L'imputazione soggettiva dell'evento di deformazione del volto: l'ammissibilità del dolo eventuale1. Bussole di inquadramentoLa genesi del delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso. Il delitto di deformazione dell'aspetto di una persona mediante lesioni permanenti al viso è punito dall'art. 583-quinquies c.p., introdotto con l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso, ai sensi del cui comma 1 «Chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni». Il comma 2 dell'articolo prevede inoltre che «La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del Codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno». La disposizione citata è stata introdotta al fine di fronteggiare l'allarmante ripetersi di vicende in cui sono state intenzionalmente causate alla vittima tal genere di lesioni, onde offrire una risposta ispirata a maggior rigore, prevenendo il rischio di possibili attenuazioni sanzionatorie, conseguenti al meccanismo del bilanciamento delle circostanze, in una prospettiva di contenimento della discrezionalità del giudice, così come evidenziato nella Relazione dell'Ufficio del Massimario n. 62/2019 relativa alle novità introdotte con il c.d. Codice Rosso. Difatti, il legislatore ha trasformato, mediante l'introduzione dell'art. 583-quinquies c.p., in autonoma fattispecie di reato il fatto di lesione causativo della deformazione o dello sfregio permanente al viso, disciplinato nel sistema previgente come aggravante del delitto di lesioni volontarie. Siffatte condotte erano infatti già previste come aggravanti del delitto di lesioni volontarie, al n. 4) dell'art. 583 c.p., abrogato dalla novella del 2019, che prevedeva la pena della reclusione da sei a dodici anni nel caso di “deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso”. L'introduzione dell'art. 583-quinquies c.p. e la contestuale abrogazione dell'aggravante speciale di cui all'art. 583, comma 2, n. 4), c.p., hanno determinato un fenomeno successorio, consistito innanzitutto in un aumento di pena, oggi della reclusione da otto a quindici anni, a fronte della previgente cornice edittale che partiva da sei anni di reclusione nel minimo fino a dodici anni nel massimo edittale. Non meno rilevante la modifica strutturale della fattispecie, trasformata, come anticipato, da circostanza aggravante del delitto di lesioni volontarie in un delitto autonomo, con conseguente regime più rigido di imputazione soggettiva dell'evento, che in precedenza poteva essere imputato al soggetto agente ai sensi dell'art. 59 c.p., in forza del quale è sufficiente la conoscenza o l'ignoranza per colpa degli eventi aggravanti. Sarà pertanto oggi necessario accertare la rappresentazione e la volontà dell'evento cagionato. Si pone dunque il problema di valutare, nel caso concreto, alla luce delle risultanze dell'istruttoria o degli atti di indagine utilizzabili, se vi sia la prova del dolo anche in relazione all'evento cagionato, in mancanza della quale – quando invece vi sia stata la mera conoscibilità o ignoranza per colpa delle potenzialità lesive della condotta rispetto agli specifici eventi summenzionati – ben potrebbe risultare più favorevole la nuova disciplina. Fattispecie criminosa e trattamento sanzionatorio Il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso è un reato comune e può essere realizzato da chiunque, laddove l'eventuale relazione affettiva o di coniugio o di convivenza con la vittima assumerà rilevanza in termini di aggravante del reato, ai sensi dell'art. 585 c.p. Si tratta di un delitto a forma libera, incentrato sulla causazione dell'evento, descritto dal legislatore in forma alternativa di deformazione ovvero sfregio permanente del viso. La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto il carattere sussidiario del rapporto tra gli eventi di deformazione e sfregio permanente, definendo quest'ultimo come «qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un'apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico-fisiognomica dello stesso» (Cass. V, n. 27564/2020) e la deformazione come «un'alterazione anatomica del viso che ne alteri profondamente la simmetria, tanto da causare un vero e proprio sfiguramento» ai danni della persona offesa (Cass. IV, n. 12006/2000). Tali eventi devono essere ritenuti sussistenti a prescindere dalla possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale, che costituiscono “un post factum non collegato alla condotta di aggressione dell'agente” (Cass. V, n. 23692/2021). Il delitto in esame è punito a titolo di dolo generico, che presuppone quindi la rappresentazione e la volontà del fatto tipico, comprensivo dell'evento e quindi delle conseguenze specifiche che caratterizzando il delitto in esame. La fattispecie si consuma allorché si verifica la deformazione o lo sfregio permanente del viso e ammette la punibilità a titolo di tentativo, trattandosi di un reato d'evento e di danno. Al delitto ex art. 583-quinquies c.p. sono applicabili tutte le circostanze disciplinate dall'art. 585 c.p., la cui portata applicativa è stata estesa dalla legge n. 69 del 2019 alla nuova fattispecie. Anche l'art. 576, n. 5), c.p. è stato integrato dalla novella del 2019 e prevede oggi che, quando in occasione della commissione del delitto in esame venga cagionata la morte della vittima, la pena è dell'ergastolo. Nei casi di cui agli artt. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p., come richiamati dall'art. 585 c.p., la sospensione condizionale della pena è inoltre subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero, ai sensi dell'art. 165 c.p., come modificato dalla l. n. 69/2019. È altresì previsto, in caso di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., che sia disposta la pena accessoria della «interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno». 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso è punibile a titolo di dolo eventuale?
