioni sportive La disciplina introdotta con l. n. 401/1989 ha, fin dalla sua entrata in vigore, suscitato l'attenzione degli interpreti del diritto per la sua struttura articolata e per la previsione di strumenti di intervento potenzialmente molto limitativi della libertà personale che ha imposto di verificarne la compatibilità con l'architettura delle garanzie costituzionali; la Suprema Corte, allineandosi alle posizioni espresse dalla prevalente dottrina, ha inquadrato le misure de quibus all'interno del sistema di prevenzione, pur riconoscendo loro caratteri di assoluta peculiarità. Si segnala il recente intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha ritenuto che il provvedimento che vieta al tifoso di assistere a competizioni sportive previsto dalla legislazione croata (del tutto simile, come gli stessi giudici di Strasburgo rilevano, a quello italiano) non costituisce una sanzione penale ai sensi della Convenzione EDU, stante la sua funzione eminentemente preventiva; pertanto, la misura in questione può essere disposta anche in relazione ai medesimi fatti di reato che hanno già comportato l'irrogazione nei confronti del medesimo soggetto di una vera e propria pena, senza che ciò dia luogo a una violazione del divieto del ne bis in idem (cfr. decisione CEDU, I Sezione, dell'8 novembre 2018, Serazin c. Croazia). Il concetto di pericolosità sociale preso in considerazione nell'ambito della disciplina in esame è, comunque, del tutto peculiare rispetto a quello ritenuto necessario per le ordinarie misure ante delictum dal momento che riguarda, nella maggior parte dei casi, soggetti che hanno una vita di relazione estranea a circuiti criminali. Il sistema volto a prevenire episodi di violenza nell'ambito di avvenimenti sportivi prevede, attualmente, che ai sensi dell'art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 il questore possa disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive nonché possa interdire l'accesso ai luoghi, specificamente indicati, adibiti alla sosta, al transito, al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime. Il comma 2 del citato art. 6 consente, poi, al questore di prescrivere, tenuto conto dell'attività lavorativa del proposto, l'obbligo - accessorio e strumentale alla precedente misura - di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati, nell'ufficio o nel comando di polizia nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per cui opera il divieto di cui al precedente comma 1. Esistono, quindi, un D.A.Spo. di competenza dell'autorità amministrativa, un D.A.Spo. per così dire “giudiziario” (accessorio a una sentenza di condanna per reati connessi a manifestazioni sportive, che può essere disposto per il periodo da 2 a 8 anni, così come l'obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di Polizia, unitamente all'eventuale ulteriore pena accessoria di effettuazione di servizi socialmente utili), un D.A.Spo. preventivo (svincolato dall'accertamento di reati e, come si è già detto, destinato a chi, “sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse”) e infine un D.A.Spo. “internazionale” (provvedimento di divieto di assistere a manifestazioni sportive all'estero o comminato dalle competenti autorità di Paesi membri dell'UE in relazione a competizioni che si svolgono in Italia). La dottrina ritiene che tra le due misure vi sia piena autonomia concettuale, nel senso che all'imposizione del divieto di accesso non deve necessariamente far seguito anche la prescrizione dell'obbligo di presentazione al posto di polizia, la cui contestuale applicazione dipende, in sostanza, dall'esito del vaglio in ordine alla maggiore o minore pericolosità sociale del destinatario formulato dal Questore. Per consolidata giurisprudenza, inoltre, si afferma che tra il provvedimento questorile di cui all'art. 6 e quello emesso dal Giudice ai sensi dell'art. 8 della stessa l. 401 vi è completa indipendenza, con conseguente piena compatibilità dei due istituti; peraltro, mentre il divieto di accesso ai luoghi in cui si tengono le manifestazioni sportive attiene alla libertà di circolazione, l'obbligo di presentazione alla P.S. afferisce, invece, più direttamente alla libertà personale. Si tratta, quindi, di due misure reciprocamente autonome e ciò comporta che il provvedimento che irroga l'obbligo di comparizione deve contenere l'indicazione specifica delle competizioni sportive per le quali opera la citata prescrizione, nonché la durata dell'obbligo che, come si evince dal successivo comma 5 dell'art. 6, deve essere ragionevolmente commisurata alle esigenze che lo giustificano e non può essere inferiore a un anno, né superiore a cinque. Sotto il profilo soggettivo, va ricordato che l'obbligo di comparizione può essere adottato solo nei confronti di soggetti ai quali sia già stata applicata la misura del divieto di accesso di cui all'art. 6, comma 1; atteso il carattere tassativo delle ipotesi previste dalla legge, l'obbligo di comparizione non può essere disposto nei confronti di chi abbia partecipato a manifestazioni di protesta occasionate dalla temuta adozione di provvedimenti legislativi volti a prevenire episodi di violenza negli stadi. Pertanto la prescrizione di comparizione personale richiede un provvedimento giurisdizionale di convalida dell'operato dell'autorità di P.S. da parte del G.I.P. competente per territorio. Da segnalare che la l. n. 120/2022, c.d. Riforma Cartabia, ha esteso esplicitamente l'operatività della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) stabilendo che «L'offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede: 1) per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive” (aggiornamento del 9 gennaio 2023) L'ambito soggettivo di applicazione Destinatari della misura, ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 6 della l. n. 401/1989, sono: a) coloro che hanno subito denuncia o sono stati condannati, anche con sentenza non definitiva, negli ultimi cinque anni per aver portato fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa oggetti di cui all'art. 4, commi 1 e 2, della l. n. 110/1975, ovvero strumenti che pur non essendo concepiti per offendere la persona, possono essere utilizzati a tale scopo; dato il carattere tassativo delle ipotesi di reato rilevanti ai fini dell'applicabilità della l. n. 401/1989, si ritiene che l'inottemperanza a un'ordinanza prefettizia con cui si inibisce ai tifosi di una squadra la presenza a una competizione agonistica non costituisce presupposto per l'imposizione delle descritte misure e parimenti non si reputa rilevante la violazione dell'art. 650 c.p.; b) coloro che hanno subito denuncia o sono stati condannati per aver violato il precetto stabilito dall'art. 5 della l. n. 122/1975, concernente il divieto di utilizzare senza giustificato motivo caschi protettivi o qualsiasi altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico (anche in riferimento a tale categoria soggettiva parte della dottrina ha sostenuto che, anche se tale collegamento non trova conferma nella lettera della legge, la condotta criminosa presupposta debba essere agganciata a una competizione sportiva in quanto ciò sarebbe ineludibile in riferimento al giudizio di pericolosità sociale che compete