Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 83 - Bandi e avvisi: contenuti e modalità di redazione.

Adolfo Candia
Codice legge fallimentare

Artt. 66, 76


Bandi e avvisi: contenuti e modalità di redazione.

1. Tutte le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi o avvisi di gara, salve le eccezioni di legge. Nei bandi o negli avvisi è indicato il codice identificativo di gara (CIG) acquisito attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.

2. I bandi, gli avvisi di pre-informazione e gli avvisi relativi agli appalti aggiudicati contengono le informazioni rispettivamente indicate nell'allegato II.6. I bandi di gara indicano altresì la durata del procedimento di gara, nel rispetto dei termini massimi di cui all'articolo 17, comma 3, e i criteri ambientali minimi di cui all'articolo 57, comma 2.

3. Successivamente all'adozione da parte dell'ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità degli stessi. Le stazioni appaltanti, nella delibera a contrarre, motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo.

Inquadramento

Il bando di gara costituisce lo strumento con cui – di norma – vengono indette le procedure ad evidenza pubblica, fatte salve le eccezioni di legge.

La nuova disciplina dei bandi di gara (nonché, più in generale, degli avvisi e degli inviti) è contenuta negli artt. 83 e ss. del Codice, in attuazione degli artt. 49 e ss. della Direttiva n. 2014/24/UE.

Tale disciplina – in forza di quanto previsto dall'art. 225, comma 1, d.lgs. n. 36/2023acquisterà efficacia solamente a partire dal 1° gennaio 2024; ciò in quanto il legislatore, in sede di approvazione finale del Codice (ossia con una ‘modifica dell'ultimo minuto'), per favorire una transizione ordinata verso il nuovo regime normativo, ha ritenuto di far slittare l'entrata in efficacia della nuova disciplina del regime pubblicitario dei bandi di gara all'inizio del 2024, prevedendo fino ad allora – ossia fino al 31 dicembre 2023 – l'ultrattività della corrispondente disciplina di cui al previgente d.lgs. n. 50/2016.

Per l'effetto di tale opzione normativa, fino al 31 dicembre 2023 continueranno a trovare applicazione gli artt. 70,72,73,127, comma 2, 129, comma 4, del vecchio Codice; al tempo stesso, acquisteranno efficacia soltanto il 1° gennaio 2024 gli artt. 27,81,83,84 e 85 del d.lgs. n. 36/2023.

Ciò premesso, la disciplina di cui all'articolo in commento risulta in buona parte riproduttiva di quella recata dagli artt. 71 e ss. del d.lgs. n. 50/2016, pur con qualche cambiamento di cui si darà conto nel dettaglio.

In primo luogo, in relazione all'aspetto funzionale dei bandi di gara, l'articolo in commento – a differenza del suo ‘omologo' contenuto nel vecchio Codice e della stessa Direttiva n. 2014/24/UE – non elenca puntualmente le singole fattispecie in cui deve ritenersi consentito derogare all'obbligo di indizione di gara mediante bando.

In secondo luogo, in relazione all'aspetto propriamente contenutistico dei bandi, pur confermandosi la scelta del legislatore di rinviare a un Allegato l'individuazione puntuale delle informazioni da inserire, ad una prima lettura dell'articolo in commento si notano alcuni contenuti necessari del bando dei quali l'art. 71 del previgente d.lgs. n. 50/2016 non recava menzione (i.e.: l'indicazione del CIG e della durata massima della procedura di gara).

In ragione della sostanziale identità tra la nuova disciplina dei bandi di gara e quella prevista dal d.lgs. n. 50/2016, si anticipa sin d'ora che gli orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi in materia in vigenza del vecchio Codice e illustrati nei successivi paragrafi del presente commento – pur con qualche minimo (e ovvio) adattamento – possono ritenersi confermati anche alla luce della riforma medio tempore intervenuta e, pertanto, si ritiene che manterranno la loro validità anche dopo il 1° gennaio 2024 (data di entrata in efficacia dell'articolo in commento).

Funzione e natura giuridica del bando di gara

Posto che la funzione di rendere nota l'intenzione della stazione appaltante di addivenire alla stipula di un contratto è ormai assolta dalla determina a contrarre, il bando ha lo scopo di rendere noti elementi ulteriori rispetto alle informazioni contenute nella determina. Tali elementi attengono sia al contratto che sarà stipulato, sia alla procedura di gara che sarà espletata (Candia).

Il bando di gara è un atto amministrativo generale, preventivo e preparatorio, a contenuto prescrittivo, la cui predisposizione è di norma curata dal responsabile unico del procedimento (Fontana). È una dichiarazione di volontà che si rivolge a destinatari identificabili soltanto a posteriori e che fissa le regole che dovranno essere rispettate nel successivo procedimento di scelta del contraente.

Costituisce la lex specialis di una singola gara insieme al disciplinare e al capitolato speciale, i quali possono soltanto integrare il contenuto del bando e non anche modificarlo, con la conseguenza che l'eventuale contrasto tra il bando e la relativa documentazione complementare va risolto in favore del bando (cfr., ex multis: Cons. St. V, n. 7975 /2022; Cons. St. V, n. 7573/2022; Cons. St. IV, n. 5866 /2021; Cons. St. III, n. 1804/2021). Ciò in quanto, pur nell'ambito della diversa funzione svolta tra i suddetti documenti di gara, “è pacifico (...) che tra i citati atti esiste una gerarchia differenziata, con prevalenza del contenuto del bando di gara (o della lettera d'invito), mentre le disposizioni del capitolato speciale possono soltanto integrare, ma non modificare le prime” (Cons. St. V, n. 7975/2022).

