Istanza di autorizzazione alla convocazione dell'assemblea per procedere alla sostituzione degli amministratori (art. 41, d.lgs. n. 159/2011)

Corinna Forte

Inquadramento

ai sensi dell'art. 41 del d.lgs. n. 159/2011, come modificato dalla l. n. 161/2017, qualora il sequestro di prevenzione abbia avuto a oggetto partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze necessarie per legge, l'amministratore giudiziario può, previa autorizzazione del Giudice delegato: a) convocare l'assemblea per la sostituzione degli amministratori; b) impugnare le delibere societarie di trasferimento della sede sociale, di trasformazione, fusione, incorporazione o estinzione della società, nonché di ogni altra modifica dello statuto che possa arrecare pregiudizio agli interessi dell'amministrazione giudiziaria.

Sul punto, si è affermato (Cass. VI, n. 26755/2021) che il sequestro dell'intero capitale sociale e del compendio aziendale di una società dichiarata fallita, comporta l'assoggettamento al vincolo anche delle somme formalmente confluite su conto corrente gestito dalla curatela, trattandosi di proventi frutto del reimpiego di beni aziendali aventi provenienza illecita. (Fattispecie in cui è stato confermato il sequestro avente ad oggetto in parte denaro già nella disponibilità della società prima dell'adozione della misura di prevenzione ed, in parte, costituente provento dall'affitto di azienda disposto dal curatore in favore del soggetto sottoposto alla misura di prevenzione personale che, in tal modo, aveva mantenuto la disponibilità del compendio aziendale sequestrato). Nel passaggio dal testo originario del 2011 alla novella della l. n. 161/2017 la citata attività dell'amministratore non viene posta più come facoltativa o discrezionale (si usa il termine “provvede”), ma apparentemente necessaria; inoltre, è stata espunta la locuzione riferita alle modifiche statutarie che potessero arrecare pregiudizio agli interessi dell'amministrazione giudiziaria, sostituendola con quella più ampia (e più in linea con le finalità conservativa/migliorative della procedura) prima evidenziata.

Come si è visto, la gestione dell'azienda sequestrata deve essere autorizzata dal Tribunale quando rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, così come stabilito dall'art. 41, comma 1, del Codice Antimafia; infatti, qualora non sussistano tali prospettive il Tribunale provvede alla messa in liquidazione dell'impresa.

La valutazione di cui all'art. 41 va tenuta distinta dal giudizio relativo all'approvazione del rendiconto di gestione di cui al successivo art. 43: sul punto la Suprema Corte ha precisato (Cass. I, n. 6340/2021) che quest'ultimo non può estendersi alla scelta relativa alla prosecuzione o meno dell'attività produttiva o commerciale dell'azienda in sequestro, trattandosi di decisione rientrante nella competenza del tribunale e da adottare sulla base di una ricognizione preliminare che costituisce oggetto di un autonomo sub-procedimento insuscettibile di rinnovata valutazione in sede di approvazione del conto di gestione.

Addirittura, allorché venga accertato lo stato di insolvenza, su istanza del P.M. l'imprenditore cui accede l'azienda può essere dichiarato fallito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 41 e 63 Codice Antimafia.

Formula

N. ... RGMP

Alla c.a. del Sig. Giudice Delegato Dott. ....

Il sottoscritto Dott. ... nato a ... il ... residente ... c.f. ..., nominato amministratore giudiziario dei beni sequestrati nell'ambito del procedimento indicato in epigrafe;

PREMESSO

che il sequestro ha avuto ad oggetto la totalità delle quote della società ... con sede in ... intestate a ...;

che il sequestro è stato eseguito in data ...;

che legale rappresentante della citata società è il Sig. ... nato a ..., proposto per l'applicazione di misure personali e patrimoniali nel procedimento indicato in epigrafe;

che occorre quindi procedere, ai sensi dell'art. 41, d.lgs. n. 159/2011, alla convocazione dell'assemblea al fine di sostituire il legale rappresentante con persona indicata dalla S.V., ovvero individuata dallo scrivente e che garantisca il pieno allontanamento del soggetto proposto dalla vita della società;

CHIEDE

Alla S.V. l'autorizzazione a convocare l'assemblea della società indicata in epigrafe, in applicazione delle relative regole del codice civile, per la sostituzione degli amministratori, indicando se del caso persone di sua fiducia per il conferimento del citato incarico.

Con osservanza.

Luogo e data ...

Firma ...

Commento

Il testo dell'art. 41 nella attuale formulazione, al sesto comma, contempla espressamente l'ipotesi del sequestro delle partecipazioni societarie: il legislatore dà conto di aver recepito la problematica e prevede che, laddove il sequestro assicuri la maggioranza necessaria per legge, l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del Giudice delegato, opera nella duplice direzione di: a) convocare l'assemblea per la sostituzione degli amministratori; b) impugnare le delibere societarie di trasferimento della sede sociale, di trasformazione, fusione, incorporazione o estinzione della società, nonché di ogni altra modifica dello statuto utile al perseguimento degli scopi dell'impresa in sequestro.

Si noti che nel passaggio al testo del 2017 tale attività dell'amministratore non viene posta più come facoltativa o discrezionale (si usa il termine “provvede”), ma apparentemente necessaria; inoltre, è stata espunta la locuzione riferita alle modifiche statutarie che potessero arrecare pregiudizio agli interessi dell'amministrazione giudiziaria, sostituendola con quella più ampia (e più in linea con le finalità conservativa/migliorative della procedura) prima evidenziata.

Come si è visto, la gestione dell'azienda sequestrata deve essere autorizzata dal Tribunale quando rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, così come stabilito dall'art. 41, comma 1, del codice Antimafia; infatti, qualora non sussistano tali prospettive il Tribunale provvede alla messa in liquidazione dell'impresa.

Addirittura, allorché venga accertato lo stato di insolvenza, su istanza del P.M. l'imprenditore cui accede l'azienda può essere dichiarato fallito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 41 e 63 codice Antimafia.

