Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 204 - Contraente generale.Codice legge fallimentare Art. 194 Contraente generale. 1. L'affidamento dei servizi globali al contraente generale si realizza mediante la conclusione di un contratto che obbliga l'operatore economico a compiere un'opera e a perseguire un determinato risultato amministrativo indicato nel bando e nel contratto, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio in cambio di un corrispettivo determinato in base al risultato ottenuto e alle prestazioni rese. L'affidamento al contraente generale è deciso dall'ente concedente tenendo conto della complessità e della eterogeneità delle prestazioni richieste e della esigenza di perseguire un risultato amministrativo di elevata qualità ed efficacia, e sempre che l'importo dell'affidamento non sia inferiore a 100 milioni di euro. 2. I rapporti tra soggetto aggiudicatore e contraente generale sono regolati, oltre che dal bando di gara e dal contratto, dalle disposizioni del codice sui contratti di appalto e di concessione. 3. Il contraente generale è tenuto fra l'altro: a) a redigere il progetto esecutivo, in conformità del progetto di fattibilità tecnico-economica redatto dal soggetto aggiudicatore, e a compiere le attività strumentali alla sua approvazione; b) ad assicurare il prefinanziamento, in tutto o in parte, dell'opera; c) a comunicare costantemente al soggetto aggiudicatore le informazioni necessarie a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa. 4. Il contratto può prevedere che: a) l'operatore economico abbia la qualità di autorità espropriante, come definita dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, con il potere di espropriare e di curare il relativo procedimento; b) l'operatore economico individui i modi di gestione dell'opera e di selezione dei soggetti cui tale gestione può essere affidata. 5. L'ente concedente redige il progetto di fattibilità tecnico-economica e approva il progetto esecutivo e le sue varianti. 6. Il bando di gara e il contratto stabiliscono: a) i criteri di determinazione e di riduzione del corrispettivo spettante al contraente generale in base al risultato ottenuto e alle prestazioni rese; b) i modi e i tempi di pagamento del corrispettivo, che in ogni caso avviene dopo il collaudo per la parte relativa ai lavori realizzati con anticipazione; c) le risorse proprie del contraente generale ai sensi del comma 14; d) i modi di attribuzione alle parti degli eventuali oneri sopravvenuti, incidenti sul corrispettivo e derivanti da disposizioni normative o da provvedimenti di altre autorità; e) le misure idonee a prevenire tentativi di infiltrazione e condizionamento mafiosi e i relativi costi, non sottoposti a ribasso d'asta. 7. Il rischio derivante dalle varianti del progetto richieste dall'ente concedente, o cagionate da forza maggiore o da provvedimenti di altre autorità, è a carico dell'ente concedente. 8. Il rischio derivante da varianti cagionate da omissioni, inesattezze o errori del progetto esecutivo è a carico del contraente generale. 9. Fuori dei casi previsti dai commi 7 e 8, l'operatore economico comunica le varianti del progetto all'ente concedente per consentire a quest'ultimo di opporsi quando queste alterino le caratteristiche specifiche dell'opera, o i modi o i tempi del suo compimento, o in ogni caso modifichino il risultato amministrativo dedotto nel contratto. 10. Alle varianti del progetto non si applicano le disposizioni del codice che consentono l'uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. 11. Il contraente generale può eseguire le prestazioni dedotte in obbligazione anche costituendo una società di scopo, a cui possono partecipare soggetti dotati di idonei requisiti di professionalità, ivi compresi gli investitori istituzionali di cui all'articolo 193, comma 1, quarto periodo, preventivamente indicati al momento della partecipazione alla gara. La società di scopo è disciplinata dall'articolo 194 oltre che dalle disposizioni seguenti. 12. Se non è diversamente stabilito nel contratto, il contraente generale o i diversi soggetti che lo compongono sono solidalmente responsabili con la società di scopo per l'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali. In alternativa, la società di scopo può fornire all'ente concedente garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme percepite in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le garanzie cessano quando è emesso il certificato di collaudo dell'opera. La cessione di crediti del contraente generale e della società di scopo è regolata dalle disposizioni del codice sulla cessione di crediti da corrispettivo di appalto e concessione. 13. Il contraente generale può eseguire le prestazioni contrattuali anche affidandole a terzi, in possesso dei richiesti requisiti di qualificazione, ai quali non possono essere imposti obblighi e oneri ulteriori rispetto a quelli che gravano sul contraente generale nei rapporti con l'ente concedente. I terzi affidatari possono procedere al sub affidamento, nei modi e nei limiti previsti per gli appalti di lavori pubblici. Si applicano le norme sul subappalto. 14. Il bando e il contratto determinano la quota di valore dell'opera che deve essere realizzata con anticipazione di risorse del contraente generale. Il contraente generale o la società di scopo, per finanziare tale quota, possono emettere obbligazioni, previa autorizzazione degli organi di vigilanza, anche in deroga ai limiti previsti dall'articolo 2412 del codice civile. L'ente concedente garantisce il pagamento delle obbligazioni emesse, nei limiti del proprio debito verso il contraente generale, nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. 15. L'ente aggiudicatore versa il corrispettivo delle prestazioni rese e prefinanziate dal contraente generale con la emissione di un certificato di pagamento esigibile alla scadenza del prefinanziamento secondo le previsioni contrattuali. Il certificato di pagamento costituisce definitivo riconoscimento del credito del finanziatore cessionario per i soli crediti di cui al presente comma ceduti a fronte di finanziamenti senza rivalsa o con rivalsa limitata. Al cessionario non è applicabile alcuna eccezione di pagamento delle quote di prefinanziamento riconosciute, derivante dai rapporti tra debitore e creditore cedente, ivi inclusa la compensazione con crediti derivanti dall'adempimento dello stesso contratto o con qualsiasi diverso credito nei confronti del contraente generale cedente. 16. Il bando e il contratto indicano il termine finale di pagamento dei crediti riconosciuti definitivi ai sensi del comma 15, nei casi di mancato o tardivo raggiungimento del risultato dedotto in contratto. 17. Il riconoscimento definitivo del credito non opera quando le garanzie per l'esecuzione di lavori di particolare valore, come disciplinate dal codice, si sono ridotte o quando la riduzione è espressamente prevista, salvo che sia ripristinata la garanzia o eliminata la previsione di riduzione. 18. L'ente concedente, nei modi previsti dal bando o dal contratto, controlla le prestazioni del contraente generale e lo svolgimento dei lavori e verifica prima della consegna l'opera compiuta e il risultato ottenuto, eventualmente proponendo le necessarie modificazioni e varianti, sempre che queste non alterino caratteristiche specifiche dell'opera e del risultato indicate nel bando e nel progetto di fattibilità tecnico-economica. L'ente concedente nomina il direttore dei lavori e i collaudatori ed effettua il collaudo. InquadramentoGli artt. da 203 a 207 definiscono la disciplina dell'istituto del contraente generale, in termini che differiscono in misura molto limitata rispetto alla regolamentazione previgente. L'articolo in commento sostituisce l'articolo 194, senza che la configurazione dell'istituto ne esca, nella sostanza, trasformata. Più in particolare, come riportato nella Relazione Illustrativa, ne viene parzialmente modificata la definizione (comma 1); viene semplificata – solo sul piano formale – la configurazione dei rapporti tra committente e contraente generale (vedasi comma 2 che modifica il comma 4 dell'articolo 196 del codice del 2016); così come, sempre nella logica di una semplificazione, l'elenco delle prestazioni che incombono sul contraente generale viene limitato solo a quelle essenziali, considerandosi quelle intrinsecamente strumentali alla esecuzione della prestazione principale, come naturalmente ricomprese nell'oggetto contrattuale, pur in assenza di espressa indicazione. Sul piano formale, la positivizzazione dell'istituto del contraente generale nel nostro ordinamento è da ricondurre alla l. n. 443/2001 (legge delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive; cd. Legge obiettivo). Questo provvedimento – che, oltre al contraente generale, disciplinava anche la concessione di costruzione e gestione e la finanza di progetto – assumeva la portata di una disciplina speciale a contenuto derogatorio rispetto a quella generale. Il relativo ambito oggettivo di applicazione, infatti, era circoscritto alle sole grandi infrastrutture ai grandi insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, con l'obiettivo di accelerarne la realizzazione attraverso la definizione di moduli procedurali semplificati e privilegiati (in particolare, per la redazione e approvazione dei progetti, per le procedure di valutazione di impatto ambientale, per sistemi di realizzazione degli interventi e per le procedure di scelta del contraente), demandando la effettiva e compiuta operatività degli schemi procedurali previsti ad alcuni provvedimenti di attuazione. Con la l. n. 443/2001 e con i provvedimenti delegati – in primis il d.lgs. n. 190/2002 – era stata, in sostanza, introdotta una sorta di legislazione parallela a quella ordinaria applicabile alla generalità degli interventi, rispetto alla quale la legislazione speciale si caratterizzava per un ambito oggettivo di applicazione estremamente più ridotto, limitato ad alcune infrastrutture considerate strategiche (da individuarsi a mezzo di un programma predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e del Trasporti, d'intesa con i ministri competenti e le regioni o le province autonome interessate), inserite previo parere del CIPE e previa intesa della conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281/1997, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Il presupposto per ricadere nell'ambito di applicazione della disciplina non era da rinvenirsi nel carattere pubblico dell'infrastruttura né tantomeno nella titolarità della competenza, statale o regionale, quanto nella portata e natura dell'interesse pubblico alla realizzazione di tali opere: le infrastrutture dovevano essere strategiche e di preminente interesse nazionale; il termine strategico non ha valenza giuridica quanto piuttosto economico programmatica (Carullo, Iudica, 1369). L'obiettivo era quello di dare corso, in tempi, rapidi ad un programma di rilancio delle politiche di intervento idonee a porre il nostro paese in condizione, se non di superare, quanto meno di ridurre il livello di sottodotazione infrastruttrale. Uno degli obiettivi prioritari dell'intervento normativo del 2001, infatti, era “quello di dotare finalmente l'Italia di una rete di infrastrutture in grado di soddisfare le esigenze di cui il nostro tessuto necessita. Questo è un obiettivo che si rende ancor più evidente a causa della manifesta arretratezza dell'Italia in tal senso se paragonata alla restante realtà europea. Nella classifica europea siamo retrocessi, negli ultimi decenni, di molti posti. Siamo, comunque, cinque punti sotto la media europea (...): ben tredici regioni italiane hanno un livello di dotazione inferiore alla media” (Martinat, 1166). In questo quadro, l'istituto dell'affidamento a contraente generale assumeva un particolare rilievo, configurando un sistema incentrato sull'individuazione di un centro unitario di imputazione di responsabilità, cui competeva, anche in forza del trasferimento di una serie di compiti – di regola – affidati alla pubblica amministrazione (ivi compresa la direzione lavori e i collaudi), l'obbligazione di risultato di eseguire “chiavi in mano” l'intervento infrastrutturale nei tempi e nei costi prestabiliti. Ne derivava, nella sostanza, una compressione del ruolo della stazione appaltante cui venivano sottratti compiti tipici invece ordinariamente espletati negli appalti pubblici. L'impostazione della disciplina – sempre circoscritta solo alla realizzazione di alcune opere pubbliche individuate quali prioritarie – fu mantenuta anche nel d.lgs. n. 163/2006 (Capo IV del Titolo III), che ha riprodotto, nella sostanza, quanto previsto nella l. n. 443/2001 e nel d.lgs. n. 190/2002. La portata derogatoria di tali norme era, in una qualche misura, attenuata dal rinvio alle previsioni di carattere generale, applicabili per quanto non diversamente disposto (pur se analoga era, nella sostanza, anche l'impostazione del d.lgs. n. 190/2002, che disponeva, in via residuale, l'applicazione delle norme della l. n. 109/1994, per quanto non altrimenti stabilito; in questo senso, Carullo, Iudica, 1367). In altri termini, le infrastrutture strategiche costituivano, nel sistema delineato dal Codice del 2006, una species nell'ambito del genus opere pubbliche (Galli, 318). Da altri, è stato, invece, escluso che si potesse continuare a parlare di disciplina derogatoria per le opere a rilevante impatto strategico in quanto, con il d.lgs. n. 163/2006, sarebbe stata introdotta una vera e propria disciplina ordinaria per le sole opere a rilevante impatto strategico (Botto, 295). Del tutto diverso era stato, invece, l'approccio del Codice del 2016. In primo luogo, infatti, la legge delega (n. 11/2016) aveva ripristinato un assetto dei ruoli e delle competenze maggiormente idoneo ad evitare squilibri tra le prerogative del