Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 148 - Acqua.Codice legge fallimentare Artt. 117, 3, 8, 11, 12, 14, 114 Acqua. 1. L'affidamento dei contratti inerenti al settore idrico è soggetto all'applicazione delle disposizioni del codice esclusivamente per le attività: a) di messa a disposizione o gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile; b) di alimentazione di tali reti con acqua potabile, ivi compresa la generazione, la produzione e la vendita all'ingrosso o al dettaglio. 2. L'alimentazione, con acqua potabile, di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico da parte di un'impresa pubblica o un soggetto titolare di diritti speciali o esclusivi non è considerata un'attività di cui al comma 1 se concorrono le seguenti condizioni: a) la produzione di acqua potabile avviene perché il suo consumo è necessario all'esercizio di un'attività non prevista dagli articoli da 146 a 149; b) l'alimentazione della rete pubblica dipende solo dal consumo proprio dell'ente e non supera il 30 per cento della sua produzione totale, considerando la media dell'ultimo triennio, comprensivo dell'anno in corso. 3. Si applicano le disposizioni del codice agli appalti o ai concorsi di progettazione attribuiti od organizzati da stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitano un'attività di cui al comma 1 quando riguardino: a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'alimentazione con acqua potabile rappresenti più del 20 per cento del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti; b) smaltimento o trattamento delle acque reflue. 4. Sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni del codice gli appalti per l'acquisto di acqua, se aggiudicati da stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitino una o entrambe le attività di cui al comma 1. 5. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del codice le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile oppure per alimentare tali reti con acqua potabile. 6. Sono escluse dall'applicazione del codice le concessioni che siano collegate a una delle attività del comma 5 e riguardino: a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento di acqua potabile rappresenti più del 20 per cento del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti; b) smaltimento o trattamento delle acque reflue. InquadramentoLa disposizione in commento recepisce in ambito nazionale la disciplina dettata dall'art. 10 della Direttiva 2014/25/UE, riprendendo in sostanza quella già contenuta nell'art. 117 del codice del 2016 e, ancor prima, nell'art. 209 del d.lgs. n. 163/2006. Risulta dunque confermata l'impostazione previgente che distingueva tra ciclo idrico connesso al servizio di acquedotto (c.d. ciclo dell'acqua potabile preso in considerazione dal comma 1) e ciclo idrico connesso al servizio di fognatura (relativo al trattamento e smaltimento delle acque reflue, contemplato al comma 2). L'unica reale differenza rispetto al regime previgente risiede nella ricollocazione sistematica all'interno dell'art. 148 in commento delle specifiche esclusioni previste in passato dagli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 50/2016 con riguardo, rispettivamente, ad appalti per l'acquisto di acqua e alle concessioni nel settore idrico, su cui si tornerà infra.. Ambito di applicazioneSul piano soggettivo, anche la disposizione in commento si riferisce, naturalmente, alle stazioni appaltanti o agli enti concedenti operanti nei settori speciali e agli altri soggetti che annoverano tra le loro attività una o più tra quelle previste dagli artt. da 146 a 152 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi (cfr. art. 141 al cui commento si fa rinvio). Anche in questa sede è comunque utile osservare in sintesi che le nozioni di “stazione appaltante” ed “ente concedente” non sono, di per sé, effettivamente utili alla diretta individuazione del novero dei soggetti tenuti all'applicazione della disciplina sui settori speciali. Con tali nozioni si intende infatti “qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti” di appalto (stazione appaltante) o di concessione (ente concedente) “che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice” [art. 1, lett. a) e b), dell'all. I.1. al Codice]. Resta di conseguenza attuale e rilevante la nozione di ente aggiudicatore, essendo la stessa presa in considerazione della disciplina europea (Direttive 23 e 25 del 2014) di cui il Codice costituisce recepimento. Ciò che del resto risulta espressamente confermato – seppur con riferimento alla disciplina delle concessioni – anche dall'art. 174, comma 2, del Codice secondo cui per “ente concedente ... si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all'art. 1 della Direttiva 2014/23/UE”. Per ente aggiudicatore si intendono quindi le amministrazioni aggiudicatrici o le imprese pubbliche