Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 105 - Rapporti di prova, certificazioni delle qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo vita.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 82, 87, 88, 96


Rapporti di prova, certificazioni delle qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo vita.

1. I rapporti di prova, le certificazioni e altri mezzi di prova, nonché il costo del ciclo di vita sono disciplinati all'allegato II.8. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato II.8 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]1

Inquadramento

L'art. 105 del Codice ‘succede' in linea temporale agli artt. 82,88 e 96 del previgente d.lgs. n. 50/2016, i quali rispettivamente disciplinavano i) “rapporti di prova, certificazione e altri mezzi di prova”, ii) “registro on line dei certificati (e- Certis)” e iii) i “costi del ciclo di vita”.

Sennonché, l'articolo in commento è privo di contenuti direttamente precettivi in quanto si limita a rinviare ad un Allegato del Codice e segnatamente all'Allegato II.8. (a sua volta recante la disciplina in tema “rapporti di prova, certificazioni delle qualità, mezzi di prova, registro on line dei certificati e costi del ciclo vita”), precisando poi che tale allegato, in sede di prima applicazione del Codice, sarà abrogato a seguito dell'entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 3, l. n. 400/1988 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituirà integralmente anche in qualità di allegato al Codice.

Con l'art. 105 del d.lgs. n. 36/2023, in buona sostanza, il legislatore ha inteso alleggerire il corpo dell'articolato codicistico, delegificando i contenuti degli artt. 82,68 e 96 del d.lgs. n. 50/2016, che del resto contenevano disposizioni di mero dettaglio che ben si prestavano ad essere ‘trasferite' in una fonte di rango e natura regolamentare.

Nei paragrafi che seguono andremo a sviscerare le prescrizioni recate dal citato Allegato II.8.

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

L'art. 72, comma 2 del Decreto correttivo ha soppresso l'art. 105, comma 1, ultimo periodo del Codice.

Rapporti di prova, certificazioni e altri mezzi di prova

Il primo paragrafo dell'Allegato II.8. – che costituisce la trasposizione dell'art. 82 del previgente Codice – in aderenza a quanto previsto all'art. 44 della Direttiva n. 2014/24/UE si occupa delle relazioni di prova e dei certificati di prova rilasciati da organismi di valutazione della conformità.

Prima di addentrarci nel dettaglio delle disposizioni, a livello definitorio occorre premettere che per “organismo di valutazione della conformità” si intende un organismo che effettua attività di valutazione della conformità, comprese taratura, prove, ispezione e certificazione, accreditato a norma del Regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio oppure autorizzato, per l'applicazione della normativa comunitaria di armonizzazione, dagli Stati membri non basandosi sull'accreditamento, a norma dell'art. 5, paragrafo 2, dello stesso Regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. Nei casi non coperti da normativa comunitaria di armonizzazione, si impiegano i rapporti e certificati rilasciati dagli organismi eventualmente indicati nelle disposizioni nazionali di settore.

Ciò posto, l'Allegato II.8. prevede che le stazioni appaltanti – in sede di comprova della conformità dell'offerta ai requisiti e/o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazione e/o alle condizioni relative all'esecuzione dell'appalto – possano richiedere agli operatori economici una relazione di prova o un certificato rilasciato da un organismo di valutazione della conformità.

Qualora le stazioni appaltanti si avvalgano di tale facoltà, richiedendo la presentazione di certificati rilasciati da uno specifico organismo di valutazione della conformità, sono tenute ad accettare anche i certificati eventualmente rilasciati da organismi di valutazione della conformità equivalenti, in virtù del c.d. principio di equivalenza.

Le informazioni relative alle prove e ai documenti presentati sono messe a disposizione degli altri Stati membri, su richiesta, mediante la cabina di regia di cui all'art. 221 del Codice. Lo scambio delle informazioni è finalizzato a un'efficace cooperazione reciproca, ed avviene nel rispetto delle regole europee e nazionali in materia di protezione dei dati personali.

