Richiesta di declaratoria di inefficacia del decreto di confisca per decorso del termine massimo (art. 24, d.lgs. n. 159/2011)

Corinna Forte
Andrea Manca

Inquadramento

ai sensi dell'art. 24 del d.lgs. n. 159/2011, il tribunale dispone la confisca di prevenzione dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.

In ogni caso il proposto non può giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale.

Il provvedimento di sequestro perde efficacia se il tribunale non deposita il decreto che pronuncia la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario; tuttavia, in caso di indagini complesse o di compendi patrimoniali rilevanti, il termine di cui al primo periodo può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per sei mesi.

Ai fini del computo dei termini suddetti, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili; il termine resta sospeso per un tempo non superiore a novanta giorni ove sia necessario procedere all'espletamento di accertamenti peritali sui beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente.

Il termine resta, altresì, sospeso per il tempo necessario per la decisione definitiva sull'istanza di ricusazione presentata dal difensore e per il tempo decorrente dalla morte del proposto, intervenuta durante il procedimento, fino all'identificazione e alla citazione dei suoi successori a titolo universale o particolare (alla stregua dell'art. 18, comma 2), nonché durante la pendenza dei termini per il deposito del decreto di confisca (comma 10-sexies, 10-septies e 10-octies dell'art. 7).

Al catalogo indicato debbono, poi, aggiungersi tutte le ipotesi di sospensione procedimentale previste, in via generale, dalla legge, tra le quali rientra il differimento dell'udienza ad istanza di parte: a norma dell'art. 159 c.p.p., invero, il rinvio ad istanza di parte è, espressamente, qualificato quale causa di sospensione del procedimento o del processo e trova, pertanto, applicazione anche nel procedimento di prevenzione.

Sul punto la Suprema Corte (Cass. V, n. 4951/2021) ha affermato specificamente che “determina la sospensione dei termini di efficacia della confisca, ex art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, il provvedimento di differimento dell'udienza emesso in accoglimento di un'istanza della difesa”. (In motivazione, la Corte ha precisato che si applicano al procedimento di prevenzione, oltre alle cause di sospensione del termine di efficacia di cui all'art. 24, comma 2, del citato d.lgs., anche le cause di sospensione del procedimento stabilite in via generale, ivi compresa quella conseguente al differimento dell'udienza su istanza di parte, ex art. 159 c.p.). Aggiornamento del 12 gennaio 2023.

Il d.l. n. 18/2020, ha disposto (con l'art. 83, comma 9) che "Nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303,308,309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, c.p.p. e agli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, del d.lgs. n. 159/2011 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020".

Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 25 maggio – 6 luglio 2021, n. 140 (in G.U. 1 s.s., n. 27/2021), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 83, comma 9 del d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, (che ha modificato il comma 2 dell'articolo citato) "nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020".

Formula

AL SIG. PRESIDENTE DELLA SEZIONE MISURE DI PREVENZIONE DEL TRIBUNALE DI ...

Il sottoscritto Avvocato ... del Foro di ... con studio in ... alla via ...,

difensore di fiducia di ... nato a ...,

nei cui confronti è stato emesso in data ... dal Tribunale di ... decreto con il quale è stato ordinato il sequestro di prevenzione dei seguenti beni, ritenuti nella sua disponibilità ...;

PREMESSO

che tale decreto è stato eseguito in data ... e che l'esecuzione si è conclusa in data ...;

che è stata fissata udienza per la decisione sulla richiesta di confisca;

che a tutt'oggi non risulta concluso il relativo procedimento, sebbene sia decorso il termine massimo previsto dalla legge ai sensi dell'art. 24 del Codice Antimafia;

che non risultano cause di sospensione, né provvedimenti di proroga del termine;

CHIEDE

Alla S.V. di dichiarare la perdita di efficacia del decreto di sequestro indicato in epigrafe, con restituzione dei beni all'avente diritto, per superamento del termine massimo di cui all'art. 24.

Con osservanza.

Luogo e data ...

Firma ...