Tale gerarchia differenziata tra il bando e gli altri documenti di gara, già ampiamente consolidata per effetto di un orientamento giurisprudenziale costante, risulta oggi confermata per tabulas dall'art. 82 del nuovo Codice, che al comma 2 stabilisce espressamente che “in caso di contrasto o contraddittorietà tra le disposizioni contenute nei documenti di cui al comma 1 (i.e. tra il bando e gli altri documenti integranti la lex specialis) prevalgono quelle inserite nel bando o nell'avviso di gara”. Si rinvia, sul punto, al relativo commento contenuto nella presente opera.

Il bando di gara, così come il disciplinare e il capitolato speciale, non ha natura normativa. Non innova il diritto vigente ed è privo dei requisiti di generalità e astrattezza. Le regole ivi contenute si impongono al rispetto sia della pubblica amministrazione che le ha poste sia dei soggetti a cui sono dirette. Nonostante non abbia carattere normativo, in ragione della sua natura di atto amministrativo generale, il bando presenta alcune peculiarità in relazione alla disciplina del procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990. In particolare, il bando non necessita di una motivazione, non deve indicare il termine e l'autorità a cui è possibile ricorrere e non è soggetto alle disposizioni in tema di partecipazione al procedimento amministrativo (Candia).

Il bando non costituisce offerta al pubblico ai sensi dell'art. 1336 c.c., posto che è esso stesso diretto a provocare le offerte (nelle procedure aperte) e le domande di partecipazione (nelle procedure ristrette e nelle procedure negoziate) degli operatori economici che aspirano a contrarre con la pubblica amministrazione. Esso, nelle procedure aperte, ha piuttosto natura e funzione di invitatio ad offerendum nei confronti dei soggetti in possesso dei requisiti ivi previsti, mentre nelle procedure ristrette e negoziate ha la funzione di provocare manifestazioni di interesse (Candia).

Revocabilità, annullabilità d'ufficio e disapplicabilità del bando

È noto come alla pubblica amministrazione sia riconosciuto un ampio e generale potere di intervenire su propri provvedimenti mediante gli strumenti di autotutela pubblicistica della revoca e dell'annullamento d'ufficio, nei termini e alle condizioni di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241/1990.

Mentre i presupposti che la legge individua per l'annullamento d'ufficio devono ritenersi sufficientemente stringenti, l'ampia latitudine semantica con cui sono descritti i presupposti della revoca pone il problema di un'adeguata tutela delle posizioni giuridiche dei privati controinteressati, nei quali potrebbe essersi ingenerato un legittimo affidamento a seguito del provvedimento che l'amministrazione intende rimuovere e per i quali la spettanza di un indennizzo potrebbe non essere adeguatamente satisfattiva. È quindi necessario che la revoca sia adeguatamente motivata da parte dell'amministrazione procedente. Il tema della motivazione della revoca si pone in termini problematici specialmente nelle procedure ad evidenza pubblica, con riferimento ai bandi di gara (Fontana).

Sul punto, sebbene in linea generale la disciplina della revoca non si applichi agli atti amministrativi endoprocedimentali aventi unicamente effetti instabili ed interinali, considerazioni differenti devono essere sviluppate con riferimento al bando di gara, che può pacificamente essere revocato (oltreché annullato d'ufficio) dalla pubblica amministrazione nonostante rappresenti l'atto iniziale (e non già l'atto conclusivo) della procedura di affidamento. La P.A. può altresì privare di effetti l'intera procedura di gara, intervenendo consequenzialmente in autotutela su tutti gli atti endoprocedimentali successivi al bando (Candia).

In tale contesto, la revoca del bando di gara soggiace alla disciplina di cui all'art. 21-quinquies, l. n. 241/1990, in relazione alla quale deve essere adeguatamente motivata. Tale obbligo di motivazione è tanto più incisivo quanto più la procedura sia vicina alla conclusione, e tanto più attenuato quanto più la procedura risulti ancora bloccata alla fase iniziale (cfr. T.A.R. Lazio (Roma) III, 7 luglio 2022, n. 9338). Dall'applicazione di tali coordinate ermeneutiche deriva, ad esempio, che i) prima dell'aggiudicazione la revoca della procedura è soggetta ad un obbligo motivazionale particolarmente blando e che ii) neppure l'avvenuta aggiudicazione osta all'esercizio, da parte della pubblica amministrazione, del potere di intervenire in autotutela sul bando di gara (cfr. Cons. St. V, n. 590/2022; T.A.R. Sardegna, I, 4 marzo 2022, n. 154), sebbene in quest'ultimo caso sia necessaria una motivazione più stringente, posto che l'aggiudicazione è idonea a costituire un legittimo affidamento in capo alla concorrente che ne sia destinataria (cfr. T.A.R. Campania (Salerno) I, 10 gennaio 2022, n. 17).

L'unico limite alla possibilità di revocare una procedura di gara è costituito dall'avvenuta stipula del contratto (cfr. T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 17/2022, nonché Cons. St. III, n. 1455/2021). Dopo la stipula del contratto la revoca della procedura è tendenzialmente impraticabile, dovendo la pubblica amministrazione privilegiare lo strumento privatistico del recesso (cfr. Cons. St. Ad. Plen., n. 14/2014).