Registro on line dei certificati: ratio e contenuti

Il paragrafo II dell'Allegato II.8. – che costituisce la trasposizione dell'art. 88 del previgente Codice – in aderenza a quanto previsto all'art. 61 della Direttiva n. 2014/24/UE si occupa di promuovere l'utilizzo del c.d. registro on line dei certificati (e- Certis), nell'ottica di semplificare le verifiche delle stazioni appaltanti e favorire una maggiore partecipazione delle imprese transfrontaliere alle procedure di appalto pubblico.

E-Certis è un sistema informativo elettronico messo a disposizione e gestito dalla Commissione Europea, la quale ne organizza i contenuti ed il funzionamento, già attivo dal 18 ottobre 2010 e finalizzato a consentire i ) alle amministrazioni aggiudicatrici di verificare i documenti e i certificati presentati dagli operatori stranieri, e ii ) alle imprese di conoscere i documenti e i certificati necessari ai fini della presentazione delle domande di partecipazione agli appalti pubblici in qualsiasi paese dell'Unione Europea, nonché di conoscere quali documenti possano essere considerati equivalenti rispetto a quelli richiesti.

La concreta efficacia del sistema presuppone che esso sia costantemente aggiornato ad opera degli Stati membri.

Il Considerando n. 87 della Direttiva n. 2014/24/UE indica come obiettivo di e- Certis proprio quello di agevolare lo scambio di certificati e di altri documenti probatori, rilevando come la versione del sistema già esistente nel vigore della previgente disciplina – basata sull'aggiornamento volontario – si sia rivelata insufficiente, ed auspicando per il futuro l'obbligatorietà del ricorso a tale sistema.

In questo quadro, al dichiarato fine di facilitare la presentazione di offerte transfrontaliere, la disposizione in commento prevede che le stazioni appaltanti richiedanoin primo luogo ” la presentazione dei tipi di certificati o altre forme di prove documentali contemplate dal registro on line di certificati ( e- Certis).

Contestualmente, si prevede che le informazioni concernenti i certificati e altre forme di prove documentali introdotte in e-Certis e stabilite dalla Commissione europea siano costantemente aggiornate per il tramite della cabina di regia di cui all'art. 221 del Codice.

Le informazioni contenute in e-Certis non costituiscono un vincolo per la stazione appaltante, che deve richiedere ‘in primo luogo' i certificati ivi contenuti ma che dispone comunque della facoltà di adattare le richieste alla specificità della singola procedura di gara che venga in considerazione. Tuttavia, eventuali richieste documentali che differiscano da quelle contemplate da e- Certis dovrebbero essere adeguatamente motivate e rispettare il principio di proporzionalità, “al fine di evitare che richieste eccessive ed ingiustificate svuotino di significato le finalità semplificatorie perseguite dal legislatore, e l'agevolazione in tal modo della possibilità di presentare offerte transfrontaliere” (Ioannides).

I costi del ciclo di vita: la nuova dimensione dell'elemento economico

È noto che le direttive eurounitarie di ultima generazione in tema di contrattualistica pubblica hanno ridisegnato la disciplina di settore, attribuendo un'inedita centralità al tema del Green Public Procurement , con numerose disposizioni specificamente dedicate alla tematica ambientale.

In particolar modo, per quanto qui interessa, il legislatore dell'Unione europea ha coniato il nuovo concetto dilife-cycle costing” , dettagliatamente enunciato dall'art. 68 della Direttiva n. 2014/24/UE (per i settori ordinari) e dall'art. 83 della direttiva n. 2014/25/UE (per i settori speciali), dopo essere stato preliminarmente introdotto rispettivamente dagli artt. 67 (per la Direttiva n. 2014/24/UE) e 82 (per la Direttiva n. 2014/25/UE).

Dopo aver previsto in via generale che l'offerta economicamente più vantaggiosa debba essere individuata tenendo conto anche del ‘costo del ciclo di vita', le direttive eurounitarie provvedono a declinare in profondità questo nuovo concetto, che risponde alla ratio di fare in modo che i prodotti e i servizi acquistati dalle pubbliche amministrazioni non siano più valutati unicamente in relazione al loro prezzo, ma anche in relazione al loro costo di gestione e di eliminazione alla fine del relativo ciclo di vita.