committente e quelle dell'esecutore dei lavori [escludendo che i compiti di responsabile e direttore dei lavori possano essere affidati al contraente generale o a soggetti collegati (v. art. 1, lett. ll), della legge delega n. 11/2016) e prevedendo l'obbligo per il contraente generale di adottare forme di contabilità e di collaudo analoghe a quelle ordinarie]. In sostanza, secondo una tendenza confermata anche dall'attuale Codice, l'iniziale marcata impostazione civilistica, che caratterizzava la disciplina del contraente generale, in ragione della necessità di individuare uno strumento di semplificazione ed accelerazione, si è andata, via via, assottigliando a favore del recupero di un'impostazione pubblicistica, con la sottrazione, da ultimo, dall'alveo della disciplina civilistica dei rapporti tra contraente generale e terzi (v. anche, comma 13 dell'art. 204 del Codice). Le origini del contraente generale nella prassi internazionale e nell'esperienza nazionaleL'esperienza internazionale L'affidamento ad un unico soggetto del compito di realizzare un'opera chiavi in mano costituisce schema negoziale di origine anglosassone, con il quale il contraente si impegna a svolgere tutte le attività connesse alla esecuzione di un'opera: dalla progettazione, alla assistenza tecnica e gestionale, al finanziamento sino alla vera e propria realizzazione dell'opera. La figura ha origine nel sistema statunitense in cui, a partire dagli anni settanta del secolo scorso, alcune misure dirette a ridurre la dipendenza del Paese dalla fluttuazione del prezzo del petrolio imposero alle imprese pubbliche di acquistare elettricità da produttori indipendenti. In mancanza dei necessari capitali e di adeguato know out, i produttori iniziarono a rivolgersi a società di ingegneria che fossero in grado di anticipare le risorse necessarie e che si facessero anche carico del rischio connesso alla realizzazione di intere opere. Questi soggetti (turnkey EPC contractors) gestivano “tutti gli aspetti dell'opera connessi alla progettazione, all'ingegnerizzazione, al reperimento dei materiali e ai lavori, in cambio del pagamento di un prezzo predeterminato” (Parisi, 606). Lo schema si è poi diffuso a livello globale, anche grazie anche alla presenza di modelli di contratti standard ad opera di organismi internazionali (tra cui, principalmente, la Federation Internationale des Ingenieurs Conseils - FIDIC), con l'obiettivo di individuare best practice e ridurre il contenzioso sull'interpretazione delle clausole contrattuali. La scelta di individuare una unica unità organizzativa con competenze multidisciplinari, progettuali ed esecutive, necessarie per la realizzazione dell'opera ha rappresentato, in sostanza, una soluzione organizzativa idonea a garantire adeguatamente i committenti su tempi di realizzazione, costi e qualità (Parisi, 606). La peculiarità di questa figura e il suo plus risiedono nella gestione unitaria ed efficiente delle attività, mediante una metodologia tipizzata del project management (Mascolini, 491). Il ricorso al contraente generale si giustifica anche in ragione delle connotazioni proprie di tale figura che aggiunge ai requisiti tradizionali dell'appaltatore anche quelli di un soggetto capace di svolgere le fasi di progettazione e di acquisizione dei permessi, nonché di coordinare i vari soggetti coinvolti (Giuffre', Sterrantino, 94). Questo tipo di contratto ha per oggetto la realizzazione di tutti i lavori necessari per la consegna di un'opera in grado di funzionare (fit for purpose). Il contraente generale ha la responsabilità della progettazione dell'opera, oltreché della sua realizzazione e messa in funzione. L'esperienza nazionale In sede nazionale, anteriormente all'intervento regolatorio della Comunità Europea (ed in particolare anteriormente alla Direttiva 1989/400/CE, che ha ricondotto nella nozione di appalto la fattispecie della realizzazione con qualsiasi mezzo), obiettivi tendenzialmente analoghi erano stati conseguiti mediante il ricorso all'istituto della cd. concessione di sola costruzione. La concessione di sola costruzione si caratterizzava per l'affidamento al concessionario di una serie di prestazioni ulteriori (collaterali e aggiuntive) ed in gran parte di natura strumentale, estranee rispetto allo schema tipico dell'appalto. Nell'ambito della concessione era riconducibile anche la concessione di prestazioni integrate (legge n. 80/1987), utilizzata per i lavori di potenziamento della rete ferroviaria nazionale, con la quale al concessionario venivano affidati anche attività di progettazione dell'opera e compiti complementari, quali, ad esempio, l'acquisizione di pareri e nulla osta (Basile, 305; Cianflone, Giovannini, 301). Prima ancora che trovasse una compiuta regolamentazione sul piano nazionale, all'istituto del contraente generale è stato fatto ricorso per avviare il programma dell'Alta Velocità ferroviaria, previsto dal piano generale dei trasporti del 1991. Con atto di concessione, Ferrovie dello Stato aveva infatti affidato alla società Treno Alta Velocità spa – appositamente costituita ed inizialmente partecipata per il 40% dalla stessa Ferrovie dello Stato e per il restante 60% da privati – la progettazione, la costruzione e lo sfruttamento economico del sistema Alta Velocità. Per la realizzazione di ciascuna delle tratte programmate, era previsto che la società TAV avvalesse di general contractor, ciascuno garantito dai principali gruppi industriali italiani. I contraenti generali erano chiamati a garantire – su base chiavi in mano e a prezzo forfettario – che le opere e le prestazioni da realizzare fossero caratterizzate da adeguati standard di qualità e funzionali. I general contractors selezionati senza gara si erano inoltre impegnati ad adempiere alle obbligazioni contrattuali mediante i propri consorziati e mediante affidamento a società e imprese terze di prestazioni, lavori e opere per un importo non inferiore al 40% del valore delle infrastrutture da realizzare. Nella sua costruzione complessiva, l'operazione presentava profili di originalità – a loro volta oggetto di ampia analisi – che, in alcuni casi, sono stati riproposti nella normativa successivamente adottata, con alcuni correttivi dettati dall'esperienza sul campo. Il precedente storico dell'Alta Velocità risulta “contrassegnato da una concatenazione piramidale, a partire dal concedente per arrivare alle imprese appaltatrici”. In particolare, il rapporto tra Ferrovie dello Stato (concedente) e la società TAV è stato qualificato come concessione e gestione e a quest'ultima è stato consentito di avvalersi appunto di general contractors, “secondo un modello di committenza ritenuto, sì atipico, ma comunque ammissibile in base ad una lettura dell'art. 1322 scevra pregiudizi ideologici in ordine ai limiti inderogabili di ordine pubblico imposti dalla disciplina pubblicistica in materia” (Botto, 294). Più nello specifico, nell'ambito dell'esperienza Alta Velocità, il ricorso all'istituto del contraente generale mediante l'affidamento diretto a tre consorzi, per ciascuna delle tratte a suo tempo avviate, fu reso possibile dalla collocazione temporale dell'operazione: da un lato, la circostanza che i lavori fossero funzionali al settore del trasporto ferroviario escludeva che gli affidamenti potessero essere ricondotti nell'ambito della Direttiva n. 1989/440/CEE relativa ai settori ordinari e dalla cui sfera di operatività erano appunto esclusi gli appalti affidati nei settori dell'acqua, dei trasporti e dell'energia; dall'altro, la circostanza che gli affidamenti tra la società Tav e i contraenti generali fossero stati realizzati, anteriormente alla sua data di entrata in vigore (1° gennaio 1993) ha escluso al tempo stesso che agli affidamenti in questione dovesse trovare applicazione la disciplina speciale prevista per tali settori (direttiva 1990/531/CEE, cfr. Cons. St. II, parere n. 570/1991; in dottrina, Amorosino, 198; Botto, 294; Damonte, Galli, 294). Il rapporto tra la società concessionaria e i contraenti generali è stato qualificato come contratto innominato di servizi avente natura e contenuto complessi (v. Cons. St. II, parere n. 570/1991). Da un lato, per le prestazioni che i contraenti generali dovevano eseguire in proprio, ricorrevano gli elementi del contratto di appalto; dall'altro, per le attività per le quali il contraente generale si era assunto l'obbligo di ricorrere a terzi (40% del lavori), il rapporto era configurabile come contratto di committenza che – ancorché non previsto nel nostro ordinamento all'epoca in cui le convenzioni furono concluse – doveva ritenersi ammissibile quale espressione di autonomia privata per il perseguimento di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. Il contratto tra TAV e contraenti generali, per ciò che riguarda i lavori da far eseguire a terzi, è (ferma restando la responsabilità dei contraenti generali nei confronti della TAV) un contratto di committenza, con la conseguenza che il contratto concluso tra il contraente generale e le imprese terze doveva considerarsi come un contratto di appalto e non di subappalto (Cons. St., Ad. Gen., n. 95/1993). Questa ricostruzione che configurava il rapporto TAV-general contractor per la parte dei lavori da far eseguire a terzi come contratto di committenza e, conseguentemente, il rapporto tra contraente generale e imprese terze, come un rapporto di primo livello, era anche funzionale a superare alcune limitazioni legate al divieto di subappalto a cascata stabilito dalla disciplina all'epoca vigente (art. 18, l. n. 55/1990). Infatti, qualora i rapporti tra contraente generale e imprese terze fossero stati effettivamente considerabili come di secondo livello, sarebbe stata preclusa a queste ultime ogni ulteriore forma di (sub) affidamento (Damonte, Galli, 60). Per quanto riguarda i rapporti tra contraente generale e imprese terze, a questi dovevano trovare applicazione le disposizioni contenute nella disciplina comunitaria e nazionale di recepimento, qualora detti contratti fossero stati stipulati successivamente alla data di entrata in vigore di quest'ultima. E ciò sia in ragione della diretta riferibilità della disciplina sia in ragione dell'impegno assunto dal contraente generale di osservare detta disciplina in quanto applicabile (Cons. St., Ad. Gen., n. 95/93). Il modello dell'Alta Velocità ha anticipato sotto più aspetti la futura regolamentazione dell'istituto del contraente generale ed alcuni dei profili problematici emersi, ad esempio, sulla configurazione giuridica del rapporto tra contraente generale e soggetti terzi sono stati oggetto di soluzione normativa. Rileva Botto, 294, come la legge obiettivo abbia introdotto alcune correzioni di rotta dettate dall'esperienza maturata sul campo, quale una migliore puntualizzazione dei rapporti tra general contractors e i terzi, onde evitare di incappare nelle rigide maglie della disciplina del subappalto. Vedasi anche Basile, 305 ss., secondo cui è possibile un accostamento tra la figura del contraente generale e l'istituto della concessione di sola costruzione, quale mezzo per la realizzazione di opere pubbliche da parte di imprese private, caratterizzato dall'affidamento a queste ultime di una serie di compiti preparatori e strumentali che, nel caso del classico appalto, rimanevano in capo ai committenti. Sul piano pratico, al di là dell'esperienza dell'Alta Velocità, l'istituto non ha avuto prima dell'entrata in vigore della legge Obiettivo nessuna altra occasione di utilizzo in ragione di alcune limitazioni previste nella disciplina nazionale. La l. n. 109/1994 (legge quadro in materia di lavori pubblici) si ispirava, infatti, a criteri ben diversi: i soli sistemi per la realizzazione di lavori pubblici erano quelli dell'appalto e della concessione di lavori pubblici (oltre a quello dei lavori in economia); nell'oggetto dell'appalto non era ricompresa la realizzazione con qualsiasi mezzo, mentre vi rientrava la mera esecuzione di lavori e opere e l'affidamento della progettazione esecutiva congiuntamente all'esecuzione, in un primo tempo addirittura vietato, era ammesso solo in casi espressamente previsti; permanevano, inoltre, una serie di vincoli in tema di affidamento a terzi quali il divieto alla subappaltabilità totale dell'opera e il divieto di subappalto a cascata. Quanto al possibile oggetto del contratto di appalto, considerazioni diverse valevano per i lavori nei settori speciali, per i quali esisteva maggiore duttilità: il d.lgs. n. 158/1995, infatti, non predefiniva in via tassativa i sistemi di realizzazione dei lavori pubblici e non stabiliva alcuna limitazione rispetto all'oggetto del contratto di appalto che poteva avere indifferentemente ad oggetto la mera esecuzione, l'esecuzione con qualsiasi mezzo e la realizzazione con qualsiasi mezzo. Rimanevano, tuttavia, a impedire il ricorso all'istituto del contraente generale, nell'ambito dei settori speciali, le limitazioni in tema di subappalto (Botto, 292; Damonte, Galli, 47; Chirulli, 954). La scarsa duttilità della impostazione della legge n. 109/1994aveva spinto gli operatori a ricorrere a strumenti atipici, forzando, in via interpretativa, i limiti imposti dalla legislazione ordinaria, utilizzando altre figure negoziali, tra le quali, ad esempio, la vendita di cosa futura e il leasing immobiliare. Se, da un lato, sotto il profilo della normativa europea, non sembra possa escludersi la loro riconducibilità nell'ambito della nozione di appalto di lavori (e segnatamente nella fattispecie della realizzazione con qualsiasi mezzo), sul piano del diritto interno, la circostanza che la legge n. 109 non prevedesse tali possibili modalità realizzative nell'ambito del possibile oggetto del contratto d'appalto, ha reso il quadro particolarmente complesso. In altri termini, istituti che, nell'impostazione comunitaria, sarebbero stati ricondotti nella terza tipologia del contratto