Il ricorso non sintetico è inammissibile per il Consiglio di Stato

20 Novembre 2023

Negli ultimi dieci anni si è assistito ad una accelerazione sul controllo della dimensione degli atti processuali, al fine di garantire una più spedita istruttoria e tentare di rendere più veloce l’amministrazione della Giustizia.

Massima

Il ricorso, in presenza di motivi di appello che il collegio non è tenuto ad esaminare - per violazione del principio di sinteticità di cui all’art. 13-ter, comma 5, All. II c.p.a. - diviene inammissibile perché, in relazione ad una parte essenziale per la identificazione della domanda - richiesta dall’art. 44, comma 1, lett. b) c.p.a. a pena di nullità -, viene meno l’obbligo di provvedere e con esso la stessa possibilità di esame della domanda.

Il caso

La società appellante ha proposto ricorso in appello di 87 pagine avverso la sentenza di rigetto, in materia urbanistica, avente ad oggetto l’attuazione del piano di lottizzazione di un Comune. L’amministrazione resistente si costituiva in giudizio per chiedere la conferma della pronuncia di primo grado.

In occasione della camera di consiglio il collegio, d’ufficio, ha rappresentato alle parti il superamento dei limiti massimi di estensione del ricorso in appello, in possibile violazione degli artt. 3 c.p.a. e 13-ter dell’allegato II al codice del processo amministrativo.

Tuttavia, mancando scritti difensivi da parte dei difensori, in occasione dell’udienza pubblica il collegio ha nuovamente sollevato la questione, differendo l’udienza pubblica per concedere termini a difesa sul punto. Trattenuta in decisione la causa, il collegio ha pronunciato l’inammissibilità dell’appello per il rilevato superamento dei limiti dimensionali.

La questione

Negli ultimi dieci anni si è assistito ad una accelerazione sul controllo della dimensione degli atti processuali, al fine di garantire una più spedita istruttoria e tentare di rendere più veloce l’amministrazione della Giustizia.

Il rispetto del principio di sinteticità ha, da subito, determinato preoccupazione da parte di alcune componenti dell’Avvocatura. Attualmente, la disciplina in ordine al rispetto del principio di sinteticità è frammentata, in quanto riportata nei rispettivi codici di procedura.

Non è un caso che il principio di sinteticità abbia, spesso, trovato regolamentazione in occasione di interventi normativi attinenti il processo telematico, i cui requisiti tecnici dipendono dagli organi di governance delle diverse giurisdizioni. Come noto, le norme di attuazione del codice del processo amministrativo sono state modificate nel 2016 per l’introduzione del processo amministrativo telematico, regolato in un primo momento dal d.p.c.m. 40/2016 e, successivamente, dal Decreto 28 luglio 2021 del Presidente del Consiglio di Stato. Parallelamente, dopo una prima applicazione dei limiti dimensionali degli atti per il solo rito appalti con il d.l. 90/2014, l’art. 13 ter all. II c.p.a. ha introdotto i criteri per la sinteticità e la chiarezza per tutti gli atti di parte, stabiliti poi dal Decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 167/2016, successivamente modificato dal d.P.C.S. 16 ottobre 2017 n. 127.

Il Decreto precisa, pertanto, sia quale debba essere la struttura dell’atto, ad esempio richiedendo una chiara distinzione in rubriche dell’esposizione dei fatti e dei motivi di impugnazione, sia limiti dimensionali e regole di formattazione del testo, pur prevedendo alcune esclusioni dai suddetti limiti per le parti meramente formali dell’atto come l'epigrafe o l’indice.

Inoltre, considerato che l’art. 13-ter, comma 5, all. II c.p.a. indica che il giudice è tenuto a esaminare solo le questioni trattate nelle pagine che rispettano i limiti dimensionali, il decreto n. 167/2016 risulta ancor più importante, dal momento che prescrive i casi di deroga ai limiti dimensionali e il procedimento che le parti devono seguire per essere autorizzati al superamento degli stessi.

Le soluzioni giuridiche

I criteri di sinteticità degli atti di parte hanno richiesto un cambiamento di approccio rispetto alla redazione degli stessi, non solo per assicurare l’auspicato spedito svolgimento del giudizio, ma anche al fine di evitare la sanzione prevista per il superamento dei limiti dimensionali, ovvero l’omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive il limite massimo che, tra l’altro, non può essere motivo di impugnazione.

Tuttavia, l’art. 13-ter all. II c.p.a. nulla dice sulle conseguenze processuali in ordine all’ammissibilità dei motivi, limitandosi a dire che il giudice “è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti”.

La soluzione giurisprudenziale dell’inammissibilità dell’appello nella sua interezza è, pertanto, frutto di un’operazione ermeneutica che porta la prolissità al di fuori dell’ambito dell’inopportunità per traghettarla direttamente in quello del vizio.