L'annullamento d'ufficio ex art. 21-nonies, al contrario, deve ritenersi praticabile anche dopo l'avvenuta stipula del contratto di appalto. All'annullamento in autotutela degli atti di gara consegue l'automatica caducazione degli effetti negoziali del contratto (cfr. Cons. St. V, n. 590/2022, nonché T.A. R. Sardegna I, n. 154/2022).

L'impossibilità di disapplicare (in sede giudiziaria ma anche amministrativa) il bando non impugnato (principio costituente diritto vivente dopo le Adunanza plenarie nn. 1/2003, 4/2018 e 22/2020) è stata ribadita, da ultimo, da Cons. St. V, n. 1196/2022 e Cons. St. V, n. 1192/2022: la prima sull'impossibilità di disapplicare una determina di gara che prevede expressis verbis l'esclusione senza possibilità di soccorso istruttorio per determinate carenze o irregolarità nella documentazione; la seconda in tema di obbligo di esclusione in caso di offerta che, nonostante l'applicazione del criterio di equivalenza in tema di specifiche tecniche, risulti priva di un requisito minimo essenziale previsto ragionevolmente dalla lex specialis per assicurare l'adeguatezza del progetto (cfr. T.A.R. Liguria I, 28 gennaio 2022, n. 64, che ribadisce la doverosa estromissione dell'offerente in caso di mancata rispondenza dell'offerta a una caratteristica minima prescritta dal capitolato, a prescindere da un'espressa clausola di esclusione).

Vincolatività e interpretazione del bando

Con la predisposizione del bando di gara, che compone la lex specialis della procedura, la stazione appaltante autovincola la sua discrezionalità (cfr.: T.A.R. Lazio (Roma) III-quater, 10 ottobre 2022, n. 12872; T.A.R. Puglia (Bari) I, n. 872/2020).

Le disposizioni contenute nel bando, comprese quelle previste come facoltative dalla legge, hanno natura vincolante e comportano l'obbligo della pubblica amministrazione di applicarle pedissequamente, senza alcuna possibilità di scelta. Il bando di gara non può essere disapplicato nemmeno qualora le sue prescrizioni confliggano con la normativa di rango primario (Fontana, 571), né qualora dette prescrizioni siano ritenute dalla stessa stazione appaltante inutili o meramente formali, o qualora siano state inserite nel bando per mero errore (Meale).

L'applicazione delle regole contenute nel bando e nella relativa documentazione complementare (disciplinare di gara e capitolato speciale) si impone tanto alla pubblica amministrazione che le ha poste quanto ai soggetti a cui sono dirette, fatta salva la facoltà dell'amministrazione di intervenire in autotutela (cfr. Fontana, 571).

Dalla natura vincolante del bando e dalla necessità di garantire la parità di trattamento tra i partecipanti alla gara discende che le clausole del bando di gara debbano essere di stretta interpretazione (cfr.: Cons. St. IV, n. 9415/2022; T.A.R. Campania (Napoli) V, 22 settembre 2021, n. 5971; Cons. St. V, n. 4863/2021; Cons. St. V, n. 2710/2021). Laddove tali clausole siano chiare ed univoche, l'amministrazione non può procedere ad interpretazioni estensive o analogiche, dovendo privilegiare criteri formali e testuali (cfr.: T.A.R. Campania (Salerno) III, 6 ottobre 2022, n. 2604; T.A.R. Lazio (Roma) I-bis, 3 febbraio 2022, n. 1279). In situazioni di obiettiva incertezza circa il contenuto del bando, la risposta della stazione appaltante ad una richiesta di chiarimenti di un concorrente costituisce una sorta di interpretazione autentica, con cui l'amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale precisando il significato di eventuali previsioni della lex specialis non facilmente intellegibili (Cons. St. V, n. 2260/2021; Cons. St. III, n. 879/2021). I chiarimenti dell'amministrazione, pur potendo chiarire la lex specialis, non possono tuttavia modificarla (cfr. Cons. St. V, n. 7793/2022); ne consegue che non possono contenere previsioni innovative o modificative delle prescrizioni del bando, in quanto ciò equivarrebbe ad un ritiro dello stesso.

All'interpretazione della lex specialis di gara possono essere applicate le disposizioni civilistiche in tema di interpretazione dei contratti comunemente ritenute estensibili agli atti amministrativi – come ad esempio gli artt. 1363 c.c. (interpretazione secondo buona fede), 1367 c.c. (conservazione degli effetti dell'atto), 1369 c.c. (interpretazione conforme alla natura dell'atto) – mentre è da escludere che si possa fare applicazione dell'art. 1370 c.c. (interpretazione contro l'autore della clausola), atteso che le preminenti esigenze di interesse pubblico, al cui perseguimento deve tendere l'azione amministrativa, non consentono che nel dubbio si privilegi l'interpretazione più sfavorevole all'amministrazione. Tuttavia, qualora si tratti di clausole dalla cui interpretazione dipenda la possibilità per un operatore economico di partecipare alla gara, si deve preferire l'interpretazione che favorisce la partecipazione e non quella che la ostacola, in ossequio al principio del favor partecipationis. Qualora la disciplina recata dalla lex specialis presenti delle lacune, essa può essere etero-integrata mediante le disposizioni auto-esecutive della normativa di rango primario o regolamentare, secondo il meccanismo dell'integrazione automatica di cui all'art. 1339 c.c., purché si tratti di disposizioni imperative recanti una rigida predeterminazione dell'elemento destinato a colmare la lacuna (Fontana, 572-573).