al Giudice della convalida); c) coloro che sono stati denunciati o hanno subito condanna per aver violato il disposto dell'art. 2, comma 2, della l. n. 205/1993, che prevede il divieto di accedere a luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con emblemi o simboli propri o usuali di organizzazioni, associazioni o gruppi che si propongono l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; la giurisprudenza ha poi precisato che vanno comprese nel novero delle fattispecie rilevanti anche manifestazioni oltraggiose svoltesi all'esterno degli stadi e costituenti manifestazioni di tifo violento; d) coloro che abbiano subito denuncia o condanna per aver “preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che, nelle medesime circostanze, abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza in modo da creare pericolo per le persone nei luoghi ove si tengono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati al transito, al trasporto o alla sosta di coloro che partecipano o assistono alle competizioni, o per aver superato indebitamente la recinzione dell'impianto o invaso il terreno di gioco, se da tale condotta sia derivato un pericolo concreto per le persone” (sul punto va precisato che la giurisprudenza ha interpretato la dizione normativa in senso restrittivo, ritenendo non rientranti in essa le frasi, i cori e gli striscioni offensivi o genericamente provocatori, in quanto non può essere eccessivamente compresso il diritto a manifestare la propria opinione, che può contemplare anche l'offesa e l'indiretta induzione alla violenza, né l'introduzione nello stadio senza biglietto, qualora ciò non provochi disordini o proteste e non abbia ostacolato l'accesso degli spettatori); e) coloro che siano stati sorpresi in possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive (in relazione a tale categoria, prima che la novella del 2007 ammettesse in modo esplicito l'applicabilità delle misure in esame anche nell'ipotesi dell'art. 6-ter della medesima legge, si era in giurisprudenza osservato che la denuncia per possesso ingiustificato di “artifici fumogeni” poteva integrare la contravvenzione di cui all'art. 6-ter della l. n. 401, ma non legittimava l'irrogazione della citata misura di prevenzione che aveva tra i suoi presupposti, quindi, la denuncia per il reato di lancio di corpi contundenti o artifici pirotecnici di cui all'art. 6-bis e non anche quella per il loro semplice possesso, evidentemente non ritenuto di per sé sintomatico di particolare pericolosità “antisportiva”, a differenza del lancio degli stessi oggetti); f) coloro che “sulla base di elementi oggettivi” risultano avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse (art. 6, comma 1, primo periodo). Infine, le misure del divieto di accesso e dell'obbligo di comparizione possono essere altresì disposte nei casi di cui all'art. 6, comma 7, della legge citata; esse sono anche irrogate, per esplicita indicazione di legge, con la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti o con sospensione condizionale della pena. Deve essere poi sottolineato che le misure preventive in esame operano su un piano diverso rispetto alle sanzioni adottate dalla c.d. “giustizia sportiva” giacché essa agisce con solo riferimento ai soggetti “tesserati”, laddove le misure de quibus concernono tutti gli individui in generale; per altro verso, deve essere escluso che acquisiscano rilievo ai fini della normativa in analisi quei comportamenti intimamente collegati con la pratica sportiva e finalisticamente connessi a essa, che al contrario costituiscono oggetto di vaglio delle autorità sportive. In generale, si è chiarito che il provvedimento del Questore impositivo dell'obbligo di presentazione all'autorità di P.S. di cui all'art. 6 della l. n. 401/1989 presuppone che il destinatario sia stato denunciato o condannato per uno tra gli specifici reati ivi indicati, ovvero che il medesimo abbia partecipato a episodi di violenza purché avvenuti in occasione di manifestazioni sportive, mentre deve essere annullata senza rinvio l'ordinanza di convalida di un provvedimento emesso in relazione alla partecipazione dell'interessato a manifestazioni di protesta occasionate dalla tenuta adozione di atti legislativi volti a prevenire e reprimere manifestazioni violente negli stadi. La riforma del 2007, con il chiaro intento di potenziare l'aspetto della prevenzione di episodi di violenza occasionati dallo svolgimento di avvenimenti sportivi, ha inciso in modo sensibile sui destinatari delle misure di cui all'art. 6, commi 1 e 2 della l. n. 401/1989, ampliandone il raggio di estensione. Come si è visto innanzi, infatti, il Legislatore, apportando modifiche all'art. 6 della l. n. 401/1989, con l'art. 2, lett. a), n. 1) della l. n. 41/2007 ha posto rimedio a una lacuna: tra i reati presupposto per l'emissione della misura preventiva del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive è stata fatta rientrare anche la previsione di cui all'art. 6-ter della l. n. 401/1989, ovvero il possesso di artifizi pirotecnici, la cui esclusione precedente dal lungo elenco, più volte aggiornato, non trovava alcuna ragionevole spiegazione. Inoltre, con l'art. 2, lett. a), n. 2) della l. n. 41/2007, il legislatore ha introdotto quale ulteriore categoria soggettiva di destinatari del divieto di accesso ai luoghi “chi, sulla base di elementi oggettivi, risulta avere tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse”. Il vero discrimine tra le predette ipotesi, che paiono comunque essere simili, è rappresentato dal fatto che in tale nuova circostanza l'autorità di P.S. prescinde dall'esistenza di una denuncia o di una sentenza di condanna, ancorché non definitiva, a carico dell'interessato in ragione di quei medesimi fatti, ampliandosi pertanto il sistema di prevenzione estendendo la rilevanza ai fini dell'applicabilità delle misure in analisi a tutti i comportamenti, che, pur connotati dal carattere della violenza o essendo tali da poter determinare un pericolo per l'ordine pubblico, non integrano fattispecie penalmente rilevanti. Il legislatore, al fine di prevenire il fenomeno del c.d. “bagarinaggio” e il reiterato ingresso negli impianti ove si svolgono le manifestazioni sportive in violazione del rispettivo regolamento d'uso, ha previsto che nei confronti degli autori di tali contravvenzioni possano essere disposti il divieto e le prescrizioni di cui all'art. 6 della l. n. 401/1989. Le ipotesi sono regolate dall'art. 1, comma 4, d.l. n. 162/2005, convertito con modificazioni dalla l. n. 210/2005 che ha aggiunto l'art. 1-sexies, dopo l'art. 1-quinquies del d.l. n. 28/2003, convertito con modificazioni dalla l. n. 88/2003, e dall'art. 5, d.l. n. 8/2007, convertito con modificazioni nella l. n. 41/2007, che ha introdotto ulteriori modifiche al successivo art. 1-septies del d.l. n. 28/2003. Ci si trova di fronte a due ipotesi in cui per l'adozione delle misure in esame si prescinde dalla sussistenza dei presupposti contenuti, in modo generale, nel citato art. 6 della l. 401/1989 ed emerge, stante l'estrema genericità del disposto in entrambi i casi, in modo evidente come si subordini l'irrogazione delle stesse a una valutazione del tutto discrezionale operata dal