Richiesta di perizia sul valore dei beni sequestrati (art. 36 d.lgs. n. 159/2011)InquadramentoAi sensi dell'art. 36 d.lgs. n. 159/2011 l'amministratore giudiziario presenta al giudice delegato, entro trenta giorni dalla nomina, una relazione particolareggiata dei beni sequestrati. La relazione contiene: a) l'indicazione, lo stato e la consistenza dei singoli beni ovvero delle singole aziende, nonché i provvedimenti da adottare per la liberazione dei beni sequestrati; b) il presumibile valore di mercato dei beni quale stimato dall'amministratore stesso; c) gli eventuali diritti di terzi sui beni sequestrati; d) in caso di sequestro di beni organizzati in azienda, l'indicazione della documentazione reperita e le eventuali difformità tra gli elementi dell'inventario e quelli delle scritture contabili; e) l'indicazione delle forme di gestione più idonee e redditizie dei beni, anche ai fini delle determinazioni che saranno assunte dal tribunale ai sensi dell'art. 41. La relazione di cui al comma 1 indica anche le eventuali difformità tra quanto oggetto della misura e quanto appreso, nonché l'esistenza di altri beni che potrebbero essere oggetto di sequestro, di cui l'amministratore giudiziario sia venuto a conoscenza. Ove ricorrano giustificati motivi, il termine per il deposito della relazione può essere prorogato dal giudice delegato per non più di novanta giorni; successivamente l'amministratore giudiziario redige, con la frequenza stabilita dal giudice, una relazione periodica sull'amministrazione, che trasmette anche all'Agenzia, esibendo, ove richiesto, i relativi documenti giustificativi. La cancelleria dà avviso alle parti del deposito della relazione dell'amministratore giudiziario ed esse possono prenderne visione ed estrarne copia limitatamente ai profili relativi al presumibile valore di mercato dei beni, stimato dall'amministratore; in virtù delle modifiche apportate dalla l. n. 161/2017, qualora vengano formulate contestazioni motivate sulla stima dei beni entro venti giorni dalla ricezione dell'avviso, il tribunale, se non le ritiene inammissibili, sentite le parti, procede all'accertamento del presumibile valore di mercato dei beni medesimi nelle forme della perizia ai sensi degli artt. 220 ss. c.p.p. Fino alla conclusione della perizia, la gestione prosegue con le modalità stabilite dal giudice delegato. Formula
Al Sig. Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di.... Il sottoscritto avvocato.... del Foro di.... con studio in.... alla via...., difensore di fiducia di.... nato a...., nei cui confronti è stato emesso in data.... dal Tribunale di.... decreto con il quale è stato disposto il sequestro di prevenzione dei seguenti beni, nella disponibilità del prevenuto:.... PREMESSO che detto decreto è stato eseguito in data....; che è stato nominato amministratore giudiziario il dott.....; che l'amministratore ha proceduto a stimare il valore dei citati beni ai sensi dell'art. 36 d.lgs. n. 159/2011; che è stato dato avviso del deposito della relazione e lo scrivente ha acquisito copia della parte relativa alle valutazioni in esame; che non sono trascorsi venti giorni dalla ricezione dell'avviso; che il valore indicato dall'amministratore non appare condivisibile per le seguenti ragioni:.... che, pertanto, occorre procedere a una stima peritale in contraddittorio; CHIEDE alla S.V., previa audizione delle parti, di procede all'accertamento del presumibile valore di mercato dei beni medesimi nelle forme della perizia ai sensi degli artt. 220 ss. c.p.p. Allega i seguenti documenti, a riprova di quanto rappresentato (es., consulenza di parte sul valore dei beni, etc.....). Con osservanza Luogo e data.... Firma.... CommentoAppare estremamente importante, nell'ambito dell'amministrazione dei beni sottoposti a misure di prevenzione patrimoniali, il disposto dell'art. 36 d.lgs. n. 159/2011, che fissa in via normativa il contenuto minimo della relazione di amministrazione giudiziaria: come si vedrà, sono richieste all'amministratore giudiziario indicazioni chiare al fine di evitare, ove possibile, che i beni stessi si depauperino o che, addirittura, si finisca per ignorarne l'esatta consistenza. La formulazione attuale della disposizione appare inscindibilmente connessa al diverso