La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori

Giovanni Capozio

1. Bussole di inquadramento

La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p.

Al duplice scopo di arginare l'intervento punitivo-penale, limitandolo a quei fatti concreti che, oltre a soddisfare i requisiti della tipicità, dell'antigiuridicità e della colpevolezza, si connotino altresì per aver arrecato un'offesa significativa al bene protetto dalla norma incriminatrice violata, e, al contempo, nella prospettiva di alleggerire il carico processuale, così da convogliare le risorse a disposizione dell'amministrazione della giustizia attorno all'accertamento di quei fatti che non si appalesino alla stregua di vicende bagatellari, dando attuazione alla delega conferita con l'art. 1, comma 1, lett. m), l. n. 67/2014, il legislatore ha introdotto nel tessuto codicistico, tramite l'art. 1, d.lgs. n. 28/2015, l'art. 131-bis c.p., proteso ad enucleare una causa di esclusione della punibilità.

Dall'esegesi del dato normativo, oggetto, peraltro, di plurimi interventi di riforma susseguitisi negli anni successivi all'entrata in vigore, emerge che la predetta causa di non punibilità sia destinata ad operare, anzitutto, laddove siano soddisfatti i requisiti attinenti ai limiti edittali di pena, da ultimo rivisitati dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. decreto Cartabia), che ne ha decretato l'applicabilità al cospetto di reati sanzionati con pena detentiva non superiore, nel minimo, a due anni, ovvero in relazione a quei reati puniti con pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena restrittiva della libertà personale, ferma restando l'inapplicabilità nei confronti di una vasta gamma di fattispecie criminose tassativamente elencate dal legislatore.

In secondo luogo, l'operatività dell'art. 131-bis c.p. postula che, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa arrecata risulti di particolare tenuità, così da introdursi, nell'architrave ordinamentale, una scala progressiva incentrata attorno al disvalore dei singoli fatti storici, al cui vertice vengono collocati quei comportamenti umani che, oltre ad apparire tipici, antigiuridici e colpevoli, risultino altresì offensivi dell'interesse protetto, tanto da apparire meritevoli di sanzione penale.

Di contro, sulla base piramidale vengono allocati quei fatti che, sebbene conformi al tipo legale, risultino del tutto inidonei ad arrecare un'offesa al bene protetto, tanto da profilarsi alla stregua di fatti inoffensivi, di per sé immeritevoli di essere assoggettati all'incudine sanzionatoria penale.

Al livello intermedio di tali, opposte, situazioni fattuali si collocano quei fatti storici che, seppur a prima vista appaiano idonei ad essere sussunti nel perimetro applicativo della fattispecie criminosa violata, all'esito di una disamina che valorizzi l'entità del danno cagionato ovvero del pericolo arrecato all'interesse oggetto di tutela, disvelino una tenue carica offensiva, tanto da apparirne preferibile l'espunzione dal novero dei comportamenti meritevoli di pena.

Ulteriore requisito indefettibile ai fini dell'applicabilità della disciplina di favore enucleata dall'art. 131-bis c.p. è dettato dalla mancanza di abitualità del comportamento, sulla cui nozione il comma 4 del medesimo articolo offre dei parametri normativi di cui l'interprete è chiamato a servirsi, assegnando il rango dell'abitualità al comportamento del soggetto che sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole e, infine, nell'ipotesi di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

A fronte del predetto quadro normativo, l'organo giudicante è pertanto chiamato a valutare, una volta verificata la sussistenza dei presupposti legittimanti l'applicazione della causa di non punibilità, se il fatto storico oggetto di accertamento processuale, per un verso, non abbia attinto quella soglia di offesa al bene tutelato tale da facoltizzarne l'estromissione dalla sfera del penalmente rilevante e, per altro verso, se il fatto medesimo non sia l'estrinsecazione di un comportamento abituale.

Meritevole di approfondimento appare, in tale àmbito, l'individuazione dei rapporti intercorrenti tra l'istituto della particolare tenuità del fatto e la figura dei reati a consumazione prolungata, nel cui novero appare possibile ricondurre, anche alla luce delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza di legittimità, i delitti in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p., al fine di verificare se i comportamenti idonei a concretizzare tali illeciti siano assoggettabili alla disciplina enucleata dall'art. 131-bis c.p.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto si applica al delitto di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori?

Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione

La causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto non si applica al reato di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori, in quanto l'abitualità del comportamento è ostativa al riconoscimento del beneficio.

L'esigenza di garantire una tutela a quei soggetti minori di età che abbiano visto dissolversi il rapporto di coppia originariamente instauratosi tra i genitori implica, per un verso, la previsione di un apparato normativo volto a decretare, per il tramite dell'intervento dell'Autorità giudiziaria civile, una gamma di obblighi destinati a gravare su entrambi i genitori, taluni dei quali di carattere economico, finalizzati a preservare l'erogazione dei necessari mezzi di sussistenza a vantaggio della prole.

Al contempo, l'esigenza di arricchire il corredo delle tutele offerte in favore di quella categoria di soggetti che, per la loro condizione personale, appaiono meritevoli di una tutela privilegiata, ha altresì indotto il legislatore ad enucleare una disciplina di matrice penalistica, protesa a sanzionare quelle condotte inadempienti che si pongano in contrasto con i precetti decretati dal giudice civile, chiamato a regolamentare sia i rapporti tra i coniugi separati o divorziati che i rapporti tra di essi e la prole.

In tale contesto normativo si collocano le previsioni delittuose di cui agli artt. 570, cpv., n. 2) e 570-bis c.p. (il quale, stante l'esigenza di dare attuazione al principio della riserva di codice, ha racchiuso, al suo interno, le previsioni normative originariamente disciplinate dagli artt. 12-sexies, l. n. 898/1970 e 3, l. n. 54/2006), volte a sanzionare, rispettivamente, l'omessa corresponsione dei mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro e la mancata corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto sia in caso di divorzio che di separazione coniugale.

Ci si è interrogati attorno alle conseguenze derivanti dall'ipotesi in cui il soggetto obbligato ometta di corrispondere quanto dovuto, al fine di comprendere se l'intento dell'ordinamento sia quello di sanzionare penalmente anche una singola condotta inadempiente, ovvero se l'attivazione dello ius puniendi sia subordinata al verificarsi di un pregiudizio effettivo nella sfera del beneficiario che, stante il complesso delle condizioni connotanti il singolo caso, non necessariamente appare concretizzabile al cospetto di un unico, isolato, comportamento inadempiente.

Ad ogni modo, la natura dell'obbligazione posta a carico del soggetto chiamato a garantire la corresponsione dei mezzi di sostentamento in favore della prole riveste carattere periodico, con la conseguenza che l'eventuale trasgressione potrà acquisire rilevanza penale ove sia infruttuosamente spirato il relativo termine di adempimento.

Alla luce di tali parametri, la giurisprudenza di legittimità è stata chiamata a valutare l'eventuale applicabilità della disciplina di favore tipizzata dall'art. 131-bis c.p. nell'ipotesi di mancato adempimento degli obblighi impartiti dal giudice civile.

Sul punto, alla stregua di quello che, allo stato attuale, si profila quale orientamento maggioritario, la Corte di cassazione ha decretato l'inapplicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto al delitto di cui all'art. 570, cpv., n. 2) c.p., qualora le condotte inadempienti si reiterino nel tempo, posto che ogni singolo inadempimento aggrava l'offesa al bene giuridico tutelato, tanto da catalogare la figura criminosa in parola nella sfera dei cc.dd. reati a consumazione prolungata.

A supporto di tale opzione esegetica, i giudici di legittimità hanno rilevato che la reiterazione delle condotte inadempienti conferisce al comportamento serbato dall'agente il connotato della abitualità, con la conseguenza che appare integrato uno dei requisiti ostativi al riconoscimento della disciplina ex art. 131-bis c.p. (Cass. VI, n. 20941/2022; Cass VI, n. 22523/2020; Cass. VI, n. 11780/2020; Cass. II, n. 23020/2016).

La tesi accolta dalla Corte di cassazione si pone, in sostanza, nell'ottica di conferire preminenza alla natura reiterata delle condotte inadempienti poste in essere dall'agente, prescindendo, pertanto, dalla disamina della natura del singolo inadempimento, il quale, isolatamente considerato, potrebbe disvelare una particolare tenuità.

Orientamento minoritario della Corte di Cassazione

La causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto appare altresì applicabile nell'ipotesi di reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, qualora si verifichi una reiterazione della condotta tipica, a condizione che ciascuna condotta integri un fatto di lieve entità.