Giova poi segnalare che sulla Gazzetta Ufficiale n. 302/2015, del testo della l. n. 208/2015, c.d. “legge di stabilità 2016”, vigente dal primo gennaio 2016, contenente alcune rilevanti novità per le attività di competenza degli amministratori giudiziari.

Si segnalano, in modo sintetico, i commi 195-198 recanti misure a tutela delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata e si evidenzia, in specie, la costituzione di un fondo finalizzato ad “assicurare alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata nei procedimenti penali per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e nei procedimenti di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali, limitatamente ai soggetti destinatari di cui all'art. 4, comma 1, lettere a) e b), del codice di cui al d.lgs. n. 159/2011, la continuità del credito bancario e l'accesso al medesimo, il sostegno agli investimenti e agli oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale, la tutela dei livelli occupazionali, la promozione di misure di emersione del lavoro irregolare, la tutela della salute e della sicurezza del lavoro, il sostegno alle cooperative previste dall'art. 48, comma 3, lettera c), e comma 8, lettera a), del citato codice di cui al d.lgs. n. 159/2011”.

Molto importante anche l'innovazione introdotta dalla l. n. 132/2018, di conversione del c.d. “d.l. sicurezza” che ha introdotto nel Codice Antimafia, l'art. 51-bis(“Iscrizione di provvedimenti al registro delle imprese”), a norma del quale il decreto di sequestro di cui all'art. 20, il decreto di confisca di cui all'art. 24, i provvedimenti di cui agli artt. 34 e 34-bis, la nomina dell'amministratore giudiziario ai sensi dell'art. 41, il provvedimento di cui all'art. 45, nonché tutti i provvedimenti giudiziari di cui al Codice Antimafia comunque denominati, relativi ad imprese, a società o a quote delle stesse, dovranno essere iscritti al registro delle imprese, su istanza della cancelleria, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, con le modalità individuate dal regolamento emanato ai sensi dell'art. 8, comma 6-bis, l. n. 580/1993.

Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al periodo precedente si applica l'art. 8, comma 6-ter, della citata l. n. 580/1993.

La norma va condivisa, almeno nella sua intenzione di fare chiarezza e risolvere alcuni problemi applicativi; lascia peraltro perplessi la genericità della nozione (tutti i provvedimenti giudiziari) che lascia immaginare un'iscrizione massiva, forse anche inutile, di tanti provvedimenti di gestione che non richiedono in alcun modo tale formalità.

Ciò, anche considerato che in fase di amministrazione vengono emanati plurimi provvedimenti giudiziari, non sembra compatibile almeno prima facie con il principio di tipicità degli atti passibili di iscrizione.

Amministrazione giudiziaria e rappresentanza legale

Le finalità dell'amministrazione giudiziaria, eseguito il sequestro, sono essenzialmente duplici: in primo luogo, infatti, occorre provvedere alla conservazione della res (svolgendosi la gestione per conto di chi spetta), mentre in seconda battuta si deve, ove possibile, tentare l'incremento di redditività.

Le finalità indicate possono essere conseguite efficacemente solo adeguando l'amministrazione giudiziaria alla natura del bene che costituisce oggetto di sequestro e tenendo conto, in specie, delle indiscutibili particolarità che riveste la gestione giudiziale di complessi aziendali.

Qualora il sequestro attinga una società appare necessario distinguere a seconda della natura e dell'intensità del vincolo ablativo, nonché del suo specifico oggetto.

Se il sequestro colpisce singole quote o azioni l'amministratore esercita i diritti propri del quotista o dell'azionista e non assume titolarità di poteri tipici dell'amministratore della società nel suo complesso; a questi non può certo essere riconosciuta, ipso facto, la rappresentanza della società stessa.

In sostanza, il sequestro di quote minoritarie che non si rivelino un mero schermo del soggetto proposto comporterà in capo all'amministratore giudiziario un semplice onere amministrativo funzionale alla partecipazione alle votazioni assembleari, con facoltà di proporre candidature (la sua o di soggetti di sua fiducia) anche a rappresentare gli organi interni, con possibilità di proporre la stipula di patti parasociali e di avvalersi di ausiliari esterni e imparziali, esperti del settore e delle dinamiche societarie.

Il criterio ispiratore sarà, pertanto, quello di perseguire il più possibile il mantenimento (se non l'accrescimento) del valore della quota nella prospettiva della sua liquidazione, conseguente all'eventuale confisca.

Laddove, poi, costui risulti amministratore della quota di maggioranza ovvero subentri nella posizione dell'azionista maggioritario, può certo - attraverso la convocazione dell'assemblea societaria - concorrere alla revoca dei precedenti amministratori e alla nomina dei nuovi.

Nelle società con unico socio, ovvero nell'ipotesi in cui il vincolo abbia attinto l'intero patrimonio e la totalità delle quote o azioni, l'organo esecutivo della procedura si inserisce poi, pleno iure, nell'amministrazione della società e in capo allo stesso si pongono tutti gli obblighi e i doveri previsti dal sistema.

In tale ipotesi sarebbe auspicabile la revoca dei precedenti amministratori, con cessazione in capo a costoro di qualsivoglia potere di gestione o di rappresentanza dell'ente.

Nel silenzio della legge (nessuna delle novelle che hanno interpolato il tessuto originario del Codice Antimafia nei pochi anni successivi alla sua entrata in vigore ha, infatti, affrontato esplicitamente il tema della rappresentanza legale delle imprese sottoposte a sequestro di prevenzione) gli interpreti del diritto sono giunti a elaborazioni spesso tra loro fortemente contrastanti sul tema dei rapporti tra l'amministrazione giudiziaria di aziende e la rappresentanza legale delle stesse. Attribuendo all'amministratore giudiziario la legale rappresentanza, invero, costui si troverebbe esposto a tutte le ipotesi di responsabilità contabile, fiscale e societaria e connesse al possibile esercizio di azioni collegate alla posizione di legale rappresentante, potendo persino - in talune ipotesi - correre il rischio di venir dichiarato fallito e di incorrere in responsabilità penali connesse alla titolarità di una posizione di garanzia collegata con tale ruolo (si pensi, ad esempio, ai casi tutt'altro che infrequenti di infortuni sul lavoro, ovvero alle variegate ipotesi di imputazione per reati collegati alla titolarità di autorizzazioni, concessioni e permessi in tema di urbanistica, gestione dei rifiuti, etc.).