questore, valutazione che potrà essere fonte di disparità di trattamento nei singoli casi concreti, senza che ciò possa, di converso, essere sanzionato davanti alla competente autorità amministrativa nel caso di cui al divieto di accesso ovvero in sede di convalida del G.I.P. nel caso dell'obbligo di comparizione, essendo assai vago nell'articolato normativo il riferimento alle condizioni minime in presenza delle quali l'autorità di P.S. è chiamata ad applicare tali misure. L'art. 2 del d.l. n. 119/2014 ha esteso la platea dei soggetti destinatari del divieto di accesso ai luoghi anche a coloro che siano stati denunciati o condannati, pur se con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni, per il reato di cui all'art. 2-bis del d.l. n. 8/2007 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 41/2007 (violazione del divieto di esposizione di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie e minacce) e per uno dei delitti contro l'ordine pubblico e dei delitti di comune pericolo mediante violenza di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, c.p., nonché per i delitti di cui all'art. 380, comma 2, lettere f) ed h) c.p.p. (trattasi dei reati di rapina, estorsione e di quelli commessi in tema di sostanze stupefacenti e psicotrope ai sensi del d.P.R. n. 309/1990, salva l'ipotesi lieve di cui al comma 5 dell'art. 73). Va anche citato l'inserimento nell'art. 2-bis, comma 1 (divieto di striscioni o cartelli incitanti alla violenza), dopo le parole “l'introduzione o l'esposizione di striscioni e cartelli” delle seguenti parole “ovvero altre scritte o immagini”, disposizione che appare chiaramente finalizzata proprio a stigmatizzare, tra l'altro, il comportamento di chi in occasione di manifestazioni sportive esibisca non solo su striscioni o cartelli, ma anche su magliette (come purtroppo si è più volte osservato di recente) e bandiere, messaggi intrinsecamente qualificabili come portatori di ingiurie o minacce, ovvero che incitino alla violenza. Giova, infine, evidenziare che la l. n. 132/2018 di conversione del c.d. “decreto sicurezza”, all'art. 20, ha esteso il divieto di avvicinamento ex art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 anche nei confronti dei soggetti di cui all'art. 4, comma 1, lettera d), d.lgs. n. 159/2011, ovvero nei riguardi di coloro che siano indiziati di uno dei reati di cui all'art. 51, comma 3-bis c.p.p. (delitti, consumati o tentati, di cui agli artt. 416, commi 6 e 7, c.p., 416 c.p. realizzato allo scopo di commettere reati di favoreggiamento o sfruttamento dell'immigrazione clandestina, 416 c.p. realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli artt. 473, 474, 600, 601, 602, delitti puniti dagli artt. 416-bis, 416-ter, 452-quaterdecies e 630 c.p., per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis, ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'art. 74 del d.P.R. 309/1990 e dall'art. 291-quater del T.U. 43/1973) e a coloro che pongano in essere attività funzionali alla commissione di gravi reati, tra cui quelli connotati da finalità di terrorismo anche internazionale, ovvero a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'art. 270-sexies c.p. (i foreign fighters). Recentemente la Suprema Corte (Cass. n. 35481/2021) ha affermato che “In tema di misure volte a prevenire la violenza in occasione di competizioni sportive, è legittimo il provvedimento del questore che vieti l'accesso ai luoghi in cui si svolgono tali competizioni (c.d. D.A.Spo.) non solo nella qualità di spettatore ma anche in quella di partecipante alla competizione, a condizione che il destinatario del divieto non eserciti professionalmente l'attività sportiva, atteso che una diversa interpretazione dell'art. 6 della l. n. 401/1989, tale da consentire al provvedimento amministrativo di limitare un'attività lavorativa retribuita, risulterebbe in contrasto con gli artt. 1 e 35 Cost.” L'ambito oggettivo di applicazione A un ampliato e variegato panorama di possibili destinatari delle misure di prevenzione previste dalla l. n. 401/1989, come modificata dalla novella del 2007, corrisponde un immutato ambito spaziale di operatività in ragione del corretto e sufficiente campo di azione già individuato dalla medesima legge; il divieto di accesso, pertanto, è limitato ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, nonché a quelli adibiti alla sosta, al transito o al trasporto dei protagonisti o degli spettatori delle stesse. Tale formulazione è frutto dell'interpolazione operata dalla novella del 2001, considerato che le precedenti versioni dell'art. 6, l. n. 401/1989 utilizzavano il riferimento alle manifestazioni sportive per indicare le occasioni in cui il verificarsi dei fatti indicati poteva giustificare l'irrogazione della misura del divieto di accesso e, invece, si riferivano alle competizioni agonistiche per indicare i luoghi vietati, in seguito dell'emissione da parte del questore del provvedimento de quo, termine utilizzato, tra l'altro, anche nell'art. 5 della l. n. 401/1989 per riferirsi al divieto comminato a titolo di pena accessoria. Si era creata, in questo modo, una immotivata discrasia tra i luoghi in cui dover rilevare la pericolosità del singolo e quelli oggetto della successiva limitazione della loro libertà di movimento. Le parole manifestazioni sportive sono state sostituite alle parole competizioni agonistiche con la novella del 2001 (si tratta del d.l. n. 336/2001, conv. con modif. in l. n. 377/2001, che in sede di conversione ha disposto appunto la citata sostituzione) la quale ha chiarito i limiti oggettivi del divieto proprio in relazione alle difficoltà interpretative da attribuire alla locuzione competizioni agonistiche, dato che tale locuzione era utilizzata a fianco di altra che a prima vista poteva sembrare analoga, cioè manifestazioni sportive, già adoperata dall'art. 123 reg. TULPS. La citata novella, sostituendo l'espressione competizioni sportive proprio con quella di manifestazioni sportive ne ha dato la seguente definizione: “Per manifestazioni sportive ai sensi degli artt. 1 e 2, si intendono le competizioni che si svolgono nell'ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)”. Anche se in via generale deve ammettersi che ogni competizione sportiva ha natura agonistica in quanto tende ad attribuire la vittoria a chi, osservando le regole di comportamento stabilite per ogni disciplina, fornisce la migliore prestazione, tuttavia tale definizione è importante essenzialmente al fine di escludere dal divieto le manifestazioni ginniche non competitive: le misure di cui si tratta, pertanto, non potranno riferirsi a manifestazioni organizzate da autorità scolastiche o private, per scopi educativi, di pubblicità o di propaganda, malgrado queste pongano le stesse esigenze di prevenzione. Parimenti non rientrano nel novero di applicazione della normativa in esame le manifestazioni di carattere sportivo che non siano gestite dagli enti di cui all'art. 2-bis della l. n. 377/2001. Si esclude pertanto che le condizioni di applicabilità della disciplina in esame sussistano, ad esempio, durante un incontro tra amici, essendo del tutto carente l'interesse diffuso che spinge gli appassionati a seguire la competizione; in queste occasioni, eventuali