Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 131 - Servizi sostitutivi di mensa.

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Art. 144


Servizi sostitutivi di mensa.

1. L'attività di emissione di buoni pasto ha per scopo l'erogazione del servizio sostitutivo di mensa aziendale per il tramite di esercizi convenzionati, a mezzo di buoni pasto o di altri titoli rappresentativi di servizi.

2. L'affidamento dei servizi sostitutivi di cui al presente articolo è riservato a società di capitali, con capitale versato non inferiore a 750.000 euro e costituite con tale specifico oggetto sociale, il cui bilancio deve essere corredato della relazione redatta da una società di revisione iscritta nel registro istituito presso il Ministero della giustizia ai sensi dell'articolo 2409-bis del codice civile.

3. Il possesso dei requisiti di cui al comma 2 deve essere provato mediante preventiva segnalazione certificata di inizio attività, redatta dai rappresentanti legali della società e trasmessa, ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al Ministero delle imprese e del made in Italy.

4. Gli operatori economici attivi nel settore dell'emissione di buoni pasto aventi sede in altri Paesi dell'Unione europea possono esercitare l'attività se a ciò autorizzati in base alle norme del Paese di appartenenza.

5. L'affidamento dei servizi di cui al presente articolo avviene esclusivamente con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta pertinenti, tra cui:

a) il ribasso sul valore nominale del buono pasto;

b) la rete degli esercizi da convenzionare, con specifica valorizzazione, in sede di attribuzione dei punti o dei pesi, delle caratteristiche qualitative che connotano il servizio sostitutivo di mensa offerto dalla rete di esercizi selezionata;

c) lo sconto incondizionato verso gli esercenti, in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto. Tale sconto incondizionato remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti1;

d) i termini di pagamento agli esercizi convenzionati;

e) il progetto tecnico.

6. L'allegato II.17 individua gli esercizi presso cui può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili. Nel caso di buoni pasto in forma elettronica è garantito agli esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato II.17 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]2

7. Ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa, eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione, è sufficiente l'assunzione, da parte dell'operatore economico, dell'impegno all'attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell'aggiudicazione, fissato in sede di bando. La mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporta la decadenza dell'aggiudicazione.

8. Le stazioni appaltanti che acquistano i buoni pasto, le società di emissione e gli esercizi convenzionati consentono, ciascuno nell'esercizio della rispettiva attività contrattuale e delle obbligazioni di propria pertinenza, la utilizzabilità del buono pasto per l'intero valore nominale.

Inquadramento

L'art. 131 del d.lgs. n. 36/2023 reca apposita disciplina per l'affidamento dei servizi sostitutivi di mensa.

Come si è detto nel commento all'art. 130 dello stesso d.lgs. n. 36/2023 (a cui in ogni caso si rimanda), la regolamentazione dei suddetti “servizi sostitutivi di mensa” è stata scorporata da quella avente ad oggetto i servizi di ristorazione. Ciò per via dell'eterogeneità delle relative prestazioni contrattuali e, di conseguenza, dei relativi princìpi ispiratori. Segnatamente, il “nuovo” art. 130 ha recepito e riproposto – senza innovazioni sostanziali e con talune modeste modifiche, principalmente di tipo formale – i commi da 3 a 8 del “vecchio” art. 144.

Il che, ad avviso di chi scrive, è del resto ragionevole; tanto più alla luce del fatto che il citato art. 144 del d.lgs. n. 50/2016 ha il pregio di essere la norma che si è occupata per la prima volta delle procedure di gara dei buoni pasto (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1910 e 1911).