Contenuto del bando e bandi tipo

Abbiamo già visto che il bando (o l'avviso, ndr), “salve le eccezioni di legge”, è l'atto con cui l'amministrazione indice la gara, in attuazione della determina a contrarre.

Abbiamo anche anticipato che l'art. 83 del nuovo Codice si differenzia dall'art. 71 del previgente d.lgs. n. 50/2016 – nonché, in parte qua, dalla Direttiva n. 2014/24/UE – in quanto non elenca puntualmente le singole fattispecie in cui è consentito derogare all'obbligo di indizione di gara mediante bando (o avviso).

Tale soluzione appare condivisibile in quanto, “mentre la direttiva si impone come un sistema di disciplina organico e chiuso, nell'ordinamento nazionale il dato empirico segnala che l'elenco chiuso inserito nel codice, vista l'insopprimibile tendenza del legislatore a disegnare in emergenza nuove procedure speciali, rischia di non essere mai esaustivo o tempestivamente aggiornato, risultando così poco utile” (Commissione speciale del Consiglio di Stato, Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici – Relazione agli articoli e agli allegati).

Ciò posto, al fine di agevolare (e di rendere omogenea) l'attività delle stazioni appaltanti, l'art. 83 del Codice prevede che i bandi di gara debbano essere redatti in conformità ai bandi tipo redatti dall'ANAC, ove sussistenti.

Al momento in cui scriviamo, risultano essere stati adottati dall'ANAC unicamente:

i) il Bando tipo n. 1 del 22 novembre 2017, recante “Schema di disciplinare di gara per l'affidamento di servizi e forniture nei settori ordinari, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, aggiudicati all'offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo”;

ii) il Bando tipo n. 2 del 10 gennaio 2018, recante “Schema di disciplinare di gara – Procedura aperta per l'affidamento di contratti pubblici di servizi di pulizia di importo pari o superiore alla soglia comunitaria con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”;

iii) il Bando tipo n. 3 del 31 luglio 2018, recante “Disciplinare di gara per l'affidamento con procedura aperta di servizi di architettura e ingegneria di importo pari o superiore a € 100.000 con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità-prezzo”;

iv) il Bando tipo n. 1/2021 recante “Schema di disciplinare di gara per procedura aperta telematica per l'affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra soglia comunitaria con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”, adottato in sostituzione del precedente Bando tipo n. 1/2017);

v) il Bando tipo n. 1/2023, recante lo schema di disciplinare di gara per “procedura aperta per l'affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”, che costituisce, in sostanza, un aggiornamento del precedente Bando tipo n. 1/2021 alle nuove disposizioni codicistiche.

Molto opportunamente, l'ANAC ha redatto tali bandi tipo nella forma di disciplinari tipo, in maniera tale (i) da evitare che si risolvessero in un inutile duplicato dei formulari predisposti in sede europea e (ii) da offrire alle stazioni appaltanti indicazioni di dettaglio puntuali ed articolate..

Ratio della norma che prescrive alle stazioni appaltanti di conformare i propri bandi è quella di evitare, come sovente accade, che ciascuna stazione appaltante introduca discrezionalmente prescrizioni non necessarie o ultronee rispetto all'oggetto della gara o cause di esclusione che non trovano fondamento nei testi normativi. La creazione di modelli unici, validi su tutto il territorio nazionale, ha quindi l'obiettivo di garantire la predisposizione di bandi uniformi sul territorio nazionale, semplificando le modalità di partecipazione alle gare. Ciò anche al fine di ridurre il contenzioso amministrativo dovuto alla disomogeneità delle disposizioni di gara e all'incertezza interpretativa delle prescrizioni imposte dalle singole stazioni appaltanti (Meale).

I bandi-tipo non vincolano le stazioni appaltanti operanti nei settori speciali, attesa la mancanza di un rinvio espresso alla relativa disposizione. Tuttavia, sarebbe opportuno che anche in tali settori fossero utilizzate le parti dei bandi-tipo (o disciplinari-tipo) ritenute compatibili, ai fini di una maggiore standardizzazione (e di una corrispondente maggiore semplificazione) dell'operato delle stazioni appaltanti (Candia).

I bandi tipo rientrano tra gli atti amministrativi generali di cui all'art. 222, comma 2 del Codice, con cui l'ANAC garantisce la promozione dell'efficienza e della qualità dell'attività delle stazioni appaltanti. Il medesimo art. 222, comma 2, ne fa salva l'impugnabilità in sede giurisdizionale. Così come i bandi di gara delle singole stazioni appaltanti, anche i bandi tipo non hanno natura normativa (T.A.R. Lazio (Roma) II-ter, n. 9781/2019).

Dovendosi escluderne la natura normativa, in assenza di un chiaro fondamento per un'innovazione così rilevante del sistema delle fonti, si ritiene che i bandi tipo siano qualificabili alla stregua di atti di indirizzo a valenza rinforzata (Candia). Le relative previsioni non sono vincolanti per le stazioni appaltanti, che possono discostarsene purché forniscano adeguata motivazione della deroga (c.d. ‘opting-out motivato') in sede di determina a contrarre, secondo il modello di matrice anglosassone definito ‘comply or explain' (Clarich, 441).