Commento

Termine per la confisca e perenzione del sequestro

Il precedente storico del citato art. 24, d.lgs. n. 159/2011 era nell'art. 2-ter, comma 3 della l. n. 575/1965, che prevedeva che il provvedimento di confisca dovesse essere disposto con l'applicazione della misura di prevenzione (personale); in caso di indagini complesse il provvedimento poteva essere emanato anche successivamente, purché entro un anno dalla data dell'avvenuto sequestro, e si stabiliva la possibilità della proroga di un ulteriore anno, con provvedimento del tribunale.

Peraltro, la giurisprudenza aveva osservato che tale termine di decadenza operava solo nei casi in cui il provvedimento di confisca fosse emanato dopo l'irrogazione di una misura di prevenzione personale, mentre non trovava applicazione qualora la confisca fosse stata adottata contestualmente al provvedimento che disponeva la misura personale (così Cass. I, n. 16237/2006; da ultimo Cass. I, n. 35175/2009; Cass. I, n. 26762/2009; Cass. VI, n. 48456/2008; Cass. II, n. 16191/2017).

La norma in esame, nella prima formulazione introdotta dal testo dell'art. 24 del Codice Antimafia, contiene un'importante innovazione che va letta congiuntamente a quanto indicato dal successivo art. 27, comma 6: in attuazione di un punto specifico della delega contenuta nella l. n. 136/2010, si è infatti reso operativo un modello procedimentale connotato da una rigorosa scansione temporale che possa garantire, da un lato, la celerità del procedimento e, dall'altro, l'effettività della tutela giurisdizionale e delle garanzie per il proposto.

Il tutto in ossequio al principio di ragionevole durata e di minor sacrificio per la parte che sia sottoposta a giudizio.

La novella, in particolare, prevede la perdita di efficacia del sequestro, qualora non sia disposta la confisca nel termine di un anno e sei mesi dalla immissione in possesso dei beni, da parte dell'amministratore giudiziario; era, altresì, prevista la possibilità di proroghe semestrali, con il limite di due volte, per ipotesi di indagini complesse.

Recentemente in giurisprudenza si è ritenuto che il termine del sequestro possa essere prorogato anche nei casi in cui la complessità delle indagini tragga origine da un'attività integrativa posta in essere dalla parte: la Suprema Corte ha, infatti, affermato che “in tema di misure di prevenzione, la disposizione prevista dal comma 3 dell'art. 2-ter, l. n. 575/1965 si riferisce a tutte le ipotesi di sequestro di cui agli artt. 2-bis e 2-ter della medesima legge con la conseguenza che il suo secondo periodo - relativo alla proroga della misura per complessità delle indagini - deve ritenersi applicabile anche ai casi in cui queste ultime non siano state disposte dal tribunale ma dall'organo proponente. In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto legittima la confisca intervenuta a seguito di proroga del sequestro di un anno, giustificata dalla necessità di attendere il deposito di una relazione da parte dei consulenti del p.m.” (Cass. VI, n. 1774/2012).

Tra i casi di sospensione del termine del sequestro va indubbiamente annoverato il rinvio del procedimento, richiesto dal proposto o dal suo difensore e purché non si tratti di rinvii richiesti per ragioni istruttorie.

Esso è idoneo a determinare la sospensione dei termini di efficacia del provvedimento di sequestro o di confisca senza che, per escluderla, sia discriminante il motivo dell'istanza, giacché - a norma dell'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., le cui disposizioni si applicano, "in quanto compatibili", anche al procedimento di prevenzione in forza del richiamo alle “cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare” contenuto negli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 - la limitazione dell'effetto sospensivo al solo caso di impedimento della parte privata non è prevista in via esclusiva.

Inoltre, in caso di procedimento nei confronti di più soggetti, ai fini della produzione dell'effetto sospensivo non è necessario che l'istanza sia formulata da tutti gli interessati, essendo sufficienti l'adesione anche implicita o la non opposizione delle parti che non l'hanno avanzata (fattispecie relativa a rinvio d'udienza richiesto dal difensore di uno dei proposti, in attesa del deposito delle motivazioni di una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione su una questione ritenuta rilevante per la decisione; Cass. I, n. 40518/2016).