di appalto di lavori, hanno trovato occasione di utilizzo in virtù di “soluzioni innovative”, sfruttando gli interstizi reali o ipotetici, ricavabili da interpretazioni (più o meno) sistematiche della disciplina di settore (Botto, 294). La normativa contenuta nella l. n. 109/1994 non comportava una preclusione assoluta rispetto all'utilizzo dell'istituto della vendita di cosa futura (art. 1472 c.c.), che si distingue dal contratto di appalto per un diverso oggetto contrattuale di dare, nel primo caso; di facere, nel secondo. Da ciò, la possibilità di non applicare la normativa in tema di lavori pubblici che trova fondamento nell'esistenza di un contratto di facere (Cons. St., Ad. Gen., n. 2/2000). “Peraltro, con uno scrupolo di probabile consapevolezza della portata eversiva di tale ricostruzione” – dopo aver concluso per l'ammissibilità della vendita di cosa futura anche per la realizzazione dei opere pubbliche – lo stesso Consiglio di Stato ne ha circoscritto la possibilità di utilizzo a numerose cautele procedimentali, tali da ridurne notevolmente la reale fattibilità: in particolare, la scelta dell'area su cui realizzare l'opera doveva essere preceduta da una gara informale; lo schema di contratto doveva contenere una adeguata indicazione degli obblighi del venditore ed evitare di clausole che potessero far confondere la figura dell'amministrazione acquirente con quella di un'amministrazione appaltante (Botto, 295). Considerazioni non dissimili dovevano valere con riguardo alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di ricorrere all'istituto del leasing immobiliare, in cui una parte (concedente) mette a disposizione di un'altra (utilizzatore) un bene immobile, per un periodo di tempo determinato; alla scadenza di tale periodo, l'utilizzatore è in facoltà di acquisire la proprietà dell'immobile dietro versamento di un importo stabilito all'atto della stipula del contratto stesso. L'immobile, oggetto del contratto di leasing, può preesistere al contratto stesso ovvero essere realizzato (anche indirettamente) dal concedente su indicazione dell'utilizzatore. In un primo tempo, l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici (del. 4 novembre 2002, n. 337) ne aveva escluso la legittimità per contrasto con l'art. 19 della l. n. 109/1994, in quanto tale disposizione limitava gli strumenti per la realizzazione di opere pubbliche alla concessione e all'appalto di mera esecuzione e solo in casi determinati ammetteva l'appalto integrato e i lavori in economia). In secondo luogo, la stessa norma (comma 3) vietava alle pubbliche amministrazioni l'affidamento a soggetti di diritto pubblico o privato l'espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici. In un momento, successivo, la Autorità si è pronunciata su un bando di gara pubblicato dall'allora Ministero di Grazia e Giustizia per l'affidamento del servizio di locazione finanziaria immobiliare in costruendo per l'acquisizione di un istituto penitenziario. In questo caso, l'Autorità ha fatto appunto leva sulla peculiarità della fattispecie, per la quale esisteva un regime normativo speciale (art. 6, d.l. 11 settembre 2002, n. 201 convertito in l. n. 259/2002 e art. 145, comma 34, lett. c), legge dicembre 2000, n. 388), che consentiva l'utilizzo di strumenti giuridici quali la permuta e la locazione finanziaria per la acquisizione di nuovi edifici penitenziari; ed ha ritenuto che l'interesse preminente dell'amministrazione sarebbe stato quello di ottenere il finanziamento necessario ad acquisire la disponibilità di beni strumentali all'esercizio della propria attività, per cui l'oggetto del contratto era costituito da servizi finanziari (per il cui affidamento era indispensabile fare ricorso alle procedure per l'affidamento di servizi, con conseguente sottrazione dell'affidamento ai vincoli previsti dall'art. 19 della legge n. 109/1994). Anche in questo caso, la forzatura interpretativa effettuata dall'Autorità ha trovato probabile fondamento nella esigenza di cercare strade alternative rispetto alla eccessiva rigidità dello schema generale previsto dalla l. n. 109/1994 e non a caso anche in questa ipotesi sono state molte le concrete cautele richieste per avallare la soluzione proposta, quale, ad esempio, la circostanza che progettista ed esecutore fossero muniti, rispettivamente, di adeguata qualificazione professionale e di attestazione SOA, quasi a voler ridurre la portata eversiva della ricostruzione operata (Botto, 295). Il contraente generale nella disciplina nazionale (evoluzione storica)Come anticipato (v. par. 1), l'inadeguatezza degli strumenti ordinari a raggiungere grandi obiettivi di modernizzazione strutturale e la correlativa necessità di “operare nel rispetto dei principi giuridici fondamentali e generali (...) ma disapplicando l'universo delle norme specifiche e particolari”, ha suggerito – per le infrastrutture strategiche e le opere di preminente interesse nazionale – l'introduzione di un regime ad hoc il cui fulcro era costituito proprio dalla figura del contraente generale, con caratteristiche che lo liberassero dal rispetto a valle delle norme relative all'evidenza pubblica (in questi termini, v. la Relazione al disegno di legge “obiettivo” n. 443/2001 ed in termini più diffusi Basile, 302). Tale approccio è da ricondurre all'acquisita consapevolezza che, nell'impostazione della disciplina nazionale, l'appalto – considerato come un'attività di mera esecuzione ovvero progettazione ed esecuzione – costituisse un sistema inidoneo a consentire l'esecuzione di opere caratterizzate da processi complessi di realizzazione dei lavori, di ottenimento dei necessari nulla osta ed autorizzazione. Per questi, il ricorso ad un unico soggetto dotato di competenze tecniche ed amministrative eterogenee anche per la fase prodromica e strumentale all'attività di esecuzione vera e propria nonché di adeguata solidità sul piano economico-finanziario, costituiva, invece, la scelta più idonea in termini di risparmio sui costi, di certezza sui tempi e di qualità di realizzazione, oltre a favorire un rapporto di cooperazione pubblico-privato con effetti di semplificazione anche sulla attività amministrativa (Caringella, Protto, 1078). L'introduzione della figura del contraente generale è, quindi, avvenuta in controtendenza rispetto all'impostazione della legge n. 109/1994, che mirava a contenere il ruolo dei privati alla fase squisitamente esecutiva dell'opera, evitando ogni possibile commistione con le funzioni proprie della stazione appaltante. Il sistema si caratterizzava, tra l'altro, per una rigida separazione tra le attività di progettazione (di norma riservate alla stazione appaltante) e quelle più propriamente esecutive, nelle quali consisteva il proprium dei contratti di appalto e di concessione (Chirulli, 954). Seppure in controtendenza, rispetto al regime generale in tema di contratti pubblici, la figura del contraente generale era, tuttavia, in linea con la configurazione industriale che la grande impresa edile era andata assumendo nel corso degli anni, abbandonando la funzione di mero esecutore, ma acquisendo il ruolo di interlocutore della committenza pubblica dotato di capacità tecnico-finanziarie idonee a garantire la realizzazione di opere di maggiori dimensioni (v. sul punto Basile, 308). Era, inoltre, in linea con la regolazione europea, in quanto riconducibile nella nozione ampia del contratto di appalto, nella declinazione della realizzazione con qualsiasi mezzo (v. art. 1, comma 2, lett. f), l. n. 443/2001). Come anticipato, a partire dalla dir. Cee n. 89/440, nella nozione di appalto di lavori è stata ricompresa, infatti – oltre alla esecuzione dei lavori, eventualmente accompagnata dalla progettazione – anche la realizzazione con qualsiasi mezzo di un'opera rispendente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante “che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera” (v., inizialmente, art. 1, Dir. n. 89/440; ora art. 2 n. 6, lett. c), della Dir. n. 2014/24; art. 2, n. 2, lett. c), Dir. n. 2014/25; art. 5, n. 7, Dir. 2014/23; De Nictolis, 2185). In questo quadro, la l. n. 443/2001 e i provvedimenti attuativi (d.lgs. n. 190/2002) hanno definito le caratteristiche della figura del contraente generale, le procedure di scelta e la fase esecuzione dei lavori. L'ambito oggettivo di applicazione dell'istituto, come anticipato (par. 1), era limitato alle sole opere a rilevanza strategica, individuate dal Ministero delle infrastrutture e Trasporti, inserite nel programma annuale e approvate dal CIPE (v art. 1 l. n. 443/2001), di importo superiore a 250 milioni di euro, che presentassero, inoltre, uno dei seguenti requisiti: interconnessione con altri sistemi di collegamento europei; complessità dell'intervento tale da richiedere un'unica logica realizzativa e gestionale, nonché estrema complessità tecnico-organizzativa (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 190/2002). L'art. 6 del d.lgs. n. 190/2002 stabiliva che, in deroga a quanto disposto dall'art. 19 della l. n. 109/1994, la realizzazione delle citate infrastrutture potesse avere luogo con il ricorso alla concessione di costruzione e gestione, eventualmente ad iniziativa del promotore, ovvero con il ricorso al contraente generale. Con riferimento a quest'ultimo, la deroga all'art. 19 assumeva per un verso una portata restrittiva; per altro, ampliativa. Sotto il primo profilo, finiva con l'escludere l'utilizzabilità degli altri modelli contrattuali previsti dallo stesso art. 19 (mera esecuzione e, seppure in casi limitati, appalto integrato); dall'altro, ha introdotto una formula contrattuale non prevista dalla disciplina generale in tema di lavori, il ricorso alla quale era, per le ragioni suesposte, in concreto preclusa anche per gli affidamenti di lavori nei settori speciali (Santi, 993). Da considerare che l'utilizzabilità dell'istituto del contraente generale è stata estesa, in un momento successivo, anche alla locazione finanziaria (v. comma 3, art. 160-bis del d.lgs. n. 163/2006, introdotto dall'art. 2, del d.lgs. n. 113/07 e modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 152/2008; v. art. 187, comma 3, d.lgs. n. 50/2016). In estrema sintesi, secondo un'impostazione, mantenuta inalterata nella sostanza anche nel d.lgs. n. 163/2006, in base al quadro delineato dalla legge obiettivo, il contraente generale si assumeva un'obbligazione di risultato nei confronti del committente in merito alla corretta e tempestiva realizzazione dei lavori (v. artt. 161 e 176 d.lgs. n. 163/2006); sviluppava la progettazione definitiva, svolgeva le attività tecnico amministrative necessarie per ottenere l'approvazione nell'ambito del CIPE, acquisiva le aree di sedime, redigeva la progettazione esecutiva, assumeva la direzione lavori, eseguiva anche per il tramite di terzi i lavori che prefinanziava, se necessario individuava le modalità per la gestione dell'opera e per la selezione dei soggetti gestori, definiva il piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture. Rimanevano in capo al soggetto aggiudicatore tutte le attività necessarie all'approvazione della progettazione definitiva ed esecutiva, delle varianti nonché alla definizione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza, di prevenzione e di repressione della criminalità. La disciplina era poi completata da una speciale regolamentazione in tema di qualificazione del contraente generale, che trovava la propria giustificazione, da un lato, nella consapevolezza della peculiarità dei compiti ad esso attribuiti e della diversità del ruolo dallo stesso assunto rispetto al mero appaltatore; dall'altro, nella rilevanza economica degli interventi da realizzare (v. art. 186 e ss. d.lgs. n. 163/2006). Questa impostazione costituiva una ulteriore conferma del carattere di specialità della disciplina in tema di opere strategiche e di preminente interesse nazionale, rispetto al regime applicabile alla generalità degli affidamenti e, all'epoca, contenuto nel d.P.R. n. 34/2000. Al di là della specificità dei requisiti richiesti ai fini della qualificazione, sotto il profilo della loro tipologia e dei parametri quantitativi stabiliti, il principale elemento di discontinuità era rappresentato dalla circostanza che mentre la disciplina ordinaria demandava la qualificazione degli appaltatori ad organismi accreditati, di diritto privato seppure investiti di un munus pubblicistico, per ciò che attiene al contraente generale le operazioni di qualificazione erano svolte in via centralizzata e avocate dall'amministrazione centrale (Ministero delle Infrastrutture; cfr. amplius Galli, 424; Villa, 407). Ulteriori profili di deroga alla disciplina prevista per le opere ordinarie, erano costituiti dall'accentramento di funzioni in capo al Ministero delle Infrastrutture (art. 163 del d.lgs. n. 163/2006); dallo speciale iter di approvazione dei progetti preliminare e definitivo (artt. 164-168 del d.lgs. n. 163/2006) e alla procedura di VIA (Carullo, Iudica, 1367). La soluzione di prevedere l'accentramento in capo ad organi dello Stato di funzioni amministrative relative alla materia dei lavori pubblici soggetta a potestà concorrente, fu oggetto di analisi da parte della Corte Costituzionale che concluse per la legittimità dell'allocazione di tali funzioni come definite dalla disciplina sulle infrastrutture strategiche. Più in particolare, la Corte, applicando il concetto della cd. sussidiarietà dinamica, ha ritenuto che nelle materie in cui l'esercizio della funzione amministrativa – come nel caso di infrastrutture strategiche – superi l'ambito meramente regionale, operi una sorta di attrazione da parte della competenza legislativa statale, laddove ciò fosse necessario per assicurare l'esercizio unitario della competenza amministrativa (Corte cost. n. 303/2003). Alla prova dei fatti, l'esperienza della legislazione speciale introdotta con la cd. legge