Qualora un bando di gara si discosti dal bando-tipo predisposto dall'ANAC senza che la determina a contrarre abbia motivato adeguatamente in ordine alla deroga, sembra poter trovare applicazione l'art. 220, comma 3 del Codice. L'ANAC, ravvisando un possibile vizio di legittimità del bando, potrà indirizzare un parere motivato alla stazione appaltante, invitandola ad agire in autotutela per rimuovere il vizio e gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a trenta giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell'Autorità entro il termine fissato legittima l'ANAC a presentare ricorso al giudice amministrativo entro i successivi trenta giorni.

Quanto al contenuto, il bando non contiene tutti gli elementi essenziali del futuro contratto, posto che il prezzo – eccezion fatta per l'ipotesi contemplata all'art. 108, comma 5, d.lgs. n. 36/2023 – viene definito solo a seguito dell'individuazione dell'offerta migliore.

I bandi di gara devono in ogni caso riportare i) le informazioni di cui all'Allegato II.6. del Codice (il quale, come già anticipato, ricalca fedelmente l'Allegato XIV, parte I, lett. c) del previgente d.lgs. n. 50/2016), ii) il Codice identificativo della gara (CIG) acquisito attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), iii) la durata del procedimento di gara nel rispetto dei termini massimi di cui all'art. 17, comma 3 e iv) e i criteri ambientali minimi (CAM) di cui all'art. 57, comma 2.

Inoltre, per l'affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, il legislatore ha previsto l'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l'applicazione da parte dell'aggiudicatario dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore. Questa previsione conferma l'attenzione che la contrattualistica pubblica riserva alle tematiche sociali, tanto più che il nuovo Codice estende l'obbligo di applicazione delle clausole sociali alla generalità degli affidamenti, senza più limitarlo ai soli contratti ad alta intensità di manodopera, pur dovendosi ‘tenere conto della tipologia di intervento'.

Problemi attuali: potere discrezionale e tassatività cause di esclusione

Fin da tempo risalente, la giurisprudenza ha chiarito come l'amministrazione sia titolare di un ampio potere discrezionale di inserire in un bando di gara tutte le disposizioni ritenute più opportune, più idonee e più adeguate per l'effettivo raggiungimento dello scopo perseguito. Tuttavia, le disposizioni con cui si manifesta tale potere discrezionale non devono essere o apparire illogiche, arbitrarie, inutili o superflue, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e adeguatezza (cfr., in tema di requisiti soggettivi, T.A.R. Puglia (Lecce) II, 28 maggio 2018, n. 914).

Tale principio incontra tuttavia un limite invalicabile nel principio di tassatività delle cause di esclusione, che vieta di inserire nei bandi e nelle lettere di invito ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal Codice o da altre leggi vigenti (cfr. Clarich, 441). Devono poi essere evitati i c.d. bandi-fotografia, ossia i bandi formulati in maniera tale da restringere la partecipazione a un solo operatore economico o comunque a una ristretta platea di operatori economici (Fontana, 545).

Questioni applicative

1) Quando il bando va impugnato subito e in via autonoma e quando in via differita unitamente all'atto applicativo (c.d. ‘doppia impugnativa')?

Come tutti i provvedimenti amministrativi, i bandi di gara devono essere conformi alla legge. Rispetto ai bandi di gara sono configurabili i medesimi vizi idonei a colpire qualsiasi altro atto amministrativo, ossia la violazione di legge, l'incompetenza e l'eccesso di potere. Nel caso in cui siano affetti da vizi, la loro natura provvedimentale li rende impugnabili dinanzi ai competenti organi giurisdizionali (cfr. Giustiniani, Fontana, 17 ss.).

Nel giudizio di impugnazione di un bando di gara non sono individuabili controinteressati (ex multis: Cons. St. V, n. 5114/2022; Cons. giust. amm. Reg. sic., 31 marzo 2021, n. 276).

Posto che per investire un Tribunale di una domanda giudiziale occorre avervi un interesse non già teorico e generico, bensì attuale e concreto, i bandi di gara di norma sono impugnabili soltanto unitamente all'atto applicativo conclusivo della relativa procedura, in quanto solo quest'ultimo atto – generalmente – è idoneo a produrre una lesione concreta e attuale di situazioni giuridiche soggettive. L'art. 120, comma 2, c.p.a., tuttavia, prevede espressamente l'ipotesi in cui il bando di gara possa configurarsi quale atto autonomamente lesivo, stabilendone – per tali casi – l'immediata impugnabilità nel termine decadenziale di trenta giorni dalla pubblicazione.

In tale contesto, la giurisprudenza ha enucleato una serie di casi in cui il bando di gara deve essere impugnato immediatamente, senza attendere la definizione della procedura. Anche tali conclusioni giurisprudenziali, per quanto elaborate in vigenza del d.lgs. n. 50/2016, devono ritenersi confermate in quanto compatibili con l'impianto delineato dal nuovo Codice.

In particolare, sull'esatta perimetrazione dell'ambito oggettivo dell'onere di immediata impugnazione dei bandi di gara si è ripetutamente pronunciata l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, chiarendo che devono considerarsi direttamente lesive – e quindi immediatamente impugnabili – le c.d. clausole escludenti, ossia quelle clausole che abbiano l'effetto di impedire la partecipazione alla procedura di gara a determinati soggetti (cfr. Cons. St. Ad. Plen., n. 1/2003; Cons. St . Ad. Plen., n. 4/2011;Cons. St. Ad. Plen., n. 4/2018).