Il problema diviene ancor più evidente allorché si sostenga che ciò possa avvenire senza passare attraverso la convocazione dell'assemblea dei soci e la nomina dell'amministratore, in quel contesto, come legale rappresentante, bensì come effetto in qualche modo automatico, conseguente allo spossessamento proprio dell'ablazione di prevenzione e alla finalità di recidere immediatamente i rapporti tra l'imprenditore qualificabile come pericoloso e la compagine mediante la quale si è estrinsecata la sua pericolosità sociale.

Come anticipato, vi sono orientamenti diversi in dottrina, come pure nella giurisprudenza di merito e nella prassi dei Tribunali.

Vi è chi, tanto per cominciare, afferma che laddove il sequestro abbia attinto tutte le quote, in uno al patrimonio sociale e a ogni altro bene o entità nella disponibilità della società, finisca per essere la stessa società illecita, giacché essa diventa lo strumento formale e lo schermo impiegato per concretizzare e attuare l'azione antigiuridica del soggetto proposto.

Si sostiene che in tali casi il sequestro blocca l'intero patrimonio e, dunque, investe anche il soggetto giuridico che accomuna le distinte unità soggettive che lo compongono: non v'è dubbio, secondo questa impostazione, che tutte le società - non solo quelle di persone - si risolvano, sostanzialmente, nelle persone dei soci.

Esse esistono se ed in quanto esistano i rispettivi soci che le costituiscono e che, attraverso la società, si determinano a operare.

In presenza di un sequestro di prevenzione che incida complessivamente sulla società, risultando essa l'espressione formale dell'azione mafiosa o della criminalità nel campo economico-commerciale, oggetto del sequestro diviene oltre al patrimonio, alle quote o alle azioni, anche il soggetto giuridico, proprio perché “bene” o “utilità” “economica” che è, strutturalmente, in connessione forte con l'attività deviante stessa.

In queste ipotesi - si sostiene - non avrebbe senso discutere di un'autonomia della società rispetto alle quote sociali e sarebbe persino incoerente ritenere che, pur inciso il patrimonio intero e la partecipazione tutta, resti tuttavia insensibile al vincolo reale il soggetto giuridico, surrettiziamente unificato in un'entità soggettiva diversa dai soci medesimi. ione forte con l'attività deviante stessa

Di contrario avviso la prevalente dottrina, secondo la quale le società sono soggetti e non oggetto di diritti: rientrano, pertanto, nel novero dei “terzi” che devono essere chiamati a prendere parte al procedimento di prevenzione perché, in definitiva, titolari delle aziende attinte dal vincolo cautelare.

Ne discende che l'oggetto della tutela cautelare possono essere solo l'azienda, come complesso di beni destinati allo svolgimento dell'impresa, ovvero le partecipazioni sociali; ne discende, altresì, l'inoperatività nel caso di specie del meccanismo di cui all'art. 2908 c.c. a norma del quale solo nei casi previsti dalla legge (e questo non sarebbe tra essi) l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici.

In sostanza, si ritiene che il sequestro di prevenzione non determina le condizioni affinché si modifichi il contratto di società, ovvero si produca la sostituzione degli organi della persona giuridica.

Secondo i fautori di questa interpretazione, pertanto, l'amministratore nominato dal Tribunale non è certamente il legale rappresentante della società, né tanto meno - e in via automatica - il suo nuovo amministratore; ancora, un amministratore giudiziario non è un imprenditore e soprattutto l'oggetto del sequestro non è l'impresa quale soggetto giuridico, bensì l'azienda.

In questo senso non andrebbe, poi, enfatizzato il testo della l. n. 94/2009 che, nell'interpolazione dell'art. 2-sexies commi 4-quinquies e 4-sexies, prevedendo la sospensione delle procedure esecutive promosse dai concessionari faceva riferimento al sequestro di società; al di là del dato letterale, si osserva, lo stesso Codice Antimafia ha sostituito il termine società con quello di partecipazioni societarie.

La regolarizzazione formale, dunque, dei poteri di amministrazione conferiti dall'assemblea e della relativa potestà rappresentativa della società all'amministratore giudiziario è l'unico strumento che può evitare abusi da parte dei soggetti in capo ai quali potrebbe continuare, formalmente, ad appuntarsi il potere rappresentativo della società (spinge per la convocazione dell'assemblea dei soci e per la sostituzione degli amministratori precedenti con l'amministratore giudiziario: Trib. Brindisi 22 marzo 2005; di avviso dissimile: Trib. Napoli 5 febbraio 2014, che attribuisce, in materia di sequestro penale in funzione della confisca ex art. 12-sexies, l. n. 356/1992, la rappresentanza legale della società, interamente attinta da vincolo, all'amministratore giudiziario).

Quanto ai poteri di impugnativa, deve ritenersi che non si tratti di un'elencazione tassativa: all'amministratore giudiziario spetteranno, dunque, tutti i poteri che si appuntano in capo ai quotisti o agli azionisti in ragione della titolarità delle rispettive partecipazioni.

L'impugnabilità del provvedimento ex art. 41 CAM

Di recente la Suprema Corte (Cass. I, n. 36343/2022) ha avuto modo di precisare che il provvedimento con cui il tribunale competente approvi il programma di gestione dell'azienda sequestrata ovvero disponga la messa in liquidazione dell'impresa ex art. 41 del d.lgs. n. 159/2011 e succ. mod. non è autonomamente impugnabile, avendo natura interlocutoria o a vocazione essenzialmente gestoria.