che operano nei settori speciali; nonché gli altri soggetti anche privati che svolgono attività nei settori speciali e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi (art. 4 della Direttiva 2014/25/UE). A tali figure occorre dunque fare riferimento per delimitare sul piano soggettivo la sfera di operatività della disposizione in rassegna (e più in generale della disciplina sui settori speciali). Analogamente a quanto si è detto per gli artt. 146 e 147, anche l'ambito oggettivo di applicazione della disposizione in rassegna è definito su un duplice piano, secondo la tecnica “regola-eccezione”. La disposizione in commento per un verso individua infatti in via generale le attività inerenti al settore del servizio idrico attratte nella sfera di operatività della disciplina dettata dal Codice per l'affidamento dei contratti nei settori speciali (commi 1 e 3); mentre, per altro verso, indica invece specifiche ipotesi di esclusione dall'ambito di applicazione di questa disciplina (commi 2, 4, 5 e 6). Più in particolare, il comma 1 prende in considerazione, come visto, l'attività del ciclo idrico connessa al servizio di acquedotto (c.d. ciclo dell'acqua potabile), prevedendo una prima regola generale secondo cui sono soggetti alla disciplina sui settori speciali i contratti di appalto conclusi per l'esercizio delle attività di: i) messa a disposizione o gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile; ii) alimentazione di tali reti con acqua potabile, ivi compresa la generazione, la produzione e la vendita all'ingrosso o al dettaglio. Ai fini della configurabilità dell'attività sub i) è necessaria la presenza di una rete infrastrutturale fissa, stabilmente incorporata nel territorio, di cui l'ente aggiudicatore abbia concesso l'interconnessione o accesso a terzi (messa a disposizione) o, di contro, ne abbia mantenuto la disponibilità (gestione) ai fini dell'erogazione di un servizio al pubblico correlato con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile. L'attività di messa a disposizione delle reti fisse (sub i), che consiste nella possibilità di interconnessione e accesso alle stesse da parte altri operatori, ha invero una valenza del tutto residuale nel settore idrico, poiché l'art. 153 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che le infrastrutture di proprietà degli enti locali siano affidate in concessione d'uso gratuita al gestore unico del servizio idrico integrato di un determinato ambito territoriale (Geninatti Satè, 2217). L'attività sub ii), comprende la generazione, la produzione nonché la vendita all'ingrosso e al dettaglio di acqua potabile. Il comma 3 della disposizione in esame nel riferirsi invece al c.d. servizio fognatura (trattamento e smaltimento delle acque reflue), ricomprende nella disciplina dei settori speciali anche gli appalti o i concorsi di progettazione attribuiti od organizzati dagli enti aggiudicatori che esercitano un'attività di cui al comma 1, a condizione che abbiano ad oggetto: 1) i progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'alimentazione con acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o di drenaggio; 2) lo smaltimento o il trattamento delle acque reflue. Passando alle deroghe, il comma 2 dell'art. 148 individua una prima eccezione all'applicabilità della disciplina sui settori speciali rispetto alle attività di alimentazione con acqua potabile di reti fisse che forniscono un servizio al pubblico (di cui all'art. 148, comma 1, lett. b). Tali attività, infatti, sono esonerate dalla sfera di operatività della disciplina pubblicistica ove ricorrano tutte le seguenti condizioni: – la produzione di acqua potabile da parte dell'ente aggiudicatore avviene perché il suo consumo è necessario all'esercizio di un'attività non prevista dagli articoli da 146 a 149; – l'alimentazione della rete pubblica dipende solo dal consumo proprio di tale ente aggiudicatore e non supera il 30 per cento della produzione totale di acqua potabile di tale ente, considerando la media dell'ultimo triennio, compreso l'anno in corso. Una seconda eccezione è poi prevista dal comma 4 dell'art. 148, il quale, riprendendo i contenuti dell'art. 11, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, esclude dalla sfera di operatività del Codice “gli appalti per l'acquisto di acqua, se aggiudicati da stazioni appaltanti o enti concedenti che esercitino una o entrambe le attività di cui al comma 1” dell'art. 148 in esame. Siffatta previsione muove dalla constatazione, evidenziata nell'ultimo capoverso del considerando n. 24 della Direttiva 2014/25/UE, che “le regole sugli appalti come quelle proposte per le forniture di prodotti sono inadeguate per gli acquisti d'acqua, data la necessità di approvvigionarsi presso fonti vicine al luogo di utilizzazione”. I commi 5 e 6 riprendono invece le ulteriori ipotesi di esenzione dal