Più nel dettaglio, per ragioni di maggiore chiarezza la disposizione in esame rende:

i ) la definizione dell'attività dei servizi sostitutivi, quindi del suo ambito oggettivo (attività di emissione di buoni pasto: v. il comma 1);

ii ) l'individuazione dei requisiti degli operatori economici, nazionali e con sede in altri Paesi dell'Unione europea (commi 2 e 4);

iii ) e la precisazione delle modalità di dimostrazione dei suddetti requisiti (comma 3).

iv ) Viene altresì chiarito che, anche in questo caso, l'affidamento dei servizi avviene esclusivamente con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Più specificamente, viene recepita e generalizza, mettendola a regime, la previsione dell'art. 26-bis del d.l. n. 50/2022 (convertito dalla l. n. 91/2022), che ha dettato una disciplina temporanea, apportando modifiche al comma 6 dell'art. 144 del d.lgs. n. 50/2016 (v. il comma 5 dell'art. 131 del d.lgs. n. 36/2023).

v ) Si prevede poi che un allegato (il n. II.17) individua gli esercizi presso cui può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili. Nel caso di buoni pasto in forma elettronica è garantito agli esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento (così come già previsto dal comma 6-bis dell'art. 144 del d.lgs. n. 50/2016, dopo l'intervento del “Decreto Semplificazioni” di cui al d.l. n. 76/2020). In sede di prima applicazione del codice l'allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, con decreto del Ministro delle imprese e made in Italy, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice (comma 6).

Pur rinviando al relativo commento, si segnala fin d'ora che l'all. II.17 riproduce integralmente la disciplina regolamentare circa le modalità di erogazione del servizio già contenuta nel d.m. n. 122/2017, che viene pertanto abrogato (v. l'art. 227 del d.lgs. n. 36/2023, al cui commento parimenti si rimanda).

vi ) Al comma 7 dell'articolo di cui si tratta si ribadisce:

– che – come già il comma 7 dell'art. 144 del d.lgs. n. 50/2016 – ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa, eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione, è sufficiente l'assunzione, da parte dell'operatore economico, dell'impegno all'attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell'aggiudicazione, fissato in sede di bando;

– e che la mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporta la decadenza dall'aggiudicazione.

vii ) Infine, il comma 8 dell'art. 130 del d.lgs. n. 36/2023 – in continuità con l'analogo comma 8 dell'art. 144 del d.lgs. n. 50/2016 – conferma l'utilizzabilità del buono pasto per l'intero valore nominale.

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

In ottica di semplificazione l’art. 72, comma 2 del Decreto correttivo ha eliminato dall’art. 131, comma 6, del Codice il riferimento all’adozione di un regolamento in sostituzione dell’allegato II.17 (v. art. 226bis del Codice), mantenendo per il resto inalterata l’impostazione del Legislatore del 2023.

Il sistema dei buoni pasto

In Italia il sistema del “buono pasto” è nato nel 1976 e assolve il compito di garantire al lavoratore dipendente un servizio in luogo della mensa aziendale (Grassucci). Esso si è imposto in questi ultimi decenni perché garantisce un valido metodo alternativo alla gestione interna di un servizio mensa, permettendo così di evitare i problemi anche di natura burocratica (come ad esempio il rispetto delle norme igieniche e sanitarie dei locali e personale addetto).

Nel Codice dei contratti pubblici non si rinviene una definizione di buono pasto, che viene data per presupposta. A fini classificatori occorre perciò ricercare aliunde la nozione che qui rileva. In proposito soccorre il d.m. n. 122/2017, adottato in attuazione dell'art. 144, comma 5, del Codice del 2016, che ha positivizzato le indicazioni previgenti. Allo stato si può quindi affermare che il “buono pasto” è il documento di legittimazione, anche in forma elettronica, che attribuisce al titolare, ai sensi dell'art. 2002 c.c. il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono (Grassucci).

Si tratta cioè di un “un mezzo per assicurare un beneficio” (T.R.G.A. di Trento, Unica, n. 104/2020. Questa sentenza è stata riformata da Cons. St. V, n. 6496/2021, ma non in relazione al principio appena riportato).

Tant'è vero che l'attività di emissione dei suddetti buoni pasto è stata definita un'attività sociale che ha per oggetto, per l'appunto, il servizio sostitutivo della mensa, a mezzo di ticket (ossia i buoni pasto) o altri titoli di legittimazione rappresentativa dei servizi (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1910).

Operativamente, il buono pasto viene consegnato dal datore di lavoro al dipendente allo scopo di consentirgli l'acquisto di alimenti da consumare direttamente, oppure di avere un credito da spendere presso esercizi convenzionati (ora individuati dall'allegato II.17 al nuovo codice, al cui commento si rinvia).

