Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 201 - Partenariato sociale.Codice legge fallimentare Art. 189 Partenariato sociale.
1. Gli enti concedenti stabiliscono, con atto generale e tenuto conto dei bandi-tipo predisposti dall'ANAC e dei contratti-tipo predisposti dal DIPE, di concerto con l'Autorità di regolazione di settore e con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, i criteri e le condizioni, per la conclusione di contratti di partenariato sociale aventi ad oggetto una o più delle prestazioni seguenti1: a) gestione e manutenzione di aree riservate al verde pubblico urbano e di immobili di origine rurale destinati ad attività sociali e culturali, ceduti al Comune in esecuzione di convenzioni e di strumenti urbanistici attuativi; sussiste, per la conclusione di tale contratto, il diritto di prelazione dei cittadini, aventi residenza o domicilio nei comprensori ove insistono i beni e le aree, costituenti un consorzio del comprensorio che raggiunga almeno i due terzi della proprietà della lottizzazione; i cittadini costituiti in consorzio possono beneficiare, altresì, di incentivi fiscali; b) gestione, manutenzione e valorizzazione di piazze e strade o interventi di decoro urbano e di recupero di aree e beni immobili inutilizzati, per destinarli a fini di interesse generale, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati che, all'uopo, beneficiano di incentivi fiscali direttamente attinenti alla attività svolta dal singolo o dalla associazione, o comunque utile alla comunità territoriale di riferimento; c) compimento di opere di interesse locale, da acquisire al patrimonio indisponibile dell'ente concedente, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati, e a spese di questi ultimi; l'esecuzione delle opere è esente da oneri fiscali e amministrativi, salva l'imposta sul valore aggiunto. 2. Le parti determinano il contenuto dei contratti di partenariato sociale nei limiti imposti dalle disposizioni seguenti, tenendo conto dei bandi-tipo predisposti dall'ANAC e dei contratti-tipo predisposti dal DIPE, di concerto con l'Autorità di regolazione di settore e con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato2. 3. Possono concludere i contratti di partenariato sociale microimprese, piccole e medie imprese, come definite dall'articolo 1, comma 1, lettera o) dell'allegato I.1. 4. Con l'atto generale indicato nel comma 1 sono determinati i modi di esercizio del diritto di prelazione dei cittadini costituiti in consorzi e la natura e la misura degli incentivi fiscali previsti per la conclusione dei contratti di partenariato sociale, nei limiti di quanto previsto con rinvio a leggi speciali dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. [1] Comma modificato dall'articolo 59, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [2] Comma modificato dall'articolo 59, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoL'articolo in commento, sotto la rubrica “Partenariato sociale”, riprende la disciplina di cui all'art. 189 del previgente codice che disciplinava, ex novo, una tipologia di interventi “di sussidiarietà orizzontale”, nell'ambito quindi di forme di collaborazione tra l'ente pubblico e gruppi di cittadini. La nuova norma accorpa, in ragione della sovrapponibilità delle fattispecie, le ipotesi riconducibili al cd. “baratto amministrativo” che, nel previgente codice era oggetto di separata previsione nell'art. 190, il quale prevedeva che “Gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale. I contratti possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati. In relazione alla tipologia degli interventi, gli enti territoriali individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un'ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa”. È bene sottolineare che si tratta di interventi attuativi del principio di sussidiarietà orizzontale comunque caratterizzati da una lata logica sinallagmatica (incentivi, risparmio fiscale) che in ciò si differenziano da quelli previsti dall'art. 6 del Codice, i quali, in quanto privi di qualsiasi logica sinallagmatica, sono esclusi dell'obbligo della procedura ad evidenza pubblica. Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo ha previsto che il bando di gara può essere redatto tenendo conto non solo dei bandi-tipo predisposti dall’ANAC (come già previsto nella formulazione originaria), ma anche dei contratti tipo predisposti dal DIPE, di concerto con l’Autorità di regolazione di settore e con il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria dello Stato. Il rinvio all'autonomia degli enti concedentiIl previgente art. 189 dettava una disciplina sia per l'esame delle proposte di partenariato sociale che per la stipula del contratto. Con riferimento al primo profilo, con riferimento alle proposte relative al compimento di opere di interesse generale, si prevedeva che decorsi due mesi dalla presentazione della proposta, la proposta stessa si intende respinta; entro il medesimo termine l'ente locale poteva, con motivata delibera, disporre l'approvazione delle proposte regolando altresì le fasi essenziali del procedimento di realizzazione e i tempi di esecuzione. Con riferimento invece al secondo profilo, si prevedeva altresì che il contratto fosse comunque sottoscritto nel rispetto dei “principi di non discriminazione, trasparenza e parità di trattamento”. Il nuovo art. 201, al comma 1, rimette invece la disciplina dei criteri e delle condizioni per la conclusione dei contratti di partenariato all'adozione di un atto generale dell'ente concedente, da adottarsi tenuto conto dei bandi-tipo e dei contratti-tipo predisposti dall'Autorità di regolazione del settore. Come si legge nella Relazione illustrativa “In una ottica di semplificazione normativa, e di riespansione della “autonomia” della Amministrazione e dei cittadini, non viene riprodotta la disciplina di dettaglio relativa alla procedura prodromica alla conclusione del contratto avente ad oggetto il compimento di “opere di interesse locale”, contenuta attualmente nei commi 2 e 3 dell'art. 189 del codice del 2016. Trattasi di fasi del “procedimento” che dovranno essere scanditi e governati dall'atto generale della Amministrazione, mercè il quale ex ante verranno resi noti i criteri e le condizioni per la conclusione dei contratti de quibus, nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione”. Spetterà quindi all'autonomia regolamentare dei singoli enti stabilire i criteri, le condizioni e soprattutto i termini per l'esame delle proposte, nonché dettare una disciplina per l'affidamento del contratto che rispetti i principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione soprattutto nel caso della presentazione di più proposte e ai fini della disciplina del diritto di prelazione. Infatti, il comma 4, prevede che “Con l'atto generale indicato nel comma 1 sono determinati i modi di esercizio del diritto di prelazione dei cittadini costituiti in consorzi e la natura e la misura degli incentivi fiscali previsti per la conclusione dei contratti di partenariato sociale, nei limiti di quanto previsto con rinvio a leggi speciali dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”. Salva l'inesattezza del rinvio al previgente codice abrogato, la norma affida al regolamento dell'ente la determinazione puntuale dei modi di esercizio del diritto di prelazione dei cittadini costituiti in consorzio (previsto dal comma 1, lett. a)) e della concreta latitudine e misura degli incentivi fiscali di cui beneficiano i privati, la cui natura e tipologia è all'uopo demandata ad una norma “esterna” al corpus codicistico. L'oggetto dei contratti di partenariato socialeIl comma 1, lett. a) prevede che possano essere oggetto di contratti di partenariato sociale interventi aventi ad oggetto la “gestione e manutenzione di aree riservate al verde pubblico urbano e di immobili di origine rurale destinati ad attività sociali e culturali, ceduti al Comune in esecuzione di convenzioni e di strumenti urbanistici attuativi”. In tali ipotesi è previsto il diritto di prelazione dei cittadini, aventi residenza o domicilio nei comprensori ove insistono i beni e le aree, costituenti un consorzio del comprensorio che raggiunga almeno i due terzi della proprietà della lottizzazione; i cittadini costituiti in consorzio possono beneficiare, altresì, di incentivi fiscali. La gestione di aree riprende l'art. 4 della l. n. 10/2013, che è intervenuta in materia di sviluppo degli spazi verdi. In particolare, il partenariato di gestione si rivolge alle attività di gestione e manutenzione; i beni interessati sono le aree “riservate al verde pubblico urbano e di immobili di origine rurale destinati ad attività sociali e culturali, ceduti al Comune in esecuzione di convenzioni e di strumenti urbanistici attuativi”. La lettera b), prevede inoltre che possano essere oggetto di contratti di partenariato