Invero, l'art. 41, d.lgs. n. 159/2011, nel disciplinare il procedimento di verifica, da parte del Tribunale, delle proposte formulate dall'amministratore giudiziario in ordine alla prosecuzione o alla ripresa dell'attività aziendale ovvero, al contrario, della messa in liquidazione dell'organismo, non indica se ed attraverso quali strumenti il decreto motivato previsto dal comma 1-sexies o il provvedimento contemplato dal successivo comma 5 possano essere impugnati; la giurisprudenza di legittimità, occupandosi della questione, ha offerto soluzioni non univoche né adeguatamente sistematizzate, anche in chiave di emersione di possibili contrasti ermeneutici.

In talune pronunzie (Cass. II, n. 28922/2020) si è riconosciuta — richiamando il principio enunciato dalle Sezioni Unite (n. 46898/2019, Ricchiuto, Rv. 277156) per il caso di rigetto, da parte del tribunale competente per le misure di prevenzione, dell'applicazione del controllo giudiziario richiesto ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 — l'appellabilità del provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione approvi il programma di gestione dell'azienda sequestrata, ex art. 41 del d.lgs. n. 159/2011, disponendo la cessazione dell'attività e la vendita dei beni strumentali.

Di, almeno parzialmente, diverso avviso si è mostrato altro orientamento (Cass. II, n. 8640/2021) che ha sancito l'inammissibilità dell'impugnazione, avverso il decreto emesso ai sensi dell'art. 41, mediante ricorso per cassazione proposto a norma dell'art. 666, comma 2, c.p.p., senza vagliare, tuttavia, le alternative (che pure ha indicato) della radicale non impugnabilità del provvedimento ovvero, al contrario, della proponibilità di appello (opzione, quest'ultima, che, si nota incidentalmente, avrebbe potuto indurre la riqualificazione del ricorso ex art. 568, comma 5, c.p.p.).

Percorso ancora diverso è stato seguito poi da altre sentenze (Cass. I, n. 6340/21) che, trattando incidentalmente la questione, hanno ipotizzato l'impugnabilità del provvedimento - in quanto incidente in maniera definitiva su diritti soggettivi ed avente, pertanto, al di là della qualificazione come decreto, natura di sentenza - in forza del disposto dell'art. 111, comma 7, Cost. e per sola violazione di legge.

Tanto premesso, nel più recente arresto prima citato, la Suprema Corte ha ritenuto che - sulla base della normativa applicabile e tenuto conto degli orientamenti applicativi testé evocati - il decreto emesso dal tribunale ex art. 41 non sia suscettibile di autonoma impugnazione: l'art. 568 c.p.p. nel prevedere, al comma 1, che “la legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del Giudice sono soggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possano essere impugnati”, consacra, a livello positivo, il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, che informa l'intero orizzonte penalistico e si traduce nella concorrente necessità che la legge indichi quali provvedimenti siano soggetti a gravame ed attraverso quale strumento.

Tale principio, certamente valevole anche nel settore delle misure di prevenzione, non esclude che, per ineludibili esigenze di tutela di preminenti posizioni giuridiche soggettive, sia ammessa — come statuito a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità (per un'ampia ed esaustiva disamina sul punto, cfr. S.U., n. 46898/2019, Ricchiuto, Rv. 277156, in motivazione) - l'impugnazione, quantunque non espressamente prevista, di provvedimenti che incidono su diritti soggettivi di rango primario; primo, ineludibile presupposto per il superamento del canone per cui, anche nella materia delle misure di prevenzione, un provvedimento giurisdizionale può essere censurato esclusivamente nei casi e nelle forme espressamente previsti dal legislatore è, quindi, che la decisione abbia sicura attitudine alla definizione della situazione controversa e sia, cioè, idonea ad incidere, in modo tendenzialmente definitivo, sul diritto che viene in rilievo e di cui il titolare o altro soggetto interessato lamenti l'ingiustificato sacrificio. Al contrario, non è dato ravvisarsi analoga esigenza laddove si sia al cospetto di provvedimenti di natura interlocutoria o a vocazione essenzialmente gestoria, che non sono suscettibili di determinare la stabile pretermissione della situazione giuridica della cui salvaguardia si discute.

Calando detti principi nel caso di specie, qui la Corte osserva che il Tribunale, lungi dal disporre, in via definitiva ed irrevocabile sulla sorte delle aziende sottoposte ad amministrazione giudiziaria, si era limitato a delibare, condividendole, le proposte formulate dall'amministratore in ordine alla possibilità di proseguire utilmente l'attività delle società sottoposte a confisca e, eventualmente, sotto quali condizioni; ovvero, si nota, ad esprimere un avviso dal quale non scaturisce in alcun modo il definitivo ed irreparabile pregiudizio per le prerogative del soggetto proposto.

Si tratta, in sostanza, di una decisione di carattere interlocutorio che si inserisce in una più complessa attività gestoria che impegna il periodo che intercorre tra l'apposizione del vincolo cautelare e l'irrevocabilità del provvedimento ablatorio, cui consegue l'adozione delle scelte finali in ordine al destino dell'impresa, a quel punto di esclusiva competenza della mano pubblica, divenuta titolare dell'entità aziendale.

Il legislatore – si aggiunge - ha opportunamente avuto cura, del resto, di strutturare il procedimento in forma partecipata richiamando, al comma 1-sexies, la procedura ex art. 127 c.p.p. ed indicando, quali parti interessate, il Pubblico Ministero, i difensori delle parti, l'ANBSC e l'amministratore giudiziario, sì da assicurare il più ampio spazio per il dispiegamento del contraddittorio; il provvedimento conclusivo potrebbe essere dunque impugnato, conclude la Corte, per l'eventuale violazione delle regole previste dall'art. 127 c.p.p., ma non anche in relazione al suo contenuto che, proprio perché adottato con il contributo di tutti gli attori, resta insindacabile.

Esso non ha, infine, portata sostanziale di sentenza e, quindi, va esclusa la praticabilità, ventilata dal filone ermeneutico prima evocato, del ricorso in cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.; detto strumento, peraltro, finirebbe con il rivelarsi, nella pratica, inadatto a preservare gli interessi della parte che intendesse criticare, come nel caso all'esame della Corte, la motivazione sottesa alla decisione contestata mediante l'attivazione di uno strumento impugnatorio che ammette la deduzione della sola violazione di legge e, quindi, la carenza assoluta — o, al più, l'apparenza — della motivazione e non anche la sua manifesta illogicità o contraddittorietà.

