Commette estorsione o sfruttamento della prostituzione chi usa violenza e/o minaccia nei confronti di prostitute al fine di costringerle a pagare una somma di denaro per potersi prostituire in una data zona?

Sergio Beltrani

1. Bussole di inquadramento

I rapporti tra estorsione e sfruttamento della prostituzione

Si pone con frequenza nelle aule dei Tribunali il problema di distinguere i reati di estorsione (art. 629 c.p.) e di sfruttamento della prostituzione (artt. 3-4 l. n. 75/1958):

– il primo, posto principalmente a tutela del patrimonio, ma che ha natura di reato plurioffensivo, in quanto lede anche la libertà e l'integrità fisica e morale della vittima (Cass. II, n. 32224/2020: di qui la necessità, ai fini del riconoscimento dell'attenuante del danno di speciale tenuità ex art. 62, comma primo, n. 4, c.p., di considerare sia il danno patrimoniale patito dalla vittima, sia gli effetti dannosi conseguenti alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia), si configura, sotto il profilo della materialità, in tutti i casi nei quali il soggetto agente, con violenza o minaccia, costringa taluno a fare o ad omettere qualche cosa, ricavando per sé o per altri un ingiusto profitto, nonché, sotto il profilo soggettivo, per il fatto che l'agente ha voluto la violenza o la minaccia proprio come mezzo per realizzare l'ingiusto profitto, sicché, se tale secondo aspetto manca, il delitto di estorsione non risulta configurabile;

– il secondo, rientrante tra i reati contro la moralità pubblica ed il buon costume, si caratterizza perché la condotta incriminata è conseguente al compimento degli atti di meretricio (diversamente dal caso del delitto di reclutamento di persone al fine di far loro esercitare il meretricio, nel quale la condotta è preordinata al successivo esercizio della prostituzione da parte di terzi: Cass. III, n. 19973/2023), ed è ispirato da una ratio incriminatrice finalizzata a sanzionare chi consapevolmente trae guadagno, valutabile in termini economici, dall'altrui esercizio dell'anzidetta attività (laddove, ad esempio, nel caso del delitto di reclutamento di persone al fine di far loro esercitare il meretricio, la ratio incriminatrice persegue la finalità di contrastare il diffondersi della prostituzione: Cass. III, n. 19973/2023).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Come si distinguono i reati di estorsione e di sfruttamento della prostituzione?

Orientamento tradizionale della Cassazione

Secondo la giurisprudenza tradizionale (Cass. III, n. 41774/2013; Cass. II, n. 6297/2017), in tema di sfruttamento della prostituzione, l'ipotesi aggravata dall'uso della violenza o della minaccia differisce dalla fattispecie di estorsione in quanto:

– nel caso dello sfruttamento della prostituzione aggravato dall'uso della violenza o della minaccia, il soggetto sfruttato, e sul quale vengono esercitate la violenza o la minaccia, sceglie comunque volontariamente di esercitare il meretricio e la coartazione che porta all'espropriazione dei profitti è subìta successivamente;

– nel caso dell'estorsione, la violenza o la minaccia sono anteriori e dirette a costringere la persona che si prostituisce a soggiacere, contro la propria volontà, allo sfruttamento, mentre lo sfruttatore consegue, con danno del soggetto sfruttato, un ingiusto profitto patrimoniale.

Il criterio discretivo viene dunque individuato nella volontà della prostituta di intraprendere e/o continuare l'attività di meretricio:

– nel delitto di sfruttamento della prostituzione aggravato dalla violenza persiste, la persona offesa decide volontariamente di esercitare o continuare ad esercitare il meretricio, di cui poi l'agente approfitta indebitamente anche con il ricorso alla violenza per sottrarle in tutto od in parte i proventi ;

– nel delitto di estorsione, la libertà di autodeterminazione della vittima viene coartata, poiché la condotta delittuosa è finalizzata in primo luogo a costringerla ad esercitare la prostituzione.

Domanda
Commette estorsione oppure sfruttamento della prostituzione aggravato, ex art. 4, l. n. 75/1958, chi pone in essere violenze e/o minacce nei confronti di prostitute al fine di costringerle al pagamento di una somma di denaro quale condizione per la prosecuzione dell'attività di meretricio in una determinata zona?

Orientamento più recente della Cassazione

Secondo la giurisprudenza, integra il delitto di estorsione (a seconda dell'esito della condotta, consumata o tentata) l'uso di violenza e minaccia nei confronti di prostitute al fine di costringerle al pagamento di una somma di denaro quale condizione per la prosecuzione dell'attività di meretricio in una determinata zona.

Il principio era stato inizialmente affermato ritenendo corretta la qualificazione quale estorsione della condotta degli imputati concretizzatasi nell'imposizione ad alcune prostitute, quale condizione per la prosecuzione dell'attività di meretricio occupando il sito ove detta attività veniva esercitata, di una tangente consistente in un prelievo di somme di denaro settimanale (Cass. II, n. 6297/2017).

Ritornando ad esaminare la questione, in riferimento ad un caso nel quale si era accertato che gli imputati avevano usato violenza e minaccia, caratterizzata anche dall'uso di un coltello, nei confronti di prostitute al fine – non conseguito per circostanze indipendenti dalla volontà dei soggetti agenti– di costringerle a versare loro una somma giornaliera per continuare a svolgere la propria attività di meretricio in corrispondenza di una determinata zona, la Cassazione ha principalmente valorizzato il fatto che la finalità della violenza e delle minacce non era stata quella di costringere le vittime ad esercitare la prostituzione, non soltanto perché la condotta coercitiva si era collocata in un momento temporalmente antecedente, ma anche perché essa non era logicamente collegata al meretricio, e gli imputati non avevano costretto le persone offese a prostituirsi, ma avevano unicamente tentato di imporre ad esse il pagamento una somma di danaro prestabilita per consentire di continuare ad esercitare la loro attività nella piazzola dove esse abitualmente esercitavano il meretricio: “si era trattato, in definitiva, di una vera e propria tangente o pedaggio, il cui pagamento era stato prospettato quale condizione per la prosecuzione del meretricio: in definitiva, quindi, il (tentato) condizionamento delle vittime non aveva avuto alcun nesso con quel tipo di attività, perché la condotta minatoria era diretta semplicemente ad estorcere una somma di danaro indipendentemente dal tipo di attività svolta dalla vittima e che avrebbe potuto essere la più diversa (si pensi, ad esempio, ad una postazione di vendita ambulante di merce o di somministrazione di panini e bevande dislocato nella piazzola). Ben diverso sarebbe stato qualora fosse stato accertato che i ricorrenti avevano imposto la consegna di una percentuale o di una somma predeterminata in base al numero delle prestazioni sessuali in quanto, in tal caso, vi sarebbe stato effettivamente un nesso di correlazione tra la violenza e le minacce e i proventi del meretricio” (Cass. II, n. 8247/2021).

D'altro canto, occorre ricordare in proposito anche che il bene giuridico tutelato dalle disposizioni dettate dalla legge 75 del 1958 non è costituito esclusivamente dalla moralità e dalla salute pubblica, né dalla libertà di autodeterminazione della donna nel compimento di atti sessuali, ma anche dalla dignità della persona, quale si esplica attraverso lo svolgimento dell'attività sessuale, non suscettibile di formare oggetto di contrattazioni o di atti di disposizione strumentali alla percezione di un'utilità patrimoniale (Cass. III, n. 5768/2017).

Ciò premesso, assume rilievo determinante il fatto che la condotta accertata coinvolga, o meno, lo svolgimento dell'attività sessuale quale espressione della personalità umana che, per questa ragione, non può essere strumentalizzata da terzi per finalità patrimoniali; e, nel caso in esame, gli imputati si erano rivolti alle vittime non già in quanto e per il fatto di esercitare l'attività di prostituzione ma, semplicemente, perché operanti nell'area (ritenuta) di loro “pertinenza” e la cui “occupazione” era ciò che doveva essere in qualche modo “remunerato” a prescindere dal tipo di utilizzo.

Si è, pertanto, escluso le accertate condotte coercitive configurassero il delitto di sfruttamento della prostituzione aggravato, ai sensi dell'art. 4, l. 20 febbraio 1958, n. 75, in quanto il tentato condizionamento delle vittime non aveva alcun nesso con l'attività da queste svolta, ma era diretto esclusivamente al conseguimento di un ingiusto profitto patrimoniale, quantificato in una somma fissa prestabilita (Cass. II, n. 8247/2021).

Domanda
Come si distingue lo sfruttamento della prostituzione aggravato dall'uso della violenza o della minaccia dalla fattispecie di riduzione in schiavitù?

L'orientamento recente della Cassazione

Lo sfruttamento della prostituzione aggravato dall'uso della violenza o della minaccia (art. 4 l. n. 75/1958) si distingue dalla fattispecie di riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) perché (Cass. IV, n. 407/2022):

– nello sfruttamento della prostituzione aggravato dall'uso della violenza o della minaccia, il soggetto sfruttato sceglie comunque volontariamente di esercitare il meretricio;

– nella riduzione in schiavitù, al contrario, l'uso della violenza o minaccia determina uno stato di soggezione, intesa come significativa compromissione della capacità di autodeterminazione della vittima, costringendola, contro la propria volontà, all'esercizio della prostituzione.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare personale (art. 310); Ricorso per cassazione contro un'ordinanza in materia cautelare personale (art. 311); Memorie difensive (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta dell'indagato di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari (art. 447, comma 1).

ProcedibilitàPer il reato di estorsione si procede sempre di ufficio.

Prescrizione del reato ed improcedibilità delle impugnazioni

Per l'estorsione non aggravata, il termine-base di prescrizione è pari ad anni dieci (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni dodici e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.); il termine è ancora maggiore (venticinque anni) in presenza delle circostanze aggravanti specifiche previste dall'art. 629, comma secondo, c.p.

Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, legge 27 settembre 2021, n. 134), costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

— del giudizio di appello entro il termine di due anni;

— del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare, ovvero essendo contestata la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p.;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, legge 27 settembre 2021, n. 134).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

L'arresto in flagranza è obbligatorio per l'estorsione; il fermo è sempre consentito.

Intercettazioni

È sempre consentita l'effettuazione di intercettazioni.

Misure cautelari personali

È sempre consentita l'applicazione di misure cautelari personali.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Per il reato di estorsione è sempre competente il tribunale in composizione collegiale e si procede sempre con citazione a giudizio all'esito dell'udienza preliminare.

Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Per il reato di estorsione non è mai applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Rinvio

Per il reato di sfruttamento della prostituzione si rinvia alla casistica: “Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione del convivente more uxorio”.

4. Conclusioni

In conclusione, integra il delitto di estorsione (a seconda dell'esito della condotta, consumata o tentata) l'uso di violenza e minaccia nei confronti di prostitute al fine di costringerle al pagamento di una somma di denaro quale condizione per la prosecuzione dell'attività di meretricio (da esse già volontariamente intrapresa) in una determinata zona.

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