In altre parole, un operatore economico può impugnare direttamente un bando di gara qualora contenga clausole che abbiano l'effetto di impedirgli la partecipazione alla procedura (Candia).

Per giurisprudenza ormai consolidata (Cons. St. Ad. Plen., n. 1/2003; Cons. St. Ad. Plen., n. 4/2011; Cons. St. Ad. Plen., n. 4/2018), rientrano nel novero delle clausole (escludenti e quindi) immediatamente impugnabili: i) le clausole che individuino requisiti di partecipazione non posseduti dall'interessato, tali da precludergli con certezza e con immediatezza la partecipazione alla procedura; ii) le clausole che implichino oneri del tutto sproporzionati o che risultino manifestamente incomprensibili in violazione del principio di clare loqui, al punto di impedire all'interessato di percepire le condizioni alle quali sia necessario sottostare; iii) le clausole che impediscano, indistintamente a tutti i concorrenti, una corretta e consapevole elaborazione della proposta economica, come ad esempio quelle disposizioni che prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta, ovvero che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara (sul punto, da ultimo, v. Cons. St. V, n. 2276/2021); iv) le clausole recanti condizioni negoziali che abbiano l'effetto di rendere il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente.

Di converso, tutte le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente i) da un lato, devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo, mentre ii) dall'altro lato possono essere impugnate unicamente dall'operatore economico che abbia partecipato alla gara o che comunque abbia formalmente manifestato il proprio interesse alla procedura.

Tale principio è stato ribadito dalla pronuncia dell'Adunanza plenaria con la sentenza n. 4 del 26 aprile 2018, con particolare riferimento alle clausole del bando relative alla scelta del criterio di aggiudicazione della procedura.

La Sezione rimettente (Cons. St. III, ord. n. 5138/2017) auspicava un ripensamento della tradizionale perimetrazione dell'onere di immediata impugnazione dei bandi, sollecitando l'Adunanza plenaria ad affermare la sussistenza di tale onere anche per il caso di erronea adozione del criterio del prezzo più basso in luogo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, nonché – più in generale – per tutte le clausole attinenti le regole formali e sostanziali di svolgimento della procedura di gara, con la sola eccezione delle prescrizioni generiche ed incerte. Ciò, essenzialmente, sulla scorta di una sentenza del Consiglio di Stato che si era discostata dai tradizionali insegnamenti dell'Adunanza Plenaria, sostenendo la possibilità di proporre ricorso avverso un bando di gara anche in assenza di atti applicativi della lex specialis, tutte le volte in cui il bando individui un criterio di aggiudicazione ritenuto illegittimo.

In tale contesto, pur a fronte di un'indubbia ‘rottura' del fronte giurisprudenziale che limitava entro confini più angusti l'onere di immediata impugnazione dei bandi di gara, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ribadito ancora una volta che la normativa vigente non consente di affermare che si debba imporre all'offerente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, ove la ritenga errata: versandosi nello stato iniziale ed embrionale della procedura, non vi sarebbe infatti né prova né indizio della circostanza che l'impugnante non sarebbe prescelto quale aggiudicatario, ma gli si imporrebbe di agire in giudizio sulla scorta della preconizzazione di una lesione futura ed ipotetica, al fine di tutelare un interesse (quello strumentale alla riedizione della gara) certamente subordinato rispetto all'interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario), del quale non sarebbe certa la non realizzabilità (Cons. St. Ad. Plen.,n. 4/2018).

Ciò, innanzitutto, in ragione del tenore testuale dell'art. 120, comma 2, c.p.a. (corrispondente al previgente art. 120, comma 5, c.p.a.), che ha previsto l'onere di impugnare direttamente non già tutti i bandi di gara, ma unicamente quelli autonomamente lesivi: tale autonoma lesività è ravvisabile unicamente nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara presenti clausole escludenti, pur nell'accezione ampliativa fatta propria dalle Adunanze plenarie n. 1/2003 e n. 4/2011.

Il quadro è stato ulteriormente completato dall'Adunanza Plenaria con la sentenza n. 22 del 16 ottobre 2020, con cui è stato enunciato il principio della configurabilità della nullità solo parziale del bando in caso di violazione della previsione legale che impedisce, a pena di nullità, l'inserimento nel bando di cause di esclusione a tipiche. Detta nullità che impone alla stazione appaltante di procedere ignorando in parte qua la legge di gara, è deducibile in sede di impugnazione degli atti applicativi della clausola nulla, da esperire nel termine di decadenza ex art. 120 c.p.a.

Le conclusioni a cui sono giunte le predette Adunanza Plenarie sono state a più riprese confermate anche dalla giurisprudenza più recente; da ultimo, in via esemplificativa, si vedano: T.A.R. Campania (Napoli) V, 16 gennaio 2023, n. 353; T.A.R. Lazio (Roma) III- quater , 10 ottobre 2022, n. 12874, n. 12877 e n. 12878; Cons. St. V, n. 9808/2022; Cons. St. V, n. 9138/2022.

2) A chi spetta la legittimazione all'impugnazione del bando di gara?

La sentenza dell'Adunanza plenaria n. 4/2018 ha altresì confermato che la legittimazione ad impugnare il bando di gara – di norma – spetta solamente a coloro che abbiano presentato domanda di partecipazione (domanda come quid iuris non come mero quid facti, quindi domanda efficace perché conforme ai necessari requisiti soggettivi, oggettivi e cronologici).

Tale regola può essere derogata soltanto in tre ipotesi.