comportamenti violenti saranno puniti seguendo le forme sostanziali e processuali ordinarie. Il medesimo ragionamento deve essere effettuato anche in ordine ai tornei a carattere localistico, che si rifanno a risalenti tradizioni come il Palio di Siena o la corsa dei ceri a Gubbio, certo caratterizzati da una accesa rivalità di quartiere, ma che, essendo sganciati dagli sport istituzionali, non sono previsti dalle federazioni nazionali o dal CONI. Il divieto non può, altresì, comprendere le competizioni agonistiche clandestine. Il procedimento applicativo L'autorità legittimata ad adottare tali misure è il questore il quale può, eventualmente, delegare la firma del provvedimento ad altro funzionario dell'ufficio centrale della Questura, ovvero autorizzare all'emissione del decreto la persona a cui sono attribuite le funzioni vicarie, nell'ipotesi di un suo impedimento. L'individuazione del Questore competente è peraltro essenziale, giacché in base ad essa verranno individuati sia il Pubblico Ministero che il G.I.P. competenti in sede di convalida del provvedimento questorile alla stregua dell'art. 6, comma 3, della l. n. 401/89; la legge, tuttavia, non indica alcun criterio di competenza per territorio e, quindi, la giurisprudenza di legittimità è intervenuta in funzione integratrice indicando, anche nelle più recenti decisioni, quale questore territorialmente competente quello del luogo in cui si sono verificati i fatti che hanno originato il provvedimento interdittivo. Contenuto e forma del decreto Il provvedimento di imposizione della prescrizione dell'obbligo di presentazione assume la forma del decreto ed è immediatamente comunicato al Procuratore della Repubblica territorialmente competente in relazione al circondario dove ha sede la Questura che procede, nonché notificato all'interessato che deve attenervisi a partire dalla prima manifestazione sportiva successiva al perfezionarsi di tale adempimento formale (art. 6, comma 2-bis, come modificato dall'art. 1, comma 1 lett. b), della l. n. 377/2001). Il Questore comunica, altresì, il nominativo delle persone sottoposte agli obblighi alle società sportive interessate alle competizioni agonistiche (art. 1-bis, comma 4, della l. n. 45/1995). La legge tace sull'obbligo della motivazione del provvedimento con il quale il Questore irroga la misura di cui all'art. 6 della l. n. 401/1989 e tace anche in ordine alla necessità o meno dell'accertamento della pericolosità sociale dei soggetti destinatari; invero deve affermarsi che sull'obbligo della motivazione non possono sorgere dubbi perché di norma la motivazione è necessaria in tutti gli atti amministrativi che contengono un comando o impongono un divieto che incide sui diritti del cittadino. Inoltre, la motivazione discende dalla necessità, espressamente prevista dalla legge, di determinare la durata del divieto e di indicare specificamente le competizioni alle quali si riferisce, i luoghi interessati alla sosta, al transito e al trasporto delle persone che partecipano, come protagonisti o come spettatori, alle competizioni. In proposito è stato, ad esempio, specificato che il questore ha l'obbligo di chiarire quali sono le competizioni alle quali si riferisce il divieto e anche la disciplina sportiva cui appartengono, mentre è stato ritenuto illegittimo il provvedimento mancante della determinazione della durata del divieto; anche in sede amministrativa, ha subito la stessa sorte - in quanto generico e indiscriminato - il divieto di accesso a tutti gli impianti sportivi sull'intero territorio nazionale. Invero, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 144/1997 ha imposto che, allorché venga disposta la comparizione personale, la notifica del provvedimento contenesse l'avviso all'interessato della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di un difensore, memorie o deduzioni al Giudice competente per la convalida. La Suprema Corte ha recentemente affermato che l'individuazione del termine essenziale di 48 ore a favore della difesa in vista del deposito di atti o memorie è frutto di un'interpretazione sistematica da parte dei giudici di legittimità nel senso che - in assenza di specifica disposizione normativa - è stato fissato il principio che la previsione di un termine per proporre deduzioni corrispondente a quello a disposizione del Pubblico Ministero rappresenta strumento indispensabile a garantire l'effettività del diritto dì difesa, particolarmente significativa in una materia che affetta la libertà personale e la disciplina dell'art. 13 Cost. Entro quarantotto ore dalla notifica dell'atto, infatti, la documentazione rilevante - trasmessa dal Questore al Procuratore della Repubblica - sarà da quest'ultimo inviata al G.I.P. in caso di richiesta di convalida, e sarà, quindi, consultabile per esercitare il diritto di difesa mediante la produzione di memorie o deduzioni al medesimo Giudice. Il giudizio di convalida La convalida del provvedimento emesso dal Questore ai sensi della l. n. 401/1989, art. 6 e succ. modif. l. n. 401/1989 - secondo quanto ha chiarito da tempo la Suprema Corte - è prescritta soltanto in relazione all'obbligo di presentazione presso l'ufficio di polizia, trattandosi di provvedimento che incide sulla sfera della libertà personale del soggetto interessato, e non anche ai divieti imposti dal Questore ai sensi del comma 1 della medesima disposizione che restano, pertanto, soggetti unicamente al regime ordinario di impugnazione degli atti amministrativi. Deve escludersi, pertanto, che il controllo del Giudice possa investire il contenuto delle prescrizioni che sono rimesse alla valutazione discrezionale del Questore, il quale agisce nell'esercizio dell'attività di prevenzione devolutagli dalla legge. In ordine al contenuto della motivazione, occorre precisare che se è vero che le Sezioni Unite - con la sentenza n. 44273/2004, Labbia - hanno statuito che, in sede di convalida del provvedimento emesso dal Questore ai sensi della l. n. 401/1989, il controllo di legalità del Giudice deve riguardare l'esistenza di tutti i presupposti legittimanti l'adozione dell'atto da parte dell'autorità amministrativa (ragioni di necessità e urgenza, pericolosità concreta ed attuale del soggetto, attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e loro riconducibilità alle ipotesi previste dalla legge), tuttavia secondo la giurisprudenza della Suprema Corte è legittima anche la motivazione della convalida per relationem attraverso il richiamo all'atto impugnato e alla richiesta del P.M., con indicazione della positiva revisione del percorso logico che ha indotto il provvedimento convalidato. In specie, la Suprema Corte ha precisato che debbano ricorrere, oltre all'attribuibilità al destinatario del provvedimento delle condotte addebitate e la loro riconducibilità a una delle ipotesi previste dall'art. 6 della l. n. 401/1989, le seguenti ulteriori condizioni: a) le ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il Questore ad adottare il provvedimento; b) la pericolosità concreta ed attuale del soggetto; c) la congruità della durata della misura. Si è anche precisato che l'urgenza non va rapportata al tempo dei fatti ascritti al ricorrente, cioè agli episodi di violenza che hanno fatto scattare