Le innovazioni contenute nella l. n. 161/2017

Numerose e di rilievo, come anticipato, le modifiche apportate in materia di gestione delle aziende sequestrate.

È noto che il sequestro comporta difficoltà sul piano dei rapporti con gli istituti di credito, con i fornitori dell'azienda, con i clienti e con i dipendenti, che si trovano a doversi relazionare con un soggetto diverso, individuato nell'autorità statuale, chiamata a garantire la prosecuzione dell'attività economica riportando l'azienda sul terreno della legalità.

Il testo approvato a settembre 2017 interviene su diversi aspetti: in primo luogo si è proceduto a modificare l'art. 41 al fine di meglio disciplinare l'attività del Tribunale, del Giudice delegato e dell'amministratore nell'adozione dei provvedimenti di prosecuzione o cessazione dell'azienda.

Indi, sono state introdotte forme di sostegno alle aziende con appositi fondi e forme di gestione (art. 41-bis, d.lgs. n. 159/2011) e si è delegato il Governo ad adottare un d.lgs. per la tutela del lavoro nell'ambito delle imprese sequestrate e confiscate (d.lgs. n. 72/2018).

L'intervento è stato articolato anche coinvolgendo le istituzioni interessate e i vari “soggetti” che possono contribuire alla migliore gestione dell'azienda sequestrata (art. 41) e prevedendo forme di supporto delle aziende sequestrate o confiscate (art. 41-quater, d.lgs. n. 159/2011), nonché modificando la disciplina della tutela dei creditori per crediti precedenti al sequestro (artt. 41, comma 1-ter e 54-bis, d.lgs. n. 159/2011).

L'art. 41 viene, poi, sostanzialmente riscritto nel tentativo di affrontare e risolvere numerose criticità, con l'obiettivo di valorizzare il provvedimento di prosecuzione o cessazione dell'attività imprenditoriale.

Le molteplici interpolazioni al testo sono evidenti suggerendo, sotto il profilo tecnico, un migliore coordinamento delle disposizioni introdotte, in via generale ampiamente condivisibili.

L'ambito applicativo dell'art. 41 viene indicato al comma 1 nel sequestro di aziende (art. 2555 c.c.), come previsto attualmente, con la specificazione che può riferirsi non solo alle aziende dell'imprenditore individuale, ma anche alle aziende oggetto del provvedimento “per effetto del sequestro avente a oggetto partecipazioni societarie”.

Si valorizza la relazione dell'amministratore giudiziario (comma 1), nominato nell'apposita sezione dell'Albo (ripetendo quanto già previsto dall'art. 35, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011): questa, dopo la “relazione ordinaria” (preliminare) prevista dall'art. 36, comma 1, deve essere presentata entro tre mesi, prorogabili a sei per giustificati motivi dal Giudice delegato.

La relazione contiene:

a) gli ulteriori dati acquisiti, integrativi di quelli già esposti nella relazione preliminare, nonché gli eventuali provvedimenti da adottare per l'allontanamento del proposto, dei suoi familiari e del terzo intestatario di cui al comma 6-bis;

b) la situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con lo stato analitico ed estimativo delle attività;

c) una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto di numerosi elementi, da ritenersi non esaustivi, ivi compresi gli oneri correlati al processo di legalizzazione dell'azienda.

Nel caso di proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività è allegato uno specifico programma corredato, previa autorizzazione del Giudice delegato, della relazione di un professionista che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo, considerata anche la possibilità di avvalersi delle agevolazioni previste.

Si utilizza, opportunamente, un criterio di attestazione previsto dalla l. fall. per il concordato (art. 124 l. fall.), anche preventivo (art. 161 l. fall.).

Occorre tenere conto, in particolare, “del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto e i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, delle modalità e dell'ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata e di quella necessaria per il regolare esercizio dell'impresa, della capacità produttiva e del mercato di riferimento nonché degli oneri correlati al processo di legalizzazione dell'azienda”.

d) la stima del valore di mercato dell'azienda, tenuto conto degli oneri correlati al processo di legalizzazione della stessa. Per questa parte della relazione si applica l'art. 36, comma 4, in tema di comunicazione e contestazione dei valori (comma 1-bis);

e) l'indicazione delle attività esercitabili solo con autorizzazioni, concessioni e titoli abilitativi, al fine di consentire l'adozione dei provvedimenti del Tribunale e per evitare problemi operativi sulla proseguibilità dell'attività imprenditoriale dell'azienda sequestrata.

La centralità della proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività avanzata dall'amministratore si desume dal fatto che si impone di allegare numerosi elementi necessari per una valutazione documentata da parte del Tribunale (art. 41, comma 1-ter).

In specie, trattasi:

a) dell'elenco nominativo dei creditori e di coloro che vantano diritti reali o personali, di godimento o di garanzia (come previsto anche dall'art. 57, comma 1), specificando diverse tipologie di crediti derivanti dai rapporti precedenti al sequestro (art. 56), per consentire gli ulteriori provvedimenti del Giudice delegato sui “pagamenti urgenti”. Precisamente: 1) crediti collegati a rapporti commerciali essenziali per la prosecuzione dell'attività (di cui all'art. 54-bis, comma 1); 2) crediti relativi a rapporti esauriti, non provati o non funzionali all'attività d'impresa.

b) dell'elenco nominativo delle persone che risultano prestare o avere prestato attività lavorativa in favore dell'impresa, specificando la natura dei rapporti di lavoro esistenti nonché quelli necessari per la prosecuzione dell'attività;

c) di una relazione sulla presenza di organizzazioni sindacali all'interno dell'azienda alla data del sequestro, acquisendo loro eventuali proposte sul programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività.

In attesa del provvedimento del Tribunale, entro trenta giorni dall'immissione in possesso, l'amministratore giudiziario è autorizzato dal Giudice delegato a proseguire l'attività dell'impresa o a sospenderla, con riserva di rivalutare tali determinazioni dopo il deposito della relazione semestrale (comma 1-quinquies).