L'intenzione è quella di internalizzare la variabile ambientale nelle procedure di affidamento delle commesse pubbliche.

In tale contesto, il par. 3 dell'Allegato II.8. recepisce il contenuto dell'art. 68 della Direttiva n. 2014/24/UE e dell'art. 83 della Direttiva n. 2014/25/UE, in sostanziale continuità con l'art. 96 del previgente d.lgs. n. 50/2016. Conformemente all'impostazione delle direttive, che prescrivono l'applicazione del concetto di life- cycle costing tanto ai settori ordinari quanto a quelli speciali, l'art. 167, comma 1, lett. h) del Codice si occupa espressamente di estendere l'applicabilità dell'art. 105 anche a questi ultimi.

Dal punto di vista definitorio, l'art. 3 dell'Allegato I.1. del Codice definisce il ciclo di vita del contratto pubblico come “l'insieme delle attività, anche di natura amministrativa e non contrattuale, che ineriscono alla programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione del contratto”.

Si tratta invero di una definizione alquanto laconica, se confrontata con quella di cui all'art. 3, lett. hhhh), del previgente d.lgs. n. 50/2016, secondo cui per ciclo di vita dovevano intendersi “tutte le fasi consecutive o interconnesse, compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e le relative condizioni, il trasporto, l'utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto o del lavoro o della prestazione del servizio, dall'acquisizione della materia prima o dalla generazione delle risorse fino allo smaltimento, allo smantellamento e alla fine del servizio o all'utilizzazione”.

Ciò posto, l'Allegato II.8. del Codice individua due distinte categorie di costi che possono rientrare nella più ampia nozione di costi del ciclo di vita: i) da un lato, una serie di costi c.d. interni, ossia sostenuti direttamente dalla stazione appaltante o da altri utenti, quali i costi relativi all'acquisizione del prodotto o del servizio, al suo utilizzo, alla sua manutenzione ed infine al suo fine vita, con riferimento ad esempio ai costi di raccolta, smaltimento e riciclaggio; ii) dall'altro lato i costi relativi alle c.d. esternalità ambientali, quali i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti, purché il loro valore monetario possa essere determinato e misurato.

Quando valutano le offerte sulla base di un criterio quale il costo del ciclo di vita di un prodotto (si ricorda, sul punto, che ai sensi dell'art. 108, comma 1, nell'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, le stazioni appaltanti devono seguire “ un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita ”), le stazioni appaltanti indicano nei documenti di gara a quale delle predette tipologie di costi intendono fare riferimento, chiedendo agli operatori economici di fornire tutti i dati necessari a tale scopo e indicando altresì il metodo che sarà impiegato al fine di determinare i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati.

In buona sostanza, nella valutazione dell'elemento economico delle offerte le stazioni appaltanti sono chiamate a considerare non solo i costi ‘immediati' della commessa, ossia quelli cristallizzati nel prezzo offerto in sede di gara, ma anche tutti i costi interni ed esterni legati al ciclo di vita del prodotto o del servizio che si sta acquistando. A questo fine, possono richiedere agli operatori economici di fornire tutti i dati necessari per quantificare tali costi.

La nozione di “ costo del ciclo di vita ” conferisce all'elemento relativo al prezzo un'inedita dimensione temporale, tale da abbracciare tutti i costi determinati da oneri il cui peso si manifesta in momenti cronologicamente successivi all'acquisto e il cui valore monetario possa essere determinato e verificato (Nunziata, Mascolo).

Si vuole evitare che le esternalità negative di un acquisto legate alla variabile ambientale vadano a ricadere sulla collettività, perseguendo così un modello di sviluppo economico sostenibile per le generazioni future.

Tutto ciò premesso e considerato, l'istituto in parola non si traduce semplicemente in un peculiare metodo di calcolo dell'elemento relativo al prezzo, ma assume i connotati di un vero e proprio criterio di valutazione delle implicazioni ambientali dell'offerta (Nunziata, Mascolo).

