Eccezione di inammissibilità della proposta (art. 7, d.lgs. n. 159/2011)InquadramentoPreliminare rispetto alla celebrazione dell'udienza di prevenzione è la valutazione circa l'ammissibilità della relativa proposta, considerato che l'art. 7, comma 9 del d.lgs. n. 159/2011 stabilisce l'applicabilità al procedimento di prevenzione delle disposizioni di cui agli artt. 666 e ss. c.p.p. in quanto compatibili. Gli interpreti si sono interrogati sui limiti di applicabilità in materia dell'art. 666, comma 2, c.p.p. che consente al presidente del collegio, sentito il Pubblico Ministero, di dichiarare l'inammissibilità della richiesta, con decreto motivato, quando appare manifestamente infondata per difetto di legittimazione ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, poiché avanzata sulla base dei medesimi elementi. Quindi, può essere dichiarata inammissibile la richiesta proveniente da qualsiasi parte - sia essa avanzata dal Pubblico Ministero o anche dall'interessato - come accade, ad esempio, per la revoca o la modifica del provvedimento applicativo della misura. Si tratta di un rimedio che la giurisprudenza ha qualificato come di carattere generale, estendendolo anche al procedimento dedotto dall'art. 676 c.p.p. o a quello scaturente dall'istanza di revoca della misura cautelare di cui all'art. 299 c.p.p. e la cui ratio viene ancorata alla volontà di impedire lo svolgimento di procedure esecutive manifestamente mancanti di requisiti essenziali e possibilità di accoglimento e, quindi, a evitare inutili oneri economici e un appesantimento generale del sistema. Secondo taluni interpreti, deve trattarsi di un'infondatezza rilevabile prima facie per difetto delle condizioni di legge e, cioè, si deve essere in presenza di una richiesta nella quale “le ragioni di inammissibilità siano di palmare evidenza” di modo che “il loro accertamento non implichi la soluzione di questioni controverse, rimanendo altrimenti violati i diritti del contraddittorio e di difesa, con conseguente nullità del provvedimento”. In dottrina, accanto a chi afferma che detta norma trova applicazione nel procedimento in esame solo con riferimento alle domande formulate dall'interessato, ma non anche a quelle promananti dall'autorità pubblica, vi è stato chi ha ribadito che il richiamo alle norme del processo esecutivo è limitato dalla legge alle sole ipotesi di compatibilità e che nella materia in esame il ricorso a procedure de plano è circoscritto a provvedimenti cautelari o provvisori e, comunque, non decisori, precisando come la giurisprudenza abbia ritenuto affetti da nullità - nella materia in esame - provvedimenti aventi contenuto decisorio, ma emanati, appunto, de plano. FormulaAl Sig. Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di ... Eccezione di inammissibilità della proposta Il sottoscritto Avvocato ..., difensore di fiducia/di ufficio di ... nato a ..., nei cui confronti è stata avanzata dal Sig. Questore di ... richiesta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza; rilevato che detta proposta è stata avanzata in data ...; rilevato che il prevenuto ha avuto conoscenza della pendenza di tale proposta; rilevato che il predetto è già stato oggetto di proposta di applicazione della stessa misura di prevenzione, in data ..., e che il relativo procedimento si è concluso con decreto di rigetto della proposta, divenuto irrevocabile dal ...; ritenuto che la presente proposta costituisce mera riproposizione della precedente richiesta già rigettata, essendo la valutazione di pericolosità sociale del proposto basata sui medesimi elementi di fatto; CHIEDE Alla S.V., sentito il parere del P.M: di dichiarare l'inammissibilità della proposta indicata in epigrafe. Allega i seguenti documenti, a riprova di quanto rappresentato (es. decreto precedente, proposta precedente, attestazione di giudicato): .... Con osservanza. Luogo e data ... Firma ... CommentoLa valutazione circa l'ammissibilità della proposta di prevenzione assume valenza preliminare rispetto alla celebrazione dell'udienza di primo grado, considerato che l'art. 7, comma 9 del d.lgs. n. 159/2011 stabilisce l'applicabilità al procedimento di prevenzione delle disposizioni di cui agli artt. 666 e ss. c.p.p. in quanto compatibili. Gli interpreti si sono interrogati sui limiti di applicabilità in materia dell'art. 666, comma 2, c.p.p. che consente al presidente del collegio, sentito il Pubblico Ministero, di dichiarare l'inammissibilità della richiesta, con decreto motivato, quando appare manifestamente infondata per difetto di legittimazione ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, poiché avanzata sulla base dei medesimi elementi. Quindi, può essere dichiarata inammissibile la richiesta proveniente da qualsiasi parte - sia essa avanzata dal Pubblico Ministero o anche dall'interessato - come accade, ad esempio, per la revoca o la modifica del provvedimento