sociale la “gestione, manutenzione e valorizzazione di piazze e strade o interventi di decoro urbano e di recupero di aree e beni immobili inutilizzati, per destinarli a fini di interesse generale, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati che, all'uopo, beneficiano di incentivi fiscali direttamente attinenti alla attività svolta dal singolo o dalla associazione, o comunque utile alla comunità territoriale di riferimento”. Infine, come previsto dalla lettera c) può essere oggetto di tali contratti il “compimento di opere di interesse locale, da acquisire al patrimonio indisponibile dell'ente concedente, sulla base di progetti presentati da cittadini, singoli o associati, e a spese di questi ultimi; l'esecuzione delle opere è esente da oneri fiscali e amministrativi, salva l'imposta sul valore aggiunto”. Si dispone che la realizzazione di tali opere deve avvenire a spese dei cittadini, senza quindi oneri per l'ente, e che le stesse sono acquisite a titolo originario al patrimonio indisponibile dell'ente competente. L'istituto della realizzazione di opere di interesse locale, il cui precedente normativo è dato dall'art. 23 del d.l. n. 185/2008, prevede quindi che le proposte operative, di pronta realizzabilità, provengano da singoli o gruppi di cittadini organizzati, sempre nel rispetto della disciplina urbanistica, delle norme di tutela storico-artistica e paesaggistico-ambientale. L'incentivazione fiscale e il baratto amministrativoCon riferimento alle ipotesi previste dalle lett. a) e b), si prevede che l'ente possa riconoscere ai soggetti realizzatori incentivi fiscali. Ed è con riferimento a questo aspetto che, nella vigenza della precedente disciplina, si era posta la questione della sovrapponibilità con il baratto amministrativo di cui al previgente art. 190, che era stata risolta ritenendo che l'elemento che le differenziava maggiormente sembrava essere l'accessorietà del partenariato di gestione di cui alla lett. a) rispetto ai piani attuativi previsti dalla disciplina urbanistica, con possibilità di riconoscere la prelazione in sede di affidamento in favore dei proprietari (quindi non di qualsiasi cittadino attivo) che, per godere di tale privilegio devono costituire un consorzio che raccolga non meno di 2/3 della proprietà della lottizzazione. La scelta del nuovo codice è stata quella di non riproporre l'art. 190 e di ritenere il baratto amministrativo ricompreso nell'ambito del più generale partenariato sociale. L'istituto del baratto amministrativo entra nel panorama giuridico nazionale prima con il d.lgs. n. 23/2011, afferente la disciplina dell'imposta municipale secondaria, e poi con l'art. 24 del d.l. n. 133/2014 (c.d. decreto Sblocca Italia), convertito in l. n. 164/2014, abrogato dalla lett. m), art. 219 del Codice e sostituito dall'art. 190. L'art. 24 citato preveda che “I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L'esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell'esercizio sussidiario dell'attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”. L'istituto del baratto amministrativo, nella norma richiamata, prevedeva che i regolamenti comunali definissero le caratteristiche e le regole degli interventi dei cittadini, singoli o associati, purché collegati al territorio di riferimento, in una serie di attività di interesse generale. L'intervento della cittadinanza si configurava come sostitutivo di quello comunale. L'incentivo alla partecipazione scaturiva dal fatto che, in relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni potessero deliberare riduzioni o esenzioni di tributi (temporanee e comunque inerenti al tipo di attività posta in essere). Nel nuovo art. 201 rimane la necessità che tali incentivi siano previsti attraverso l'atto generale di cui al comma 4. Rimane altresì la necessità che il riconoscimento avvenga solo dopo la stipula del contratto con l'ente territoriale ed in questo la disciplina del previgente art. 190 è stata richiamata dalla giurisprudenza amministrativa per escludere la possibilità di esclusione o riduzione dei tributi nel caso in cui i cittadini provvedano autonomamente alla raccolta di rifiuti senza un previo concordamento con l'ente (T.A.R. Campania (Napoli) I, 9 gennaio 2019, n. 125). In merito alla disciplina di agevolazione tributaria, la nuova norma prevede che le riduzioni o esenzioni di tributi siano “corrispondenti al tipo di attività svolta”. Manca, pertanto, il riferimento alla