Al contrario, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il termine massimo di durata della custodia cautelare di cui all'art. 304, comma 6, c.p.p. non si applica al sequestro di prevenzione (Cass. I, n. 2211/2017): si tratta, infatti, di una norma di sbarramento che fissa un limite massimo di durata delle restrizioni di libertà (di regola, il doppio dei termini di ogni singola fase) pur in presenza di intervenuta sospensione dei termini.

In particolare, sottolinea la Suprema Corte che la tecnica utilizzata dal legislatore in sede di regolamentazione dei limiti massimi di durata del sequestro di prevenzione non è quella del rinvio integrale tra le due disposizioni in rilievo, bensì quella del consapevole “ritaglio”, prendendosi in considerazione solamente le causa di sospensione dei termini, in quanto applicabili.

Di recente la giurisprudenza di legittimità di è interrogata sulla possibilità che il rinvio dell'udienza di prevenzione su richiesta difensiva determini o meno la sospensione del termine di efficacia della confisca, stabilito dall'art. 24 del Codice Antimafia, affermando il principio secondo il quale l'accoglimento della richiesta di rinvio formulata dalla difesa del proposto per la necessità di esaminare atti prodotti dal Pubblico Ministero non comporta la sospensione dei termini, versandosi in un'ipotesi di rinvio disposto a seguito di concessione di termini a difesa, contemplata come causa di esclusione della sospensione die termini dall'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., il cui contenuto è richiamato dall'art. 24 , comma 2, d.lgs. n. 159/2011; in motivazione, la Corte ha chiarito che la nozione di “termini per la difesa” di cui all'art. 304 c.p.p. citato non si riferisce solo a quelli tassativamente contemplati dalle specifiche disposizioni codicistiche che ne prevedono l'obbligatoria concessione qualora richiesti, ma anche a quelli discrezionalmente concessi dal Giudice, ove ravvisi l'effettiva necessità di assegnare del tempo alla parte per l'esercizio del diritto di difesa; così Cass. V, n. 30757/2020.

Un altro profilo analizzato dalla Suprema Corte riguarda il dies a quo dal quale far decorrere il citato termine di efficacia, in uno con le sue cause di sospensione normativamente previste: si è infatti precisato che il termine di legge di cui all'art. 27, decorrente dal deposito dell'atto di impugnazione, entro il quale la Corte d'appello deve provvedere a pena di inefficacia della confisca disposta in primo grado, ha come riferimento finale la data del deposito del decreto motivato e non quella del deposito del dispositivo in quanto, svolgendosi il procedimento in camera di consiglio, il provvedimento giurisdizionale acquista giuridica esistenza soltanto con il deposito, che segna il momento perfezionativo (in tal senso Cass. VI, n. 21523/2020).

In ordine al secondo aspetto, è stato ribadito come la limitazione a novanta giorni della sospensione del termine di efficacia della confisca nel caso in cui – in fase di appello – siano stati disposti accertamenti peritali è stata introdotta nel comma 2 dell'art. 24 (nel testo già modificato dalla l. n. 228/2012) dall'art. 5, comma 8 della l. n. 161, la quale ha espressamente escluso che la novella si applichi ai procedimenti pendenti al momento della sua entrata in vigore; peraltro il ricordato termine nelle procedure anteriori alla riforma risulta sospeso per tutto il tempo di espletamento della perizia, anche se superiore a 90 giorni (così Cass. VI, n. 12529/2019; Cass. V, n. 52068/2020).

È noto inoltre che, attualmente, il d.lgs. n. 159/2011, art. 24, comma 2, stabilisce che "Il decreto di confisca può essere emanato entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario. Nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, tale termine può essere prorogato con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte. Ai fini del computo dei termini suddetti e di quello previsto dall'art. 22, comma 1, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili".

Il d.lgs. cit., art. 27, comma 6, stabilisce, a sua volta, che "In caso di appello, il provvedimento di confisca perde efficacia se la Corte d'appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso".

Le predette disposizioni hanno in effetti generalizzato il principio della temporaneità del sequestro estendendo a tutte le ipotesi di confisca (anche disgiunta) la previsione di un termine di efficacia che era stato in precedenza stabilito, per l'appunto, dall'art. 2-ter, comma 3 della legge del 1965 con esclusivo riferimento alla proposta "congiunta".

