La prova documentale dell'atto depositato a mezzo PEC: cosa produrre?

20 Novembre 2023

Atto processuale inviato a mezzo PEC e non “scaricato” dalla cancelleria: come fornire la prova di averlo correttamente depositato?

Una breve panoramica della disciplina di riferimento

In attesa che venga approntata la “consolle” del processo penale telematico, e che il relativo portale possa consentire ai difensori di depositare telematicamente gli atti processuali mediante il loro upload, la digitalizzazione della giustizia penale deve fare necessariamente appello alle tecnologie fino ad oggi disponibili. In particolare, come tutti sappiamo, tolti quegli atti che possono essere caricati sul PDP – e che attengono alla fase delle indagini preliminari – tutto il resto (memorie, istanze, impugnazioni, liste testimoniali, eccetera) è normalmente inviato con posta elettronica certificata agli indirizzi ufficiali che il Ministero della Giustizia ha messo a disposizione degli utenti. L'invio di un atto ad un indirizzo difforme da quelli contenuti negli appositi elenchi, oppure l'inoltro dell'atto da un indirizzo di posta certificata non riferibile al difensore legittimato ad operare su quel fascicolo priva di ogni effetto il documento inviato. Si applicano, in buona sostanza, tutte le regole che abbiano iniziato a maneggiare durante il periodo pandemico, quando si sono condotti i primi esperimenti operativi sul penale telematico. A questo dobbiamo aggiungere, per completezza d'informazione, che il 5 luglio 2023 veniva pubblicato in Gazzetta un decreto del Ministro della Giustizia con il quale si stabiliva che ben 103 atti processuali dettagliatamente individuati e abbraccianti praticamente tutto l'arco della vita del processo penale (revisione compresa) sarebbero dovuti essere depositati esclusivamente mediante caricamento sul portale a far data dal 20 luglio. Tuttavia, per evidenti ragioni di carattere tecnico, con altro decreto del 18 luglio 2023, il Ministero ha preferito prorogare il precedente regime transitorio (riconoscendo la facoltà ma non l'obbligo, quindi, di depositare gli atti a mezzo portale e con possibilità di continuare a fare uso della PEC per i depositi) fino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti tecnici previsti nell'art. 87, commi 1 e 3 del d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia). Di fatto, si è rimandata l'entrata in vigore dell'utilizzo del portale, visto che nella prassi quotidiana si fa massiccio ricorso all'uso del deposito a mezzo PEC.

Il deposito dell'atto a mezzo PEC: le incombenze della cancelleria

Dopo che il difensore ha inviato un atto processuale mediante la propria PEC ad uno degli indirizzi sopra indicati, il personale di cancelleria – a norma dell'art. 24 del c.d. Decreto Ristori n. 137/2020 – dovrà, nell'ordine: effettuare il download della PEC, annotare in un apposito registro la data di ricezione e dovrà infine inserire l'atto nel fascicolo telematico frattanto confezionato. Quanto al corrispondente “analogico”, ossia cartaceo, la cancelleria dovrà assicurarne la continuità – cioè dovrà mantenerlo aggiornato rispetto alla sua versione digitale – e per farlo bisognerà stampare una copia dell'atto ricevuto telematicamente per inserirlo nel fascicolo, annotando data ed estremi della casella di posta certificata sulla quale è stato ricevuto il documento. La ratio di questi adempimenti è intuibile: il giudice, in attesa di avere a disposizione una vera e propria “consolle” (sulla falsariga di quella del processo civile), deve essere messo a conoscenza con modalità oseremmo dire “tradizionali” dell'avvenuto deposito di un determinato atto processuale. Diversamente, egli non ne avrebbe notizia.

Cosa fare se la copia cartacea dell'atto depositato non viene inserita nel fascicolo?

Finché la catena degli adempimenti di cancelleria scorre liberamente, non vi sarà alcun problema: il difensore confida nel fatto che il giudice sia costantemente informato di quanto viene depositato nel fascicolo perché il personale amministrativo “scarica” le PEC e le traduce in documenti cartacei. L'intoppo che può verificarsi (e che si verifica con una certa frequenza, per la verità) riguarda proprio il passaggio dal download alla stampa del cartaceo. Se questo anello operativo dovesse saltare, la conseguenza sarebbe che il giudice inevitabilmente non verrebbe messo a conoscenza dell'atto depositato, con ogni immaginabile effetto: a puro titolo di esempio si pensi all'ipotesi più angosciante tra quelle che possono costellare la vita di un penalista, e cioè il caso nel quale non venga scaricata la PEC contenente l'impugnazione avverso una sentenza che condanna l'imputato a molti anni di carcere. La conseguenza sarebbe una ed una soltanto: l'esecuzione della pena. E' evidente, quindi, che si deve essere sempre pronti a dimostrare di avere inviato un atto a mezzo PEC per “contestare” ogni possibile effetto derivante dal suo presunto (è proprio il caso di dirlo) omesso deposito. Il tema della prova dell'avvenuto deposito mediante posta elettronica certificata non è estranea alle nostre aule giudiziarie. Facciamo un salto nell'ambito della giustizia civile, nella quale il processo telematico impera sovrano. In quell'universo è principio consolidato che la prova del deposito telematico di un atto processuale debba essere in prima battuta fornita digitalmente. Ove non fosse possibile, occorrerà stampare il messaggio di posta certificata con i relativi allegati, oltre le due ricevute di accettazione e di avvenuta consegna della PEC alla casella del destinatario; l'adempimento probatorio si conclude con l'attestazione di conformità che il difensore deve rendere in ordine alla corrispondenza tra la copia analogica e quella digitale del documento in parola. Nel mondo della giustizia penale, notoriamente meno affezionata alle forme rispetto a quella civile, non è necessario complicarsi la vita fino a questo punto: basterà fornire la copia cartacea dell'atto depositato e della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio PEC che lo conteneva, che a questo punto – ognuno lo avrà già compreso bene – sarà buona norma stampare sempre e conservare gelosamente nel fascicolo di studio. Questo accorgimento si rende necessario visto che le caselle PEC vanno svuotate periodicamente della posta ricevuta e inviata, pena il loro intasamento e la conseguenza, anch'essa drammatica, che un eventuale nuovo messaggio non verrebbe ricevuto.

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