la necessità della misura, ma va parametrata all'imminente profilarsi di un'occasione di reiterazione delle condotte violente: dunque, all'attualità o comunque prossimità temporale di competizioni sportive. Ciò in quanto il criterio informatore della norma speciale che autorizza il Questore a limitare - salvo il successivo tempestivo controllo giurisdizionale - la libertà di movimento del cittadino, è costituito dalla necessità di intervenire in situazioni potenzialmente pericolose per la sicurezza della collettività di imminente verificazione sì da rendere impossibile attendere una preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria. La motivazione sulla necessità di provvedere, inoltre, può dedursi logicamente dall'inaffidabilità del soggetto desumibile dalla stessa gravità della condotta da lui tenuta o dalla sua pericolosità, risultando palese in tali casi l'esigenza di garantire, con la prescrizione della presentazione in un ufficio di Polizia, l'osservanza del divieto di accedere agli stadi: in presenza di manifestazioni violente, infatti, difficilmente potrebbe considerarsi non necessaria la prescrizione dell'obbligo di presentazione per l'anzidetta finalità di garanzia nonché per prevenire il ripetersi di violenze. La motivazione sul requisito dell'urgenza si correla, ex art. 13 Cost., ai provvedimenti limitativi della libertà personale adottati dall'autorità amministrativa in via provvisoria e in attesa dell'intervento del Giudice; il provvedimento emanato dal Questore ai sensi della l. 401, art. 6 e succ. modif., però, è destinato ad avere esecuzione a decorrere dalla prima competizione sportiva successiva alla sua notificazione e deve essere convalidato entro 96 ore dalla notificazione medesima. La convalida, quindi, non può che rivestire la natura di pieno controllo di legalità sull'esistenza dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento da parte dell'autorità amministrativa, compresi quelli che la natura di misura di prevenzione richiede non differenziandosi, nella sostanza, da quello previsto per altri provvedimenti provvisori attribuiti alla competenza dell'autorità amministrativa (quale in particolare quello avente ad oggetto l'arresto operato dalla polizia). I presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento del questore, sulla cui sussistenza deve esplicarsi il controllo giudiziale sono stati individuati segnatamente: nel fumus di attribuibilità delle condotte alla persona sottoposta alla misura; nella riconducibilità di tali condotte alle ipotesi previste dalla norma; nelle ragioni di necessità ed urgenza che hanno indotto il questore ad adottare il provvedimento; nella valutazione di sussistenza della pericolosità del soggetto cui è applicata la misura (il Giudice della convalida dovrà in particolare verificare se i fatti indicati dal questore possano costituire indice sicuro della pericolosità intesa nella particolare accezione che risulta dal testo dell'art. 6 della l. n. 401/1989). Inoltre, il Giudice della convalida deve procedere alla valutazione circa la congruità della durata della misura, potendo, ove la ritenga eccessiva, ridurla. Come detto, il decreto questorile è “immediatamente” trasmesso all'ufficio di Procura, che effettua una delibazione sommaria in ordine al fumus della sussistenza dei presupposti che giustificano l'applicazione della misura restrittiva dell'obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia; qualora ritenga l'insussistenza delle condizioni di legge, il Procuratore non può motu proprio privare di efficacia il citato provvedimento, ma solo rinunciare alla richiesta di convalida, con decreto motivato. In caso contrario, formula richiesta di convalida della misura davanti al G.I.P. del tribunale territorialmente competente in relazione alla sede della questura che ha emesso la prescrizione. Si è posto, in dottrina e giurisprudenza, il problema se la richiesta di convalida debba essere o meno motivata: la giurisprudenza, in modo consolidato, ritiene che in effetti la richiesta di convalida non debba contenere una motivazione specifica (che è, invece, richiesta qualora il Pubblico Ministero non ritenga sussistenti i presupposti per la convalida) e che essa possa limitarsi a un richiamo per relationem al contenuto del decreto questorile (cfr. Cass. I, n. 26064/2003). La convalida da parte dell'A.G. è necessaria ad assicurare all'istituto de quo la compatibilità con l'art. 13 Cost.; nel caso di misura applicata a soggetto minorenne, la comunicazione deve essere inviata al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, competente in relazione al luogo in cui la ha sede la questura che ha emesso la misura di prevenzione, e la richiesta di convalida deve essere formulata al G.I.P. presso il tribunale per i minorenni. L'eventuale incompetenza dell'autorità adita costituisce causa di nullità dell'atto, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado e censurabile in cassazione con l'annullamento senza rinvio dell'atto e la conseguente perdita di efficacia del provvedimento amministrativo oggetto di convalida. Il procedimento deve essere attivato entro le 48 ore dalla notifica della prescrizione all'interessato (non, quindi, dalla comunicazione alla Procura del provvedimento del Questore) e la convalida deve in ogni caso intervenire entro le 48 ore dalla richiesta del procuratore; trattasi di termini autonomi l'uno rispetto all'altro, di talché si ritiene che la legge non configura un unico termine, bensì due termini distinti, ciascuno di 48 ore. All'inosservanza degli stringenti termini che devono scandire il procedimento di convalida consegue l'inefficacia della prescrizione adottata dal Questore il quale può, tuttavia, reiterare l'istanza; sul punto la Suprema Corte ha precisato che non si potrà semplicemente notificare una seconda volta il medesimo decreto ormai divenuto inefficace, ma si dovrà riattivare una nuova e distinta procedura. Parimenti, se il P.M. nelle 48 ore successive alla notifica del provvedimento al sottoposto emette decreto motivato con il quale dichiara che non sussistono i presupposti per richiedere la convalida, l'obbligo di cui all'art. 6, comma 2, diviene inefficace (Cass. VI, n. 3195/1998, Azzolin). Invero, dall'art. 6, comma 2, non emerge alcuna sanzione per l'ipotesi in cui la pubblica accusa non presenti le proprie istanze al Giudice entro 48 ore dalla notifica al destinatario essendo, infatti, prevista la perdita di effetti solo nel caso in cui, nel citato lasso di tempo, il P.M. presenti un atto motivato con cui spieghi le motivazioni per le quali non ha richiesto la convalida: autorevole dottrina parla apertamente di una vera e propria anomalia del sistema, precisando che in tali ipotesi potrebbe darsi luogo a un'interpretazione analogica nel senso che anche allorché il Pubblico Ministero presenti la sua richiesta oltre il termine, oppure non la presenti affatto, la conseguenza non potrà che essere l'inefficacia del decreto questorile. Nello stesso modo qualora il Giudice, provvedendo sulla richiesta del P.M., non disponga la convalida entro le novantasei ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, le prescrizioni imposte dal questore cessano di avere efficacia (così Cass. I, n. 