approccio rispetto alla fase di amministrazione giudiziaria; essa è soprattutto espressione della volontà legislativa di imporre obblighi precisi nell'attività di redazione della prima relazione. Indubbiamente, i tempi colà previsti appaiono davvero limitati (il termine per il deposito della relazione di apertura è di trenta giorni) considerando gli oneri descrittivi imposti dalla legge. Peraltro, vi è la possibilità di ricorrere alla proroga per giusti motivi (fino ad un massimo di novanta giorni) ai sensi del comma terzo dell'art. 36; si osservi che l'art. 41, nel testo previgente, in relazione alla gestione delle aziende sequestrate estendeva il ricordato termine per il deposito della prima relazione a sei mei dalla nomina, pur senza prevedere espressamente la possibilità di una sua proroga. La disposizione è stata modificata dalla l. n. 161/2017 che ha previsto che pure in caso di sequestro di aziende l'amministratore dovrà relazionare in prima battuta ai sensi dell'art. 36, nei termini ivi previsti, e inoltre presentare una seconda relazione che contenga gli elementi di cui all'art. 41 comma 1, lettere a)-e), entro tre mesi dalla nomina, prorogabili dal giudice delegato per giustificato motivo fino a un massimo di sei. Tuttavia, tale evenienza dovrebbe essere limitata ai soli casi di stretta necessità e il provvedimento con cui si autorizza la proroga in questione andrà adeguatamente motivato dando conto delle ragioni giustificative che lo impongono; ciò in primo luogo per comprensibili ragioni di trasparenza e di necessaria documentazione della gestione che si svolge, comunque, nella fase che intercorre tra l'esecuzione del sequestro e il deposito della prima relazione. Peraltro, senza il deposito della relazione non è possibile rendersi conto della reale consistenza del patrimonio sequestrato, il che potrebbe incidere negativamente sulle funzioni di direzione e di controllo che competono all'autorità giudiziaria. Invero, anche qualora si autorizzi il differimento alla presentazione della relazione completa nel termine indicato, non è comunque escluso che il giudice delegato possa richiedere il deposito anticipato all'amministratore di note parziali, ovvero di singole sotto-relazioni su temi specifici di amministrazione o su gruppi di beni, in riferimento ai quali si debbano ottenere chiarimenti immediati, non rinviabili al deposito della relazione completa. D'altro canto, senza dubbio la prima relazione e le relative indicazioni potranno essere rettificate, nelle fasi successive, avvalendosi di informazioni più approfondite o analitiche che l'amministratore dovesse reperire nel corso della gestione. Il contenuto specifico della relazione L'art. 36 citato introduce nella relazione di amministrazione giudiziaria una parte contenutistica cd. necessaria. In particolare si deve provvedere a dar conto dei seguenti elementi: a) l'indicazione, lo stato e la consistenza dei singoli beni ovvero delle singole aziende. La disposizione distingue i due aspetti dello stato e della consistenza: quindi, l'amministratore è obbligato non solo a procedere a un'analitica indicazione dei beni, ma anche a dare conto della “condizione” di essi, specificando caratteristiche o particolarità dei singoli cespiti che possano avere rilevanza ai fini della migliore caratterizzazione delle linee di gestione giudiziaria che si devono assumere, modulandole in funzione delle specificità del patrimonio. Ciò serve, soprattutto, al fine di “fotografare” il compendio al momento della immissione in possesso, fissando le caratteristiche e le condizioni dei beni. Molto rilevante la circostanza che la l. n. 161/2017 abbia interpolato la disposizione, inserendovi il riferimento ai provvedimenti da adottare per la liberazione dei beni sequestrati. Senza dubbio si tratta di una norma che andrà coordinata da una parte con l'art. 21 novellato (che consente al giudice delegato, già in sede di esecuzione del sequestro, di ordinare lo sgombero degli immobili occupati sine titulo) e dall'altra con l'articolo 40, che prevede nel caso di sequestro di immobili la via della concessione in comodato o in locazione degli stessi, anche eventualmente revocando eventuali provvedimenti adottati in favore del proposto ai sensi dell'art. 47 della