Per questo motivo è stata ritenuta illegittima la limitazione della fruizione di buoni pasto negli esercizi di ristorazione escludendo gli esercizi di vendita al dettaglio di meri prodotti alimentari (v. ancora T.R.G.A. di Trento, Unica, n. 104/2020. Anche questo capo di sentenza non è stato inciso dalla pronuncia di riforma emessa da Cons. St. V, n. 6496/2021). Al riguardo, si evidenzia del resto che l'apertura del mercato in questione agli esercizi commerciali ha lo scopo “di favorire la libera ed effettiva concorrenza nel settore e l'equilibrato svolgimento dei rapporti tra i diversi operatori economici al fine di un efficiente servizio ai consumatori” (così la Commissione speciale del Consiglio di Stato nell'Adunanza del 9 gennaio 2017, n. affare 2316/2016): sicché l'ampliamento della rete degli esercizi convenzionati (se in grado di erogare il servizio con le prescritte modalità), oltre a realizzare un obiettivo pro-concorrenziale, è funzionale ad assicurare quel “benessere” dei dipendenti in ragione di quelle “modificate abitudini di acquisto e consumo degli utenti”.

Il buono pasto è un titolo:

temporaneo, nel senso che è soggetto a un limite di tempo entro il quale deve essere usato dal dipendente;

– strettamente personale, e quindi non può essere ceduto a terzi;

– e non convertibile in denaro (v. l'art. 4 del d.m. n. 122/2017, che integra la disciplina contenuta nell'art. 285, comma 4, del d.P.R. n. 207/2010).

Il buono pasto riporta la ragione sociale del datore di lavoro (privato o ente pubblico), il codice fiscale, il valore e il termine di validità. Per completare le formalità, il buono pasto deve essere validato con la firma del titolare e del timbro dell'esercizio convenzionato al quale spettano i corrispettivi in denaro che il gestore sarà tenuto a corrispondere.

Come si è accennato, l'utilizzatore del buono pasto è il lavoratore alle dipendenze di un'impresa privata oppure di un ente pubblico. È indifferente che il dipendente sia a tempo indeterminato o parziale, ma su questo tema valgono anche le previsioni dei contratti collettivi di lavoro. Tant'è vero che il medesimo buono può essere consegnato anche ai prestatori di lavoro continuativo non subordinato.

In genere, il valore di un buono pasto è compreso tra 5 e 10 euro e il titolare ha la facoltà di cumulare più buoni per l'acquisto di generi alimentari.

Tutto ciò al fine di uniformare le norme alle prassi reali di utilizzo del servizio in argomento e di tutelare l'interesse dei consumatori, tenuto anche conto che nella maggior parte dei casi l'importo del buono fissato non consente di poter usufruire di un pasto completo e della necessità di consentire all'utente di concentrare l'acquisto di prodotti alimentari da utilizzare per i propri pasti quotidiani senza imporre la necessità di effettuare acquisti giornalieri (Grassucci).

I buoni pasto sostitutivi della mensa acquisiti dalla Pubblica Amministrazione mediante gare pubbliche (che essa, a differenza di un'impresa privata, è tenuta a svolgere) non sono sostituibili con i buoni pasto offerti in regime di libera attività imprenditoriale nel settore privato, sicché occorre distinguere il mercato dei buoni pasto nel settore pubblico da quello del settore privato (Cons. St. VI, n. 926/2004; T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 1372/2008).

L'affidamento dei servizi sostitutivi di mensa

A mente del comma 2 dell'art. 131 del d.lgs. n. 36/2023l'affidamento dei servizi sostitutivi di mensa è riservato a società di capitali:

– con capitale sociale versato minimo di euro 750.000,00;

– il cui oggetto sociale deve consistere nell'esercizio dell'attività finalizzata a rendere il servizio sostitutivo di mensa;

– con un bilancio corredato da una relazione redatta da una società di revisione iscritta nell'apposito registro ministeriale ex art. 2409-bis c.c.