Quest'ultima disposizione era stata infatti introdotta quando, come si è visto, operava il principio di stretta accessorietà tra misura personale e misura patrimoniale ed è questa la ragione per la quale la giurisprudenza della Suprema Corte, anche nel suo massimo consesso, aveva ritenuto che detto termine operasse solo nel caso - limitato - di misura patrimoniale adottata "successivamente" (ma non disgiuntamente) rispetto a quella personale (cfr., Cass. S.U., n. 36/2000) (Cass. II, n. 33533/2022).

Le modifiche introdotte con la l. n. 161/2017

Come accennato, la legge di riforma è intervenuta anche sul termine di proroga, ribadendone la durata semestrale, ma eliminando l'inciso “per non più di due volte, così lasciando prefigurare, in un'ottica procedimentale marcatamente acceleratoria, che il procedimento non possa durare più di due anni, in luogo dei due anni e sei mesi previsti in precedenza.

Risultano introdotte ulteriori cause di sospensione del termine del sequestro: in particolare, si inseriscono il riferimento al tempo necessario per decidere sull'istanza di ricusazione, a quello occorrente, in caso di decesso del proposto, per la regolarizzazione del contraddittorio nei confronti degli eredi o aventi causa e, infine, a quello necessario per la stesura e il deposito della motivazione del decreto in cancelleria.

Si delimita, infine, in 90 giorni l'ambito temporale massimo entro il quale può operare la causa di sospensione legata all'espletamento di accertamenti peritali sui beni del proposto.

Le cause di sospensione del termine di efficacia

Nella giurisprudenza di legittimità è stato affrontato a più riprese, e sotto aspetti diversi, il tema dell'esatta individuazione delle legittime cause di sospensione del termine di efficacia del sequestro sia con riferimento al primo grado che allo svolgimento del giudizio di appello: in questo ultimo caso, il termine di diciotto mesi previsto dall'art. 27, comma 6, d.lgs. n. 159/2011, entro il quale il Giudice dell'appello deve definire il giudizio di prevenzione a pena di inefficacia della confisca disposta in primo grado, ha come riferimento finale la data del deposito del decreto motivato, momento in cui il provvedimento giurisdizionale adottato in camera di consiglio acquista giuridica esistenza (ex multisCass. VI, n. 21523/2020).

Inoltre, qualora avverso il provvedimento di confisca vengano presentati più ricorsi in appello depositati in date diverse, il suddetto termine decorre dalla data di deposito dell'ultimo ricorso (Cass. VI, n. 27913/2020); l'art. 27, comma 6 citato, peraltro, prevede che trovi applicazione l'art. 24, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011, onerando dunque la facoltà per il Giudice di prorogare di sei mesi il termine e il catalogo delle cause di sospensione di quello di efficacia del sequestro di prevenzione dallo stesso comma articolato; tale catalogo richiama le cause di sospensione stabilite dall'art. 304 c.p.p. per i termini di custodia cautelare, oltre a considerare il tempo necessario per l'espletamento di una eventuale perizia, per la decisione dell'istanza di ricusazione, per l'identificazione degli eredi del proposto deceduto nel corso del procedimento e per la redazione del provvedimento finale.

Così ricostruito il quadro normativo, la Suprema Corte (Cass. V, n. 42237/2021) ha analizzato il caso di un provvedimento di confisca di prevenzione riguardo al quale risultava già scaduto il termine di legge per la definizione del giudizio di appello, giacché non si era verificata nessuna delle cause di sospensione elencate, non potendo ricondursi ad alcuna di quelle tipizzate dall'art. 24, comma 2 il rinvio disposto su istanza del PG, il quale aveva richiesto termine per esaminare la documentazione depositata dalla difesa dei ricorrenti.

Ininfluente è stata dunque considerata la circostanza che la Corte d'Appello, nell'accogliere l'istanza, abbia disposto la sospensione dei termini di efficacia della misura patrimoniale, posto che il provvedimento del Giudice sulla sospensione dei termini ha valore meramente dichiarativo e non costitutivo e dunque non produce alcun effetto qualora la causa di sospensione non sussista.