temporaneità delle esenzioni (comunque recuperabile nell'atto generale e, più in generale, insito nelle caratteristiche dell'istituto stesso, in virtù del collegamento con l'attività svolta), e viene superata la priorità attribuita alle associazioni stabili e giuridicamente riconosciute nella concessione delle agevolazioni (norma che in effetti destava qualche perplessità). La determinazione delle singole prestazioni deve essere condotta sulla base di una interpretazione stretta: la normativa, infatti, non autorizza l'ente locale ad ammettere la riduzione o l'esonero dai tributi in relazione a qualsiasi intervento dei cittadini per la cura dei beni di interesse locale. L'attività a cui ricollegare il beneficio deve essere riconducibile solo a quelle enumerate, si ritiene tassativamente, dalla legge. L'art. 24 del decreto Sblocca Italia prevedeva che “l'esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell'esercizio sussidiario”. Tale ultima locuzione era intesa nel senso che il Comune poteva deliberare le agevolazioni solamente in riferimento ad attività rispetto alle quali si fosse astenuto dall'intervenire. Ora, pur nella mancanza di questo inciso nell'art. 201, la collocazione sistematica della norma porta a ritenere ancora vigente tale limite. Ciò comporta la possibilità di applicare il beneficio tributario solo in relazione allo svolgimento di quelle attività di interesse sociale dallo svolgimento per le quali l'ente locale non si sia assunto l'impegno ad intervenire, poiché, diversamente, l'ente territoriale si troverebbe ad accordare uno sgravio fiscale, che corrisponde all'accettazione di una riduzione delle entrate locali, nonostante il perdurante impegno, con relativi esborsi, nella gestione dell'attività in regime di condivisione con i privati. Ciò si rende necessario in quanto la riduzione dei tributi, che è il corrispettivo che l'ordinamento prevede per l'attività in parola, è soggetta al rispetto del principio della riserva di legge, ex art. 23 della Costituzione. Il concetto di “diretta attinenza” del tributo, per cui si prevede l'agevolazione, all'attività svolta dai cittadini (singoli o associati), dovrà essere valutato attentamente in sede di individuazione della agevolazione, e dovrà rispettare i canoni di ragionevolezza e corrispondenza tra beneficio reso ed agevolazione concessa. Non paiono, pertanto, esservi particolari limitazioni ai tributi per i quali potranno essere previste agevolazioni, purché le attività svolte siano legate ai presupposti impositivi propri di ciascun tributo. La formulazione ampia della disposizione lascia intendere che il collegamento tra la natura dell'attività ed i presupposti impositivi di ciascun tributo debba essere inteso in modo non rigido, nei limiti determinati dal rispetto del principio di ragionevolezza. Perciò, anche in considerazione nella limitata varietà di tributi locali, sarà da ammettere, ad esempio, che la riduzione o l'esenzione dal versamento della TARI (Tassa rifiuti) possa essere prevista per prestazioni di pulizia dei giardini pubblici; lo stesso si può dire in merito alla TASI (Tributo per i servizi indivisibili), trattandosi di un tributo gravante su servizi indivisibili forniti dall'ente territoriale. Ancora, in merito ad un progetto di riqualificazione di un bene immobile l'ente potrebbe disporre un'agevolazione sulla quantificazione dell'IMU (Imposta municipale unica). In merito, infine, alla quantificazione dell'agevolazione, occorrerà rifarsi a elementi di ragionevolezza nella quantificazione della agevolazione economica. È necessario correlare strettamente l'agevolazione alla attività svolta, il che presuppone la fissazione di precise metodologie di controllo. Sicuramente l'agevolazione fiscale dovrà essere connessa all'arco temporale di svolgimento delle attività, e potrà essere rivolta sia ai cittadini uti singuli che all'associazione. L'ente locale deve motivare la decisione, indicando i presupposti di fatto che ha ritenuto rilevanti ai fini della valutazione ed i criteri che ha ritenuto di adottare ai fini della quantificazione. In caso di incapienza del tributo, ossia di scostamento positivo tra il valore dell'attività di interesse sociale e il valore del tributo non riscosso, non si esclude che l'agevolazione possa estendersi, per la differenza, a favore dei singoli soggetti che compongono l'associazione, qualora la prestazione sia prestata in tale forma. I regolamenti locali dovrebbero