Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 174 - Nozione.Codice legge fallimentare Artt. 3, 180 Nozione. 1. Il partenariato pubblico-privato è un'operazione economica in cui ricorrono congiuntamente le seguenti caratteristiche: a) tra un ente concedente e uno o più operatori economici privati è instaurato un rapporto contrattuale di lungo periodo per raggiungere un risultato di interesse pubblico; b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto proviene in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata, anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima; c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l'attuazione; d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi è allocato in capo al soggetto privato. 2. Per ente concedente, ai sensi della lettera a) del comma 1, si intendono le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all'articolo 1 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014. 3. Il partenariato pubblico-privato di tipo contrattuale comprende le figure della concessione, anche nelle forme della finanza di progetto, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, nonché gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al comma 1 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela. L'affidamento e l'esecuzione dei relativi contratti sono disciplinati dalle disposizioni di cui ai Titoli II, III e IV della Parte II. Le modalità di allocazione del rischio operativo, la durata del contratto di partenariato pubblico-privato, le modalità di determinazione della soglia e i metodi di calcolo del valore stimato sono disciplinate dagli articoli 177, 178 e 1791. 4. Il partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale si realizza attraverso la creazione di un ente partecipato congiuntamente dalla parte privata e da quella pubblica ed è disciplinato dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, e dalle altre norme speciali di settore. 5. I contratti di partenariato pubblico-privato possono essere stipulati solo da enti concedenti qualificati ai sensi dell'articolo 63. [1] Comma modificato dall'articolo 53, comma 1, del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoLa definizione che il codice del 2006 forniva dei contratti di partenariato pubblico privato era contenuta nell'art. 3, comma 15–ter: tali contratti erano definiti come “aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”. La stessa norma presentava un elenco esemplificativo di tali contratti (la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste) e prevedeva che potesse essere considerato tra le “operazioni di partenariato pubblico privato l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera [fosse] in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi”. Era prevista, in ultimo, l'applicazione a tali contratti dei contenuti delle decisioni Eurostat. In tal modo il Codice del 2006, da un lato, rinunciava a specificare gli elementi della categoria contrattuale e a indicarne il regime giuridico, dall'altro, individuava un genus di “contratti di partenariato pubblico-privato” caratterizzati dall'oggetto, rispetto alle varie species specificamente indicate all'interno della disposizione (la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria etc.), come si evince chiaramente dalla locuzione “a titolo esemplificativo” contenuta nella disposizione appena citata. Nel codice del 2016 la definizione di partenariato pubblico privato era contenuta nell'art. 3, comma 1, lettera eee), che lo definiva come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell'ammortamento dell'investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un'opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all'utilizzo dell'opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto da parte dell'operatore”. Tale definizione enfatizzava, rispetto alla precedente, i tratti economico finanziari dell'istituto, ancorando la durata del contratto alla durata dell'ammortamento dell'investimento o alle modalità di finanziamento previste. Il nuovo art. 174 non introduce propriamente una definizione di PPP, ma individua le quattro componenti che concorrono ad identificare una nozione di PPP intesa nella sua essenza di operazione economica e riferibile sia al partenariato pubblico-privato contrattuale che al partenariato pubblico-privato di tipo istituzionale. Tale prospettiva definitoria è stata scelta anche al fine di evidenziare la complessità di tale fenomeno, che comprende diverse figure contrattuali, nonché gli importanti riflessi economici ad