l. fall. (r.d. n. 267/1942). La disposizione si inquadra nell'ambito della più generale intenzione (rivelata anche dalle modifiche apportate alle due altre norme adesso citate) del legislatore di consentire una rapida ed efficace presa di possesso dei beni in capo all'amministrazione, funzionale a garantire una gestione effettiva e redditizia degli stessi realizzata anche attraverso il concreto spossessamento del proposto, dei suoi congiunti e di eventuali terzi intestatari. b) Presumibile valore di mercato dei beni quale stimato dall'amministratore stesso. La stima dei beni operata dall'amministratore ha una doppia funzione: la prima è quella di quantificare l'esatto valore dell'intervento patrimoniale, in base a una prima ricognizione dello stesso, mentre la seconda è quella di segnalare il valore del patrimonio per una serie di necessità procedimentali, nonché al fine della quantificazione delle somme dovute all'amministratore per la gestione. L'attribuzione del valore dei beni appaiono, quindi, in diretta connessione con quanto dispone il comma quarto del citato articolo, recentemente modificato con l. n. 161/2017; c'è da dire, sul punto, che l'attribuzione del valore di mercato al compendio sequestrato è, in prima battuta, prerogativa dell'amministratore giudiziario, come dimostra la norma in esame. Il ruolo dell'autorità giudiziaria è stato diversamente tratteggiato nel testo originario del Codice Antimafia e nella novella del 2017. Secondo la previgente impostazione, infatti, il giudice delegato, laddove non avesse condiviso la valutazione operata dall'amministratore in merito al valore dei beni, aveva facoltà di nominare un perito; venivano richiamate, in quanto compatibili, le norme sulla perizia dettate dal codice di procedura penale ed era previsto che la stima avvenisse in contraddittorio. Si erano poste, invero, alcune questioni: la prima era che non sembrava ben chiaro cosa si intendesse per “contestazioni sulla stima dei beni” e se potessero sindacare la stima esclusivamente gli organi coinvolti nella gestione giudiziaria (cioè giudice delegato e, in ipotesi, P.M.), ovvero se fossero a ciò autorizzati anche il proposto o il terzo intestatario. La seconda considerazione riguardava l'autorità che gestiva il sub-procedimento di stima: la norma era testuale ed escludeva che il tribunale avesse una qualche attribuzione sul tema, trattandosi piuttosto di una competenza funzionale, appartenente al solo giudice delegato come organo monocratico. Forse in considerazione delle perplessità prima delineate, la novella del 2017 ha riscritto la norma sulla stima sul valore dei beni in sequestro, dedicandole un vero e proprio subprocedimento incidentale regolato alla stregua degli artt. 220 e ss. c.p.p. Infatti, il nuovo articolo 36, comma 4, stabilisce che la cancelleria dia avviso alle parti del deposito della relazione dell'amministratore giudiziario e che esse possano prenderne visione ed estrarne copia limitatamente ai contenuti di cui alla lettera b) del comma 1 (ovvero, appunto alle indicazioni concernenti il valore di mercato dei beni come stimato dall'amministratore). L'intervento riformatore ha, in qualche modo, preso posizione sulla vexata quaestio relativa alla possibilità che, in generale, gli atti d'amministrazione giudiziaria possano essere resi ostensibili al proposto o al terzo intestatario: in particolare, si è espressamente consentito alle parti di consultare la relazione dell'amministratore, sia pur solo nella parte concernente la stima del valore dei beni in sequestro. Le parti (locuzione che deve intendersi estesa al proposto, ai terzi interessati e al P.M.) potranno, entro venti giorni dalla ricezione dell'avviso, formulare al Tribunale contestazioni motivate sulla stima dei beni; su di esse il collegio compie un primo vaglio di ammissibilità e, se non le dichiara inammissibili, la stessa autorità procede a conferire un incarico peritale funzionale alla stima del valore di mercato dei beni. Ciò dovrà avvenire, comunque, “sentite le parti” e verosimilmente tenendo conto delle loro osservazioni anche in sede di redazione dei quesiti da sottoporre al perito. Come si vede, quindi, la competenza è passata dal giudice delegato al collegio, con una modifica che invero appare