applicativo della misura. Si tratta di un rimedio che la giurisprudenza ha qualificato come di carattere generale, estendendolo anche al procedimento dedotto dall'art. 676 c.p.p. o a quello scaturente dall'istanza di revoca della misura cautelare di cui all'art. 299 c.p.p. (rispettivamente, Cass. V, n. 2091/1999, Laci, e, Cass. II 28 settembre 1999, Cieri) e la cui ratio viene ancorata alla volontà di impedire lo svolgimento di procedure esecutive manifestamente mancanti di requisiti essenziali e possibilità di accoglimento e, quindi, a evitare inutili oneri economici e un appesantimento generale del sistema. Secondo Cass. III, 5 dicembre 1996, Angelucci, deve trattarsi di un'infondatezza rilevabile prima facie per difetto delle condizioni di legge e, cioè, si deve essere in presenza di una richiesta nella quale “le ragioni di inammissibilità siano di palmare evidenza” di modo che “il loro accertamento non implichi la soluzione di questioni controverse, rimanendo altrimenti violati i diritti del contraddittorio e di difesa, con conseguente nullità del provvedimento”. In dottrina, accanto a chi afferma che detta norma trova applicazione nel procedimento in esame solo con riferimento alle domande formulate dall'interessato, ma non anche a quelle promananti dall'autorità pubblica, vi è stato pure chi ha ribadito che il richiamo alle norme del processo esecutivo è limitato dalla legge alle sole ipotesi di compatibilità e che nella materia in esame il ricorso a procedure de plano è circoscritto a provvedimenti cautelari o provvisori e, comunque, non decisori, precisando come la giurisprudenza abbia ritenuto affetti da nullità - nella materia in esame - provvedimenti aventi contenuto decisorio, ma emanati, appunto, de plano (cfr. anche Cass. VI, 4 gennaio 2000, Di Martino). Chi è propenso a consentire l'adozione di una tale procedura nel settore della prevenzione, pur in assenza di precedenti giurisprudenziali di merito sul punto, precisa che il potere-dovere di dichiarare l'inammissibilità dell'istanza introduttiva compete al presidente del collegio giudicante, che può esercitarlo solo quando ricorrano due condizioni tassativamente previste dalla legge: allorché si sia in presenza di una manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge o qualora si tratti della mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi di fatto. Nel primo caso, deve trattarsi di un'assenza dei presupposti legalmente previsti che sia palese e non controversa e non implichi alcuna discrezionalità di valutazione da parte del tribunale, né un sindacato sul merito dell'accoglibilità della domanda stessa. La dichiarazione di inammissibilità dell'istanza ha, nel secondo caso, invece un'efficacia preclusiva in riferimento a successive eventuali istanze non caratterizzate dal requisito della novità. Infine, deve ritenersi che il richiamo al modulo dell'incidente di esecuzione implichi, quale rimedio avverso il provvedimento di inammissibilità, il ricorso per cassazione. La l. n. 161/2017 non ha introdotto alcuna disposizione innovativa sul punto e non ha chiarito, pertanto, la possibilità di fare ricorso allo strumento della declaratoria di inammissibilità della proposta prima della fissazione dell'udienza. Facoltà che, come si è visto innanzi, taluni escludono facendo leva sul dato testuale dell'art. 7, a norma del quale il tribunale “provvede... entro trenta giorni dal deposito della proposta” e “il presidente (dopo il deposito della proposta) fissa la data dell'udienza”: non vi sarebbe spazio, quindi, per una via diversa rispetto alla fissazione dell'udienza e alla decisione nei termini di legge. Giova, però, osservare che in materia di misure di prevenzione patrimoniali il novellato art. 20 ha introdotto la possibilità per il tribunale di restituire gli atti (id est la proposta) all'organo proponente “quando ritiene che le indagini non siano complete”, indicando altresì gli ulteriori accertamenti patrimoniali indispensabili. Certamente non si tratta di una declaratoria di inammissibilità, almeno in prima battuta, quanto piuttosto di una sollecitazione all'autorità proponente a completare alcuni profili d'indagine inizialmente trascurati, ma è evidente che ciò segni un importante sviluppo nella dialettica tra proponente e giudicante, consentendo a quest'ultimo un più ampio margine di manovra al fine di disporre di tutte le informazioni ritenute utili per la pronuncia patrimoniale inaudita altera parte. Piuttosto, occorrerà comprendere cosa accadrà qualora l'organo proponente non adempia a quanto richiesto dal tribunale e si limiti a ripresentare la medesima proposta oggetto di restituzione, potendo in questo caso probabilmente essere giustificato il ricorso alla categoria procedimentale dell'inammissibilità, quale mera riproposizione di atto già delibato con esito negativo per l'incompletezza degli accertamenti ivi contenuti. |