Oltre che dell'art. 24, comma 2, d.Igs. n. 159/2011 deve poi tenersi conto delle ulteriori disposizioni normative che eventualmente incidano sulla sospensione del termine di efficacia della confisca: è il caso, nello specifico, di quelle contenuta nell'art. 83, commi 1 e 2, d.l. n. 20/2020 (conv. con modificazioni nella I. n. 27/2020) le quali, nell'ambito delle misure adottate per contenere l'impatto sull'attività giudiziaria della pandemia da Covid-19, hanno rispettivamente stabilito il rinvio di tutte "le udienze dei procedimenti civili e penali" fissate tra il 9 marzo e il 7 maggio 2020 (data così fissata dal d.I. n. 23/2020) e la sospensione nello stesso periodo di tutti "i termini procedurali", formule omnicomprensiva nelle quali devono ritenersi compresi anche i procedimenti di prevenzione.

Ancora, può rilevare l'ulteriore sospensione del termine previsto dal comma 9 del citato art. 83, d.l. n. 18/2020 per il tempo in cui il procedimento è stato rinviato in esecuzione dei poteri speciali assegnati ai dirigenti degli uffici giudiziari dal comma 7, lett. g) dello stesso articolo.

Infine, non possono essere computati i periodi di sospensione feriale dei termini previsti dall'art. 1, I. n. 742/1969 (come modificata dalla I. n. 162/2014); non è dubbio che tale disposizione trovi applicazione anche nel procedimento di prevenzione, come peraltro confermato dall'art. 2-bis della citata legge, che ne esclude l'applicazione esclusivamente nel caso in cui sia stata provvisoriamente disposta una misura personale o interdittiva o sia stato disposto il sequestro dei beni e gli interessati o i loro difensori espressamente abbiano rinunziato alla sospensione dei termini, ovvero il Giudice, a richiesta del pubblico ministero, abbia dichiarato, con ordinanza motivata non impugnabile, l'urgenza del procedimento.

Ma i termini di cui la norma citata prevede la sospensione nel c.d. "periodo feriale", come chiarito dalle Sezioni Unite, sono soltanto quelli che incombono alle parti per il compimento di atti del procedimento e non quelli relativi alla durata del procedimento o al deposito dei provvedimenti del Giudice (S.U., n. 42361/2017, D'Arcangelo, Rv. 270586).

E conferma che tale principio si applichi anche al procedimento di prevenzione si ricava agevolmente proprio dal citato comma 2-bis dell'art. 1, I. n. 742/1969, il quale rimette esclusivamente all'iniziativa delle parti il potere di rinunziare alla sospensione o chiederne l'inoperatività in ragione dell'urgenza del procedimento.

In definitiva, si è dunque ritenuto che il termine di cui all'art. 27, comma 6, d.Igs. n. 159/2011 fosse nel caso di specie scaduto ed ampiamente decorso al momento del deposito del provvedimento impugnato, con la conseguenza che la confisca disposta nei confronti dei ricorrenti a quel momento aveva già perso efficacia.

Altrove (Cass. I, n. 17164/2021) si è affermato invece un articolato principio di diritto, sostenendo che la sospensione dei termini di efficacia del provvedimento ablativo in conseguenza dell'accoglimento della richiesta difensiva di rinvio del procedimento, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., richiamato dall'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, è subordinata alla verifica che l'istanza di differimento non sia fondata su inderogabili esigenze difensive che rendano necessario il rinvio della trattazione per il riequilibrio del contraddittorio.

Nel caso di specie la Corte ha ritenuto illegittima la sospensione dei termini per il rinvio disposto a seguito di richiesta difensiva per l'esame della nuova produzione documentale del pubblico ministero e, viceversa, legittima quella conseguente al differimento disposto in accoglimento di un'istanza finalizzata alla verifica del contenuto di una memoria illustrativa.