disciplinare anche tali situazioni. In osservanza del principio di responsabilità, deve essere assicurata la corrispondenza effettiva tra il quantum del beneficio e della prestazione attraverso un sistema di monitoraggio che l'ente locale deve necessariamente allestire. Si tratta di un aspetto fondamentale che gli enti territoriali non devono trascurare posto che il riscontro di uno scostamento tra i due valori produce conseguenze rilevanti su più fronti. Il privato, infatti, deve effettivamente prestare l'attività e lo deve fare nella misura convenuta: laddove costui si riveli inadempiente, anche solo parzialmente, dovrà esigersi il pagamento dell'obbligazione tributaria senza riduzioni o con riduzioni riproporzionate. La previsione a monte di uno scambio squilibrato a favore della parte privata o il mancato controllo sulla prestazione, tale da garantirne la misura, può essere fonte di responsabilità amministrativa del funzionario pubblico. Spetterà ai regolamenti stabilire i requisiti previsti per accedere all'istituto, risultando dalla prassi, una certa omogeneità nel subordinare l'ammissione ai requisiti della maggiore età e della sede o residenza nel comune interessato e di attribuire rilevanza allo status reddituale, famigliare o di salute del cittadino. I limiti delle agevolazioni fiscaliIncidendo sui tributi locali era evidente che la precedente disciplina, in particolare con riferimento all'istituto del baratto amministrativo, coinvolgesse in prima battuta il giudice contabile, il quale ha enunciato principi che sembrano valere anche per la nuova disciplina in commento. Una pronuncia della Corte dei conti, in sede di controllo, ha meglio delineato le caratteristiche ed i limiti del baratto amministrativo. Con la deliberazione n. 27 del 23 marzo 2016 infatti, la Sezione Regionale di Controllo per l'Emilia-Romagna, rispondendo alla richiesta di parere formulata dal comune di Bologna, ha in primo luogo chiarito che il baratto amministrativo deve essere disciplinato, come ora prevede espressamente il comma 4 dell'art. 201, da un apposito regolamento deliberato dall'ente locale, con il quale vengono fissati criteri e condizioni dello stesso. Tuttavia, nella pronuncia in argomento, la Corte dei conti ha escluso che, attraverso tale istituto, sia possibile ottemperare al pagamento di tributi locali pregressi, in quanto in tale ipotesi mancherebbe il requisito dell'inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati, e inoltre questo potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio. L'orientamento della magistratura contabile va quindi nella direzione di consentire la possibilità di deliberare riduzioni e/o esenzioni solo per tributi connessi inequivocabilmente all'attività sussidiaria posta in essere dai cittadini, escludendo qualsivoglia estensione dell'ambito delle agevolazioni anche ai debiti pregressi. Per il giudice contabile “non si ritiene, viceversa, ammissibile la possibilità di consentire che l'adempimento di tributi locali, anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell'ente medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in essere una delle attività previste dalla norma e relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale”. Infatti, “tale ipotesi non solo non rientrerebbe nell'ambito di applicazione della norma, in quanto difetterebbe il requisito dell'inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati, elementi che, peraltro, devono essere preventivamente individuati nell'atto regolamentare del Comune, ma potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi dell'ente”. La pronuncia della Corte dei Conti sicuramente esprime in primo luogo la preoccupazione di garantire al meglio la solidità del bilancio dell'ente locale, che vedrebbe diversamente venir meno risorse finanziarie già iscritte a bilancio, benché ancora da incassare, ma contribuisce anche a chiarire meglio i confini dell'Istituto in trattazione. Pertanto, si deve ritenere che la riduzione del tributo debba essere inerente all'attività svolta anche ratione temporis. Tuttavia, tale limitazione sembrerebbe non escludere agevolazioni per i cittadini che hanno contributi comunali non pagati nell'annualità in corso, venendo meno i paletti posti dal giudice contabile. Sempre il giudice contabile ha altresì precisato che “la prestazione offerta dal cittadino [...] non solo deve corrispondere, in valore alla misura delle imposte locali agevolate, ma