opportuna se si ricordano le problematiche che l'assetto previgente aveva determinato; parimenti, deve ritenersi escluso che il tribunale possa procedere in tal senso in assenza di osservazioni critiche delle parti, dovendosi qui solo ritenere che l'Autorità Giudiziaria possa invitare l'amministratore ad approfondire aspetti che in prima battuta avevano destato perplessità o a colmare lacune evidenziate dal tribunale. Inoltre, va detto che la norma – che sul punto non sembra lasciare alcun margine di discrezionalità al collegio – pone a carico del tribunale un vero e proprio “dovere di perizia” in ogni caso in cui vengano formulate nei termini contestazioni motivate e non ritenute inammissibili (perché, ad esempio, pervenute fuori termine o non motivate, ovvero da soggetti non legittimati). Interessante è, poi, il coordinamento di tale disposizione con l'art. 24, comma 2, nella parte in cui prevede la sospensione del termine di efficacia del sequestro, per non più di novanta giorni, durante l'espletamento di “accertamenti peritali sui beni di cui la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente”: invero, se è vero che detto articolo non contiene un rinvio alla perizia sul valore dei beni di cui all'art. 36, è però indiscutibile che anche questa possa dirsi un “accertamento peritale sui beni nella disponibilità del proposto”, sia pur al limitato fine di stimarne il valore di mercato e su impulso del tribunale. Peraltro, il carattere tassativo delle cause di sospensione del termine in esame, dovuto a ragioni di certezza del diritto e di contemperamento dei diritti costituzionalmente garantiti di proprietà e iniziativa economica con l'interesse statuale a espungere dal circuito economico beni inquinati nella loro genesi, impedisce probabilmente di ritenere che tale meccanismo operi anche nel caso di cui all'art. 36, comma 4; ciò anche perché la citata perizia sul valore di mercato sembra emergere all'esito della riforma del 2017 come una sorta di parentesi ordinaria nella gestione del compendio, da espletarsi in ogni caso in cui le parti sollevino contestazioni motivate sulla stima operata dall'amministratore. Sotto altro profilo, si è affermato (Cass.I, n. 4489/2022) che “ai fini della sospensione dei termini di efficacia della confisca per la particolare complessità della motivazione, ai sensi dell'art. 7, comma 10-septies d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, in relazione a quanto previsto dall'art. 24 del medesimo d.lgs., è necessario che il collegio giudicante indichi nel verbale d'udienza l'intenzione di avvalersi della facoltà di depositare la decisione oltre il termine ordinario di quindici giorni”. Un tema interessante è stato affrontato da Cass. VI, n. 35803/2020 ove si è tracciata la distinzione tra i concetti di “sospensione” e di “proroga” del termine di efficacia della misura ablativa affermando che la proroga semestrale dell'efficacia del sequestro per indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti e la sospensione di novanta giorni per l'espletamento di accertamenti peritali sui beni, previste entrambe dall'art. 24 del d.lgs. n. 159/2011, comma 2, hanno differenti presupposti giustificativi, di tal che i relativi termini operano l'uno indipendentemente dall'altro. (Fattispecie in cui la Corte ha respinto il rilievo della difesa secondo il quale, essendo stata rilevata la particolare complessità dell'indagine ed affidato, altresì, incarico di perizia, la proroga di efficacia della misura ablativa non avrebbe potuto eccedere il termine di novanta giorni stabilito per l'accertamento peritale). Si è precisato che il ricorso operava un'erronea sovrapposizione tra “proroga” e “sospensione” del termine per la decisione sulla confisca, entrambe disciplinate dal citato art. 24, comma 2: se la prima, infatti, ha una durata di sei mesi e rinviene il suo presupposto, anche soltanto alternativo, nelle situazioni di «indagini complesse» o di «compendi patrimoniali rilevanti», la sospensione invece opera - per l'ipotesi che qui interessa – qualora si renda necessario «l'espletamento di accertamenti peritali sui beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta poter disporre», e può protrarsi per un massimo di novanta giorni. Altrove (Cass. V, n. 52068/2019) ci si è chiesti se la disposizione dell'art. 5, comma 8, l. n. 161/2017 che limita, nel caso di accertamenti peritali, a novanta giorni la sospensione del termine di un anno e sei mesi dal deposito dell'atto di impugnazione, entro il quale la corte di appello deve provvedere a pena di inefficacia della confisca disposta in primo grado – si applichi o meno ai procedimenti pendenti al momento dell'entrata in vigore della predetta novella. Sul punto si è deciso che la limitazione a novanta giorni della sospensione del suddetto termine nel caso in cui nel giudizio d'appello siano stati disposti accertamenti peritali è stata introdotta nel comma 2 dell'art. 24 del citato decreto (nel testo già modificato dalla l. n. 228/2012) dall'art. 5 comma 8 I. n. 161/2017, la quale, all'art. 36 comma 3, ha espressamente escluso che la novella si applichi ai procedimenti pendenti al momento della sua entrata in vigore. Conseguentemente, dovendosi fare riferimento alla previgente formulazione del menzionato art. 24 comma 2, al momento del deposito del provvedimento impugnato, il termine di cui al successivo art. 27 comma 6 non si era ancora compiuto, essendo stato correttamente sospeso – come la Corte aveva già avuto modo di chiarire (Cass. VI, n. 12529/2019) – per tutto il tempo di espletamento della perizia. Di recente la Cassazione (n. 3360/2022) ha affermato che “nel caso di sospensione del termine di novanta giorni previsto dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per l'espletamento di accertamenti peritali finalizzati all'adozione del provvedimento di confisca di bene sottoposto a sequestro, non trova applicazione la disciplina di cui all'art. 304, comma 5, cod. proc. pen., che è riferibile solo al caso di sospensione dei termini di custodia cautelare”. c) Eventuali diritti di terzi sui beni sequestrati. I diritti dei terzi (ad esempio, diritti reali di garanzia o di godimento) connotano lo statuto strutturale di ogni bene in sequestro, condizionandone la fase di amministrazione giudiziaria e la possibile destinazione. Infatti, i punti di maggiore criticità si collegano, di frequente, proprio alle vicende relative alle pretese dei terzi; per tale motivo, va segnalata favorevolmente la volontà del legislatore del 2011 di imporre all'amministratore di indicarli fin da subito al giudice delegato. La previsione assume significato anche in funzione degli accertamenti di cui all'art. 52 e ss. del d.lgs. n. 159/2011 e dei connessi obblighi in capo all'amministratore nella successiva fase di verifica e ammissione dei crediti. Giova osservare che, nel quadro di una sempre più rapida ed efficace conoscenza del compendio al fine di orientare le future scelte di gestione, la novella del 2017 ha anche previsto che in caso di sequestro di aziende l'amministratore debba allegare alla proposta di prosecuzione dell'attività un elenco nominativo dei creditori e di coloro che vantino diritti sui beni in esame. d) In caso di sequestro di beni organizzati in azienda, l'indicazione della documentazione reperita e le eventuali difformità tra gli elementi dell'inventario e quelli delle scritture contabili. Si tratta, invero, di una specificazione dell'obbligo già gravante sull'amministratore giudiziario che, come visto innanzi, è tenuto a relazionare sullo stato e sulla consistenza dei beni; laddove si tratti di beni organizzati in azienda, l'articolo 41 aggiunge anche l'obbligo di indicare dettagli particolareggiati sullo stato dell'attività aziendale e sulle sue “prospettive di prosecuzione”. L'art. 41 stabilisce, infatti, che il tribunale, sentiti l'amministratore giudiziario e il P.M., ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell'impresa stessa. Di recente (Cass. I, n. 36343/2022) la Suprmea Corte ha chiarito che “il provvedimento con cui il tribunale competente approvi il programma di gestione dell'azienda sequestrata ovvero disponga la messa in liquidazione dell'impresa ex art. 41 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e succ. mod. non è autonomamente impugnabile, avendo natura interlocutoria o a vocazione essenzialmente gestoria”. e) L'indicazione delle forme di gestione più idonee e redditizie dei beni, anche ai fini delle determinazioni che saranno assunte ai