La Suprema Corte ha preso le mosse dall'analisi del quadro normativo, ricordando che la disciplina vigente, quanto alla disciplina delle sospensioni, prevede l'applicabilità delle disposizioni dettate in tema di “sospensione dei termini di custodia cautelare, in quanto applicabili” e che rilevano pertanto le ipotesi descritte dal legislatore alle lettere a) e b) dell'art. 304, comma 1, c.p.p.: a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa; b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano primo di assistenza uno o più imputati.

Quanto alla sospensione relativa ai tempi di elaborazione della decisione vi è, come detto, autonoma previsione di legge, ai sensi dell'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, nella parte in cui detta norma rinvia alle ipotesi disciplinate dall'art. 7, comma 10-septies e comma 10-octies.

Ciò premesso, si rileva che secondo il principio di diritto espresso da Cass. V, n. 30757/2020 in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l'accoglimento della richiesta difensiva di rinvio del procedimento per la necessità di esaminare gli atti prodotti dal pubblico ministero non determina la sospensione dei termini di efficacia della confisca, versandosi in un'ipotesi di rinvio disposto a seguito della concessione di termini per la difesa, contemplata come causa di esclusione della sospensione dei termini dall'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., il cui contenuto è richiamato dall'art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011. (In motivazione la Corte ha chiarito che la nozione di "termini per la difesa" di cui all'art. 304 cod. proc. pen. non si riferisce solo a quelli tassativamente contemplati dalle specifiche disposizioni codicistiche che ne prevedono l'obbligatoria concessione qualora richiesti, ma anche a quelli discrezionalmente concessi dal Giudice, ove ravvisi l'effettiva necessità di assegnare del tempo alla parte per l'esercizio del diritto di difesa).

In detta decisione si è affermato che “[..] va osservato come il legislatore abbia assegnato al governo del Giudice il bilanciamento tra le esigenze del processo e la garanzia del concreto ed effettivo esercizio del diritto di difesa, provvedendo attraverso le citate disposizioni a sottrargli preventivamente, in determinati casi tassativamente previsti, ogni discrezionalità in merito alla necessità che tale bilanciamento si traduca in un rinvio del primo. Ciò non toglie che il Giudice, nel ricercare il punto di equilibrio in grado comunque di consentire alla parte di esercitare il proprio diritto (mai comprimibile fino all'ineffettività) possa ovvero addirittura debba concedere un differimento dell'udienza, modulandone secondo lo spessore dell'esigenza i tempi. In tal senso, da un lato, le ipotesi normativamente previste di cui si è detto non hanno la vocazione a definire una nozione di "termine per la difesa", che anzi presuppongono, e dall'altro è da escludersi che l'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p. nell'utilizzare tale formula abbia inteso riferirsi in maniera tassativa esclusivamente alle suddette ipotesi. Pertanto, ogni qual volta il Giudice riscontrando l'effettiva necessità di concedere del tempo in funzione dell'invocato esercizio del diritto di difesa, alla parte non potrà essere imputata la causa della sospensione o del rinvio nemmeno nel procedimento di prevenzione. [..]”.

Il passaggio ulteriore è che, interpretando tale principio, non può ritenersi che in tutti i casi di rinvio sollecitato dalla difesa - in riferimento a qualsiasi iniziativa 'argomentativa' del P.M. - sia impossibile ritenere corretta la decisione del Giudice del merito di sospensione dei termini di efficacia del sequestro/confisca, essendo invece necessario verificare - in concreto - se la domanda di differimento era, o meno, giustificata da inderogabili esigenze difensive (ad es. la produzione di una 'nuovo' elemento di prova) tali da rendere 'necessario' il rinvio della trattazione, in chiave di necessità di riequilibrio del contraddittorio.

Insomma, nelle ipotesi in cui il rinvio della trattazione, sollecitato dalla difesa, derivi da situazioni processuali che non determinano un'effettiva necessità di controdeduzione (ad esempio la produzione di una memoria meramente illustrativa del contenuto degli atti già acquisiti in contraddittorio), il rinvio chiesto dalla difesa rientra nelle ipotesi ordinarie, in cui la sospensione dei termini è consentita, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p.

Nel caso in esame, quindi, non si riteneva ancora spirato il termine massimo per la decisione, reputando legittime le sospensioni disposte. (aggiornamento del 12 gennaio 2023).

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