esso collegati. Un fenomeno che si fonda sulla cooperazione fra il settore pubblico e gli operatori privati nella realizzazione di un'attività che è rivolta a coniugare il perseguimento di finalità di interesse generale, la salvaguardia di vincoli di bilancio e la valorizzazione del contributo di soggetti privati in termini di apporto finanziario e di competenze specifiche. Le quattro componenti che debbono ricorrere affinché l'operazione economica possa qualificarsi come partenariato pubblico-privato sono: a) l'instaurazione tra l'ente concedente e uno o più operatori economici privati di un rapporto contrattuale di lungo periodo; b) la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto deve provenire in misura significativa da risorse reperite dalla parte privata; anche in ragione del rischio operativo assunto dalla medesima; c) alla parte privata spetta il compito di realizzare e gestire il progetto, mentre alla parte pubblica quello di definire gli obiettivi e di verificarne l'attuazione; d) il rischio operativo connesso alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi deve essere allocato in capo al soggetto privato. Si precisa inoltre che l'operatore economico è remunerato con tariffe corrisposte da utenti e/o da canoni corrisposti dall'amministrazione/enti utilizzatori dell'investimento e del correlato servizio. L'art. 174 individua così, con maggior precisione e nettezza, il tratto distintivo unitario della categoria del PPP ‒ costituito dal legame contrattuale in virtù del quale il partner privato fornisce una prestazione, in luogo ma sotto il controllo, del partner pubblico e in cui la retribuzione del contraente privato correlato alla gestione dell'opera o del servizio e all'allocazione dei rischi tra le parti contraenti. Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Si è modificato il primo periodo del comma 3, chiarendo expressis verbis che anche il project è una forma di partenariato. La natura giuridica del partenariato pubblico-privato.In ragione di quanto appena evidenziato, con riferimento alla natura dell'istituto rimane ancora attuale il parere reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 855 del 21 marzo 2016, in cui si evidenzia le disposizioni di legge “recano un archetipo generale del partenariato pubblico privato contrattuale ...di cui sono concreta declinazione la finanza di progetto, la locazione finanziaria di opere pubbliche, la concessione di costruzione e gestione, il contratto di disponibilità, nonché le figure di minor rilievo economico, ma di sicuro impatto sociale, del baratto amministrativo e degli interventi di sussidiarietà orizzontale quali forme di partenariato sociale. Si introduce così una disciplina quadro valevole, oltre che per le figure tipizzate, anche per figure atipiche, definite, nel comma 8 come “qualunque altra procedura di realizzazione di partenariato in materia di opere o servizi che presentino le caratteristiche descritte nell'art. 180”. Con il successivo parere della Commissione speciale n. 755 del 29 marzo 2017 (reso sullo schema di linee guida recanti “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull'attività dell'operatore economico nei contratti di partenariato pubblico-privato”) si è ulteriormente precisato che: – l'espressione partenariato pubblico-privato indica un complesso fenomeno giuridico, di matrice europea, caratterizzato da una sostanziale equiordinazione tra soggetti pubblici e soggetti privati per la realizzazione di un'attività volta al conseguimento di interessi pubblici, in cui ai primi (soggetti pubblici) è attribuito il compito di individuare/selezionare gli interessi pubblici da tutelare e garantire, nonché lo strumento economico/giuridico/finanziario più adeguato per poterli conseguire, oltre che la vigilanza e il controllo sul loro effettivo raggiungimento, mentre ai secondi – i soggetti privati, che mettono a disposizione dell'amministrazione pubblica, le proprie capacità finanziarie e il proprio complessivo know how – è riconosciuto il diritto di ritrarre utilità, mediante la disponibilità o lo sfruttamento economico dell'opera, attraverso le ordinarie fasi della sua realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione; – il partenariato pubblico-privato costituisce un fenomeno economico–finanziario che trova disciplina giuridica nel relativo contratto di partenariato, qualificabile come contratto atipico, in cui le parti fissano nel modo ritenuto più idoneo e adeguato l'assetto dei propri rispettivi interessi in funzione del conseguimento dell'interesse pubblico