16790/2004). Intervenendo sulla controversia questione della prova del rispetto dei termini stabiliti dalla legge - a pena di inefficacia - per la convalida del provvedimento del questore, le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito il principio che la prova dell'avvenuta convalida da parte del G.I.P. nello spatium temporis delle 96 ore deve risultare dal provvedimento stesso dell'autorità giudiziaria. (Cass. S.U., n. 25/2005). In caso di incertezza circa la tempestività della convalida da parte del Giudice, è stato espresso il principio secondo cui “deve ritenersi, in applicazione analogica del principio del favor rei, l'inefficacia del provvedimento interdittivo”. Controverse appaiono le conseguenze della sopravvenuta inefficacia del decreto, atteso che parte della giurisprudenza di legittimità propende per ritenere che la sanzione travolga interamente l'atto, comprendendo sia la prescrizione di comparizione personale che il divieto di accesso ai luoghi. Prevale, tuttavia, l'orientamento opposto secondo il quale l'inefficacia riguarda solo la prescrizione di comparizione personale e non anche il contenuto interdittivo del provvedimento di cui all'art. 6, comma 1, trattandosi di due misure diverse nella sostanza e nel procedimento applicativo, nonché per quanto attiene ai beni giuridici su cui esse incidono (la libertà personale per quanto attiene all'obbligo di presentazione e la libertà di circolazione in riferimento al divieto di accesso). Atteso che la procedura di convalida ha natura cartolare si esclude che il G.I.P., a differenza di quanto è previsto dal codice di procedura penale nelle ipotesi di convalida del fermo e dell'arresto, sia tenuto a sentire l'interessato ovvero il suo difensore; le ragioni della difesa saranno, quindi, interamente affidate alle memorie e alle deduzioni che possono essere depositate prima della decisione giudiziale. Il procedimento si sostanzia, quindi, in un giudizio “allo stato degli atti” in cui il Giudice può semplicemente attenersi alle informazioni emergenti dal decreto da convalidare e dalle relazioni di servizio in esso richiamate e non è tenuto a svolgere alcuna attività istruttoria propria, né ad applicare le regole di valutazione della prova di cui all'art. 192 c.p.p. come, peraltro, accade anche nella materia delle misure di prevenzione tipiche. Autorevolmente si è osservato che, nonostante gli sforzi degli interpreti di adeguare la disciplina delle misure antiviolenza ai canoni costituzionali dell'art. 24 Cost., l'attuale tessuto ordinamentale soffre di notevoli carenze, prima tra tutte quella della mancata previsione nel giudizio in analisi della necessaria assistenza tecnica di un difensore, essendo solo facoltà dell'interessato interloquire a mezzo di memorie presentate personalmente ovvero, appunto, a mezzo di un legale. I limiti del sindacato in sede di convalida Particolarmente controversa in dottrina e in giurisprudenza risulta la delimitazione degli esatti confini del giudizio di convalida. Un primo orientamento circoscrive il sindacato giurisdizionale solo alla verifica dell'esistenza dei presupposti formali previsti per l'emissione delle prescrizioni e del preliminare provvedimento senza che esso possa estendersi anche al profilo della rispondenza del provvedimento amministrativo all'effettiva pericolosità del soggetto, di talché la relativa motivazione non può che consistere nell'attestazione di aver esaminato gli atti e di averne constatato la rispondenza formale ai presupposti previsti dall'art. 6, comma 2, l. n. 401/1989. Altra tesi sostiene, invece, che il controllo di legalità demandato al G.I.P. deve riguardare tutti i presupposti che legittimano il provvedimento questorile, ivi compresi quelli relativi al carattere prevenzionale della misura (ragioni di necessità e urgenza, pericolosità concreta e attuale del destinatario, attribuibilità delle condotte contestate all'interessato e loro sussumibilità nell'alveo di quelle previste dalla norma. Non manca, infine, un orientamento per così dire “intermedio” secondo il quale si reputa necessario sì che il sindacato giurisdizionale si estenda alla verifica del ricorso dei requisiti di necessità e urgenza, ma non anche alla disamina circa l'effettiva sussistenza della pericolosità sociale del destinatario della misura. Secondo la giurisprudenza di legittimità la valutazione affidata al G.I.P. in sede di convalida deve comprendere anche il profilo relativo alla congruità della durata dell'obbligo di presentazione, elemento questo che va parametrato alla data di commissione dei fatti in relazione all'estensione della durata massima della misura. Più recentemente (Cass. n. 1771/2020) la Suprema Corte ha precisato che “In tema di provvedimenti volti a prevenire la violenza negli stadi, ai fini della convalida dell'obbligo di presentazione ad un comando di polizia (c.d. D.A.Spo.), disposto ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. a), l. n. 401/1989 a seguito di denuncia per la partecipazione a manifestazioni di tifo violento, è sufficiente che il Giudice, che non può arrestarsi alla mera constatazione dell'avvenuta denuncia, si limiti ad una valutazione indiziaria circa l'attribuibilità della condotta al destinatario del provvedimento, non essendo necessaria la certezza della prova”. Correlativo a tale potere è quello di ridurre la durata della misura imposta, se ritenuta eccessiva in rapporto alla pericolosità soggettiva e alla risalenza dei fatti, dovendo la durata medesima essere ragionevolmente commisurata alle condizioni che la giustificano; la carente o insufficiente motivazione su tale punto (ossia sulla durata dell'obbligo di presentazione imposto dal Questore) correlativamente importa la nullità dell'ordinanza di convalida emessa dal G.I.P. Allo stesso modo, si è ritenuto che il giudizio di convalida effettuato dal G.I.P. non debba limitarsi a un mero controllo formale, bensì debba essere svolto in modo pieno dovendo esso coinvolgere la personalità del destinatario e le modalità di applicazione della misura attraverso il controllo sulla ragionevolezza ed esigibilità della misura stessa: il Giudice della convalida, in altre parole, sarà chiamato a verificare la concreta ed effettiva pericolosità dell'interessato, dando conto di tale verifica attraverso una - pur essenziale - motivazione a carattere specifico, anche mediante la disamina della consistenza indiziaria indicata nel provvedimento amministrativo. Attualmente si afferma che il giudizio di convalida deve essere il più completo possibile, dovendosi colà delibare tutte le condizioni richieste per l'adozione del decreto questorile (ovvero: la regolarità formale del decreto e le ragioni di necessità e urgenza che ne hanno imposto l'adozione, la sussistenza della pericolosità concreta e attuale del sottoposto, l'attribuibilità al medesimo delle condotte giudicate pericolose e la loro rispondenza ai criteri di legge) nonché la durata della misura imposta. I profili di regolarità formale concernono, in specie, soprattutto la necessità che al destinatario delle prescrizioni sia stato dato avviso della possibilità di presentare memorie o deduzioni, oltre che il requisito della competenza per territorio del Questore emittente. Peraltro, secondo