La prima eccezione riguarda la legittimazione a ricorrere del soggetto che voglia impugnare una clausola del bando che prescriva determinati requisiti palesemente non posseduti dal soggetto stesso e che sia, pertanto, direttamente escludente. In una tale circostanza, la certezza del pregiudizio determinato dal bando rende superflua la domanda di partecipazione e l'adozione di un atto esplicito di esclusione (Cons. St. Ad. Plen., n. 4/2011). Tale deroga vuole evitare che un operatore economico palesemente non in possesso dei requisiti richiesti, per poter impugnare la lex specialis di gara, sia costretto a presentare una domanda di partecipazione inutile, che si tradurrebbe in un onere del tutto pleonastico e formalistico.

La seconda eccezione attiene alla legittimazione dell'operatore che intenda contrastare, in radice, la scelta dell'amministrazione di bandire la gara. Tale soggetto deve intendersi legittimato ad impugnare la procedura anche senza prendervi parte, nei soli casi in cui dimostri una adeguata posizione differenziata, costituita, per esempio, dalla titolarità di un rapporto incompatibile con il nuovo affidamento contestato (Cons. St. Ad. Plen., n. 4/2011).

L'ultima eccezione riguarda la legittimazione dell'operatore che voglia contestare un affidamento diretto (o senza adeguata pubblicità). Tale deroga ben si comprende alla luce del giudizio di assoluto disvalore manifestato dal diritto dell'Unione europea nei confronti di ogni atto che contrasti con il principio di libera concorrenza. Del resto, in simili ipotesi, proprio la circostanza obiettiva riguardante la mancanza di una procedura selettiva impedisce di collegare la legittimazione al ricorso alla partecipazione al procedimento, che, in radice, è del tutto mancato (Cons. St. Ad. Plen.,n. 4/2011).

Al di fuori di queste ipotesi tassative, resta fermo il principio per cui la legittimazione al ricorso nelle controversie riguardanti l'affidamento di contratti pubblici spetta esclusivamente ai partecipanti alla gara, poiché solo da tale qualità deriva il riconoscimento di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela (Cons. giust. amm. reg. sic., I, n. 444/2014).

Anche il giudice eurounitario ha affrontato la tematica in oggetto, chiarendo che la legittimazione a impugnare gli atti di gara spetta solo al concorrente che abbia presentato una valida domanda di partecipazione ed individuando quattro eccezioni a tale regola.

Secondo la Corte di giustizia dell'Unione europea (Corte giustizia UE, 28 novembre 2018, C. 328/2017) è conforme al diritto UE la normativa nazionale che impedisce agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell'amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d'appalto alla quale essi abbiano deciso di non partecipare a causa delle ridotte possibilità di successo provocate dalla disciplina di gara restrittiva della concorrenza.

Il giudice del rinvio aveva rilevato che, secondo l'interpretazione dei requisiti procedurali della legittimazione e dell'interesse ad agire accolta anche dalla Corte costituzionale (Corte cost., n. 245/2016), sarebbe inammissibile il ricorso proposto dall'impresa che non abbia partecipato alla gara quando non fosse assolutamente certo, ma soltanto altamente probabile l'esito negativo della procedura per effetto della strutturazione della gara.

La possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale sarebbe, a questa stregua, sistematicamente subordinata alle forche caudine della partecipazione alla gara che comporta di per sé rilevanti oneri, e ciò persino nel caso in cui l'impresa intendesse contestarne la legittimità per essere la gara stessa eccessivamente restrittiva della concorrenza.

La Corte di giustizia spegne gli entusiasmi garantistici del giudice ligure, pervenendo alla conclusione che la normativa nazionale, nell'esplicazione dell'autonomia che spetta agli Stati membri nel campo schiettamente processuale, può legittimamente subordinare il diritto di impugnare gli atti di gara all'onere della rituale partecipazione alla procedura.

I giudici della Corte richiamano, a suffragio dell'assunto, la Direttiva 89/665, per cui gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso siano accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (in tal senso, Corte giustizia CE del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C230/02, EU:C:2004:93, punto 25, e del Corte giustizia UE5 aprile 2016, PFE, C689/13, EU:C:2016:199, punto 23).

Secondo la giurisprudenza della Corte, quindi, gli Stati membri non sono tenuti a rendere dette procedure di ricorso accessibili a chiunque voglia ottenere l'aggiudicazione di un appalto pubblico, ma hanno facoltà di esigere che la persona interessata sia stata o rischi di essere lesa dalla violazione da essa denunciata.

Agli stessi principi si richiamano le decisioni di Corte Costituzionale e Consiglio di Stato.

La sentenza rimarca, tuttavia, che sia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sia dalla sent. n. 245/2016 della Corte costituzionale si ricavano temperamenti al rigore di siffatto sbarramento aprioristico. È infatti ius receptum la regola pretoria per cui l'interesse e la legittimazione ad agire possono essere eccezionalmente riconosciuti a un operatore economico che non abbia presentato alcuna offerta, in quattro casi in cui la condizione della presentazione di una domanda di partecipazione si atteggerebbe a onere manifestamente eccessivo, ossia nelle “ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta”.

Si tratta di casi (vedi supra) in cui, come ribadito da Cons. St. V, n. 441/2020, la lesione lamentata consegue – in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale –, alle determinazioni dell'amministrazione e all'assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti. Inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili a un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.