individuato esclusivamente dalla parte pubblica; il partenariato pubblico-privato si delinea come un genus contrattuale riferibile a più modelli specifici, tra cui “rientrano la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere e servizi che presentano le caratteristiche di cui ai commi precedenti (art. 180, comma 8)”. Si è pertanto ritenuto che l'espressione “partenariato pubblico-privato” non integri una categoria giuridica in senso proprio, ma costituisca una nozione meramente descrittiva di istituti giuridici caratterizzati da alcuni elementi comuni. In sostanza si tratta di un modulo procedimentale volto alla realizzazione degli interessi pubblici, che si avvale della collaborazione tra privati e amministrazioni e che si articola in schemi contrattuali tipici e atipici. Lo scopo è quello di individuare finanziamenti alternativi a quelli tradizionali attraverso un rapporto di lunga durata e una corretta allocazione del rischio in capo ai privati, secondo le modalità individuate nel contratto. Ne consegue che il partenariato pubblico-privato si appalesa come uno strumento di cooperazione per la effettiva ed efficace realizzazione degli interessi pubblici, che non solo si presenta come attuativo del principio di solidarietà orizzontale di cui all'art. 118, comma 4, della Costituzione, ma che costituisce concretamente anche un rimedio significativo per il superamento di crisi finanziarie e dei vincoli posti alla spesa pubblica; esso risulta altresì tendenzialmente idoneo a promuovere un significativo rinnovamento della pubblica amministrazione attraverso l'acquisizione di specifiche conoscenze tecniche e scientifiche, proprie delle realtà private, capaci di fornire nuovi e innovativi strumenti per rendere l'azione amministrativa sempre maggiormente coerente con i principi di imparzialità e buon andamento predicati dall'art. 97 della Costituzione. Si conferma quindi che il partenariato pubblico privato si configura come sostanzialmente come un modulo organizzativo che, in particolar modo nell'attuale periodo di grave crisi economica e finanziaria del Paese, se ben utilizzato può costituire un volano per la ripresa economica, soprattutto se assistito da un costante dialogo tra Stato, Regioni e enti locali, poiché idoneo ad assicurare l'utilizzo di risorse private nel settore pubblico con conseguentemente allentamento delle restrizioni di bilancio. Peraltro, la di là dei tentativi di ricostruzione di un istituto nato dalla prassi e sfuggevole per la molteplicità e complessità dei profili, non sembra doversi escludere la portata precettiva dell'art. 174 sotto almeno due rilevanti aspetti. Il primo è costituito dal riconoscimento dell'ammissibilità di contratti non riconducibili ai tipi previsti dallo stesso Codice, ovvero di contratti che, pur rappresentando deviazioni rispetto a tali tipi, rispondono alle caratteristiche del partenariato pubblico privato. Si pensi ai casi in cui la fattispecie riguarda servizi non diretti all'utenza, ma comunque vi è un rischio operativo che comunque dipende dall'utenza che non può peraltro identificarsi in un rischio di domanda. Il secondo è rappresentato dal fatto che tutti i contratti sia tipici che atipici sono comunque sottoposti alla disciplina dell'evidenza pubblica. Il comma 3, prevede infatti che, il partenariato pubblico-privato comprende le figure della concessione, della locazione finanziaria e del contratto di disponibilità, “nonché gli altri contratti stipulati dalla pubblica amministrazione con operatori economici privati che abbiano i contenuti di cui al comma 1 e siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela”, precisando che “l'affidamento e l'esecuzione dei relativi contratti sono disciplinati dalle disposizioni di cui ai Titoli II, III e IV della Parte II (Parte V, n.d.r.)”. Assolutamente corretta è l'eliminazione della finanza di progetto dal novero dei contratti tipici di PPP, poiché il project financing non si distingue dalla concessione se non per il sistema di finanziamento che converge sul “progetto”, anziché sul soggetto realizzatore. Da tale considerazione sembra altresì discendere, come si vedrà in sede di commento del nuovo art. 193, l'eliminazione della finanza di progetto ad iniziativa pubblica prevista dall'art. 183 del previgente codice, atteso che tale istituto non si distingue dall'iniziativa dell'amministrazione che metta a base di gara una concessione ai sensi degli artt. 182 ss.; in alternativa l'amministrazione può prendere parte attiva sollecitando la presentazione di proposte ai sensi dell'art. 193, comma 