Se il Giudice autorizza la prosecuzione, conservano efficacia, fino all'approvazione del programma ai sensi del comma 1-sexies, le autorizzazioni, le concessioni e i titoli abilitativi necessari allo svolgimento dell'attività, già rilasciati ai titolari delle aziende in stato di sequestro in relazione ai compendi sequestrati.

Opportunamente si prevede un provvedimento provvisorio al fine di evitare la chiusura provvisoria dell'azienda o incertezze che comportano danni irreparabili all'attività imprenditoriale.

Come anticipato, il provvedimento del Tribunale è adottato dopo avere esaminato la relazione dell'amministratore in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 127 c.p.p., con la partecipazione del pubblico ministero, dei difensori delle parti, dell'Agenzia e dell'amministratore giudiziario, che vengono sentiti se compaiono.

Si introduce, dunque, una valida forma di contraddittorio diretto a raccogliere, anche dalle parti, utili elementi per la decisione, pur se il mero rinvio all'art. 127 c.p.p. potrebbe consentire un'inopportuna ricorribilità per Cassazione del provvedimento (prevista dal comma 7 dell'art. citato).

Ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione o di ripresa dell'attività dell'impresa, il Tribunale approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive per la gestione dell'impresa (art. 41, comma 1-sexies).

Nel caso in cui l'amministratore non avanzi la richiesta di prosecuzione il Tribunale, acquisito il parere del Pubblico Ministero, dei difensori delle parti e dell'amministratore giudiziario, dispone la messa in liquidazione dell'impresa; in caso di insolvenza, si applica l'art. 63, comma 1 (art. 41, comma 5).

Si noti che la l. del 2017 ha esteso, opportunamente, anche ai difensori delle parti private (quindi, del proposto e dei terzi) il potere/dovere di esprimere il proprio parere circa la messa in liquidazione dell'azienda in sequestro.

Con decreto del Ministro della Giustizia saranno stabilite le modalità semplificate di liquidazione o di cessazione dell'impresa, in particolare qualora sia priva di beni aziendali (art. 41, comma 6-bis); si supera, in tale modo, una delle maggiori problematicità, di mero ordine burocratico, che ostacola la formale cessazione delle attività di fatto inesistenti.

Ai sensi dell'art. 41-bis, comma 6, il Tribunale, anche su proposta dell'Agenzia, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'attività dell'azienda sequestrata (o confiscata), può impartire le direttive per la sua ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese nelle forme e alle condizioni previste dall'art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 270/1999 (dopo la confisca di secondo grado provvede l'Agenzia).

La distinzione tra sequestro di azienda di impresa individuale e sequestro di quote sociali ed eventualmente dell'azienda a essa facente capo (impresa collettiva) emerge dall'ultima parte dell'art. 41, comma 1-ter, che sembra differenziare quest'ultima ipotesi nella consapevolezza delle diverse prassi esistenti.

Infatti, detta disposizione stabilisce che in presenza di sequestro di quote societarie di maggioranza il tribunale impartisce all'amministratore le direttive sull'eventuale revoca dell'amministratore della società, ruolo che può essere assunto anche dall'amministratore giudiziario.

Qualora ciò non accada e venga nominato un terzo, il collegio comunque determinerà il modello di controllo e di esercizio dei poteri da parte dell'amministratore giudiziario.

La lettura coordinata dell'intero testo induce a proporre le seguenti considerazioni che coinvolgono anche il sequestro totalitario di quote che si estende alla totalità della/e azienda/e esercitate dalla società (art. 20, comma 1, ultima parte):

a) nel caso di sequestro di partecipazioni societarie, qualunque sia l'entità delle quote sequestrate, l'amministratore giudiziario esercita i poteri che spettano al socio nei limiti della quota sequestrata (art. 41, comma 6);

b) qualora il sequestro riguardi quote (non necessariamente totalitarie ma) che assicurino le maggioranze previste dall'art. 2359 c.c. (argomento di ordine logico e desunto dall'art. 41, commi 1-ter e 1-sexies) provvede, ove necessario e previa autorizzazione del Giudice delegato, a convocare l'assemblea per la sostituzione degli amministratori (art. 41, comma 6).

Dunque, in deroga alle norme del codice civile sulla convocazione dell'assemblea, l'amministratore giudiziario, su autorizzazione del Giudice delegato, provvede alla convocazione e, esercitando i “diritti sequestrati” nomina, il nuovo amministratore della società che può coincidere con la sua persona (comma 1-ter, ultima parte).

Allorché non sia prevista l'assunzione della qualità di amministratore della società, il Tribunale determina le modalità di controllo e di esercizio dei poteri da parte dell'amministratore giudiziario (art. 41, comma 1-ter) dovendo coordinarli con la legale rappresentanza attribuita all'amministratore della società.

c) qualora, infine, il sequestro abbia ad oggetto partecipazioni societarie che non assicurino le maggioranze previste dall'art. 2359 del c.c. (vale a dire riguardi quote di minoranza), il Tribunale impartisce le opportune direttive all'amministratore giudiziario (art. 41, comma 1-septies).

In definitiva sembra che - opportunamente - le disposizioni sulla prosecuzione dell'impresa operino direttamente nel caso di azienda di imprenditore individuale, in cui l'amministrazione dei beni è assunta nella qualità dall'amministratore giudiziario, e in modo mediato nel caso di sequestro di quote tali da assicurare il controllo della società (anche se totalitario) attraverso la nomina dell'amministratore della società e le istruzioni impartite dal Tribunale e controllate dall'amministratore giudiziario (se non assume la qualità di amministratore della società).

La novella del 2017 prevede poi, in ordine alla gestione delle aziende, che:

a) i rapporti giuridici connessi all'amministrazione dell'azienda sono regolati dalle norme del codice civile, ove non espressamente altrimenti disposto (art. 41, comma 4, non modificato);

b) si osservano le disposizioni sulla liquidazione delle spese di cui all'art. 42, in quanto applicabili (comma 4 non modificato);

c) i compiti e poteri dell'amministratore giudiziario sono quelli previsti dall'art. 41, comma 3 (non modificato).