campo di applicazione della disciplina sui settori speciali in passato previste all'art. 12 del d.lgs. n. 50/2016e relative ai contratti di concessione nel settore idrico inerenti alle attività di cui ai commi 1 e 3 della norma in commento. Si prevede in particolare che sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del codice: i) le concessioni aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile oppure per alimentare tali reti con acqua potabile (comma 5); ii) le concessioni collegate a una delle suddette attività sub i) relative: a) a progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d'acqua destinato all'approvvigionamento di acqua potabile rappresenti più del 20 per cento del volume totale d'acqua reso disponibile da tali progetti o impianti; b) allo smaltimento o trattamento delle acque reflue (comma 6). Tali ultime specifiche esclusioni si spiegano per via della natura dell'acqua “quale bene pubblico di valore fondamentale per i cittadini dell'Unione” (considerando n. 40 della Direttiva 2014/23/UE), nonché, nel nostro Paese, per ragione dell'esito del referendum abrogativo dell'11-12 giugno 2011, come peraltro era stato specificato anche dall'art. 1, comma 1, lett. hhh), della l. n. 11/2016 (Perfetti, 1070). Come per gli artt. 146 e 147, concorre, inoltre, a delimitare il perimetro applicativo della disposizione in esame, sia pure ab externo, anche l'art. 143 del Codice che, come noto, fissa le condizioni in presenza delle quali anche le attività relative all'acqua possono essere ritenute “direttamente esposte alla concorrenza su mercati liberamente accessibili”, con la conseguenza che gli appalti e le concessioni ad esse strumentali “non sono soggetti al codice”. L'esclusione è nel nostro Paese allo stato inoperante per il settore idrico, non rinvenendosi decisioni della Commissione europea sul punto che abbiano accertato la sussistenza delle condizioni di esposizione alla concorrenza necessarie per l'esonero dall'ambito di applicazione della disciplina. Questioni applicative1) La strumentalità dell'appalto rispetto agli scopi del settore speciale dell'acqua La riconduzione di un appalto al settore speciale dell'acqua ed alla relativa regolamentazione pubblicistica presuppone “a monte” la sussistenza di un rapporto di strumentalità “diretta” – secondo quanto già chiarito a proposito del settore del gas e dell'energia termica cui si rinvia – tra il lavoro, il servizio o la fornitura oggetto dell'affidamento e l'esercizio delle attività considerate nell'art. 148 del d.lgs. n. 36/2023 (Galli, Cavina, 1044). Il vincolo di strumentalità va individuato in concreto, caso per caso, sulla base di un'interpretazione restrittiva che dia rilievo soltanto agli affidamenti strettamente funzionali alle attività proprie del settore speciale di riferimento (sul punto, si rinvia a quanto più diffusamente esposto nel commento all'art. 141). La giurisprudenza ha così negato l'esistenza – sotto il profilo oggettivo – di un nesso di strumentalità rispetto all'affidamento di un servizio di revisione legale dei conti (T.A.R. Lazio (Roma) III-ter, n. 4908/2016), nonché del servizio di recupero e riscossione stragiudiziale dei crediti (T.A.R. Campania (Salerno) I, 1689/2017). Del pari, è stato ritenuto insussistente il nesso funzionale dell'affidamento di un servizio di pulizia, poiché relativo agli edifici sede di una società e non già alle reti utilizzate per l'esercizio dell'attività dalla stessa società svolta (Cons. St. VI, n. 2919/2011); anche se, come detto in relazione agli artt. 146 e 147, tale ultima impostazione potrebbe ritenersi non pienamente coerente con quanto di recente rilevato, pur se con riguardo al diverso settore dei servizi postali, dalla Corte di Giustizia, secondo la quale è “difficilmente ipotizzabile che dei servizi postali possano essere forniti in maniera adeguata in assenza di servizi di portierato, reception e presidio varchi degli uffici del prestatore interessato. Tale constatazione vale tanto per gli uffici aperti agli utenti dei servizi postali e che ricevono quindi il pubblico, quanto per gli uffici utilizzati per lo svolgimento di funzioni amministrative. Infatti, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 116 delle sue conclusioni, la prestazione di servizi postali comprende anche la gestione e la pianificazione di tali servizi” (Corte giustizia UE, 28 ottobre 2020, C-521/18, Poste Italiane). 