11. Essenzialità del trasferimento del rischio operativoElemento essenziale di ogni operazione di partenariato pubblico privato è il trasferimento del rischio operativo in capo all'operatore privato che, come noto, costituisce un tratto caratteristico dell'istituto della concessione. Ed infatti, ai fini della ripartizione del rischio, il comma 3 dell'art. 174, rinvia agli artt. 177, 178 e 179 in tema di concessioni. La concessione, come si desume dall'art. 174, è attratta nel genus del partenariato pubblico-privato e, in particolare, in quello di tipo contrattuale, in quanto caratterizzata dal coinvolgimento del privato nella gestione dell'opera o del servizio, con l'obiettivo del soddisfacimento di un interesse pubblico predeterminato. In questa figura, come è noto, la ripartizione del rischio tra le parti costituisce l'elemento discriminante tra la concessione e l'appalto pubblico. Secondo la giurisprudenza dalla Corte di giustizia, difatti “la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi .... «Un appalto pubblico di servizi» ai sensi delle direttive 2004/18 e 2004/17 comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi .... Si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest'ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione” (Corte giust. UE 15 ottobre 2009 in C-196/08). La caratteristica precipua delle concessioni, idonea a differenziarle dagli appalti, è quindi data dall'assunzione di un rischio, che va ben al di là, ed è qualitativamente differente, da quello sopportato da un normale appaltatore. In mancanza, dunque, del trasferimento del rischio “operativo”, come ricorda la Corte di giustizia UE, il contratto dovrebbe essere definito come di appalto, almeno per quel che concerne la fase di aggiudicazione, ma non mancano, come è noto, delicate questioni interpretative, non solo sotto l'aspetto qualitativo, in ordine a tale trasferimento. La differenza fondamentale rispetto all'appalto risiede proprio nella circostanza che il concessionario contribuisce con capitale proprio al finanziamento dell'opera e sopporta il rischio operativo derivante dal relativo sfruttamento economico con particolare riferimento alla disponibilità dell'opera (cfr. Corte giust., UE III, 10 marzo 2011, n. C-274/2009; Corte giust., UE II, 10 novembre 2011, n. C-348/10; Cons. St. V, n. 5745/2015; Cons. St. VI, n. 4682/2012). In condizioni operative normali, al concessionario non è garantito il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti per le attività oggetto della Concessione (v. Cons. St., n. 1352 /2016). La parte di rischio trasferita in capo al concessionario comporta una reale e concreta esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita non sia puramente nominale o trascurabile (art. 177, comma 2). Ciò detto, va in ogni caso considerato che la remunerazione del concessionario è, nella sostanza, legata alle performance delle prestazioni erogate in favore del partner pubblico, nell'ambito di un rapporto contrattuale di durata nel quale gli obiettivi istituzionali strategici della PA e gli obiettivi di profitto del provato devono essere allineati. Nel PPP, l'operatore privato è co-responsabile con la PA del conseguimento di un determinato risultato, da cui deve dipendere la sua remunerazione. Il trasferimento al concessionario dei rischi economici insiti nella gestione affidata in concessione costituisce la causa giustificativa tipizzante del contratto. La componente «rischio» deve pertanto ricorrere sempre in concreto, ancorché́ eventualmente ridotta in ragione del riconoscimento in favore del Concessionario di un prezzo, di garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della PA. Anche in questo caso, i rischi devono essere identificati, quantificati e chiaramente assegnati alla parte che è maggiormente in grado di assumerli (cfr. parere Comitato economico e sociale sul tema “Rafforzamento del diritto delle concessioni e dei contratti di partenariato pubblico privato (PPP)” – 2001/C 14/19). Sotto il profilo qualitativo, la direttiva precisa che deve trattarsi di un rischio “sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o entrambi” (art. 5, n. 1), comma 2). Ed il considerando n. 20 precisa ulteriormente che tale rischio “dovrebbe derivare da fattori al di fuori del controllo delle parti”. Il che se è conciliabile con il rischio della domanda, che dipende da comportamenti di soggetti terzi (fruitori del servizio), lo è di meno con il rischio dell'offerta, dato che la medesima è resa dallo stesso concessionario. Sicché deve ritenersi che in tal caso