la relativa delibera assunta dall'ente pubblico territoriale deve altresì motivare la decisione di avvalersi dell'istituto del baratto sulla base di un'attenta valutazione di tutti gli interessi coinvolti che dimostri la convenienza, anche economica, della scelta effettuata” (Corte Conti, sez. reg. controllo Veneto deliberazione n. 313/2016); pertanto l'ente territoriale, oltre che deliberare un regolamento che disciplini l'applicazione dell'istituto, deve motivare la scelta di utilizzarlo, dimostrando la convenienza anche economica (Corte Conti, sez. reg. controllo Veneto deliberazione n. 313/2016). Sull'inquadramento giuridico delle prestazioni rese in compensazione e l'esclusione dell'applicabilità alle imprese si è stabilito che “la prestazione lavorativa rientrante nel computo delle spese di personale non può che essere quella resa nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego legalmente instaurato nei modi e nelle forme previste dalla legge” e che la norma non si può applicare alle imprese, considerato il “rischio dell'elusione delle regole di evidenza pubblica e dell'obbligo del confronto concorrenziale”. Se l'istituto tende a promuovere la collaborazione del cittadino, singolo o associato, alle attività di prestazione dell'amministrazione pubblica, quali la manutenzione e rigenerazione di spazi urbani, nella prospettiva della valorizzazione della partecipazione cittadina, si può in astratto comprendere anche la previsione della corrispondenza delle riduzioni o esenzioni dei tributi al tipo di “attività svolta dal privato o dall'associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un'ottica di recupero del valore sociale della prestazione dei cittadini alla stessa” (art. 190). Più di recente il giudice contabile si è pronunciato sulla applicabilità dell'istituto anche ai crediti di natura extra-tributaria connessi all'erogazione di servizi pubblici o prestazioni a domanda individuale. Nella Delibera 29 gennaio 2020, n. 2/SEZAUT/2020/QMIG, la Corte dei conti-sez. Autonomie si così pronuncia sulla questione di massima proposta (nello stesso senso, cfr. Delibera n. 21 del 21 febbraio 2020 della Corte dei conti Lombardia): “È compito dell'ente locale favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini prevista dal quarto comma dell'art. 118 della Costituzione, anche attraverso la predeterminazione di fattispecie convenzionali tipizzate dirette allo svolgimento di attività socialmente utili nella gestione di aree e beni immobili, da compensare con la riduzione o l'estinzione di crediti extratributari disponibili. Qualora i crediti vantati dall'ente traggano origine da prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 della Costituzione, l'esercizio di detto potere discrezionale può espletarsi entro gli spazi che la norma primaria rimette alla determinazione degli enti in sede attuativa. Nei predetti ambiti applicativi, la disciplina dell'istituto del baratto amministrativo prevista dall'art. 190, d.lgs. n. 50/2016, non è suscettibile di interpretazione analogica e può essere applicata alle sole ipotesi di riduzione e/o estinzione di crediti di natura tributaria. Nella disciplina regolamentare deve essere, comunque, assicurato il rispetto sia dei principi di legalità, trasparenza, imparzialità e buon andamento, sia delle regole di contabilità pubblica e di salvaguardia dei vincoli e degli equilibri finanziari”. BibliografiaDe Nictolis, Il partenariato sociale. Gli interventi di sussidiarietà orizzontale e il baratto amministrativo ex artt. 189-190, Codice dei contratti pubblici, Roma, 2021; Falsitta, Natura e funzione dell'imposta, con speciale riguardo al fondamento della sua «indisponibilità», in La Rosa (a cura di), Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario, Milano, 2008, 45 ss.; Mulazzani, La collaborazione pubblico-privato e la sussidiarietà orizzontale da principio a modello efficace per lo sviluppo, Bari, 2020; Trimarchi Banfi, Teoria e pratica della sussidiarietà orizzontale, in Dir. amm., 2020, 3 ss. Musolino, Il «baratto amministrativo» nel nuovo codice dei contratti pubblici: le pubbliche amministrazioni alla prova del partenariato civico (commento al d.leg. 18 aprile 2016 n. 50), in Riv. trim. app., 2016, 347 ss.; S. Villamena, «Baratto amministrativo»: prime osservazioni, in Riv. giur. edil., 2016, 385; Pula, Il baratto amministrativo: profili giuslavoristici, in Diritto delle r elazioni i ndustriali, 2017, 336 ss. |