2) Cenni sulla qualificazione giuridica soggettiva degli enti aggiudicatori operanti nel settore idrico. Particolarmente complessa è la questione dell'individuazione della natura giuridica degli enti aggiudicatori che gestiscono il servizio idrico integrato (S.I.I.) i quali operano “in virtù di diritti speciali o esclusivi” in un settore “chiuso”, di particolare rilevanza per gli interessi sociali ed economici ad esso sottesi. Rispetto alla natura giuridica di tali soggetti, il punto di maggiore criticità dell'indagine risiede nell'accertamento del c.d. elemento negativo del requisito teleologico dell'organismo di diritto pubblico (sul punto, si rinvia a quanto più diffusamente esposto nel commento all'art. 141). Occorre cioè valutare se l'attività di gestione del S.I.I. possa avere “carattere non industriale o commerciale”, non essendo invece dubbio che la stessa sia diretta a “soddisfare bisogni di interesse generale” (elemento positivo). Infatti, nell'ipotesi in cui l'attività di gestione del S.I.I. rivesta carattere industriale o commerciale, si dovrebbe escludere la sussistenza del requisito teleologico (per carenza dell'elemento negativo), con la conseguenza che il gestore non potrebbe essere qualificato come organismo di diritto pubblico, ma solo come impresa pubblica o eventualmente come soggetto privato operante in virtù di diritti speciali o esclusivi. In linea con l'impostazione prevalente, si dovrebbe ritenere che “ciò che assume preminenza è la modalità con cui il bisogno di interesse generale viene perseguito” dal gestore del S.I.I. (Cons. St. V, n. 7031/2018). Secondo una prima posizione, il soggetto gestore del S.I.I. dovrebbe essere qualificato come organismo di diritto pubblico in quanto l'attività da esso svolta – certamente tesa, come visto, a soddisfare bisogni di interesse generale – avrebbe natura non industriale o commerciale (Cass. S.U., ord. n. 22584/2009; Deliberazione AVCP – oggi ANAC – n. 61/2008). Questa impostazione si fonda, in sostanza, sulla considerazione che il gestore del S.I.I. opera in regime di non concorrenza (cioè come monopolista nel proprio ambito territoriale), che sarebbe di per sé idonea a configurarlo quale organismo di diritto pubblico. In altri termini, l'assenza di una concreta concorrenza (e cioè il fatto che l'interesse generale perseguito con l'erogazione del servizio idrico non venga soddisfatto mediante una libera offerta di beni sul mercato) sarebbe un indice sufficiente ad integrare il carattere “non commerciale o industriale” dell'attività svolta dal gestore del S.I.I., che per questo rientrerebbe nella nozione di organismo di diritto pubblico. A fronte di tale orientamento, se ne è tuttavia affiancato altro, che ha qualificato alcune società a partecipazione (parziale o totale) pubblica, che gestiscono il S.I.I. negli ambiti territoriali di propria competenza, quali imprese pubbliche, escludendone invece la configurabilità anche come organismi di diritto pubblico (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1689/2017; T.A.R. Toscana I, 10 aprile 2018, n. 508). Questo secondo orientamento tende a dare risalto all'attuale assetto normativo che disciplina le società pubbliche, per come risultante dal recente d.lgs. n. 175/2016, in base al quale gli enti aggiudicatori operanti nel settore idrico subiscono il rischio di un'eventuale gestione non remunerativa, sopportando le eventuali perdite, posto che l'art. 14 del d.lgs. n. 175/2016 sancisce la fallibilità delle società a partecipazione pubblica, finanche di quelle titolari di affidamenti diretti (i.e. società in house). Si dovrebbe quindi escludere che tali enti aggiudicatori, nella gestione del S.I.I., si lascino guidare da considerazioni diverse da quelle economiche, posto che essi, a fronte di un corrispettivo (art. 154, d.lgs. n. 152/2006), forniscono un servizio che, pur assolvendo a finalità d'interesse generale, ha natura economica, sicché “potrebbe essere collocato sul mercato in regime di libera concorrenza” (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1689/2017). Anche perché la gestione del S.I.I. deve essere effettuata secondo un metodo economico, finalizzato a raggiungere, entro un determinato lasso di tempo, quantomeno. La copertura dei costi (Cons. St. VI, n. 2481/2017; Cons. St. VI, n. 8/2016). Alla luce delle diverse posizioni giurisprudenziali, non appare dunque semplice, tanto più in termini aprioristici, definire la corretta qualificazione giuridica degli enti aggiudicatori operanti nel settore idrico, che non potrà che essere valutata caso per caso. Occorre comunque considerare che ove il gestore del S.I.I. sia configurabile quale società in house sarà in ogni caso tenuto a rispettare le regole dell'evidenza pubblica per la scelta dei propri contraenti ai sensi dell'art. 16, comma 7, del d.lgs. n. 175/2016, con conseguente irrilevanza, almeno sotto tale profilo, della sua corretta qualificazione giuridica soggettiva in termini di organismo di diritto pubblico o meno (T.A.R. Veneto, I, n. 1186/2019). BibliografiaGalli, Cavina, I settori speciali, in Corradino, Galli, Gentile, Lenoci, Malinconico, I contratti pubblici, Milano, 2017; Geninatti Sate', art. 209, in Perfetti, Codice dei contratti Commentato, Milano, 2013; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017. |