Giova soffermarsi, altresì, sulla norma introdotta con il comma 2-bis dell'art. 41, volta a disciplinare l'istituto, molto frequente nella prassi, del c.d. fitto di azienda o di ramo di azienda.

L'articolo statuisce esplicitamente che l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del Giudice delegato, può affittare l'azienda o un ramo di azienda, con cessazione di diritto nei casi previsti dal comma 2-ter, primo periodo, del medesimo articolo in data non successiva alla pronuncia della confisca definitiva.

Sono disciplinati l'affitto dell'azienda o di un ramo aziendale (art. 41, comma 2-bis) in via prioritaria (anche con mero comodato) agli enti, associazioni e altri soggetti indicati all'art. 48, comma 3, lettera c), alle cooperative previste dall'art. 48, comma 8, lettera a), o agli imprenditori attivi nel medesimo settore o settori affini di cui all'art. 41-quater.

Degno di nota pure l'articolato in tema di cause di scioglimento delle società sottoposte a sequestro di prevenzione: si stabilisce, infatti, che per tali compagini le cause di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, comma 1, n. 4, e 2545-duodecies c.c. non operano dalla data di immissione in possesso sino all'approvazione del programma di prosecuzione o ripresa dell'attività e, per lo stesso periodo, non si applicano gli artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter del c.c. (art. 41, comma 1-octies).

Giova anche sottolineare che l'art. 41-bis introduce gli strumenti di sostegno e valorizzazione delle aziende sequestrate richiesti dalla proposta di legge di iniziativa popolare e necessari per la legalizzazione delle attività non irreversibilmente inquinate dai capitali o dai metodi illeciti.

Il testo risente delle stratificazioni che hanno portato alla sua approvazione, unificando il sostegno ad aziende sequestrate (che andavano disciplinate in questo articolo) e confiscate (la cui normativa avrebbe dovuto essere, invece, per migliore ordine sistematico inserita nell'art. 48), con una serie di disposizioni di dettaglio che avrebbero potuto essere collocate in apposite norme di attuazione.

I commi da 1 a 7 riprendono, quasi testualmente, le disposizioni contenute nella legge di stabilità del 2016, specificamente art. 1, commi da 96 a 102, risentendo in gran parte della specificità del provvedimento e del carattere dettagliato che, come detto, mal si concilia sotto il profilo tecnico a norme del c.d. Codice Antimafia.

Peraltro va sottolineato l'encomiabile intento di “rendere definitive e stabili” misure proposte in via temporanea dalla legge di stabilità.

Il comma 1 stabilisce che l'accesso ai citati strumenti di sostegno è richiesto dall'amministratore, previa autorizzazione del Giudice delegato, ovvero dall'Agenzia Nazionale, dopo l'adozione dei provvedimenti sulla prosecuzione dell'attività di impresa di cui all'art. 41, comma 1-sexies.

I crediti derivanti dai finanziamenti erogati dalla sezione di cui alla lettera b) del comma 196 dell'art. 1, l. n. 208/2015, hanno privilegio sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili dell'impresa, comunque destinati al suo funzionamento ed esercizio.

Il privilegio può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sugli stessi beni in data successiva alle annotazioni di cui al comma; nell'ipotesi in cui non sia possibile far valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo.

Il privilegio in esame è preferito ad ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, anche se preesistente alle annotazioni di cui al comma 5, fatta eccezione per i privilegi per spese di giustizia e per quelli di cui all'art. 2751-bis del c.c.; esso, alla stregua del comma 5, viene annotato presso gli uffici dei registri immobiliari e gli uffici tavolari competenti in relazione al luogo in cui si trovano i beni e nel registro di cui all'art. 1524 del c.c. presso il tribunale competente in relazione al luogo ove ha sede l'impresa finanziata.

L'art. 41-bis, comma 7, prevede, poi, norme “speciali” per l'amministrazione relativa a sequestro (o confisca) di “aziende di straordinario interesse socio-economico, tenuto conto della consistenza patrimoniale e del numero degli occupati, o aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono pubblici servizi”.

Nei casi ora indicati l'amministratore giudiziario può essere nominato (dal tribunale, nell'esercizio delle sue facoltà discrezionali) tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, indicati dalla società INVITALIA s.p.a. tra i suoi dipendenti.

Il dipendente di INVITALIA s.p.a., nominato amministratore giudiziario, svolge le proprie funzioni sotto la direzione del Giudice delegato, avvalendosi dell'organizzazione della società INVITALIA s.p.a.; questi non ha diritto a emolumenti aggiuntivi rispetto al trattamento economico in godimento, ad eccezione del rimborso delle spese di cui all'art. 35, comma 9.

Corollario di tali disposizioni è che i dipendenti della società INVITALIA s.p.a. che abbiano svolto, nei tre anni antecedenti alla data di entrata in vigore della legge, attività di gestione diretta di aziende in crisi possono iscriversi all'Albo Nazionale, Sezione speciale di cui all'art. 3, comma 2, del decreto n. 14/2010.

Importante che, ai sensi del comma 7 ultima parte, in questi casi l'amministratore opera avvalendosi dell'organizzazione della società INVITALIA s.p.a.

La disposizione ora indicata tende ad attribuire uno specifico ruolo a INVITALIA s.p.a., pur se è stata assicurata la natura discrezionale della nomina da parte del Tribunale.

Quanto al ruolo dei soggetti indicati quali coadiutori dell'amministratore, la Suprema Corte ha recentemente chiarito che il coadiutore, appunto, un soggetto che collabora in via diretta con l'amministratore giudiziario al fine di contribuire a realizzare gli scopi del pubblico ufficio e la sua retribuzione costituisce una spesa sostenuta dall'amministratore, da inserire nel conto di gestione ex art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 159/2011; al contrario, ove l'originario coadiutore venga in seguito assunto con contratto di prestazione di opera dalla società sottoposta ad amministrazione, questi perde la sua qualifica sicché, in caso di revoca del sequestro  disposto nei riguardi della società, il compenso allo stesso è a carico di quest'ultima e non dell'Erario (così  Cass. II, n. 12000/2020).