Orientamento maggioritario Il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso è punibile a titolo di dolo eventuale. La natura di delitto di danno e di evento della fattispecie ex art. 583 quinquies c.p. consente di ritenere compatibile con la struttura della stessa il dolo eventuale, laddove l'evento alternativo della deformazione o dello sfregio permanente, pur non cagionato con dolo intenzionale o diretto, costituisca una conseguenza prevista e comunque voluta dal soggetto agente, secondo i criteri di accertamento individuati dalla Corte di Cassazione (Cass., S.U., n. 38343/2014). Le Sezioni Unite della Corte hanno richiesto, al riguardo, la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta, attraverso una rigorosa valutazione da parte del giudice, in maniera analitica, delle caratteristiche della fattispecie, delle peculiarità del fatto, e dello sviluppo della condotta illecita al fine di ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale ravvisato. Difatti, il dolo eventuale presuppone un atteggiamento interiore assimilabile alla volizione dell'evento, ravvisabile solo quando l'agente preveda chiaramente la concreta e significativa possibilità di verificazione dell'evento e, ciò non ostante, si determini ad agire, aderendo a esso, per il caso in cui si verifichi (Cass., S.U., n. 38343/2014). Alla luce di tali principi di diritto, deve dunque ritenersi che quando, a fronte delle modalità della condotta, dell'eventuale utilizzo di mezzi atti ad offendere e delle loro caratteristiche, delle parti del corpo attinte e dell'intensità dell'aggressione, emerga che il soggetto agente abbia realizzato la condotta potendo prevedere il verificarsi di uno degli eventi tipici del delitto ex art. 583 quinquies c.p. e ciò nonostante procedendo nella stessa, il fatto possa essergli addebitato a titolo di dolo eventuale. Il problema non si poneva sotto la vigenza dell'art. 583, comma 2, n. 4, c.p., allorché la deformazione o lo sfregio permanente del volto costituivano, come anticipato, circostanze aggravanti del delitto di lesioni volontarie, imputabili secondo i criteri di cui all'art. 59 c.p. A fronte della novella del 2019, essendo richiesta la rappresentazione e volontà dello specifico evento per integrare il delitto ex art. 583-quinquies c.p. sarà invece necessario che, all'esito dell'istruttoria o comunque alla luce degli atti di indagine utilizzabili (in caso di riti alternativi), il giudice accerti la volontarietà non soltanto della condotta violenta ma altresì delle sue conseguenze tipiche, quantomeno in termini di dolo eventuale. Tesi minoritaria La natura speciale della fattispecie di cui all'art. 583-quinquies c.p., incentrata sugli eventi tipici della deformazione o dello sfregio permanente del volto, imporrebbe, secondo una parte minoritaria della dottrina, di fare applicazione della norma incriminatrice nei soli casi in cui le specifiche conseguenze del reato costituiscano il risultato rappresentato e voluto dal reo quantomeno nelle forme del dolo diretto. Secondo tale impostazione, infatti, ammettere la punibilità del più grave delitto, in luogo della fattispecie generale, quand'anche aggravata ex art. 583 c.p. (per via della gravità della malattia), di cui all'art. 582 c.p., significherebbe tradire l'intentio legis. Come emerge dai lavori preparatori della l. n. 69/2019 e confermato nella relazione dell'Ufficio del Massimario, n. 62/2019, infatti, la nuova fattispecie speciale è stata introdotta per far fronte ai sempre più frequenti fatti di cronaca riguardanti la sfigurazione del volto delle vittime mediante sostanze acide o altri strumenti dotati di elevata capacità lesiva. Secondo tale impostazione, dunque, laddove i più gravi eventi di cui all'art. 583-quinquies c.p. non costituiscano una conseguenza intenzionalmente cagionata dal reo (dolo intenzionale) ovvero voluta quale evento collaterale certo della propria condotta (dolo diretto), ascriverli a titolo di dolo eventuale significherebbe porre a carico dello stesso un evento più grave di quello voluto e fare applicazione della fattispecie in esame fuori dei casi per i quali è stata introdotta. Si fa riferimento, in tal senso, alle ipotesi in cui l'evento derivi da condotte prive di una elevata capacità lesiva, come nel caso in cui il volto della persona offesa sia stato colpito a mani nude o attinto accidentalmente nell'ambito di un'aggressione volontaria. In tali evenienze, dunque, sarebbe al più ravvisabile, secondo una posizione intermedia, una forma di aberratio delicti, stante la causazione di un evento più grave di quello voluto, con conseguente applicazione della disciplina di cui all'art. 83 c.p. in relazione al delitto di lesioni colpose gravissime, in concorso con il delitto di lesioni volontarie aggravate effettivamente voluto dal reo. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Istanza di revoca o sostituzione di misura cautelare (art. 299); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310). ProcedibilitàIl reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso ex art. 583-quinquies c.p. è sempre procedibile d'ufficio. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Il termine-base di prescrizione è pari a quattordici anni (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di diciassette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161-bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento. Inoltre, per i medesimi fatti, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: - del giudizio di appello entro il termine di due anni; - del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, comunque circostanziato: - è obbligatorio l'arresto in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.); - è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali In relazione al delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), nonché la misura della custodia cautelare in carcere, essendo soddisfatto il requisito, ex art. 280, comma 2, c.p.p., che consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. In caso di emissione di un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali o che ne disponga la sostituzione o la revoca (così come previsto per l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, del provvedimento con il quale è disposta l'archiviazione e della sentenza per il delitto in esame, se aggravato ex artt. 576, comma 1, nn. 2, 5, 5.1 e 577, comma 1, n. 1, e comma 2, c.p., una copia delle ordinanze deve essere trasmessa senza ritardo al giudice civile procedente ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di età o all'esercizio della potestà genitoriale, come sancito dall'art. 64 bis c.p.p. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Per il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per il delitto in esame si procede con udienza preliminare. Composizione del tribunale La composizione del tribunale è sempre collegiale. 4. ConclusioniL'introduzione della fattispecie di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso ad opera del c.d. Codice Rosso, l. n. 69/2019, nel testo dell'art. 583-quinquies c.p., ha determinato la necessità di dimostrare in giudizio la volontà e rappresentazione dell'evento, in termini di dolo generico, a fronte del criterio di prevedibilità di cui all'art. 59, comma 2, c.p. prima operante per l'aggravante ex art. 583, comma 2, n. 4 c.p. Le difficoltà pratiche nell'accertamento dell'elemento soggettivo del reato si accentuano con riferimento alla fattispecie esaminata, allorché la condotta causativa degli eventi di deformazione o sfregio permanente non appaiano univoche rispetto alla causazione degli stessi. Fuori dei casi in cui la condotta sia realizzata con modalità e mezzi che non lascino dubbi in ordine alla volontarietà della causazione dell'evento, come ad esempio adoperando sostanze corrosive o ustionanti, possono infatti sorgere dubbi in merito all'effettiva volontà di commettere la più grave fattispecie ex art. 583-quinquies c.p., con conseguenti problemi in ordine al rispetto del principio di colpevolezza. Alla tesi più rigorosa e maggioritaria, che ammette la punibilità del delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso a titolo di dolo eventuale si è contrapposto pertanto un orientamento, minoritario, che richiede un quid pluris nell'atteggiamento psicologico del reo. Fuori dei casi di dolo intenzionale o diretto, dunque, secondo quest'ultima impostazione non potrebbe ascriversi al soggetto agente la fattispecie più grave di cui all'art. 583-quinquies c.p., se non nelle forme dell'aberratio delicti, imputando cioè a titolo di colpa l'evento diverso e più grave, ferma la responsabilità per l'evento lesivo voluto. Una soluzione quest'ultima che, pur muovendo dal condivisibile proposito di garantire il pieno rispetto del principio di colpevolezza, finisce invero per porre a carico del soggetto agente la responsabilità per due eventi, a fronte di un'unica condotta e di un unico evento cagionato, sebbene diverso e più grave di quello effettivamente voluto. Deve pertanto ritenersi preferibile l'impostazione maggioritaria, ferma restando la necessità per il giudice di operare un rigoroso accertamento in ordine alla volontarietà delle conseguenze della condotta dell'imputato, escludendo la responsabilità per gli eventi specifici non effettivamente voluti – tantomeno a titolo di dolo eventuale – e facendo applicazione della fattispecie di lesioni volontarie aggravate rispetto alla quale sia stata raggiunta la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, anche sul piano soggettivo. |