Il legislatore, consapevole delle particolarità del settore di mercato relativo ai buoni pasto, ha previsto il peculiare requisito del capitale sociale minimo di euro 750.000,00, fissando così alle stazioni appaltanti la soglia di capitale sociale, presuntivamente comunque idonea di per sé alla partecipazione alle gare di settore (T.A.R. Lombardia (Milano) IV, n. 89/2017).

Qualora le amministrazioni aggiudicatrici volessero, alla luce dell'oggetto del contratto, prevedere altri e più rigorosi requisiti di capacità economica e finanziaria, questi ultimi non potrebbero dunque riferirsi al capitale sociale, bensì ad altri elementi (come per esempio il fatturato o le referenze bancarie), da indicarsi motivatamente nella lex specialis, trattandosi in ogni modo di requisiti restrittivi della concorrenza (sulla questione dei requisiti più rigorosi di quelli di legge, fra le tante, v. T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 5470/2016).

Invero, la notoria ampia discrezionalità tecnica di cui gode la stazione appaltante nel predeterminare e valutare i requisiti di partecipazione previsti nella legge di gara) incontra pur sempre limiti che evitano che essa travalichi nell'arbitrio.

Come si è visto, il legislatore ha segnato la differenza tra capitale sociale nominale e capitale sociale versato. La distinzione non è puramente terminologica, posto che la richiesta di versamento integrale del capitale evidentemente rimarca una nozione reale e sostanziale di capitale a cui corrisponde un maggiore rafforzamento patrimoniale e, di conseguenza, una soglia minima di affidabilità della società emittente, stabilita ex lege e superiore a quella prevista dalla normativa comune delle società di capitali. Coerentemente, il citato art. 131 del d.lgs. n. 36/2023 (e prima ancora l'art. 144, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016) indica, tra i documenti in grado di dimostrare la detta capacità economico-finanziaria, “il bilancio della società corredato dalla relazione redatta da una società di revisione”. Si tratta di documenti da cui si evince appunto l'entità effettiva del patrimonio sociale, e la cui allegazione sarebbe superflua se il legislatore avesse invece voluto alludere al solo capitale sociale nominale, già indicato nell'atto costitutivo ai sensi dell'art. 2463 c.c. (T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 6478/2020).

In forza del terzo comma dell'articolo in commento il possesso dei requisiti in questione va dimostrato, dall'interessato, mediante una S.C.I.A. trasmessa al Ministero delle imprese e del made in Italy (che ai fini qui rilevanti ha sostituito il Ministero dello Sviluppo Economico: v. il comma 4 dell'art. 144 del d.lgs. n. 50/2016).

Il comma 4 del medesimo art. 131 del nuovo codice – in continuità con il precedente regime – chiarisce che l'attività può essere svolta anche da operatori economici attivi nel settore dell'emissione di buoni pasto aventi sede in altri Paesi dell'Unione europea, se a ciò autorizzati in base alle norme del Paese di appartenenza.

Analogamente ai servizi di ristorazione, l'affidamento e dei servizi sostitutivi di mensa avviene sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo (v. il comma 5 dell'art. 131 del d.lgs. n. 36/2023). Tale scelta legislativa dà attuazione alla legge delega n. 11/2016 e appare condivisibile per ragioni di uniformità rispetto a quanto avviene per l'aggiudicazione degli altri servizi sociali.

Un ruolo importante è assegnato al bando di gara, che deve stabilire idonei criteri di valutazione dell'offerta, tra cui il codice annovera:

a ) il ribasso sul valore nominale del buono pasto;

b ) la rete degli esercizi da convenzionare;

c ) lo sconto incondizionato verso gli esercenti;

d ) i termini di pagamento agli esercizi convenzionati;

e ) il progetto tecnico.

L'art. 90, comma 1, del d.lgs. n. 56/2017, aveva stabilito che il ribasso sul valore nominale del buono pasto, praticato dalla società di emissione a beneficio della stazione appaltante (il c.d. “sconto”), non doveva essere comunque superiore allo sconto incondizionato verso gli esercenti (la c.d. “commissione” praticata dalla società di emissione al momento del ritiro dei buoni presso gli esercenti o comunque al momento del pagamento delle prestazioni rese dagli esercenti convenzionati).

