Osservatorio antimafia - Interferenze tra il giudicato penale e l'interdittiva antimafia

12 Giugno 2023

Il TAR Lombardia s'interroga sulla rilevanza del giudicato penale assolutorio nell'ambito dell'aggiornamento dell'informazione interdittiva antimafia.

Il ricorrente, titolare di un'impresa individuale, impugnava il provvedimento di conferma, a seguito di aggiornamento ex art. 91, co. 5, d.lgs. n. 159/2011, di una precedente informazione interdittiva antimafia, denunciandone, in particolare, il difetto di istruttoria e la carenza di motivazione per non aver il Prefetto tenuto in sufficiente considerazione alcune pronunce sopravvenute -in sede penale- di carattere assolutorio.

Il Collegio, nel richiamare gli approdi della giurisprudenza amministrativa in ordine all'inquadramento dell'“interdittiva antimafia”, ha ricordato, tra l'altro, la natura cautelare e preventiva del provvedimento in questione, nonché la sua finalità, consistente nell'anticipazione della soglia di difesa sociale nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, evidenziando come in quest'ottica la misura interdittiva non debba necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo, né dimostrare l'esistenza di un condizionamento “mafioso” in atto, potendo invece essere sorretta da situazioni sintomatiche e indiziarie da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza della criminalità organizzata nell'attività economica imprenditoriale. A tal riguardo, la pronuncia in commento menziona la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 19 ottobre 2015, n. 4792, la quale, a sua volta, afferma che le sentenze di assoluzione o di proscioglimento rientrano nel catalogo delle situazioni sintomatiche del condizionamento mafioso dell'impresa, nella misura in cui dalla loro motivazione emerga un condizionamento, sotto qualsiasi forma, anche indiretta, dell'attività di impresa da parte delle associazioni malavitose.

Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che le pronunce assolutorie non elidessero i presupposti della precedente interdittiva, confermando piuttosto l'incerta provenienza di una somma conferita per l'acquisto dell'impresa da un soggetto inserito, sia pure inconsapevolmente, in un meccanismo di riciclaggio di denaro, come pure la circostanza per cui la gestione dell'impresa fosse improntata ad una politica truffaldina, mediante l'utilizzo, sia pur inconsapevole, di soggetti attigui alla criminalità mafiosa.

La pronuncia in commento rigetta dunque l'impugnativa, sottolineando come il rischio di condizionamento mafioso dell'impresa possa essere ravvisato anche ove i rappresentanti e gli amministratori della stessa non abbiano partecipato all'attività delittuosa, ma si siano comunque avvalsi, ancorché inconsapevolmente, dell'aiuto o del supporto delle associazioni mafiose, prestandosi così ad incrementarne il potere di etero-direzione ed i profitti illeciti delle stesse.

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