L'art. 41-quater, con l'obiettivo di assicurare ulteriori opportunità alle aziende sequestrate, prevede, infine, che l'amministratore giudiziario, sentito il competente tavolo provinciale permanente di cui all'art. 41-ter, previa autorizzazione del Giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nel medesimo settore o in settori affini a quelli in cui opera l'azienda sequestrata o non definitivamente confiscata, specificando presupposti e criteri (comma 1).

L'effettivo e utile svolgimento dell'attività per un periodo non inferiore a dodici mesi determina l'attribuzione agli imprenditori del diritto di prelazione da esercitare, a parità di condizioni, al momento della vendita o dell'affitto dell'azienda e altri benefici (comma 2).

Inoltre l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del Giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per favorire il collegamento dell'azienda sequestrata o confiscata in raggruppamenti e in reti d'impresa (comma 3).

Accogliendo le proposte avanzate dalla Commissione Antimafia, il testo approvato interviene sulla disciplina della tutela dei terzi consentendo il pagamento anticipato dei crediti indispensabili per la prosecuzione dell'azienda sorti prima del sequestro.

Si introduce una prima sommaria verifica per stabilire quali rapporti commerciali possano essere proseguiti dall'azienda in sequestro e quali debiti debbano essere subito onorati per consentire la prosecuzione (retribuzioni, canoni di locazione fornitori, ecc.), rinviando alle fasi successive l'approfondimento sulla buona fede dei creditori che vantino pretese dubbie o non adeguatamente documentate.

L'obiettivo, perseguito con la modifica degli artt. 41, comma 1-ter, 52, comma 2, 54-bis e 57 e ss. consiste (come indicato nella relazione della Commissione Antimafia) nel distinguere immediatamente i crediti aziendali da quelli personali, i crediti riferibili a singoli beni o quelli riferibili alle imprese, e agevolare così le gestioni separate - come previsto dal Codice Antimafia - evitando commistioni, spesso ravvisate, tra patrimonio personale del proposto e patrimonio aziendale.

Ancora, si è introdotta la necessità di individuare e soddisfare in tempi ragionevoli i creditori con i quali l'azienda deve mantenere rapporti commerciali per la prosecuzione, consentendo nel contempo una ragionevole programmazione dell'attività di impresa, senza che il temporaneo accantonamento di uno stock di debiti comporti dopo la confisca l'appesantimento repentino del passivo dell'azienda, con l'eventuale cumulo degli interessi maturati.

Si è poi consentito già nel corso del procedimento al creditore di articolare quanto necessario per dimostrare la sua buona fede e rendere più completo il quadro probatorio sui rapporti dell'azienda prima del sequestro.

Il comma 6-bis statuisce, ancora, il decorso del termine di un anno e sei mesi, per l'emissione del decreto di confisca, in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale; esso decorre dalla data di ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso.

Il d.l. 48/2025

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 2025, il decreto legge n. 48 è entrato in vigore il 12 aprile 2025 portando con sé alcune rilevanti riforme in materia di misure di prevenzione: tra queste si segnala la modifica degli 36,40 e 41 del Codice antimafia.

Il nuovo articolo 36 prevede, infatti, l'obbligo per l'amministratore giudiziario di indicare nella relazione in modo dettagliato le caratteristiche tecnico-urbanistiche del bene sequestrato segnalando l'esistenza di eventuali abusi e i possibili utilizzi del bene (articolo 36 comma 2 bis); la previsione normativa introdotta impone l'interlocuzione con i Comuni, che devono riscontrare le richieste entro 45 giorni.

La disposizione si inserisce nell'alveo della crescente esigenza di valorizzare in concreto i beni confiscati, talvolta resa difficile dalle problematiche urbanistiche ed edilizie esistenti; essa è funzionale alla futura destinazione del bene ai sensi dell'articolo 48.

Si introduce poi una rilevante novità all'articolo 40 stabilendo che qualora su beni siano riscontrati abusi edilizi non sanabili il giudice delegato ordina la demolizione (comma 1 bis) in modo da impedire l'ingresso nel patrimonio dello Stato dei beni di fatto non utilizzabili e vincolando l'area di sedime al patrimonio indisponibile dell'ente locale.

Altre novità importanti riguardano la governance e la trasparenza delle imprese sequestrate e confiscate.

Si segnala sul punto l'introduzione della verifica annuale della sostenibilità economica dei piani di prosecuzione aziendale (articolo 41 comma 1 novies) rafforzando il controllo giudiziale sull'attività delle imprese sequestrate; parimenti importante l'introduzione dell'obbligo per l'Agenzia Nazionale e per i tribunali di comunicare al registro delle imprese la cancellazione delle imprese prive di patrimonio o di prospettive di rilancio.

In particolare, l'articolo 41 comma 5 bis consente al tribunale di disporre la cancellazione dal registro delle imprese dei soggetti giuridici privi di patrimonio utile e di concrete prospettive; la previsione va letta insieme all'articolo 44 comma 2 ter che attribuisce all'Agenzia, previo nullaosta del giudice delegato, il compito di attivare le comunicazioni per la cancellazione.

Il nuovo comma 1 bis dell'articolo 45 bis introduce poi il divieto esplicito di impiego nelle imprese oggetto di confisca definitiva di prevenzione per i parenti, conviventi e soggetti condannati per gravi reati quali l'articolo 416 bis del codice penale; è prevista la risoluzione ex lege del contratto di lavoro al fine di garantire la precisione di ogni rapporto tra d'impresa confiscata ed i soggetti portatori di pericolosità sociale.

Infine, l'articolo 51 bis, come modificato, impone la registrazione gratuita di ogni modifica societaria derivante dalla gestione o destinazione dei beni, mentre le innovazioni inserite nell'articolo 54 chiariscono l'inclusione dei beni nel “patrimonio aziendale” favorendo la trasparenza della gestione e l'accesso alle informazioni. 

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