un indirizzo ermeneutico l'eventuale incompetenza del Questore non potrà essere fatta valere come motivo di ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di convalida, in quanto i problemi di competenza per territorio possono porsi solo con riferimento a provvedimenti giurisdizionali, mentre qualora essi concernano autorità amministrative gerarchicamente organizzate si versa nell'ambito di una questione di legittimazione e non già di competenza, da risolversi nelle competenti sedi amministrative. Da ciò discende che l'obbligo di motivazione non richiede necessariamente formule esplicite, potendosi essa desumere dalla gravità del fatto in generale e, in particolare, dall'inaffidabilità del destinatario, questa deducibile dalla stessa gravità della condotta scrittagli, ovvero dalla sua pericolosità. In ordine al presupposto della “urgenza”, va invece sottolineato che esso - come ha specificato autorevole dottrina - ai sensi dell'art. 13 Cost. ricorre allorché si debba agire con immediatezza perché l'attesa dell'intervento del magistrato potrebbe mettere in pericolo il bene per il quale è apprestata la tutela, ovvero in questo caso dell'ordine pubblico. La motivazione sul punto dovrebbe, quindi, consistere nell'enunciazione delle ragioni per le quali il decreto questorile dovrebbe spiegare i suoi effetti prima dell'intervento del magistrato e, tuttavia, si è osservato che nel caso delle misure in esame solo raramente il provvedimento in esame potrebbe considerarsi urgente nel senso sopra indicato atteso che di regola esso viene adottato a seguito di una segnalazione e, per espressa volontà di legge, è destinato ad avere effetto solo a partire dalla prima competizione sportiva successiva alla sua notifica e va, comunque, convalidato entro 48 ore della notifica stessa. L'autorità amministrativa non ha, quindi, il potere di anticiparne o posticiparne l'esecuzione e pertanto l'obbligo di motivazione sull'urgenza si impone nei soli casi in cui si presume che il decreto potrebbe avere attuazione in riferimento a competizioni che si svolgano nel breve lasso di tempo intercorrente tra la notifica del provvedimento e la sua convalida da parte del Giudice. Si è, altresì, aggiunto che il requisito dell'urgenza deve essere considerato non già con riferimento agli episodi che hanno determinato la necessità della misura, ma “all'attualità o alla prossimità temporale di competizioni sportive” in riferimento alle quali sussiste il paventato rischio per l'ordine pubblico. Va, sul punto, tuttavia segnalato che la l. 146 di conversione del decreto 119 ha previsto che, al comma 3 dell'art. 6, sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nel giudizio di convalida, il Giudice per le indagini preliminari può modificare le prescrizioni di cui al comma 2”. La novella pare di grande importanza sistematica in quanto, con la modifica apportata in sede di conversione del d.l. n. 119/2014 dalla Legge Alfano, viene codificato quanto secondo taluni già avevano disposto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 44273/2004, vale a dire che il G.I.P. può anche intervenire, se ritiene di convalidarle, in ordine alla durata e alla modalità dell'obbligo di presentazione alla P.G. Le novità introdotte con il c.d. decreto sicurezza bis L'ultimo capo del d.l. n. 53/2019, in vigore dal 15 giugno 2019 e in attesa di conversione in legge, riguarda, come anticipato, il “contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive”, intervenendo sia sul fronte della prevenzione che su quello della repressione dei fenomeni in questione. L'art. 13 del decreto introduce una serie di modifiche alla l. n. 401/1989 prima citata: viene anzitutto riscritta la disciplina dei presupposti del D.A.Spo. (art. 6, comma 1, l. n. 401/1989), accompagnata dall'aumento della durata dei divieti e delle prescrizioni, nonché dalla facoltà per il questore di applicare, congiuntamente, anche le misure di prevenzione di cui all'art. 3, comma 4 del d.lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia). In specie, alla l. n. 401/1989, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'art. 6: 1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonchè a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di: a) coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza; b) coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a); c) coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all'art. 4, commi 1 e 2, della l. n. 110/1975, all'art. 5 della l. n. 152/1975, all'art. 2, comma 2, del d.l. n. 122/1993, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 205/1993, agli artt. 6-bis, commi 1 e 2, e 6-ter della presente legge, per il reato di cui all'art. 2-bis del d.l. n. 8/2007, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 41/2007, o per alcuno dei delitti contro l'ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all'art. 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all'art. 380, comma 2, lettere f) e h), c.p.p., anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive; d) ai soggetti di cui all'art. 4, comma 1, lettera d), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.»; 2) dopo il comma 1-bis è inserito il seguente: «1-ter. Il divieto di cui al comma 1 può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all'estero, specificamente indicate. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che si svolgono in Italia può essere disposto anche dalle competenti autorità degli altri Stati membri dell'Unione europea, con i provvedimenti previsti dai rispettivi ordinamenti. Per fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.»; 3) al comma 5, terzo periodo, le parole «inferiore a cinque anni e superiore a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «inferiore a sei anni e superiore a dieci anni» e, al quinto periodo, le parole «otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci anni»; 4) al comma 7, le parole «da due a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a dieci anni»; 5) al comma 8-bis dopo le parole «se il soggetto» e prima delle parole «ha dato prova» sono aggiunte le seguenti: «ha adottato condotte di ravvedimento operoso, quali la riparazione integrale del danno eventualmente prodotto, mediante il risarcimento anche in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile, nonchè la concreta collaborazione con l'autorità di polizia o con l'autorità giudiziaria per l'individuazione degli altri autori o partecipanti ai fatti per i quali è stato adottato il divieto di cui al comma 1 e»; 6) dopo il comma 8-bis è aggiunto il seguente: «8-ter. Con il divieto di cui al comma 1 il questore può imporre ai soggetti che risultano definitivamente condannati per delitti non colposi anche i divieti di cui all'art. 3, comma 4, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011, avverso i quali può essere proposta opposizione ai sensi del comma 6 del medesimo art. 3. Nel caso di violazione dei divieti di cui al periodo precedente, si applicano le disposizioni dell'art. 76, comma 2, del citato codice di cui al d.lgs. n. 159/2011.»; All'art. 8 del d.l. n. 8/2007, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 41/2007, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. È vietato alle società