È corretto, allora, che solo in tali evenienze peculiari il diritto di proporre ricorso sia riconosciuto a un operatore che non ha presentato alcuna offerta, in quanto, al di fuori di situazioni esorbitanti in cui l'onere si appalesa irragionevole e sproporzionato alla contestazione che si vuole muovere e al risultato in astratto conseguibile, non si può considerare eccessiva la richiesta che quest'ultimo dimostri che le clausole del bando rendevano impossibile la formulazione stessa di un'offerta.

Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte giustizia UE risponde che “sia l'art. 1, par. 3, della Direttiva 89/665 sia l'art. 1, par. 3, della Direttiva 92/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell'amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d'appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l'appalto in questione. Tuttavia, rimane il principio secondo cui la decisione va presa caso per caso da parte del giudice amministrativo, sulla base dell'effettiva impossibilità di partecipazione ad una procedura”.

Si legge così, a conclusione della sentenza, che “spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l'applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati”.

L'assunto dei giudici di Lussemburgo, confermato poi dalla già illustrata Ad. Plen. n. 4/2018, conferma il modello soggettivo della nostra giurisdizione in cui l'accesso al giudice non è strumento per invocare la legalità oggettiva da parte del quisque de populo secondo la logica dell'azione popolare, ma mezzo di tutela di posizioni soggettive differenziate e qualificate azionabile dal soggetto che dimostri di versare in una condizione di specialità rispetto all'agognato bene della vita.

Il bando può essere integrato con effetti escludenti dalla nuova disciplina sull'equo compenso di cui alla legge  n. 49/2023

Alla  delibera ANAC n. 101 del 28.2.2024, era affidato il delicato compito di chiarire se attraverso la legge n. 49 del 2023 il legislatore abbia reintrodotto dei parametri professionali minimi e, in caso positivo, quale possa essere il ribasso massimo che conduce a ritenere il compenso equo nell'ambito delle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura.

L' Autorità ha illustrato tre possibili soluzioni, riprodotte poi nel testo del bando tipo n. 2/2024 in consultazione, ovvero: procedure di gara a prezzo fisso, con competizione limitata alla sola parte tecnica; procedure di gara da aggiudicare secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l'importo a base d'asta è limitato alle sole spese generali; inapplicabilità della disciplina dell'equo compenso alle procedure di evidenza pubblica, con conseguente ribassabilità dell'intero importo posto a base di gara;

Nel acso dis eocie legititmanete il  bando di gara in oggetto risulta aderente all'ultima delle predette soluzioni: l'articolo 18 del disciplinare stabilisce infatti che “La ditta concorrente, a pena di esclusione, deve compilare il modello di offerta economica proposto dal Sistema indicando il ribasso percentuale offerto sul prezzo a base d'asta...” e l'importo a base di gara, definito all'art. 3 del disciplinare in applicazione del D.M. 17 giugno 2016, è pari alla somma dei compensi professionali e delle spese generali; in presenza di un quadro normativo poco chiaro, la stazione appaltante ha legittimamente esercitato la sua discrezionalità in coerenza con i principi che regolano l'evidenza pubblica, come positivizzati negli artt. 1, 2 e 3 d.lgs. n. 36/2023.

L'evidenziata incertezza circa le modalità applicative della normativa sull'equo compenso nelle procedure di gara dirette all'affidamento di servizi di ingegneria e architettura unitamente ai principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento e al principio dell'autovincolo impediscone che possa operare, nel caso di specie, l'eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, si commini a carico dei partecipanti una sanzione espulsiva per aver presentato un'offerta che, perfettamente aderente ai contenuti della lex specialis, risulti non conforme alla l. n. 49/2023. Infatti, che, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, di regola, le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, la cui eterointegrazione con obblighi imposti da norme di legge deve ritenersi ammessa in casi eccezionali, poiché l'enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2016, n. 4553); si è osservato, in particolare, che l'eterointegrazione del bando costituisce – in relazione alla sua attitudine ad incidere in maniera significativa sull'affidamento che la platea dei potenziali concorrenti deve poter nutrire sulla chiarezza, precisione ed univocità delle condizioni richieste per l'accesso alle procedure evidenziali, la cui formulazione incombe alla stazione appaltante – dispositivo del tutto eccezionale, suscettibile di operare solo in presenza di norme di settore a generale attitudine imperativa, la cui deroga sia in principio preclusa alle opzioni programmatiche della stessa amministrazione aggiudicatrice (Cons. Stato, V, 28 agosto 2019, n. 5922). Anche la Corte di Giustizia ha, quindi, ritenuto che  il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, consentendo allo stesso un termine per regolarizzare la posizione (Corte di Giustizia, sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo);

Ecco la massima: l'assenza di chiare indicazioni normative e di orientamenti giurisprudenziali consolidati circa i rapporti tra la normativa sull'equo compenso di cui alla L. 49/2023 e le procedure di gara dirette all'affidamento di servizi di ingegneria e architettura impedisce che possa operare il meccanismo dell'eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa essere disposta l'esclusione di operatori economici che abbiano formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale.

Bibliografia

Candia, Commento all'art. 71, in Caringella (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2021; Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Bologna, 2022; Fontana, Bandi e avvisi, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Meale, Dai bandi ai verbali di gara: atti, forme di pubblicità e termini delle procedure a evidenza pubblica, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Mininno, Appalti pubblici e impugnabilità del bando di gara, in lexitalia.it, 28 marzo 2018.

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