Metodi di calcolo dei costi del ciclo di vita

In un contesto in cui nella valutazione dell'elemento relativo al costo le stazioni appaltanti sono chiamate ad adottare un approccio a trecentosessanta gradi che tenga conto anche di tutti i costi legati al ciclo di vita del prodotto o del servizio, si pone il problema di come quantificare con precisione tali costi dal punto di vista monetario.

È importante che siano individuati i fattori che determinano i costi del ciclo di vita in maniera tale che possano essere messi in atto specifici approcci gestionali tesi ad un contenimento degli stessi nello specifico ambito di generazione del costo”, al fine di arrivare “ad un miglioramento dei processi decisionali a tutti i livelli, ad esempio nelle decisioni di investimento o nella creazione di interventi economicamente efficaci” e ad una “previsione più accurata della spesa futura che si può applicare alla valutazione dei costi a lungo termine” (Caringella, Protto, 474).

Una quantificazione dei costi del ciclo di vita accurata, tempestiva e trasparente è importante non soltanto dal lato della stazione appaltante, ma anche (e soprattutto) dal lato degli operatori economici, i quali devono essere messi nelle condizioni di conoscere in anticipo in base a quali criteri le loro offerte saranno valutate, senza esporsi ad incertezze di sorta.

È con questo scopo che il par. 3 dell'Allegato II.8 del Codice prevede, come si è anticipato, che le stazioni appaltanti – ove ritengano di attribuire uno specifico peso ai costi del ciclo di vita – debbano indicare nei documenti di gara i dati che gli offerenti devono fornire e il metodo che intendono impiegare al fine di determinare i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati.

Nella determinazione del metodo di quantificazione dei costi del ciclo di vita, le stazioni appaltanti non sono totalmente libere in quanto il metodo prescelto per ‘misurare' preventivamente le esternalità ambientali – ai sensi del medesimo par. 3 dell'Allegato II.8. – deve soddisfare una serie di condizioni.

In primo luogo, in ossequio al principio di parità di trattamento e di imparzialità dell'azione amministrativa, tale metodo deve essere basato su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori. Se il sistema di calcolo non è stato previsto per un'applicazione ripetuta o continua, lo stesso non deve favorire né svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

In secondo luogo, esso deve essere accessibile a tutte le parti interessate.

In terzo luogo, non deve comportare sforzi eccessivi da parte degli operatori economici. Più precisamente, “i dati richiesti devono poter essere forniti con ragionevole sforzo da operatori economici normalmente diligenti, compresi gli operatori economici di altri Stati membri, di paesi terzi parti dell'AAP o di altri accordi internazionali che l'Unione è tenuta a rispettare o ratificati dall'Italia”.

Sempre nell'ottica di offrire un ausilio agli operatori del settore, quale disposizione di chiusura, l'Allegato II.8 prevede (in maniera, invero, alquanto tautologica) che ogniqualvolta un metodo comune per il calcolo dei costi del ciclo di vita sia reso obbligatorio da un atto legislativo dell'Unione Europea, tale metodo comune debba essere applicato. Viene ricordato infine che un metodo comune per il calcolo dei costi del ciclo di vita è previsto dalla Direttiva n. 2009/33/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa alla promozione di veicoli puliti adibiti al trasporto su strada a sostegno di una mobilità a basse emissioni.

Bibliografia

Caringella, Protto, Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; De Pauli, I “costi del ciclo di vita” nel nuovo codice degli appalti, in Urb. e Appalti, 2016, 6; Giustiniani, Commento all'art. 87, Commento all'art. 88 e Commento all'art. 96, in Caringella (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2021; Iaria, Marrone, Aggiudicazione nei settori ordinari, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Ioannides, La selezione delle offerte, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Nunziata, Mascolo, Criteri di selezione delle offerte, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Viola, La sostenibilità energetica e ambientale nei contratti pubblici, Roma, 2021.

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