Sanzioni pecuniarie per pratiche commerciali scorrette e principio del ne bis in idem

Redazione Scientifica Processo amministrativo
16 Novembre 2023

Una persona giudicata con sentenza definitiva non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un altro Stato Membro, salvo che la pena sia eseguita o in corso o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita.

Il caso di specie trae origine dall'adozione del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che irrogava una sanzione pecuniaria in solido a due note società automobilistiche VG Italia SpA, e VA, per pratiche commerciali sleali e diffusione di pubblicità ingannevole. Tali pratiche commerciali scorrette riguardavano la commercializzazione in Italia di veicoli diesel ove era stato installato un software che alterava la misurazione dei livelli di emissioni inquinanti durante i test per l'omologazione.

Le due società automobilistiche ricorrevano avanti il TAR per il Lazio per l'annullamento del provvedimento sanzionatorio dell'AGCM, che respingeva il ricorso. Però, nelle more del giudizio di primo grado la Procura di Braunschweig (Germania) irrogava ad una delle due società una sanzione pecuniaria per aver aggirato le disposizioni tedesche in materia di violazioni colpose dell'obbligo di vigilanza sullo sviluppo e installazione del software vietato e sulla sua omologazione, nonché sulla pubblicità e vendita al dettaglio dei veicoli.

La decisione tedesca è divenuta definitiva a seguito del pagamento della sanzione e della rinuncia al ricorso, tant'è che le due società automobilistiche deducevano in primo grado l'illegittimità “sopravvenuta” della decisione dell'AGCM per violazione del principio del ne bis in idem.

Nell'ambito del giudizio di appello azionato dalle società automobilistiche, il Consiglio di Stato proponeva domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea (CGUE) sull'interpretazione dell'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (in prosieguo: la «Carta»), dell'articolo 54 della Convenzione di applicazione dell'Accordo firmato a Schengen il 19 giugno 1990 (in prosieguo: la «CAAS»), nonché dell'articolo 3, paragrafo 4, e dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, sulle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.

La Corte, tra l'altro, ha rilevato che sulla base della propria giurisprudenza il principio del ne bis in idem si applica se vi sia una decisione definitiva anteriore (condizione «bis») e se gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto del procedimento o della decisione successivi (condizione «idem»).

Per la condizione «bis», per ritenere che una decisione giudiziaria abbia statuito in via definitiva sui fatti sottoposti ad un secondo procedimento, è necessario non solo che tale decisione sia divenuta definitiva, ma anche che sia stata pronunciata previa valutazione nel merito della causa.

Inoltre la Corte ha chiarito che una limitazione dell'applicazione del principio del ne bis in idem per essere giustificata, ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, deve  essere prevista dalla legge e il principio di proporzionalità,  in base al quale tale limitazione deve essere necessaria e con finalità di interesse generale riconosciute dall'UE oppure fondata sulla concreta esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, senza risolversi in un intervento sproporzionato ed inammissibile, che pregiudicherebbe la stessa sostanza di tali diritti.

Per tutto quanto sopra premesso Corte ha dichiarato che:

«1) L'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea deve essere interpretato nel senso che una sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla normativa nazionale, irrogata a una società dall'autorità nazionale competente in materia di tutela dei consumatori per pratiche commerciali sleali, benché sia qualificata come sanzione amministrativa dalla normativa nazionale, costituisce una sanzione penale, ai sensi di tale disposizione, quando persegue una finalità repressiva e presenta un elevato grado di severità.

2) Il principio del ne bis in idem sancito all'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente il mantenimento di una sanzione pecuniaria di natura penale irrogata a una persona giuridica per pratiche commerciali sleali nel caso in cui tale persona abbia riportato una condanna penale per gli stessi fatti in un altro Stato membro, anche se detta condanna è successiva alla data della decisione che irroga tale sanzione pecuniaria ma è divenuta definitiva prima che la sentenza sul ricorso giurisdizionale proposto avverso tale decisione sia passata in giudicato.

3) L'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso autorizza la limitazione dell'applicazione del principio del ne bis in idem, sancito all'articolo 50 di tale Carta, in modo da consentire un cumulo di procedimenti o di sanzioni per gli stessi fatti, purché le condizioni previste all'articolo 52, paragrafo 1, di detta Carta, come precisate dalla giurisprudenza, siano soddisfatte, vale a dire qualora, in primo luogo, tale cumulo non rappresenti un onere eccessivo per l'interessato, in secondo luogo, esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e omissioni possano essere oggetto di cumulo e, in terzo luogo, i procedimenti di cui trattasi siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo».

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