obiettivo (n. 443/2001) e dell'istituto del contraente generale non ha prodotto i risultati auspicati. Già nel 2005, l'Indagine della Corte dei Conti sulla legge obiettivo aveva messo in luce come “lo stato di avanzamento delle oper e apparisse assolutamente marginale rispetto alle dimensione complessive del programma, anche per la ridotta disponibilità di risorse pubbliche e per il ruolo marginale dell'intervento privato”. In gran parte negativi, infatti, erano stati i giudizi sull'applicazione della legge: a dieci anni dalla data di entrata in vigore solo il 32% delle opere era stato concluso; il 30% era ancora in fase di progettazione e il restante 30% in fase di aggiudicazione od esecuzione (Relazione annuale Presidente Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici 2010, in anticorruzione.it). Dalle critiche non è stato esente nemmeno l'istituto del contraente generale che non aveva riscosso particolare favore da parte delle stazioni appaltanti: è stato rilevato, in particolare, per un verso, l'assenza anche di un adeguato sviluppo dal lato della domanda del mercato con un ridotto numero di imprese qualificate come contraenti generali; e dall'altro, come l'istituto non avrebbe assicurato un adeguato controllo dei costi. Più in particolare, la sussunzione in capo al contraente generale di compiti che, in una logica di pesi e contrappesi, sarebbero dovuti essere assegnati alla controparte pubblica, era alla base di fenomeni distorsivi, registratisi nella applicazione concreta dell'istituto (Carullo, Iudica, 1366). I possibili rischi nella pratica del ricorso alla figura del contraente generale sono stati ravvisati essenzialmente: nella maggiore duttilità della disciplina sul contraente generale rispetto a quella ordinaria, che aveva portato ad annoverare fra le opere strategiche anche interventi di limitata rilevanza e difficilmente qualificabili come tali; nel possibile squilibrio del potere contrattuale e nella connotazione dell'amministrazione aggiudicatrice quale contraente debole; nel carattere necessariamente rarefatto del mercato, limitato alle poche imprese in grado di assolvere la ruolo di contraente generale; nella libertà di decidere se ricorrere a imprese terze e nella libertà di forme nella scelta di queste ultime; nel possibile conflitto di interessi legato all'affidamento allo stesso contraente generale della direzione lavori (Botto, 300). A fronte dei rischi evidenziati, la l. n. 11/2016 di delega al Governo al recepimento delle direttive del 2014 e all'adozione di un nuovo codice in sostituzione di quello del 2006, aveva fornito alcune indicazioni chiare, poi tradotte nel Codice n. 50/2016. La stessa l. n. 11/2016, con una disposizione non di delega ma immediatamente precettiva alla data di entrata in vigore della stessa legge, aveva previsto il divieto di attribuzione al contraente generale dei compiti di responsabile o direttore dei lavori, anche alle procedure già avviate a tale data, incluse quelle già ultimate, ma per le quali non fosse stato ancora sottoscritto il contratto (De Nictolis, 2184). Nella stessa logica, muoveva poi, la previsione dell'istituzione presso il Ministero delle Infrastrutture di un apposito albo obbligatorio di professionisti (art. 1, comma 1, lett. mm), muniti di specifici requisiti di moralità, competenza, professionalità e imparzialità rispetto alle imprese affidatarie dei lavori ed abilitati ad assumere le funzioni di responsabile del procedimento, di direttore lavori e collaudatore nel caso di lavori affidati con ricorso al contraente generale. In un'ottica più generale, la modifica – finalizzata ad evitare il rischio di commistioni nei ruoli – dei connotati dell'istituto, rispetto a quelli che lo caratterizzano nel mercato estero degli appalti, vale a dire, la realizzazione dell'intera opera con qualsiasi mezzo, dalla pianificazione sino all'esecuzione chiavi in mano, aveva indotto a ritenere sempre meno evidente l'utilità del ricorso all'istituto (Parisi, 605). Sempre con le medesime finalità, sul presupposto della necessità di valorizzare la fase progettuale nei contratti pubblici, la legge delega aveva inoltre stabilito, in linea generale, il divieto di affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione preliminare (art. 1, lett. oo), con la conseguenza di escludere dai compiti del contraente generale le attività di progettazione definitiva che (v. art. 194, comma 3, lett. a), del d.lgs. n. 50/1016) è stato ricondotto nel novero delle attribuzioni del soggetto aggiudicatore (Lattanzi, 2722). Infine, nonostante le critiche e, alla prova dei fatti, il ridotto successo dell'istituto del contraente generale (legati, in ultima analisi, anche alle difficoltà per il committente a mantenere un reale presidio sul livello dei costi), con il codice del 2016 è stato introdotto – e fu questo l'elemento di maggiore novità della disciplina – un vero e proprio cambio di paradigma in relazione all'istituto in questione, ricondotto a modalità ordinaria di realizzazione dei lavori (seppure di particolare complessità e di valore stimato superiore a 100 milioni di euro, v. art. 195), oltreché a continuare ed essere – unitamente alla concessione di costruzione e gestione ed alla finanza di progetto – utilizzabile, come in precedenza, ai fini della realizzazione di infrastrutture e insediamenti prioritari (v. art. 200). A tal proposito, nell'impostazione originaria del codice del 2016, al contraente generale poteva essere fatto ricorso per opere e di qualsiasi importo, seppure previa motivazione in ragione della complessità e di altre esigenze al fine di garantire un adeguato livello di qualità, sicurezza ed economicità, mentre la limitazione quantitativa agli affidamenti di importo superiore a 100 milioni di euro è da ricondurre all'art. 115 del d.lgs., n. 56/2017 (c.d. primo correttivo al nuovo Codice). Nel complesso, un istituto che, nella sua originaria configurazione, presentava profili di specialità, la cui sfera di applicazione era circoscritta ad un ambito predefinito e che aveva messo in luce una serie di criticità evidenziando anche una marcata distanza tra obiettivi e risultati è divenuta, con il codice del 2016, seppure con limitati correttivi, strumento ordinario di realizzazione di un'opera pubblica, utilizzabile anche per la generalità degli affidamenti, vedendo, in tal modo, ampliato il proprio ambito di applicazione. L'affidamento a contraente generale: nozioneL'affidamento (di servizi globali) a contraente generale costituisce un contratto che obbliga l'operatore economico a compiere un'opera e a perseguire un dato risultato amministrativo indicato nel bando e nel contratto, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio in cambio di un corrispettivo determinato in base al risultato ottenuto (art. 204, comma 1, del d. lgs. n. 36/2023). Nella sostanza, lo schema contrattuale, al di là della riformulazione della definizione (con il riferimento espresso al risultato amministrativo e alla modularità del corrispettivo e con l'eliminazione del riferimento alla realizzazione con qualsiasi mezzo), non ha subìto stravolgimenti. Se, da un lato, ricorrono gli elementi costitutivi del contratto di appalto di lavori di cui all'art. 1655 c.c. (realizzazione di un'opera, verso corrispettivo; organizzazione di mezzi e gestione aproprio rischio); dall'altro, sotto il profilo della disciplina pubblicistica in tema di contratti, l'affidamento a contraente generale rientra nell'ambito della nozione ampia di appalto di lavori e segnatamente nel terzo possibile oggetto del contratto di appalto, vale a dire la realizzazione con qualsiasi mezzo di un'opera corrispondente alle esigenze specificate da un'amministrazione aggiudicatrice che esercita una influenza dominante sul tipo o sulla progettazione dell'opera (v. art. 3, par. 1, n. 6 lett. c), Dir. n. 24/14; art. 2, par. 1, n. 2, lett. c), Dir. n. 25/14). Con questa impostazione – che risale alla Dir. n. 89/440 – la disciplina europea ha introdotto una nozione per così dire residuale di appalto di lavori al fine di ricomprendere nell'ambito di applicazione della disciplina europea la totalità delle possibili fattispecie negoziali che, al di là della specificità delle singole prestazioni in cui le stesse sono in concreto articolate, impongono al contraente di assicurare, come risultato finale, la realizzazione di un'opera. Si tratta nella sostanza di un'impostazione assolutamente analoga nella ratio, a quella adottata per perimetrare l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina comunitaria, mediante l'introduzione della nozione di organismo di diritto pubblico. Nell'un caso o nell'altro, l'obiettivo era di evitare che, dalla eventuale diversa qualificazione formale, all'interno dei singoli Stati membri, di istituti aventi sostanzialmente le medesime caratteristiche potessero discendere o meno elusioni rispetto all'applicazione della disciplina europea (v. Torregrossa, 20, Damonte, Galli, 18). La definizione in termini inclusivi del contratto di appalto era essenziale in un contesto in cui l'intervento regolatorio della Comunità europea era limitato a settori determinati (lavori e forniture delle pubbliche amministrazioni), con l'effetto che la mancata riconducibilità in una delle categorie oggetto di disciplina ne avrebbe determinato la mancata soggezione a norme e principi sovranzionali. Nello stesso senso, era la definizione di contratto di appalto di lavori nel codice del 2016 (v. art. 3, lett. ll) n. 3); mentre va segnalato come, nel d. lgs. n. 36/2023, non sia riprodotta una definizione specifica, limitandosi l'art. 2, lett. b) dell'All. I.1 a configurare genericamente il contratto di appalto come il contratto che può avere per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di beni o la prestazione di servizi. Al di là della sinteticità rispetto alle precedenti formulazioni, non può comunque dubitare, in termini generali, della riconducibilità dello schema contrattuale del contraente generale nell'ambito della nozione di appalto di lavori (cfr. infra). Quanto alle sue caratteristiche strutturali, si tratta di una fattispecie negoziale che presenta profili di differenziazione rispetto all'appalto di sola esecuzione e a quello di esecuzione e progettazione (v. art. 44 del nuovo Codice), con i quali condivide, peraltro, la qualificazione come appalto di lavori. Rispetto al primo, infatti, si prevede la progettazione esecutiva ad opera del contraente generale; rispetto al secondo, al contraente generale sono attribuiti compiti “complementari” rispetto alla mera progettazione ed esecuzione dei lavori, con trasferimento, ove contrattualmente previsto, anche di poteri pubblicistici. Per quanto, come detto, manchi una connotazione autonoma nelle direttive europee, la figura del contraente generale deve essere ricondotta nella nozione lata di appalto di lavori, nella sua declinazione dell'“esecuzione con qualsiasi mezzo”, in base al quale l'appaltatore, senza che rilevino le concrete modalità, realizza “un'opera corrispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore che esercita una influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera”. Questa conclusione non muta nell'attuale Codice che, a differenza di quelli del 2006 (art. 162, comma 1, lett. g) e del 2016 (art. 194, comma 1) non riconduce più espressamente all'oggetto dell'affidamento a contraente generale (oltre alla progettazione) proprio alla realizzazione con qualsiasi mezzo. Al contraente generale, infatti, è contrattualmente assegnata l'organizzazione di mezzi per lo svolgimento di una serie di attività complesse ed eterogenee – che trascendono la mera progettazione ovvero la progettazione ed esecuzione – funzionali all'obiettivo di un risultato amministrativo predefinito, il che presuppone che a tal fine vadano utilizzate le modalità esecutive ritenute più idonee al raggiungimento dello scopo, nelle diverse forme previste dall'ordinamento. Rispetto all'appalto di mera esecuzione o di progettazione ed esecuzione, l'affidamento a contraente generale “si differenzia dall'appalto sotto vari profili, tutti riconducibili alla esecuzione con qualsiasi mezzo che rendono ben più preg n ante e ricco di contenuto il ruolo del contraente generale rispetto a quello di un semplice appaltatore” (De Nictolis, 2186). I contenuti del rapporto negoziale L'art. 204 riproducendo, nella sostanza, l'art. 194 del codice del 2016, di cui semplifica, tuttavia, alcune previsioni senza stavolgerne i contenuti: a) definisce, oltre all'oggetto dell'affidamento, le responsabilità del contraente generale nei confronti del soggetto aggiudicatore (comma 1); b) ripartisce i compiti tra ente aggiudicatore e contraente generale (comma da 3 a 5 e 18); c) definisce i principi nella fase esecutiva (varianti, affidamenti a terzi (commi da 7 a 10), i pagamenti nei confronti del contraente generale (comma 9), la costituzione della società di progetto (comma 11) e la disciplina in tema di prefinanziamento a carico del contraente generale e di garanzie (comma da 15 a 17). I compiti del contraente generale Come anticipato, con il contratto di affidamento unitario a contraente generale, ammesso sempreché l'importo dell'affidamento non sia inferiore a 100 milioni di euro (art. 204, comma 1), l'operatore economico si obbliga a compiere un'opera e a perseguire un risultato amministrativo indicato nel bando con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, a fronte di un corrispettivo determinato sulla base del risultato ottenuto e delle prestazioni rese. Mentre il comma 1 del previgente art. 194 faceva espresso riferimento alla necessità che l'affidatario fosse dotato di adeguata capacità organizzativa, tecnico-realizzativa e finanziaria (precisazione nella sostanza superflua posto che, ai fini della partecipazione alla procedura di gara, era, comunque necessaria la qualificazione all'apposito sistema