sportive corrispondere, in qualsiasi forma, diretta o indiretta, sovvenzioni, contributi e facilitazioni di qualsiasi natura, compresa l'erogazione di biglietti e abbonamenti o di titoli di viaggio a prezzo agevolato o gratuito: a) ai destinatari dei provvedimenti previsti dall'art. 6 della l. n. 401/1989, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione ai sensi dell'art. 6, comma 8-bis, della medesima l. n. 401/1989; b) ai destinatari dei provvedimenti previsti dall'art. 6 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione ai sensi dell'art. 70 del medesimo codice di cui al d.lgs. n. 159/2011; c) ai soggetti che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero per reati in materia di contraffazione di prodotti o di vendita abusiva degli stessi.»; b) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. Alle società sportive è vietato altresì stipulare con soggetti destinatari dei provvedimenti di cui all'art. 6 della l. n. 401/1989, per la durata del provvedimento e fino a che non sia intervenuta la riabilitazione, contratti aventi ad oggetto la concessione dei diritti previsti dall'art. 20, commi 1 e 2, del codice della proprietà industriale, di cui al d.lgs. n. 30/2005. È parimenti vietato alle società sportive corrispondere contributi, sovvenzioni e facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di sostenitori, comunque denominate, salvo quanto previsto dal comma 4.»; c) al comma 3, le parole «di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 1 e 1-bis». La disciplina del D.A.Spo. viene altresì estesa ai casi in cui i reati di violenza e resistenza di cui agli artt. 336,337 c.p., nonché quello di lesioni personali ex art. 583-quater c.p., vengano commessi nei confronti degli arbitri e dei loro assistenti. In particolare, si prevede che: all'articolo 6-quater è aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-ter. Le disposizioni del comma 1, primo e secondo periodo, si applicano altresì a chiunque commette uno dei fatti previsti dagli artt. 336 e 337 c.p. nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive.»; all'art. 6-quinquies è aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-bis. Le disposizioni del comma 1 si applicano altresì a chiunque commette uno dei fatti previsti dall'art. 583-quater c.p. nei confronti degli arbitri e degli altri soggetti che assicurano la regolarità tecnica delle manifestazioni sportive». L'art. 14 modifica l'art. 77 del c.d. codice antimafia estendendo le ipotesi speciali di fermo al di fuori dei limiti di cui all'art. 384 c.p.p. anche a “coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive”. In specie: all'articolo 77, comma 1, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs. n. 159/2011, dopo le parole «di cui all'art. 4» sono inserite le seguenti: «e di coloro che risultino gravemente indiziati di un delitto commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive». L'art. 15 modifica l'art. 10 del d.l. n. 14/2017 (conv. con modif. in l. n. 48/2017), recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, eliminando le disposizioni di cui ai commi 6-ter e 6-quater che, per taluni reati con arresto obbligatorio o facoltativo, prevedevano la temporaneità della c.d. flagranza differita (ossia l'estensione dello stato di “quasi-flagranza” ex art. 382 c.p.p. anche a “colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto”). Tale peculiare regime di flagranza diventa dunque permanente, limitatamente alle ipotesi ivi previste. In particolare, si è previsto che all'art. 10, d.l. n. 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 48/2017, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 6-ter, le parole «fino al 30 giugno 2020» sono soppresse; b) al comma 6-quater, il secondo periodo è soppresso. L'art. 16 introduce nell'art. 61 c.p. la seguente nuova aggravante comune: “11-septies). L'avere commesso il fatto in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni”. Inoltre, la stessa norma interviene sull'art. 131-bis c.p. escludendo che possa ravvisarsi la particolare tenuità del fatto rispetto ai delitti puniti con pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Infine, l'art. 17 ritocca la configurazione dell'illecito amministrativo di “bagarinaggio” (art. 1-sexies, d.l. n. 28/2003, conv. con modif. in l. n. 88/2003) e soprattutto ne dispone l'estensione agli enti rientranti nell'ambito di applicazione della d.lgs. n. 231/2001 (attraverso il rinvio all'art. 1, comma 2 della stessa legge). Il cd. Decreto Caivano Il 12 aprile 2017 era stata definitivamente approvata (con il voto di fiducia) dal Senato la legge di conversione del decreto-legge n. 14 del 20 febbraio 2017, proposto dal ministro dell'Interno Minniti , e recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città ; il testo – in 18 articoli – dopo aver definito la nozione di “sicurezza urbana”, introduce il Comitato metropolitano , co-presieduto dal prefetto e dal sindaco, “ per l'analisi, la valutazione e il confronto sulle tematiche di sicurezza urbana relative al territorio della città metropolitana”. Stabilisce, poi, multe da 100 a 300 euro (ins. ) a chi “ ponga in essere condotte che impediscono la libera accessibilità e fruizione” di i nfrastrutture di trasporto, sanzionando la relativa trasgressione con l'allontanamento dai luoghi nei quali è stato commesso il fatto. Durante la discussione alla Camera è stato leggermente attenuato il concetto: la sanzione potrà essere irrogata solo a chi impedisce l'accesso ai luoghi (il testo iniziale faceva riferimento a coloro che “limitano” l'accesso). Invariata, peraltro, la sostanza: con un suo provvedimento amministrativo il sindaco potrà impedire al cittadino di sostare in determinati certi luoghi ed appare chiaro che la questione sfiora delicate problematiche di compatibilità con la libertà di circolazione, tutelata anche a livello costituzionale, come pure attinenti alla non facile individuazione del confine fra sanzioni amministrative e sanzioni penali e al rispetto del divieto del ne bis in idem sostanziale. Il decreto sicurezza modifica, infatti, l'art. 50 del Testo unico degli enti locali ampliando non poco il potere del sindaco in punto di ordinanze contingibili e urgenti: finora tali provvedimenti potevano essere adottati solo per “ emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”, laddove il decreto in esame aggiunge che possono farlo anche “ in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti”. Sull'impianto normativo del cd. “DASPO urbano” ha inciso anche il decreto legge n. 123/2023 che ha stabilito di modificare la legge 18 aprile 2017, n. 48, nel senso di consentire l'applicazione dei divieti di cui ai commi 1, 2 e 3 anche nei confronti di soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il quattordicesimo anno di eta' ; in quest i casi i l provvedimento e' notificato a coloro che esercitano la responsabilita' genitoriale e comunicato al Procuratore presso il Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie del luogo di residenza del minore. La norma è stata riformulata in sede di conversione (in legge n. 159/2023) prevedendo l’obbligo di comunicazione al procuratore presso il tribunale per i minorenni del luogo di residenza del giovane destinatario. |