Tale disposizione ha comportato una serie di conseguenze di non poco momento, tra cui una tendenziale diminuzione degli sconti attualmente praticati dalle società di emissione nei confronti delle stazioni appaltanti (normalmente più elevati delle commissioni praticate nei confronti degli esercizi convenzionati, anche in ragione della diversa aliquota IVA applicabile al ciclo attivo e al ciclo passivo del buono pasto), tenuto conto del fatto che gli esercizi non possono essere gravati di commissioni eccessive, pena la disgregazione delle reti ed il rischio di disfunzioni nella regolarità del servizio; donde un aumento frontale della spesa pubblica per l'approvvigionamento del servizio in discorso, che il Legislatore delegato parrebbe non aver minimamente considerato (Perulli, 299 e ss.).

Oggi questo “sconto incondizionato” è legislativamente fissato “in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto” e “remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti”.

Il comma 6 dell'art. 131 – oltre a demandare all'allegato II.17 (al cui commento si rinvia) l'individuazione degli esercizi ove può essere erogato il servizio sostitutivo di mensa, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione dei buoni e i titolari degli esercizi convenzionabili – ha stabilito che “nel caso di buoni pasto in forma elettronica è garantito agli esercizi convenzionati un unico terminale di pagamento”, così rendendo definitiva la modifica introdotta nel vecchio art. 144 del d.lgs. n. 50/2016 (al comma 6-bis) dal d.l. n. 76/2020 (c.d. “Decreto Semplificazioni”).

Come si è già accennato in sede d'inquadramento, ai fini del possesso della rete di esercizi attraverso cui si espleta il servizio sostitutivo di mensa (ex art. 131, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 36/2023), eventualmente richiesto come criterio di partecipazione o di aggiudicazione, è sufficiente l'assunzione, da parte del concorrente, dell'impegno all'attivazione della rete stessa entro un congruo termine dal momento dell'aggiudicazione fissato in sede di bando. La mancata attivazione della rete richiesta entro il termine indicato comporta la decadenza dell'aggiudicazione (v. il comma 7 dell'art. 131 del d.lgs. n. 36/2023).

Tale previsione assolve alla necessità di disincentivare la presentazione di offerte con un alto rischio di inattuabilità. Altrimenti detto, la richiesta di produzione entro il termine stabilito degli accordi di convenzione configura un adempimento a carico dell'aggiudicatario, prodromico e necessario per la sottoscrizione del contratto, adempimento che mira a tutelare l'Amministrazione dal rischio di presentazione di offerte non adeguatamente ponderate e distorsive della concorrenza. La fissazione del termine per soddisfare tale adempimento non può incorrere nella sospensione prescritta per sottoscrivere il contratto, poiché la ratio di quest'ultima disposizione è funzionale all'esigenza di consentire ai concorrenti di far valere i propri interessi in giudizio senza essere pregiudicati dalla stipula del contratto, ma la sua applicazione non può essere sviata ad un fine del tutto estraneo e strumentale ad un diverso vantaggio, quale quello di differire i termini prescritti per un preciso adempimento procedimentale. L'invocata sospensione del termine di convenzionamento in conseguenza della sospensione del termine per sottoscrivere il contratto non trova, pertanto, alcuna giustificazione e determinerebbe una palese e illegittima modifica di una precisa condizione contrattuale (T.R.G.A. di Trento, Unica, n. 164/2019).

Infine, stabilisce il comma 8 dell'articolo in esame, le stazioni appaltanti che acquistano i buoni pasto, le società di emissione e gli esercizi convenzionati consentono, ciascuno nell'esercizio della rispettiva attività contrattuale e delle obbligazioni di propria pertinenza, l'utilizzabilità del buono pasto per l'intero valore nominale.

Bibliografia

Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Perulli, Contratti pubblici, Torino, 2021; De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni, Bologna, 2020; Grassucci, Sub art. 144 d.lgs. n. 50/2016 in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; Parisi, La centralità dell'ANAC nella regolazione e vigilanza per prevenire la corruzione, in Codice degli appalti/2, La guida alle nuove regole, il Sole 24 Ore, maggio 2016.

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