le componenti del rischio riguardino essenzialmente elementi che sono al di fuori del controllo dell'operatore privato, come l'andamento dei costi (anche finanziari) che dipendono puramente dalle oscillazioni del mercato, e quindi, come tali, sono estranei al dominio delle parti. Di particolare interesse, anche nell'ambito del rischio dell'offerta, è il c.d. rischio di disponibilità, tipico delle concessioni associate alle opere c.d. fredde (ed ai relativi servizi, avvinti dalla stessa logica) – ovvero le opere che sono prive della capacità di generare reddito attraverso la fruizione da parte dei terzi – e che, risultando legato alla capacità da parte del concessionario di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità, dovrebbe legarsi alla performance dello stesso concessionario. L'applicazione del modello concessorio alle c.d. opere fredde (il privato che le realizza e gestisce fornisce direttamente servizi all'amministrazione traendo la propria remunerazione da pagamenti effettuati dalla stessa: per es. nei casi di carceri o ospedali) ha destato perplessità, dato che l'ambito naturale dell'istituto è certamente costituito dalle c.d. opere calde, ovvero da quelle dotate di intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi di utenza (modello autostrade, gas, parcheggi), ovvero, al più, da quelle c.d. tiepide, categoria intermedia per la quale, non essendo sufficienti i ricavi di utenza a ripianare interamente le risorse impiegate, risulta necessario un contributo pubblico per la fattibilità finanziaria (impianti sportivi e, per i servizi, trasporto pubblico locale). Tuttavia, non vi sono elementi per affermare che, in base alla direttiva, il modello della concessione non si applichi anche alle opere fredde (ed ai servizi dello stesso tipo), per le quali, a differenza delle opere calde (dove viene prevalentemente in rilievo il rischio della domanda, e dunque il rischio sul versante dei ricavi, come nel caso dell'esempio – non infrequente – della sovrastima dei flussi di traffico da parte di concessionari autostradali), viene in rilievo prevalentemente il rischio dell'offerta e, quindi, anzitutto quello sul versante dei costi (cfr., al riguardo, anche l'art. 165 del codice). Dal punto di vista quantitativo, e quindi dell'entità del rischio operativo, la direttiva 23 lascia margini ai legislatori nazionali e pone dei limiti, essenzialmente in termini negativi, ammettendo che una parte del rischio possa rimanere a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore e risultando esclusi espressamente solo i casi in cui il rischio sia eliminato del tutto (considerando nn. 18 e 19). In definitiva la “componente rischio” deve essere effettivamente sussistente, ancorché proporzionalmente ridotta, come emerge dall'art. 177, comma 6, dalla previsione di un intervento pubblico (prezzo, contributo, etc.). Giova anche rammentare quanto ritenuto dal parere della Commissione speciale n. 775/2017, sopra citato, secondo cui “L'art. 180, comma 3, in particolare individua tre tipi di rischio: il rischio di costruzione; il rischio di disponibilità e, nei casi di attività redditizia, il rischio di domanda dei servizi resi; [...]. Malgrado tale ultima previsione possa prestarsi ad una diversa interpretazione, deve ammettersi che l'elencazione dei rischi sopra ricordati (cui per completezza deve aggiungersi il rischio operativo concernente in special modo le concessioni, come definito dall'art. 3, comma 1, lett. zz) [...] debba considerarsi tassativa, anche in omaggio al principio di legalità, fermo restando tuttavia la possibilità all'interno di tali tipi di rischi di procedere ad una loro ulteriore specificazione, quale espressione della volontà contrattuale delle parti, per rendere cioè la disciplina contrattuale del partenariato coerente e adeguata con la fattispecie concreta (e con l'interesse pubblico concreto da perseguire) in pieno accordo con la natura atipica del contratto di partenariato, precedentemente delineata”. Nel partenariato pubblico privato, al rischio proprio dell'appalto derivante dalla cattiva gestione della fase di costruzione si aggiunge il rischio consistente nella possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per l'operazione, e quindi di subire perdite derivanti da possibili squilibri generatisi sul lato della domanda (inferiore alle previsioni) e/o sul lato dell'offerta (fornitura di servizi non in linea con i livelli di performance accordati). Tali squilibri si devono tradurre necessariamente in una contrazione dei ricavi nel caso in cui si manifestino