di qualificazione), l'art. 204 si sofferma essenzialmente sull'obiettivo che sia garantito un dato risultato amministrativo così come definito dal committente. Viene meno l'espresso riferimento alla necessità che il corrispettivo sia pagato in tutto in parte dopo l'esecuzione dei lavori, senza che ciò comporti, tuttavia, una reale modifica alla disciplina sostanziale, posto che – al di là delle previsioni del bando e del contratto – l'inscindibilità del vincolo tra definizione dell'ammontare del corrispettivo ed effettività del risultato conseguito comporta che questo non possa non essere erogato almeno in parte alla fine dei lavori (v. anche comma 14, art. 204). I rapporti tra committente e contraente generale sono disciplinati, oltreché dal bando di gara (e dal disciplinare) e dal contratto, dalle disposizioni dello stesso Codice in tema di contratti di appalto e di concessione (comma 2). Il riferimento alla disciplina in tema di contratti di concessione non sembra, in sé, del tutto perspicuo – posta la non riconducibilità della figura del contraente generale allo schema concessorio – salvo che lo si intenda riferito alle specifiche disposizioni in tema di concessioni applicabili, in virtù di un rinvio espresso. Ricadono sul contraente generale, una serie di compiti che assumono un carattere di strumentalità rispetto alla realizzazione dell'opera. La norma si limita ad individuare solo alcune delle prestazioni tipiche cui è tenuto l'operatore economico, mentre, in una logica di semplificazione, per altre (quali ad esempio, l'esecuzione dei lavori, l'acquisizione delle aree di sedime) “strumentali” alla – parte integrante della – prestazione contrattuale) non è stata ritenuta necessaria una apposita indicazione normativa. Tra i compiti indicati dalla norma, alcuni assumono portata di essenzialità, nella configurazione del rapporto; altri hanno, invece, una portata solo eventuale. In base al comma 3 dell'art. 204, rientrano tra i compiti essenziali del contraente generale: (a) la predisposizione del progetto esecutivo, in conformità al progetto di fattibilità tecnico-economica redatto dal soggetto aggiudicatore e l'esecuzione di tutte le attività di natura tecnico amministrativa strumentali alla relativa approvazione dello stesso (art. 204, comma 3, lett. a). Che il contraente generale debba provvedere alla sola progettazione esecutiva trova conferma anche in quanto previsto dall'art. 205, comma 1, che, nel regolare le procedure di aggiudicazione del contraente generale, stabilisce espressamente che sia il bando di gara a individuare il progetto di fattibilità tecnico ed economica da porre a base di gara. In altri termini, il contraente generale può essere chiamato a svolgere la sola progettazione esecutiva. La disciplina risente della riduzione dei livelli di progettazione da tre (studio di fattibilità, progetto definitivo ed esecutivo) a due (studio di fattibilità e progetto esecutivo) attuata dall'art. 41 del Codice del 2023, e della soppressione del livello definitivo che, in base all'art. 195 del previgente codice del 2016, era posto a base di gara. Questa ultima disposizione costituiva, di per sé, un elemento di differenziazione rispetto alla precedente disciplina (art. 176 e 177, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006), che ammetteva la possibilità che il committente potesse porre a base di gara anche la progettazione preliminare e che le obbligazioni del contraente generale potessero ricomprendere anche la progettazione definitiva; (b) il prefinanziamento, in tutto o in parte, dell'opera da realizzare (art. 204, comma 2, lett. b). Bando e contratto contengono l'indicazione della quota di valore dell'opera che deve essere realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie (204, comma 14); il contratto indica la scadenza del prefinanziamento (v. art. 204, comma 15, secondo cui l'ente aggiudicatore versa il corrispettivo delle prestazioni rese e prefinanziate con l'emissione di un certificato di pagamento esigibile alla scadenza del prefinanziamento secondo le previsioni contrattuali). La precedente disciplina prevedeva che il saldo della quota di corrispettivo oggetto di prefinanziamento dovesse essere pagato alla data di ultimazione dei lavori. Questa precisazione non era indifferente dal punto di vista pratico, in quanto mirava ad evitare il rischio che, in concreto, il prefinanziamento potesse assumere una impropria funzione di garanzia supplementare per il committente, al quale sarebbe altrimenti rimasta la possibilità di avvalersi della quota corrispondente alla parte di prefinanziamento non ancora erogata ai fini di ottenere la reintegrazione di eventuali pretese nei confronti del contraente generale e ai fini di compensare altri crediti (Galli, 392). La norma non indica la quota minima del cofinanziamento di cui si deve fare carico il contraente generale [in precedenza, per i bandi pubblicati entro il 31 dicembre 2006, non poteva essere superiore al 20% dell'importo dei lavori (v. l. n. 350/2003 e art. 176, comma 12, del d.lgs. n. 163/2006)]. Il che autorizza a ritenere che la quota di prefinanziamento a carico del contraente generale possa essere superiore a tale soglia, fermo restando l'obbligo per i committenti di procedere alla relativa definizione attenendosi ai principi generali di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza ed evitando un effetto ingiustificatamente restrittivo rispetto alla possibilità per gli operatori di partecipare alla gara. In ogni caso, la quota di finanziamento a carico del contraente generale costituisce un elemento cui è attribuita rilevanza premiante ai fini dell'aggiudicazione. L'art. 205, comma 2, lett. b) prevede, infatti, che, tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, si debba tenere conto “della maggiore entità, rispetto a quella prevista dal bando, del prefinanziamento che il candidato è in grado di offrire”. Nella sostanza, il prefinanziamento costituisce una vera e propria anticipazione del costo dell'opera a carico dell'appaltatore. Tale elemento non sembra decisivo a caratterizzare la figura del contraente generale rispetto a quella dell'appaltatore posto che (al netto dell'anticipazione, v. art. 120) in virtù del principio della postergazione del corrispettivo, incombe, in capo a quest'ultimo, l'onere di anticipare il costo dell'opera, salvo procedere al relativo recupero tramite gli stati di avanzamento (v. infra, par. 9); (c) oneri di costante comunicazione al soggetto aggiudicatore delle informazioni necessarie a prevenire i tentativi di infiltrazione mafiosa (art. 204, comma 2, lett. c). Non è stata riproposta la formulazione maggiormente specifica (art. 194, comma 1, lett. f), del Codice n. 50) che inseriva tra gli obblighi del contraente generale anche quello di indicare il piano degli affidamenti, delle espropriazioni, delle forniture di materiali e di tutti gli altri elementi utili a prevenire le infiltrazioni della criminalità secondo i modelli, anche procedurali, concordati dal committente stesso con gli organi competenti in materia. Come riportato nella Relazione Illustrativa, questa impostazione si giustifica con la volontà di evitare una analitica e minuta elencazione dei munera gravanti in capo al soggetto aggiudicatore in tema di misure antimafia, trattandosi di disposizioni di dettaglio che mal si conciliano con la natura e i fini della normazione codicistica. Vi sono poi ulteriori compiti che, già previsti dalla previgente disciplina, sono ora riconfigurati, però, in termini solo eventuali: a) l'attribuzione all'operatore economico della qualità di autorità espropriante (che, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 327/2001, può essere anche un soggetto privato), con il potere di espropriare e di curare il relativo procedimento (art. 204, comma 4, lett. a). Ad ogni buon conto, la norma non ha alcuna reale portata sostanziale ma appare più che altro ricongnitiva di un assetto già delineato: l'art. 1 del d.lgs. n. 302/2002 (che ha sostituito l'art. 8 del d.P.R. n. 327/2001) già prevede tale possibilità con riferimento al contraente generale. In virtù del comma 6 dell'art. 8, inoltre, il contraente generale – cui sono attribuiti, per legge o per delega, poteri espropriativi – può avvalersi di una società controllata, oltreché, ai fini delle attività preparatorie, di società di servizi. In sostanza, ai fini, dell'acquisizione delle aree, il contraente generale può provvedere mediante le sue capacità di diritto privato o utilizzando le potestà pubbliche di espropriazione; b) l'individuazione delle modalità gestionali dell'opera e di selezione dei soggetti gestori (art. 204, comma 4, lett. b). La norma legittima il committente a delegare il contraente generale a svolgere le procedure di individuazione del soggetto chiamato a gestire l'infrastruttura. D'altro canto, che possa essere il contraente generale l'affidatario della gestione è concettualmente escluso in quanto affiancare le attività di gestione a quelle di realizzazione di un'opera varrebbe ad attribuire una diversa qualificazione giuridica al contratto: non si tratterebbe, cioè, di un affidamento a contraente generale, ma di un cntratto di concessione e gestione. In linea generale, le prestazioni cui è chiamato il contraente generale assumono una configurazione eterogenea e, ove singolarmente considerate, sono riconducibili a distinti schemi contrattuali: appalto di lavori come soggetto esecutore e come stazione appaltante; appalto di progettazione come soggetto esecutore e come stazione appaltante; concessione di committenza per le attività di espropriazione, di selezione (eventuale) dei gestori dell'opera, per le procedure amministrative prodromiche alla realizzazione dell'opera. Il che spiega la previsione di uno specifico sistema di qualificazione con la richiesta di maggiori requisiti di capacità economico-finanziaria, idoneità tecnica e organizzativa e di un adeguato organico tecnico e dirigenziale (v. art. 207; De Nictolis, 2187). È, invece, escluso che al contraente generale possano essere attribuiti i compiti di Responsabile unico di progetto, di responsabile dei lavori, di direttore dei lavori o collaudatore (v. art. 15, comma 14 e 204, comma 18). I compiti del soggetto aggiudicatore Il soggetto aggiudicatore, cui, al fine di controbilanciare i margini di autonomia riconosciuti al contraente generale sono riservati funzioni di nomina, di approvazione, di vigilanza e di sorveglianza, provvede, in particolare: (a) alla redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica e all'approvazione del progetto esecutivo redatto dal contraente generale e delle varianti (art. 204, comma 5); (b) alle attività di controllo delle prestazioni del contraente generale, allo svolgimento dei lavori e alla verifica prima, prima della consegna, dell'opera compiuta e del risultato ottenuto, se del caso, proponendo le necessarie modificazioni e varianti, sempre che queste non alterino le caratteristiche specifiche dell'opera e del risultato indicate nel bando e nel progetto di fattibilità tecnico-economica e (art. 204, comma 18). La norma indica in termini maggiormente analitici il contenuto dei compiti del committente, senza che apparentemente questo costituisca una modifica rispetto alla previgente disciplina contenuta all'art. 194, comma 3, lett. b) e c) (v. Dossier- Codice Contratti pubblici AG 19). In realtà, la previgente disposizione faceva riferimento alle attività di alta sorveglianza del committente sulla realizzazione delle opere, per assicurare un costante monitoraggio dei lavori anche tramite un comitato permanente costituito dai suoi rappresentanti e rappresentanti del contraente (art. 194, comma 3, lett. b d.lgs. n. 50/2016). Sul punto, è stato ritenuto che il soggetto aggiudicatore esercitasse nei confronti del committente un'attività di “alta sorveglianza” sull'attività del contraente generale, diversa da forme di controllo di tipo ordinario, ma limitata ai casi di inadempienze più gravi, così da salvaguardare la libertà di azione e di forme che caratterizzano la figura del contraente generale (Gattamelata, 1385). In realtà, la modifica sembra fare riferimento ad un ruolo maggiormente incisivo del committente nella verifica delle modalità di svolgimento da parte del contraente generale dei compiti assegnatigli, recuperando il rapporto ad un'impostazione pubblicistica e riducendo, nel contempo, anche sotto questo punto di vista, i margini di regolazione dell'istituto in termini privatistici; (c) alla nomina del direttore dei lavori e dei collaudatori e alla effettuazione del collaudo delle opere (art. 204, comma 18, ult. per.), secondo un'indicazione già contenuta nella legge delega n. 11/2016, prevista nel Codice del 2016 e riproposta in quello attuale. Procede, più in generale, nei modi previsiti dal bando e dal contratto a controllare le prestazioni eseguite dal contraente generale, lo svolgimento dei lavori e verifica, prima della consegna, l'opera compiuta e il risultato ottenuto, eventualmente proponendo le modificazioni e varianti necessarie. Non viene, invece, fatto riferimento tra i compiti del soggetto aggiudicatore alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano, in ogni caso prevedendo l'adozione dei protocolli di legalità. Come riportato nella Relazione Illustrativa, è stata omessa la analitica e minuta elencazione dei munera gravanti in capo al soggetto aggiudicatore in tema di misure antimafia, trattandosi di disposizioni di dettaglio che mal si conciliano con la natura e i fini della normazione codicistica, e che sembrerebbero trovare la propra naturale sedes materiae nel bando e nel contratto, anche per il tramite del rinvio alla disciplina generale in tema di misure volte a contrastare la infiltrazione della criminalità organizzata nel circuito economico e del tessuto imprenditoriale del Paese. Viene, tuttavia, demandato al bando di