In contrasto con la linea interpretativa seguita dalla più recente giurisprudenza di legittimità, si pone un orientamento di segno contrario, che non ha precluso l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 131-bis c.p. nell'ipotesi di reati aventi ad oggetto condotte reiterate, a condizione, però, che ciascuna condotta integri un fatto che, atomisticamente considerato, si connoti per la sua particolare tenuità.

In particolare, i giudici di legittimità, chiamati a decidere attorno ad una vicenda in cui la ricorrente era imputata della contravvenzione di deposito incontrollato di rifiuti, sanzionata dall'art. 256, commi 1 e 2, d.lgs. n. 252/2006, sono pervenuti ad annullare la decisione resa dal giudice di prime cure, demandandogli l'onere di esperire un nuovo accertamento proteso a verificare la sussistenza dei presupposti applicativi della summenzionata causa di non punibilità.

Alla base di tale soluzione, la Corte di cassazione ha osservato che, in relazione all'ipotesi di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate non sia stato ripetuto l'inciso normativo – impiegato, invece, per l'ipotesi di più reati della stessa indole – “anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di lieve entità”. In tal modo, ad avviso della Corte, emergerebbe la volontà del legislatore di consentire, in caso di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, l'applicazione dell'art. 131-bis c.p., ferma restando la necessità di esperire un giudizio di particolare tenuità delle singole condotte o dei singoli fatti.

Si tratterebbe, in sostanza, per affidarsi alle parole fatte proprie dai giudici di legittimità, di una diversa valutazione legislativa in termini di disvalore della condotta e di capacità a delinquere dell'agente, in quanto più grave sarebbe la condotta di chi commette più reati della stessa indole isolati e indipendenti, rispetto a chi li commette nell'ambito di un medesimo disegno criminoso o nel medesimo contesto spazio-temporale (Cass. III, n. 38849/2017).

Appare evidente che il predetto ragionamento parrebbe quantomeno in astratto mutuabile alla figura criminosa tratteggiata dall'art. 570, cpv., n. 2) c.p., che si atteggia alla stregua di un illecito realizzabile per il tramite di condotte reiterate, fermo restando il dovere del giudice di verificare la concreta, tenue, portata offensiva di ciascuno dei comportamenti perpetrati dall'agente.

Domanda
La causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto si applica al delitto di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori in presenza di un inadempimento meramente occasionale?

Orientamento della Corte di Cassazione

La disciplina di cui all'art. 131-bis c.p. può applicarsi al delitto di omesso versamento del contributo al mantenimento dei figli minori a condizione che l'omessa corresponsione del contributo abbia avuto carattere di mera occasionalità.

Pur a fronte di un orientamento interpretativo proteso ad escludere l'applicabilità dell'istituto della particolare tenuità del fatto al delitto di omesso versamento del contributo al mantenimento in favore dei figli minori, stante la natura abituale del comportamento perpetrato dall'agente, in seno alla giurisprudenza di legittimità è fiorito un filone ermeneutico volto a sancire l'applicabilità della predetta causa di non punibilità anche al delitto tipizzato dall'art. 570 c.p., a condizione, però, che la condotta consistente nella violazione degli obblighi di mantenimento assuma i connotati della occasionalità.

In tal guisa, appare possibile tutelare la posizione dell'obbligato che, pur violando il precetto posto a suo carico, denota una tendenza criminale meno marcata, al contempo arrecando un'offesa meno intensa all'interesse protetto dalla fattispecie criminosa.

Sotto il versante casistico può rilevarsi come la Corte di cassazione sia approdata a tale soluzione ritenendo immeritevole di pena la condotta del soggetto che aveva omesso il versamento di tre mensilità dell'assegno di mantenimento dei figli posto a suo carico dal giudice civile, ritenendo che l'offesa così arrecata fosse di particolare tenuità, unita, peraltro, all'assenza di precedenti penali in capo al prevenuto (Cass. VI, n. 16847/2019).

Di contro, in una differente vicenda processuale, i giudici di legittimità hanno censurato la soluzione accolta all'esito dei gradi di merito, che aveva reputato applicabile l'art. 131-bis c.p. al cospetto del comportamento di un soggetto che aveva omesso di versare ventiquattro delle trentotto mensilità relative all'assegno di mantenimento che era tenuto a corrispondere in favore del coniuge separato (Cass. VI, n. 5774/2020).