situazioni la cui responsabilità ricade sul privato. Generalmente, in un contratto di partenariato a tariffazione sull'amministrazione è critico e saliente il rischio di disponibilità piuttosto che quello di domanda, proprio perché si tratta di contratti in cui il principale pagatore è la PA. Presupposto per la corretta allocazione dei rischi è l'equilibrio economico-finanziario dell'operazione, inteso come contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica (capacità del progetto di creare valore nell'arco di durata e di efficacia del contratto e di essere quindi conveniente sulla base dell'analisi del value for money per la PA) e sostenibilità finanziaria (capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento e la remunerazione dell'equity). Il partenariato è il punto di incontro tra le esigenze di convenienza e di value for money , lato PA, e quelle di remunerazione, lato investitori e finanziatori. Benché il contributo pubblico non sia in astratto un elemento essenziale e/o necessario per il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario di un'operazione di partenariato, l'Amministrazione in ogni caso può, ai soli fini del raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario dell'operazione stabilire, in sede di gara, un prezzo consistente in un contributo in denaro ovvero nella cessione di beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico, fermo restando che l'ammontare di tale prezzo sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche ovvero a ulteriori meccanismi di finanziamento non deve comunque superare il valore indicato nelle decisioni Eurostat (art. 177, comma 7); il precedente codice fissava invece la percentuale fissa del 49 per cento del costo dell'investimento complessivo. Il contributo può aiutare positivamente la valutazione del value for money, sempre entro certi limiti oltre i quali può divenire elemento che determina l'automatica contabilizzazione on balance per Eurostat. L'essenzialità dell'elemento del rischio rileva anche sotto il profilo tecnico-contabile, poiché secondo la decisione dell'Ufficio statistico europeo (Eurostat) dell'11 febbraio 2004 (Treatment of public-private partnership), i beni (asset) oggetto di tali operazioni non vengano registrati nello stato patrimoniale delle pubbliche amministrazioni, ai fini del calcolo dell'indebitamento netto e del debito secondo le definizioni del regolamento europeo SEC, solo se c'è un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata. Ciò avviene nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti due condizioni: il soggetto privato assume il rischio di costruzione; il soggetto privato assume almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda (v. da ultimo, Circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 10 luglio 2019 in G.U. n. 198 del 24 agosto 2019). Sotto tale profilo va anche segnalato quanto ha ritenuto la Corte dei conti, secondo cui “Se ... i rischi contrattuali sono correttamente allocati in capo all'operatore economico privato, in aderenza alle decisioni Eurostat ... richiamate dall'art. 3, comma 1, lett. eee), del d.lgs. n. 50/2016, l'operazione non va qualificata in termini di indebitamento (rectius, debito) per la PA committente, ma ritenuta, come detto in gergo, “off balance”. Al contrario, nel caso in cui la locazione finanziaria di opere pubbliche, come altro contratto di PPP, mascheri l'assunzione di debito per la PA committente, in quanto i rischi sono allocati prevalentemente su quest'ultima (in virtù di garanzie, clausole di indicizzazione dei prezzi, mancata decurtazione del canone in assenza del godimento del bene, adeguamento del corrispettivo di riscatto in caso di incremento dei costi di costruzione, etc.), allora il contratto viene considerato fonte di debito per la PA (e, come tale, va contabilizzato on balance)” (da ultimo, C. conti, sez. contr. Lombardia n. 359/2019/PAR del 24/09/2019). BibliografiaCartei e Ricchi (a cura di), Finanza di progetto e Partenariato Pubblico-Privato (Temi europei, istituti nazionali e operatività), Napoli, 2015; Cerrina Feroni (a cura di), Il partenariato pubblico privato. Modelli e strumenti, Torino, 2011; Di Giovanni, Il contratto di partenariato pubblico privato tra sussidiarietà e solidarietà, Torino, 2012; Dipace, Partenariato pubblico privato e contratti atipici, Milano, 2006; Fioritto (a cura di), Nuove forme e nuove discipline del partenariato pubblico-privato, Torino, 2017; Mastragostino (a cura di), La collaborazione pubblico-privato e l'ordinamento amministrativo, Torino, 2011. |