gara la definizione delle misure idonee a prevenire i tentativi di infiltrazione e condizionamento mafiosi e i relativi costi, non sottoposti a ribasso d'asta. Le obbligazioni del contraente generale Il contraente generale risponde nei confronti del soggetto aggiudicatore della corretta e tempestiva esecuzione dell'opera con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio ponendosi come unico responsabile dell'adempimento (v. art. 204 comma 1 e comma 6). È, quindi, tenuto alla corretta realizzazione dell'opera sotto il profilo dell'organizzazione complessiva dell'intervento, ivi compresi i rapporti con i suoi contraenti a valle del rapporto con il committente. In linea generale, la prestazione dell'appaltatore è sempre un'obbligazione di risultato (compimento dell'opera e perseguimento di un determinato risultato amministrativo) in considerazione dell'impegno a consegnare l'opera al committente con le caratteristiche e nei tempi previsti in contratto. Si tratta di una caratteristica di tutte le figure che rientrano nello schema romanistico della locatio operis quella di essere connotate dalla rilevanza attribuita al risultato piuttosto che all'attività in sé considerata. La peculiarità sta nel fatto che il contenuto del risultato che il contraente generale si impegna a realizzare si estende a tutte le prestazioni rientranti nell'oggetto contrattuale anche se sono, per loro natura, obbligazioni di mezzi e a tutte le attività, anche atipiche e innominate, necessarie per consegnare l'opera “chiavi in mano” al committente (Caringella, Protto 1082). Il contraente generale, dunque, non è responsabile solo della realizzazione del lavoro, ma dell'integrale adempimento delle prestazioni contrattuali entro il termine prefissato e secondo gli standard qualitativi, come confermato anche dalla previsione secondo cui, salvo che non sia diversamente disposto, la responsabilità solidale per la buona esecuzione del contratto dei soggetti componenti il contraente generale permane anche dopo la costituzione della società di progetto (v. art. 204, comma 12; Lattanzi, 2728). Come anticipato, ai rapporti tra committente e contraente generale, salvo che non sia diversamente disposto, trovano applicazione le disposizioni del bando di gara e del contratto, oltre a quelle dello stesso codice sui contratti di appalto e di concessione (v. art. 204, comma 2). Sul contenuto di questa previsione, si impongono alcune considerazioni. In base alla precedente disciplina, era previsto che dovessero trovare applicazione, oltre ai principi generali stabiliti dal Codice, anche le disposizioni che costituivano diretta attuazione delle direttive europee e quelle del codice civile che regolano l'appalto. La circostanza che, fatti salvi alcuni limitati profili (subappalto e modificazioni contrattuali), le direttive europee non riguardino la fase esecutiva, comportava che – ad eccezione di quanto espressamente disciplinato – i rapporti tra committente e contraente generale, indipendentemente dalla natura giuridica di quest'ultimo, fossero demandati ad una regolamentazione civilistica (art. 194, comma 4, d.lgs. n. 50/2016). Questa impostazione, incentrata su un rapporto di parità tra le parti, non era, tuttavia, perfettamente congrua con le finalità dell'interesse pubblico legate alla realizzazione di opere pubbliche (Montedoro, Di Pace, 317). Come più volte accennato, il nuovo Codice sembra maggiormente in linea con la necessità di assicurare al rapporto un'impostazione pubblicistica, come confermato dall'eliminazione del riferimento alle disposizioni civilistiche e dal rinvio non più alle sole norme che costituivano mera attuazione delle direttive europee, ma alle norme in tema di appalto pubblico (e, per quanto applicabili, di concessione). Contenuto del bando di gara e fase di esecuzione del contrattoI vincoli per il contraente generale Bando di gara e contratto stabiliscono (oltre ai requisiti necessari per la partecipazione alla gara, al numero minimo e massimo dei concorrenti da invitare, ai criteri di aggiudicazione (art. 205, comma 1)): a) criteri di determinazione e riduzione del corrispettivo spettante al contraente generale in base al risultato ottenuto e alle prestazioni rese; b) modi e tempi di pagamento del corrispettivo che, in ogni caso, avviene dopo il collaudo per la parte relativa ai lavori realizzati con anticipazione; c) l'entità delle risorse che il contraente generale è tenuto ad anticipare ai sensi del comma 14 dell'art 204; d) modi di attribuzione alle parti degli eventuali oneri sopravvenuti, incidenti sul corrispettivo e e derivanti da disposizioni normative o da provvedimementi di altra autorità; e) le misure idonee a prevenire tentative di infiltrazione e condizionamento mafiosi e i relativi costi, non sottoposti a ribasso d'asta (art. 204, comma 6). Il contraente generale può eseguire le prestazioni contrattuali anche affidandole a terzi, in possesso dei necessari requisiti di qualificazione (art. 204, comma 13) e costituendo una società di scopo (art. 204, comma 11). Più nello specifico, ai terzi non possono essere imposti obblighi e oneri ulteriori rispetto a quelli che gravano sul contraente generale nei rapporti con il committente. Inoltre, questi possono procedere al subaffidamento nei modi e nei limiti previsti per gli appalti di lavori pubblici, applicando le norme sul subappalto. Nel caso in cui le prestazioni contrattuali siano svolte ricorrendo a soggetti terzi, il contraente generale si trasforma, a sua volta, in committente (Caringella, Protto, 1084), senza essere vincolato all'applicazione della disciplina pubblicistica ai fini della scelta dell'esecutore, salvo il caso in cui il contraente generale sia esso stesso, in ragione delle proprie caratteristiche soggettive, ricompreso nell'ambito di applicazione della disciplina pubblicistica. Le varianti in corso d'opera La materia delle varianti in corso d'opera trova, per il caso del contraente generale, una sua regolamentazione nei commi da 7 a 10 dell'articolo in commento. Rispetto alla disciplina originaria (Legge Obiettivo e Codice del 2006), un rilevante elemento di differenziazione è costituito dal maggiore grado di pervasività della disciplina europea. Questa, a partire dalle direttive del 2014, ha, come noto, esteso la propria sfera di incidenza anche anche ad alcuni profili della fase esecutiva e, in questo quadro, ha disciplinato le ipotesi delle modifiche contrattuali ivi comprese quelle riguardanti le modifiche progettuali incidenti sul perimetro delle prestazioni oggetto di affidamento. Ne deriva che se, in precedenza, era possibile che la disciplina in tema di varianti prevista per il contraente generale potesse essere impostata in termini derogatori rispetto a quella generale, comunque, di esclusiva fonte nazionale (v. ad esempio, art. 176, comma 5, d.lgs. n. 163/2006), a partire dal'entrata in vigore delle direttive del 2014, essa può assumere, tutt'al più, limitati profili di specialità nel rispetto, comunque, dei limiti piuttosto rigorosi previsti dall'art. 120 del Codice. In questo quadro, la norma (art. 204, comma 10) esclude che alle varianti del progetto realizzato dal contraente generale possano trovare applicazione le norme del Codice, in tema di procedura negoziata senza preventiva pubblicazione nel bando (art. 62 per i settori ordinari e art. 158 per quelli speciali). Ne deriva che l'introduzione di eventuali variazioni progettuali non debba trovare una legittimazione nella sussistenza dei presupposti che consentano il ricorso all'affidamento diretto. Sulle possibili cause genetiche della modifica, è incentrata la ripartizione del rischio tra committente e contraente generale. Più in particolare: i) sono a carico del committente le eventuali varianti dallo stesso richieste ovvero determinate da causa di forza maggiore o da altri provvedimenti di altre autorità (art. 204, comma 7); ii) restano a carico del contraente generale, le varianti necessarie per emendare omissioni, vizi o inesattezze del progetto esecutivo redatto dallo stesso e approvato dal soggetto aggiudicatore (art. 204, comma 9). In sostanza, la disposizione fa riferimento alle cd. varianti necessarie, legate a circostanze sopravvenute (prese in esame dall'art. 72 della Dir. n. 24/2014 e dall'art. 120, comma 1, lett. c) del Codice), stabilendo che: i) rimangano a carico del contraente generale ove riconducibili a fatto di quest'ultimo; ii) siano a carico del committente ove riconducibili a forza maggiore o factum principis. Resta naturalmente ferma la preclusione a che la modifica comporti una alterazione della natura generale del contratto, il che imporrebbe l'avvio di una nuova procedura di affidamento. Sempre a condizione che non alterino le caratteristiche specifiche dell'opera, del risultato finale indicate nel bando e nel progetto di fattibilità tecnico-economica, il committente può proporre le modificazioni e varianti ritenute necessarie (art. 204, comma 18). I rapporti tra contraente generale e soggetti terziCome anticipato, il contraente generale può rivolgersi a terzi per la realizzazione dell'opera, ai quali, come detto, non possono essere imposti obblighi ulteriori rispetto a quelli gravanti sullo stesso contraente generale nei rapporti con il committente (art. 204, comma 13). I terzi devono essere in possesso dei necessari requisiti di qualificazione e possono, a loro volta, procedere al subaffidamento, nei modi e nei limiti previsti per gli appalti publici di lavori. Rispetto alla previgente disciplina, viene meno l'indicazione della natura privatistica dei rapporti tra committente e contraente generale (art. 194, comma 4 del codice del 2016), e di quelli tra contraente generale e terzi sono rapporti di diritto privato (art. 194, comma 6, del codice del 2016). Questi devono essere titolari dei requisiti di qualificazione previsti per gli esecutori dei lavori pubblici dall'art. 100 del Codice (qualificazione rilasciata dalle SOA) e potranno avvalersi, a loro volta, di subappaltatori nei limiti e alle condizioni previsti per gli appaltatori di lavori pubblici (art. 204, comma 13). La previsione della possibilità per i soggetti terzi coinvolti dal contraente generale nell'esecuzione dei lavori di ricorrere a loro volta a soggetti terzi – prevista sin dalla disciplina contenuta nella Legge Obiettivo (v. supra par. 2) – altro non è che che la traduzione in norma dell'opzione interpretativa a suo tempo adottata, con riferimento all'Alta Velocità ferroviaria, dal Consiglio di Stato (Cons. St.Ad Gen., n. 95/1993), che aveva escluso che, ai fini del coinvolgimento di soggetti terzi nell'esecuzione dei lavori, il rapporto tra committente e contraente generale fosse configurabile come appalto (mentre lo era quello tra quest'ultimo e imprese terze), con conseguente scivolamento a valle della disciplina del subappalto (che diviene rilevante nei soli rapporti tra terzi affidatari di quote di lavori da parte del contraente generale e altri soggetti). In sostanza, il contratto tra TAV e general contractor era un contratto di committenza, con la conseguenza che quello tra quest'ultimo e imprese terze è un contratto di appalto. La norma in questione (così come l'interpretazione del Consiglio di Stato) era volta superare il c.d. divieto di subappalto a cascata, divieto ora venuto comunque meno con la nuova disciplina in tema di subappalto, come determinatasi a seguito della procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea (2018/2273). La società di progettoLa disciplina della società di progetto è definita, in parte, dall'articolo in commento e, in parte, in virtù del rinvio operato all'art. 194 relativo alla finanza di progetto. Il comma 11 dell'art. 204 prevede che il contraente generale possa eseguire le prestazioni contrattuali anche costituendo una società di scopo, a cui possono partecipare soggetti dotati di idonei requisiti i professionalità, ivi compresi gli investitori istituzionali previsti all'art. 193 del Codice (organismi di investimento collettivo, forme di previdenza complementare, imprese di assicurazione, intermediari bancari e finanziari, banche o istituti nazionale di promozione; v. comma 11 dell'articolo in commento). La norma configura la costituzione della società in termini solo facoltativi (“il contraente generale può eseguire ... anche costituendo...”), come confermato dalla Relazione Illustrativa al Codice; né sembra poter valere, in senso contrario, il rinvio all'art. 194, che detta, in generale, la disciplina in tema di società di scopo. La società è un veicolo per l'adempimento della prestazione contrattuale (Lattanzi, 2732), distinto dalla compagine del contraente generale, con lo scopo di isolare – sia dal punto di vista giuridico che economico-finanziario – le attività inerenti al progetto dalle altre prestazioni che fanno capo all'aggiudicatario (Gattamelata, 1388). Salva diversa previsione nel bando di gara, i componenti il contraente generale e la società di progetto rimangono solidalmente responsabili nei confronti del soggetto aggiudicatore per la buona esecuzione del contratto (art. 204, comma 12). Il vincolo della solidarietà tra soci e società è previsto anche dall'art. 194, comma 3, rispetto al quale, tuttavia, la la disciplina dettata dal comma 12 dell'articolo in commento presenta profili di singolarità. Infatti in base all'art. 194, comma 3, nel caso di finanza di progetto, la responsabilità solidale dei soci rispetto alla società inerisce all'eventuale rimborso del contributo pubblico erogato dal committente per garantire la sostenibilità economico finanziaria delle attività oggetto del rapporto concessorio; nel caso di contraente generale, mancando questa forma di contribuzione pubblica, il rapporto solidale sembra avere per per oggetto la corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali. In questa logica, se – nell'impostazione dell'art. 194, per svincolare