sensi dell'art. 41. In particolare, per le aziende o per le partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze previste dall'art. 2359 c.c., il testo previgente della lettera in esame prevedeva che “la relazione contiene una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto ed i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, delle modalità e dell'ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata, della capacità produttiva e del mercato di riferimento”. La voluntas legis era chiara e mirava a comprendere se e in quali termini l'attività potesse prescindere dai suoi titolari ovvero fosse intimamente compenetrata con le figure dei proposti o dei terzi; il tutto, ovviamente, in funzione della prosecuzione della gestione senza l'apporto di costoro. Oggi si è preferito rinviare direttamente all'art. 41 che detta norme più analitiche in tema di gestione di beni organizzati in azienda. Deve ritenersi che l'eliminazione dell'inciso, sostituito con il più sintetico richiamo all'art. 41, vada nella direzione (apprezzabile) di un riordino della normativa, atteso che il testo previgente si presentava come una sorta di duplicazione dell'art. 41, collocata peraltro in un locus non propriamente idoneo, giacché la parte dedicata all'amministrazione di beni organizzati in aziende è contenuta negli articoli 40 e seguenti. Le ulteriori comunicazioni sui beni La relazione deve indicare, oltre alle eventuali difformità tra quanto oggetto della misura e quanto materialmente appreso, anche l'esistenza di altri beni che potrebbero essere oggetto di sequestro e di cui l'amministratore giudiziario sia venuto a conoscenza in fase di esecuzione del vincolo. Costui, oltre ad avere il dovere di segnalare i beni che con certezza rientrano nella sfera di disponibilità del proposto o dei terzi, dovrà anche comunicare possibili canali di accrescimento patrimoniale che potrebbero essere oggetto di investigazione; ciò nel quadro del più generale dovere di collaborazione con la procedura e con il giudice delegato, in funzione della migliore e più efficace attuazione del sequestro. Ciò non vuole, peraltro, dire che l'amministratore sia tenuto a fare le veci della polizia giudiziaria esponendosi in prima persona, né a presentare al Tribunale le sue personali valutazioni circa la praticabilità effettiva del sequestro o dell'estensione della misura, trattandosi di funzioni che l'ordinamento attribuisce a diversi e precisi soggetti. La conclusione, pertanto, è che vanno segnalati tutti i beni su cui in astratto si possa intervenire con la misura, sia quelli esattamente individuati, sia i canali conoscitivi che, con buon margine di probabilità, potrebbero indurre l'individuazione di altri beni e l'accrescimento del sequestro; ad esempio, potranno essere utili nella prospettiva dell'estensione le informazioni provenienti da istituti di credito o finanziarie o altre società di investimento. Il d.l. 48/2025 Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’11 aprile 2025, il decreto legge n. 48 è entrato in vigore il 12 aprile 2025 portando con sé alcune rilevanti riforme in materia di misure di prevenzione: tra queste si segnala la modifica degli 36,40 e 41 del Codice antimafia. Il nuovo articolo 36 prevede, infatti, l’obbligo per l’amministratore giudiziario di indicare nella relazione in modo dettagliato le caratteristiche tecnico-urbanistiche del bene sequestrato segnalando l’esistenza di eventuali abusi e i possibili utilizzi del bene (articolo 36 comma 2 bis); la previsione normativa introdotta impone l’interlocuzione con i Comuni, che devono riscontrare le richieste entro 45 giorni. La disposizione si inserisce nell’alveo della crescente esigenza di valorizzare in concreto i beni confiscati, talvolta resa difficile dalle problematiche urbanistiche ed edilizie esistenti; essa è funzionale alla futura destinazione del bene ai sensi dell’articolo 48. Si introduce poi una rilevante novità all’articolo 40 stabilendo che qualora su beni siano riscontrati abusi edilizi non sanabili il giudice delegato ordina la demolizione (comma 1 bis) in modo da impedire l’ingresso nel patrimonio dello Stato dei beni di fatto non utilizzabili e vincolando l’area di sedime al patrimonio indisponibile dell’ente locale. |