Ad ogni modo, anche alla luce della soluzione prescelta in tale seconda vicenda, emerge il consolidarsi di quell'orientamento a mente del quale, pur non potendosi escludere, in radice, l'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p. ai fatti di omesso versamento del contributo di mantenimento in favore della prole, ovvero del coniuge separato o divorziato, l'operatività della predetta causa di non punibilità postula una ponderata valutazione della tipologia di condotta serbata dall'agente che, come osservato, per un verso deve profilarsi alla stregua di un comportamento episodico e, parallelamente, deve assumere la veste di un fatto che non arrechi un pregiudizio significativo nella sfera del soggetto beneficiario dell'obbligo di corresponsione del contributo economico.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto (art. 469, comma 1-bis); Conferimento incarico all'investigatore privato autorizzato a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Richiesta di sequestro in caso di diniego da parte della pubblica amministrazione ovvero di privati (art. 391-bis); Istanza di sequestro conservativo della parte civile (art. 316); Richiesta di acquisizione di prova documentale (art. 234); Conclusioni scritte della parte civile (art. 523, comma 2); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1).

ProcedibilitàPer il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, in relazione sia alla condotta di sottrazione all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, sia nell'ipotesi di violazione degli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli, si procede di ufficio.Per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) si procede a querela della persona offesa; viceversa, si procede d'ufficio sia nell'ipotesi del soggetto che malversi o dilapidi i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge (art. 570, comma 2, n. 1 c.p.) sia nell'ipotesi in cui l'agente faccia mancare i mezzi di sussistenza ai soggetti di età minore (art. 570, comma 2, n. 2 c.p.).

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per i reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), in relazione ad entrambe le ipotesi criminose disciplinate dall'art. 570-bis c.p. costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo ai reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p.:

– non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– non è mai consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381 c.p.p.);

– non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.) non sono applicabili agli autori dei delitti di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p., poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Al contempo, a carico dell'autore del reato di cui all'art. 570 c.p. risulta applicabile la misura dell'allontanamento dalla casa familiare, in ragione della deroga ai limiti di pena prevista dall'art. 282-bis, comma 6, c.p.p.

Al contempo, a carico degli autori dei reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. non risultano applicabili neppure le misure cautelari interdittive (artt. 288-290 c.p.p.), in quanto l'art. 287 c.p.p. ne subordina l'applicabilità all'ipotesi in cui si proceda per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per i reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

In relazione ai reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p. ed in relazione ad entrambe le ipotesi è previsto lo svolgimento dell'udienza predibattimentale (artt. 554-bis-554-quinquies c.p.p.).

Composizione del tribunale

Il processo per entrambe le ipotesi di reato enucleate dagli artt. 570 e 570-bis c.p. si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

L'esigenza di offrire una tutela rinforzata ai componenti del nucleo familiare dissoltosi a seguito della separazione ovvero del divorzio dei coniugi, che, alla luce della valutazione esperita dall'Autorità giudiziaria civile, si appalesino quali soggetti economicamente più deboli – ferma restando la debolezza intrinseca, quantomeno sotto il versante economico, della prole non ancora autosufficiente – giustifica la sussistenza, nell'ordinamento penale, delle fattispecie incriminatrici di cui agli artt. 570, cpv., n. 2) e 570-bis c.p., volte a sanzionare un contegno inadempiente perpetrato dal soggetto che si sottragga all'obbligo di corresponsione di quanto statuito dal giudice civile.

Al contempo, appare evidente che, nella dinamica di siffatta tipologia di rapporto obbligatorio, di natura periodica – che, come l'esperienza empirica dimostra, può snodarsi in un significativo arco temporale –, può assistersi al mancato adempimento dell'obbligazione, venendo pertanto in rilievo la necessità di valutare se un simile contegno inosservante possa tramutarsi in una condotta meritevole di sanzione penale, ovvero se possano ritenersi prevalenti contrapposte esigenze che consentano di estromettere dall'area del penalmente rilevante il mancato adempimento dell'obbligo impartito dall'Autorità giudiziaria.

La soluzione a tale quesito ermeneutico implica, necessariamente, una disamina delle singole caratteristiche che connotino il caso concreto, al fine di valutare la natura da assegnare al comportamento inosservante.