i soci dalla solidarietà – la società di progetto può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, più difficile è giustificare analoga previsione nel caso del contraente generale. Per questo ultimo, si registra, infatti, una asimmetria tra l'oggetto della copertura assicurata, in virtù del vincolo di solidarietà, dalla società e dai soci (vale a dire, la “buona esecuzione del contratto”) e l'oggetto delle garanzie alla restituzione delle (eventuali) somme erogate dalla pubblica amministrazione (v. par. 9). Le garanzie in questione cessano di esistere all'atto di emissione del certificato di collaudo dell'opera. La coesistenza di un livello di responsabilità che continua a fare capo ai soci con quello della società di progetto rende difficile giustificare la costituzione di questa ultima, normalmente funzionale alla creazione di una separazione tra patrimonio dei soggetti che la costituiscono e la società stessa, nell'ottica di isolare il rischio di impresa (Carullo, Iudica, 1380). Questa impostazione si giustifica con il fatto che i soggetti qualificati per la realizzazione dei lavori sono soltanto quelli che partecipano al contraente generale e solo costoro, in virtù dei loro requisiti sono potuti risultare affidatari del contratto. La conseguenza di ciò è che una loro successiva esclusione dalla responsabilità economica dell'operazione, mediante lo schermo societario, si sarebbe posta in contrasto con l'obbligazione di risultato del contraente generale e con la responsabilità espressamente prevista attinente la buona esecuzione del contratto (Caringella, Protto, 1084). La società di progetto può dare corso all'esecuzione dei lavori a mezzo dei propri soci, purché dotati di idonea qualificazione (art. 194, comma 2). In passato era stato segnalato come, per quanto la norma non ponesse espressi divieti a che nell'esecuzione dei lavori venissero coinvolti anche soggetti entrati a far parte della società di progetto successivamente all'aggiudicazione, tale eventualità avrebbe comportato una disparità di trattamento “tra le imprese/socie che hanno partecipato all'intera procedura di gara, e quelle che sono entrate a farne parte successivamente e che, grazie all'affidamento diretto, potrebbero eseguire i lavori determinando una distorsione del principio di concorrenza” (Carullo, Iudica, 1381). L'attuale disciplina introduce una parziale deroga rispetto alla pregressa impostazione, prevedendo che in corso di esecuzione possano essere sostituiti i soci della società che abbiano medio tempore perduto i requisiti di qualificazione. In virtù del rinvio operato dal comma 11 dell'art. 204 all'art. 194 (comma 3), il contratto stabilisce le modalità per la eventuale cessione delle quote delle società di progetto, prevedendo alcuni vincoli per i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione e una maggiore libertà per gli altri: i primi sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti del contratto, il buon andamento degli obblighi del contraente generale sino a che l'opera sia realizzata e collaudata. Per istituti bancari e investitori istituzionali, non incidenti ai fini della dimostrazione dei requisiti, è consentito l'ingresso nella società così come lo smobilizzo delle partecipazioni in qualsiasi momento. La possibilità per questi ultimi di entrare ed uscire dalla società di progetto si giustifica con l'esigenza di agevolare il coinvolgimento di soggetti terzi in grado di contribuire alle esigenze anche finanziarie del contraente generale, senza gravarli del rischio di impresa connesso alla presenza di vincoli in fase di dismissione delle partecipazioni acquisite (Caringella, Protto, 1084). La cessione dei creditiLa disciplina in tema di cessione dei crediti, in precedenza contenuta nel comma 13 dell'art. 194 del d.lgs. n. 50/2016 (che imponeva la stipula medianto atto pubblico o scrittura privata autenticata, oltre alla notifica al debitore ceduto, oltreché l'espressa indicazione se effettuata a fronte di un finanziamento senza rivalsa o con rivalsa limitata), non è stata riprodotta, dovendosi la fattispecie ricondurre alla disciplina generale contenuta all'art. 120 comma 12 del Codice (v. Relazione Illustrativa). Il prefinanziamento e il pagamento del corrispettivoCome anticipato, il prefinanziamento dell'opera da realizzare costituisce una delle prestazioni che – nell'ambito del rapporto contrattuale – competono al contraente generale. Bando di gara e contratto devono contenere l'indicazione della quota di importo dell'opera che deve essere realizzata dal contraente generale con anticipazione di risorse proprie (oltreché tempi e modi di pagamento del prezzo). L'ente aggiudicatore versa il corrispettivo delle prestazioni rese e prefinanziate dal contraente generale previa emissione di un certificato di pagamento esigibile alla scadenza del prefinanziamento secondo le previsioni contrattuali. Il certificato di pagamento costituisce definitivo riconoscimento del credito del finanziatore cessionario per i soli crediti ceduti senza rivalsa o a rivalsa limitata. Al cessionario non è opponibile alcuna eccezione di pagamento delle quote di prefinanziamento riconosciute, derivante dai rapporti tra debitore e creditore cedente, ivi inclusa la compensanzione con crediti derivanti dall'adempimento dello stesso contratto o con qualsiasi diverso credito nei confronti del contraente generale cedente (comma 15, art. 204). Il saldo della quota di corrispettivo ritenuta a tal fine, deve essere erogato a lavori ultimati (art. 204, comma 14). Questa precisazione – che ripete la disciplina previgente e che consente al contraente generale di rientrare, comunque, della quota di finanziamento – non è indifferente dal punto di vista pratico. Essa mira ad evitare il rischio che, in concreto, il prefinanziamento possa assumere una impropria funzione di garanzia supplementare per il committente, al quale rimaneva la possibilità di avvalersi della quota parte di prefinanziamento non ancora erogata ai fini di ottenere la reintegrazione di eventuali pretese nei confronti del contraente generale e ai fini di compensare altri crediti (Galli, 392). La norma non indica la quota minima del cofinanziamento di cui si deve fare carico il contraente generale che, per i bandi pubblicati entro il 31 dicembre 2006, non poteva essere superiore al 20% dell'importo dei lavori (v. l. n. 350/2003 e art. 176, comma 12, del d.lgs. n. 163/2006). Il che autorizza a ritenere che la quota di prefinanziamento a carico del contraente generale possa essere superiore a tale soglia, fermo restando l'obbligo per i committenti di procedere alla relativa definizione attenendosi ai principi generali di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza ed evitando un effetto ingiustificatamente restrittivo rispetto alla possibilità per gli operatori di partecipare alla gara. In ogni caso, la quota di finanziamento a carico del contraente generale costituisce un elemento cui è attribuita rilevanza premiante ai fini dell'aggiudicazione. L'art. 205, comma 2, lett. b) prevede, infatti, che tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, si debba tenere conto “dell'incremento del valore del prefinanziamento, rispetto a quello indicatone l bando, offerto da l concorrente”. Nella sostanza, il prefinanziamento costituisce una vera e propria anticipazione del costo dell'opera a carico dell'appaltatore che non sembra valere in assoluto a distinguere la figura del contraente generale dall'appaltatore, posto che, anche in capo a quest'ultimo, incombe l'onere di anticipare il costo dell'opera, salvo procedere al relativo recupero tramite gli stati di avanzamento. “L'anticipazione dei capitali necessari per l'operazione non costituisce un mero accidente del contratto ma una caratteristica essenziale che rientra nella causa stessa del contratto avvicinando l'operazione ad una finanza di progetto”, pur rimanendo, ovviamente, le due figure assolutamente distinte (Caringella, Protto, 1082). L'anticipazione delle risorse necessarie per il finanziamento dell'opera è un aspetto caratterizzante la fattispecie del contraente generale, per cui deve annullarsi il bando che non la preveda (ANAC, parere precontenzioso di cui alla delibera n. 96/2017). Il prefinanziamento consiste dunque nel reperimento da parte del contraente generale di risorse anche presso istituzioni creditizie, che possono entrare a far parte di una società di progetto (v. comma 11), chiamate ad erogare la provvista finanziaria necessaria per la realizzazione in tutto o in parte dell'opera (Lattanzi, 2727). Ai fini del reperimento della quota di prefinanziamento, è prevista la possibilità per il contraente generale (o la società di progetto) di emettere obbligazioni, previa autorizzazione degli organi di vigilanza anche in deroga ai limiti previsti dall'art. 2412 c.c. (in base al quale le obbligazioni possono essere emesse nei limiti del doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili come risultanti dall'ultimo bilancio approvato, salvo che le obbligazioni emesse in eccedenza siano destinate alla sottoscrizione da parte di investitori ufficiali). Il committente garantisce il pagamento delle obbligazioni emesse dal contraente generale nei modi e nei termini che saranno stabiliti con un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (art. 204, comma 14). Il richiamo all'art. 2412 c.c. fa presupporre che il contraente generale (o la società di progetto) sia costituito in forma di società per azioni, pur non escludendo la norma la possibilità di ricorrere ad altri metodi di reperimento delle risorse finanziarie necessarie (Carullo, Iudica, 1382). In altri termini, la norma non esclude che il contraente generale possa fare riferimento anche ad altre forme di finanziamento e va intesa, dunque, nel senso dell'ammissibilità, in via esplicita, del ricorso anche allo strumento obbligazionario per ottenere la disponibilità delle risorse necessarie (Gattamelata, 1393). Il termine finale di pagamento dei crediti ritenuti definitivi, nei casi di mancato o tardivo raggiungimento del risultato dedotto in contratto, sono definiti nel bando e nel contratto (comma 16, art. 204). Il riconoscimento definitivo del credito non opera nel caso di riduzione o nel caso in cui la riduzione sia espressamente prevista delle garanzie di cui all'art. 118 del Codice e previste per l'esecuzione delle opere di particolare valore (comma 17, art. 204). Questioni applicativeIl dibattito sulla natura del contraente generale La natura giuridica dell'affidamento a contraente generale costituisce, da sempre, questione particolarmente dibattuta, per quanto il dato letterale che, sin dalla l. n. 443/2001, richiamava il concetto della esecuzione con qualsiasi mezzo (che le direttive europee associano alla definizione di appalto di lavori) fosse sufficientemente esplicito in ordine alla volontà di attrarre tale fattispecie nell'ambito della disciplina in tema di lavori. Il dato testuale dovrebbe consentire di fugare buona parte dei dubbi qualificatori sollevati: infatti, a meno di non volere disattendere del tutto il tenore letterale, se ne dovrebbe ora trarre la conclusione della riconducibilità dell'istituto nell'ambito della nozione di appalto di lavori (Lattanzi, 2725). Nonostante ciò, le opinioni sono state spesso divergenti. Ci si è domandati, in particolare, se la possibile attrazione dell'affidamento a contraente generale nell'ambito della disciplina sui lavori pubblici non debba essere più correttamente superata a vantaggio di altre figure contrattuali. In sostanza, se, da un lato, deve escludersi che il contraente generale possa essere ricondotto nello schema della concessione di committenza, connotata da un'obbligazione di mezzi e non di risultato; dall'altro, è stato evidenziato come la complessità della prestazione imponga di valutare la sua eventuale riconducibilità ad altre fattispecie negoziale rispetto agli appalti di lavori. La eterogeneità delle prestazioni affidate al contraente generale e la commistione tra di esse consente di identificare nella figura del contraente generale una ipotesi di collegamento negoziale (Salvatore, 76, secondo cui “le parti ... sono libere di dare vita, in tempi diversi, a distinti contratti i quali caratterizzandosi ciascuno in funzione della propria causa e quindi caratterizzando ciascuno la rispettiva individualità giuridica, possono essere variamente collegati tra loro in un rapporto di dipendenza o di interdipendenza teleologica in vista della realizzazione di un determinato regolamento di interessi”; contra Chirulli, 959). Il rapporto soggetto aggiudicatore-general contractor andrebbe ricondotto, secondo taluni, nello schema del mandato ai sensi dell'art. 1702 c.c. Secondo questa ricostruzione, la qualificazione del contratto concluso con il contraente generale come appalto di lavori non sarebbe del tutto coerente con la finalità che la norma intenderebbe perseguire, vale a dire quella di individuare un soggetto terzo che provveda, in nome proprio, a porre in essere una serie di atti giuridici, i risultati dei quali saranno poi trasferiti all'amministrazione (Protto, 14). Gli atti giuridici che detto soggetto deve compiere si risolvono in veri e propri contratti, il cui costo potrà essere sostenuto alternativamente, dall'amministrazione ovvero dal soggetto agente, che avrà dovuto provvedere, in precedenza, alla relativa provvista finanziaria. In sostanza, con l'affidamento a contraente generale, “una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di un'altra (atti giuridici che possono avere a oggetto anche negozi traslativi della proprietà)” e la disciplina di riferimento ai fini dell'individuazione del general contractor dovrebbe essere quella in tema di servizi. Inoltre, nel caso in cui l'attività del general contractor non fosse limitata al solo compimento di atti giuridici in luogo del committente, ma dovesse anche comprendere l'esecuzione diretta delle attività, il contratto assumerebbe natura mista e adesso sarebbe applicabile la disciplina dei lavori o dei servizi sulla base del criterio della prevalenza economica dei lavori e dei servizi (Protto, 16). Tale ricostruzione non sembra in realtà, condivisibile per più di una ragione: in primo luogo, la descritta impostazione finirebbe con l'attribuire una diversa qualificazione giuridica al contratto (come appalto di servizi) ovvero misto di servizi e lavori a seconda che il contraente generale non esegua ovvero esegua in proprio parte dei lavori. La qualificazione del contratto dipenderebbe, pertanto, da scelte effettuate in sede esecutiva da parte del contraente generale e non dalle oggettive caratteristiche del contratto. In secondo luogo, essa trascura di considerare che il corrispettivo del contraente generale comprende anche l'attività di esecuzione dei lavori (a conferma del fatto che, quand'anche a ciò non provveda direttamente il contraente generale, non si può ritenere che esso si limiti esclusivamente a porre in essere atti giuridici in conto terzi). Secondo altra ricostruzione, il rapporto tra contraente generale e soggetto aggiudicatore sarebbe riconducibile nell'ambito della categoria dei c.d. contratti misti (v. ora art. 14 del Codice). Vi sarebbe, cioè, la compresenza di un legame teleologico tra i vari negozi con la sostanziale atipicità del modello di volta in volta prescelto dall'esecutore dell'opera (Cintioli, 75). In tal caso, l'assetto del rapporto e la disciplina applicabile dipenderebbero, in larga misura, dalle scelte concrete e dalla fantasia degli operatori. Questa impostazione mostra i suoi limiti proprio ove la si ponga a confronto con la disciplina europea che, da un lato (art. 2, n. 6, lett. c), Direttiva 2014/24/UE e art. 5, n. 7, Direttiva 2014/25/UE), qualifica come appalto di lavori tutti i contratti il cui risultato ultimo sia l'esecuzione di un'opera. Dall'altro, con riguardo a contratti caratterizzati dalla coesistenza di prestazioni di diversa natura (lavori, forniture e servizi), ha attribuito rilevanza decisiva, ai fini della individuazione della disciplina in concreto applicabile, al criterio della prevalenza funzionale di una prestazione rispetto all'altra (e cioè all'obiettivo finale al cui raggiungimento il contratto è preordinato, dovendosi applicare la disciplina applicabile alla prestazione che, tra le altre, costituisce l'oggetto principale dell'appalto). Ed in questo quadro, non sembra potersi dubitare che, ai fini della disciplina comunitaria applicabile in tema di scelta del contraente, l'affidamento a general contractor, per quanto obiettivamente caratterizzato dalla compresenza di prestazioni di natura diverse, debba essere ricompreso nell'ambito della nozione di appalto di lavori, con conseguente applicazione dei pertinenti principi comunitari e nazionali. In questa prospettiva, prevalente è stata l'opinione di chi, sin dall'inizio, riconduce la figura dell'istituto del general contractor nella nozione di appalto di lavori (Montedoro, Di Pace, 191; Galli, 349; Pascucci, Tomei, 69; Sancetta, 222). Le diverse prestazioni che caratterizzano l'oggetto contrattuale dell'affidamento a contraente generale (quali ad esempio, quella di prefinanziare, in tutto o in parte, l'opera) non sono in grado di alterare la struttura sostanziale del sinallagma contrattuale che è appunto quello della realizzazione di un'opera secondo modalità esecutive non precedentemente determinate a fronte del pagamento di un prezzo (Santi, 1530). La qualificazione dell'affidamento a contraente generale come appalto di lavori ha il pregio di trovare un'espressa conferma normativa ed individua la principale obbligazione del contraente che è quella di realizzare le opere ad esso affidate. Questa qualificazione, tuttavia, si scontra con la genericità della formulazione delle direttive che non perseguono scopi sistematici quanto la finalità di equiparare, a fini di uniformità di disciplina, fattispecie diverse (Caringella, Protto, 1086). In realtà e a distanza di oltre venti anni dalla positivizzazione dell'istituto, si può ritenere la dibattuta questione in merito alla qualificazione giuridica dell'istituto del contraente generale priva di reale interesse pratico. Le diverse tesi sono, a ben vedere, tra di loro nella sostanza conciliabili, ove le si inquadri in una giusta prospettiva: altro è, infatti, ricondurre, sulla base di determinati indici rilevatori, una data fattispecie contrattuale nel novero di una data categoria giuridica al fine di poterne definire la disciplina giuridica ad essa, in concreto, applicabile (ed in questo quadro, non è dubbio che l'affidamento a contraente generale debba rientrare – così come esplicitato dalla stessa disciplina – nel terzo sottotipo di contratto di appalto di lavori (realizzazione con qualsiasi mezzo)). Altro è, invece, valutare le caratteristiche intrinseche di una fattispecie negoziale ai fini di un suo inquadramento dommatico, ed in questa logica, la eterogeneità delle attività traferite al contraente generale (tra cui le attività di tipo pubblicistico propedeutiche all'avvio delle opere, la progettazione esecutiva) giustificano ed inducono a ritenere corretta la qualificazione del contratto in questione come contratto misto così come non si può negare anche la presenza di una componente propria del contratto di mandato. Il contraente generale: appalto o concessione? Sufficientemente definiti sono anche i profili di distinzione e differenziazione della figura del contraente generale rispetto al concessionario di lavori pubblici. Per quanto non manchino profili di possibile sovrapposizione tra i due istituti, al contraente generale, cui compete anche il prefinanziamento dell'opera, non è affidata alcuna attività di gestione. A differenza dell'ipotesi di concessione di lavori, esso non assume alcun rischio connesso alla gestione dell'opera, non essendo chiamato ad ottenere un ritorno economico dall'attività di sfruttamento economico e funzionale dell'opera. L'elemento distintivo, come si è detto, è quindi costituito dalla presenza del rischio di gestione, legato all'investimento effettuato o ai capitali investiti. Per quanto negli appalti pubblici parte dei rischi sia a carico del contraente, e per quanto nel caso del contraente generale, tali rischi siano maggiormente ampi in considerazione della maggiore estensione dei compiti ad esso attribuiti (ivi compreso il prefinanziamento dell'opera), manca, comunque, l'alea legata all'aspetto finanziario dell'operazione, che si potrebbe definire “rischio economico“, propria del fenomeno delle concessioni. Questo tipo di rischio, infatti, che dipende direttamente dai proventi che il concessionario può trarre dalla fruizione dell'opera realizzata, costituisce elemento per distinguere le concessioni dagli appalti pubblici. Il pagamento del prezzo sia pure posticipato almeno in parte all'ultimazione delle opere, contribuisce ad avvicinare la figura del contraente generale a quella dell'appaltatore differenziandolo sia rispetto al concessionario sia rispetto al promotore, potendo il contraente generale contare “sulla piena remunerazione dell'opera, della quale anticipa solamente i costi di realizzazione e di cui comunque non svolge la gestione, potendo al più individuare i soggett i gestori” (Chirulli, 957). Alla circostanza che elemento caratterizzante della concessione sia l'affidamento delle attività di esercizio e sfruttamento sul piano economico funzionale dell'opera, si riconnette l'ulteriore elemento distintivo tra contraente generale e concessionario: quest'ultimo, dovendo ricavare il proprio utile attraverso i proventi della gestione, è proprietario delle opere per tutta la durata della gestione; queste, infatti, vengono, trasferite al concedente alla scadenza della concessione. Il contraente generale opera in nome e per conto proprio, diversamente dal concessionario che opera in nome proprio, ma per conto del committente. Alla prova dei fatti, all'istituto del contraente generale potrà essere fatto ricorso anche per la realizzazione di opere insuscettibili di gestione e di applicazione di tariffe all'utenza, opportunità, questa, invece, preclusa nel caso della concessione di costruzione e gestione. L'assenza di attività di gestione – oltre alla centralità, comunque, assunta dalla realizzazione di lavori – vale a differenziare l'affidamento a contraente generale dalla concessione di servizi. Sono anche chiari gli elementi di differenziazione con la concessione di committenza, al quale il contraente generale è stato assimilato, in una prospettiva che valorizza attività quali la raccolta dei finazianziamenti, l'acquisizione delle aree, l'individuazione degli esecutori. Il contraente generale, infatti, a differenza della concessione di committenza (nella sostanza, oggi, riconducibile nello schema del contratto di appalto di servizi), si assume l'obbligazione di realizzazione dell'opera, mentre la concessione di committenza è considerata solo un'obbligazione di mezzi (Caringella, Protto, 1032). Problemi attualiContraente generale e responsabilità erariale: presupposti e limiti Al contraente generale, l'amministrazione affida la realizzazione di un'opera nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto definitivo, redatto dalla stazione appaltante e posto a base di gara a fronte di un corrispettivo in denaro pagato in tutto o in parte dopo l'ultimazione dei lavori. Ciò premesso, il contraente generale assume anche compiti che altrimenti graverebbero sulla stazione appaltante (ad esempio, nella precedente disciplina lo sviluppo del progetto definitivo e le attività tecnico-amministrative occorrenti per pervenire alla relativa approvazione da parte del CIPE; l'acquisizione delle aree di sedime; la progettazione esecutiva; il prefinanziamento; la eventuale selezione dei soggetti gestori, ecc.). In questo quadro, al di là delle diverse posizioni assunte in dottrina in merito alla natura giuridica del contraente generale, l'esplicita attribuzione al contraente generale della realizzazione con qualsiasi mezzo (v. ora art. 194, comma 1) comporta incontestabilmente l'assunzione a suo carico di un'obbligazione di risultato, potendosi convenire sulla possibilità che, al pari del concessionario, il contraente generale, per le funzioni attribuitegli nell'iter che conduce alla realizzazione di un'opera pubblica, venga, sotto certi aspetti, ad assumere la veste di agente dell'amministrazione, con la conseguente instaurazione di un rapporto di servizio idoneo a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti in controversie avente ad oggetto il risarcimento del danno erariale per violazione di obblighi previsti dalla legge o dal contratto. Si rende pertanto necessario ai fini del riparto di giurisdizione distinguere, in relazione alle specifiche attività, che in concreto si cumulano nel contraente generale. Qualora, il presunto danno sia riconducibile alla violazione di doveri pubblicistici afferenti alle attività svolte come “agente dell'amministrazione pubblica”, la cognizione dell'azione di responsabilità intentata dall'ente pubblico rientra nella giurisdizione della Corte dei Conti; nel caso in cui, invece, il pregiudizio provocato dal contraente generale derivi dall'inadempimento delle obbligazioni poste a carico del contraente generale come “controparte contrattuale dell'amministrazione pubblica” così da squilibrare il sinallagma contrattuale (o anche da mero illecito extracontrattuale), la cognizione dell'azione di repsonsabilità o risarcitoria spetta alla cognizione del gudice ordinario, in ragione della mancanza dell'esercizio di poteri pubblicistici tale da far sorgere un temporaneo rapporto di servizio (Cass. S.U., ord. n. 486/2019; Cass. S.U. , ord. n. 10231 /2017; Cass. S.U., n. 16240/2014). In questa prospettiva, è stata esclusa la giurisdizione della Corte dei Conti in relazione al danno che sarebbe stato procurato dal contraente generale per i disservizi e i ritardi nella realizzazione di un'opera in conseguenza delle numerose varianti pretesamente illegittime che il contraente generale avrebbe contribuito ad elaborare: in tal caso, infatti, quest'ultimo avrebbe agito come affidatario dell'opera nella veste di controparte progettuale, senza esercitare alcuna funzione oggettivamente pubblica per la quale possa assumersi un suo inserimento nell'organizzazione pubblica sì da poter assumere la veste di agente dell'amministrazione (Cass. S.U., ord. n. 486/2019). La giurisdizione per gli affidamenti a contraente generale Gli atti relativi alle procedure per l'affidamento al contraente generale posti in essere da uno dei soggetti tenuti all'applicazione del codice dei contratti sono impugnabili esclusivamente mediante ricorso presso il Tribunale amministrativo competente entro il termine di 30 giorni, rimanendo eslcusa la possibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Allo stesso modo, ricadono nel novero della giurisdizione amministrativa, le controversie relative alle attività espropriative, nel caso in cui il contraente generale si sia avvalso della delega di cui all'art. 6, comma 8, del d.P.R. n. 327/2001, ricorrendo in tal modo ai poteri di stampo publicistico del committente. Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo anche le controversie relative alle procedure per l'affidamento a terzi di tutto o parte dei lavori contrattuali se il contraente generale è, in ragione delle proprie caratteristiche soggettive, di per sé tenuto al rispetto della disciplina pubblicistica per la scelta dei propri contraenti. BibliografiaAmorosino, Il sistema delle ferrovie ad alta velocità nell'esperienza amministrativa italiana, in Riv. trim. app., 1996; Basile, Contratto per le grandi infrastrutture (general contractor) (ad vocem), in Enc. dir. 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