Infatti, il Consiglio di Stato ha dichiarato il ricorso in appello inammissibile sulla base del combinato disposto dell’art. 13-ter all. II c.p.a. e dell’art. 44 c.p.a. Ciò, in quanto ha ritenuto che, laddove la parte eccedente contenuta nell’atto attenga a questioni essenziali per l’identificazione della domanda, l’atto diviene nullo, venendo meno l’obbligo di provvedere da parte del giudice.

Tale soluzione, quindi, associa il superamento dei limiti dimensionali dell’atto alla “incertezza assoluta sulle persone e sull’oggetto della domanda”, requisito indicato dall’art. 44 c.p.a. per determinare la nullità del ricorso.

In passato il Consiglio di Stato aveva già chiarito come il superamento dei limiti dimensionali sia questione di rito afferente “all’ordine pubblico processuale” e, pertanto, rilevabile d’ufficio, spingendosi a indicare che l’autorizzazione postuma al superamento dei limiti dimensionali sia possibile solo laddove sia data prova “della oggettiva impossibilità o estrema difficoltà di chiedere o conseguire l’autorizzazione preventiva” (Cons. Stato, sez. V, sent. 22/09/2023 n. 8487).

Recentemente, i giudici di Palazzo Spada avevano già ritenuto inammissibile l’appello che viola i doveri di sinteticità per violazione della specificità dei motivi di cui all’art. 40, comma 1, lett. d.c.p.a. (Cons. Stato, sez. IV, sent. 9/01/2023 n. 830).

Isolate pronunce, richiamavano l’attenzione alla necessità di non considerare il superamento del numero di pagine in sé, dovendo invece il giudice riconoscere l’essenza della sinteticità, ovvero la proporzione tra la mole delle questioni da affrontare e la capacità dell’atto di esaminarle (Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2015, n. 2900; Cons. Stato, sez. III, sent. 20/10/2021, n. 7045).

Osservazioni

Di fronte alla soluzione interpretativa voluta dal Consiglio di Stato non si può fare a meno di chiedersi se il superamento dei limiti dimensionali comporti, in ogni caso, la nullità dell’atto, o si possa più frequentemente parlare di nullità dei singoli motivi di ricorso. Ciò considerando che, ormai, la giurisprudenza ha allontanato la possibilità di considerare il superamento dei limiti dimensionali come mera irregolarità.

Infatti, in primo luogo, la nullità è comminata nei casi in cui l’incertezza sia determinata dalla mancanza “assoluta” sulle persone o sull’oggetto della domanda in quanto il ricorso non contiene tutti gli elementi di cui all’art. 40 c.p.a.

Ebbene, eccezione fatta per il ricorso che contenga tutti gli elementi essenziali nelle pagine eccedenti le 35 prescritte dal DPCS n. 167/2016 per il rito ordinario, ci si chiede se, anziché considerare il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 44 c.p.a., non si possa considerare inammissibili solo i motivi di ricorso contenuti nelle pagine eccedenti. Infatti, l’art. 40, comma 2, c.p.a. prescrive che i motivi proposti in modo non specifico sono inammissibili, ma consentendo, in questo modo, l’esame dei motivi di ricorso che rispettino i requisiti di chiarezza e specificità.

Inoltre, anche volendo considerare il ricorso carente dal punto di vista della sinteticità e chiarezza, ci si chiede se la nullità non sia sanzione eccessivamente severa, laddove l’art. 44 c.p.a. prescrive che, laddove contenga irregolarità, il collegio può ordinare che sia rinnovato entro un termine a tal fine fissato”.

Infatti, l’art. 13-ter all. II c.p.a. si limita a indicare quanto il giudice è tenuto a esaminare, non prescrivendo alcuna sanzione circa la validità dell’atto, e anzi, il dato letterale lascerebbe alla facoltà del collegio la lettura integrale del ricorso.

L’orientamento giurisprudenziale, al contrario, appare finora rigido nel verificare i presupposti che consentono allo stesso giudice di autorizzare il superamento dei limiti dimensionali, addirittura indicando come unica soluzione, laddove in termini, di notificare un nuovo atto rispettoso dei limiti dimensionale (Cons. Stato, sez. V, sent. 22/09/2023 n. 8487).

Il giudice amministrativo, pertanto, ha ritenuto tanto preminente la questione “dell’ordine pubblico processuale” del principio di sinteticità da ritenerla non disponibile al suo stesso intervento: considerando ciò, l’orientamento giurisprudenziale ha limitato l’ambito di intervento che il d.P.C.S. n. 167/2016 assicurerebbe per il procedimento di autorizzazione al superamento dei limiti dimensionali in via preventiva o successiva.

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