Da un lato, fatta eccezione per i casi che possono condurre all'esclusione della tipicità del fatto, ovvero all'accertata insussistenza del coefficiente soggettivo richiesto ai fini della configurabilità dell'illecito, rappresentati dalla assoluta indigenza dell'obbligato, ovvero dalla esigua disponibilità di risorse che, ove impiegate per assolvere all'obbligo di mantenimento, non gli consentirebbero di far fronte alle esigenze personali, maggiormente problematiche possono apparire quelle situazioni in cui, pur disponendo delle necessarie risorse, l'obbligato si astenga dall'adempiere a quanto impostogli dal giudice civile.

In tale ottica, appare possibile prospettare che, a fronte di un singolo inadempimento – ancor più se dovuto ad una transeunte ed imprevista situazione di difficoltà economica dell'obbligato – a cui non abbiano fatto seguito, ulteriori, analoghe condotte, il giudice penale dovrebbe quantomeno reputare assolto il limite negativo codificato dall'art. 131-bis c.p., in quanto il comportamento dell'agente non può acquisire lo stigma dell'abitualità.

Ad ogni modo, la riconducibilità di tale condotta al perimetro applicativo della predetta causa di non punibilità presuppone un ulteriore accertamento, dal momento che il giudice sarà chiamato a sondare se la mancata corresponsione del contributo, ancorché verificatasi in un singolo frangente, non abbia arrecato un pregiudizio significativo nella sfera del beneficiario, nel senso che costui, malgrado il mancato incremento patrimoniale, si trovava in una condizione personale atta a consentirgli di far fronte alle esigenze quotidiane.

Più spinosa può apparire l'ipotesi in cui le condotte inadempienti si ripetano nel tempo, sia nel caso in cui esse si susseguano consecutivamente, sia nell'ipotesi che vengano intervallate dal corretto adempimento dell'obbligo imposto dal giudice civile.

Sul punto, in assenza di parametri interpretativi codificati che possano orientare il compito dell'organo giudicante, la valutazione in ordine all'eventuale immeritevolezza di pena delle condotte serbate dall'agente è necessariamente rimessa al prudente apprezzamento di tale organo, il quale, per un verso, dovrà astenersi dall'applicare la disciplina di favore enucleata dall'art. 131-bis c.p. laddove gli inadempimenti appaiano numerosi, ancorché non consecutivi, assumendo in sostanza il connotato della serialità, da cui traspaia l'attitudine dell'agente a violare il precetto posto a suo carico seppur in difetto di una condizione dimostrativa della materiale indisponibilità di risorse.

D'altro canto, qualora le condotte inadempienti si reiterino, ove non raggiungano una soglia quantitativa sintomatica della non occasionalità, spetterà al giudice valutare, da un lato, le ragioni che abbiano oggettivamente indotto l'agente a violare l'obbligo posto a suo carico e, dall'altro, scandagliare la tipologia di conseguenze riverberatesi nella sfera del beneficiario, posto che, ove la mancata corresponsione della somma pecuniaria non abbia arrecato un pregiudizio tangibile, il comportamento potrebbe assumere i connotati del fatto di particolare tenuità, anche in virtù dell'esigenza di non intaccare in modo indelebile i rapporti familiari che intercorrono tra le parti oggetto del rapporto obbligatorio.

A ciò si aggiunga che, a fronte delle modifiche apportate al testo dell'art. 131-bis c.p. dal d.lgs n. 150/2022, il quale ha ampliato il ventaglio delle componenti meritevoli di valutazione ai fini dell'operatività della causa di non punibilità, includendovi la condotta susseguente al reato, maggiori appaiono i margini che possano legittimare l'adozione di una pronuncia liberatoria dell'imputato, in primo luogo qualora, a seguito di talune condotte inadempienti, costui abbia serbato un comportamento osservante del precetto, denotando quindi l'occasionalità dei pregressi mancati adempimenti.

A fortiori, ove, a seguito delle condotte inadempienti, l'agente, oltre a conformarsi a quanto impostogli, serbi altresì una condotta attraverso cui compensi, seppur parzialmente, il precedente mancato adempimento, ristorando il beneficiario di quanto precedentemente non ricevuto, la valutazione giudiziale ben potrebbe proiettarsi verso l'applicazione della disciplina ex art. 131-bis c.p., in quanto l'offesa prodotta risulterebbe comunque contenuta ove rapportata alla condizione personale del beneficiario e l'agente denoterebbe una volontà di adempiere, salvo sporadiche eccezioni che, globalmente considerate, potrebbero risultare immeritevoli di attingere la sfera del penalmente rilevante.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario