Atto di ricorso per l'ottenimento del mantenimento periodico in caso di matrimonio (o unione civile) putativo (art. 129 c.c.)

Giuseppe Buffone
Aggiornato da Francesco Bartolini

Inquadramento

Ai sensi dell'art. 129 c.c., quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il Giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze.

Formula

TRIBUNALE DI ....

RICORSO EX ARTT. 473-BIS.12 E SS. C.P.C., 129 C.C. 1

OGGETTO DELLA DOMANDA

Richiesta di contributo economico

(PARTE RICORRENTE)

Nome: ....

Cognome: ....

Luogo e data di nascita: ....

Cittadinanza: ....

Residenza (o domicilio/dimora): ....

Codice fiscale: ....

con l'Avv. .... (nome, cognome, codice fiscale, PEC)

Giusta procura alle liti ....

CONTRO

(PARTE CONVENUTA)

Nome: ....

Cognome: ....

Luogo e data di nascita: ....

Cittadinanza: ....

Residenza (o domicilio/dimora): ....

Codice fiscale: ....

 

ESPOSIZIONE DEI FATTI

In data ...., le odierne parti – attore e convenuta – hanno contratto matrimonio con rito ...., iscritto/trascritto nei registri dello Stato Civile del Comune di ...., anno ...., parte ...., n. ...., serie .....

Successivamente alla celebrazione del matrimonio, è accaduto che .... 

Il matrimonio è stato dichiarato invalido con sentenza del Tribunale di ...., pronunciata in data ...., passata in giudicato il .....

La causa di invalidità era ignorata dalle parti contraenti, come risulta da ….

Altri elementi in fatto (principali o secondari) importanti per la controversia: ( ....).

Ricorrono i presupposti per un assegno ex art. 129, c.c. in favore della odierna attrice.

IN DIRITTO

L'odierna parte attrice ha contratto matrimonio in completa buona fede. In buona fede era anche la parte convenuta. Ai sensi dell'art. 129 c.c., quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il Giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze.

Nel caso di specie, l'odierna parte attrice versa nelle predette condizioni e richiede, pertanto, un assegno di mantenimento del seguente importo: .....o, in subordine, nella misura meglio vista da codesto Tribunale.

In merito alle condizioni economiche delle parti osserva: .....

La parte attrice gode tuttora di stato libero, non avendo contratto nuove nozze.

PER QUESTI MOTIVI

Voglia il Presidente designare il Giudice relatore e fissare l'udienza di prima comparizione delle parti assegnando il termine per la costituzione del convenuto, per sentir pronunciare, all'esito del procedimento, le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis, così pronunciarsi:

1) Condannare la parte convenuta a corrispondere alla parte attrice, per un periodo di almeno tre anni, la somma mensile di Euro ...., o quella meglio vista, da versarsi in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese, oltre rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT.

2) Condannare la (parte convenuta) alle spese del processo, da distrarsi in favore del difensore antistatario.

In ogni caso, con vittoria di spese e competenze di lite.

INDICA

i mezzi di prova di cui l'attore intende avvalersi e ne chiede l'ammissione

a) prova testimoniale sulle seguenti circostanze e con i testi indicati: ....;

b) interrogatorio formale del convenuto sulle seguenti circostanze: ....;

c) consulenza tecnica d'ufficio per ....;

OFFRE

i seguenti documenti in comunicazione e ne chiede l'acquisizione.

1) Atto di matrimonio;

2) Sentenza di annullamento del matrimonio;

3) Documenti reddituali e sulle condizioni economiche;

4) Certificato attestante lo stato libero.

Luogo e data .... ....

Firma Avv. .... ....

[1] [1] L'art. 473-bis.12, terzo comma, c.p.c. dispone che, in caso di domande di contributo economico. al ricorso sono allegati: a) le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; b) la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati nonché di quote sociali; c) gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni. In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art. 121 c.p.c., il ricorso con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Il richiamato Regolamento non trova invece applicazione, anche quanto ai limiti dimensionali degli atti, nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, sembra anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali rientra quella in esame.

In tutti gli atti introduttivi di un giudizio devono essere indicati le generalità complete, la residenza o la sede, il domicilio eletto presso il difensore e il codice fiscale oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv. in l. n. 111/2011). Il deposito degli atti e dei documenti da parte dei difensori ha luogo esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att.  c.p.c.).                             

Commento

Rito applicabile

Il decreto legislativo n. 149/2022 ha modificato il codice di procedura civile prevedendo, in particolare, nuove disposizioni nel libro II, titolo VI-bis ove sono state introdotte: «Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie», c.d. pPMF). Quanto al campo di applicazione del nuovo rito unitario – che non è più un procedimento speciale – l'art. 473-bis c.p.c. prevede che le disposizioni contenute nel nuovo titolo IV-bis si applichino a tutti i procedimenti (di natura contenziosa) relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, di quello per i minorenni e del Giudice tutelare, salvo che non sia diversamente stabilito e salve le esclusioni espressamente indicate dallo stesso articolo. 

 

Matrimonio putativo

Il matrimonio contratto in buona fede da entrambi i coniugi, ignorandone l'invalidità (matrimonio putativo, v. art. 128 c.c.) non è travolto dalla declaratoria di nullità se non per l'avvenire: per questi motivi, la dottrina assimila questo istituto allo scioglimento del vincolo piuttosto che alla sua rimozione per vizio genetico. L'assonanza con lo scioglimento si evidenzia anche nel raffronto con l'art. 129 c.c.: l'art. 128 c.c. consente all'atto nullo di produrre effetti per il passato, come se il matrimonio fosse valido; l'art. 129 c.c. gli consente di farlo per il futuro, come se il matrimonio fosse stato valido. La trama di effetti pro futuro del matrimonio putativo riguarda sia i coniugi che i figli: quanto ai rapporti coniugali, il Giudice può riconoscere al coniuge economicamente più debole un assegno (posto a carico del coniuge economicamente più abbiente) per la durata di tre anni; quanto ai figli, il Giudice può regolare l'esercizio della responsabilità genitoriale in applicazione dell'art. 337-ter c.c. Il comma 2 dell'art. 129, c.c., riferendosi a tal fine all'art. 155 c.c., deve intendersi richiamante l'art. 337-bis c.c., nel quale è confluito l'abrogato art. 155 c.c. per effetto del d.lgs. n. 154/2013. L'art. 18,l. n. 847/1929 per comune opinione estende oggi al matrimonio concordatario, dichiarato nullo in sede ecclesiastica, il regime delle conseguenze patrimoniali del matrimonio putativo, previsto dagli artt. 129 e 129-bis c.c.: questa interpretazione ha ottenuto l'avallo della Corte Costituzionale (sentenza Corte cost. n. 329/2001) che ha anche escluso l'illegittimità costituzionale delle norme cennate quali misure di tutela del coniuge debole travolto dalla nullità matrimoniale deteriori rispetto a quelle previste in caso di divorzio (la Corte ha escluso la violazione dell'art. 3 Cost.).

Gli effetti del matrimonio putativo sono regolati dagli artt. 128,129 e 129-bis c.c. L'art. 128, c.c. concerne i rapporti personali mentre l'art. 129 si occupa di quelli patrimoniali; l'art. 129-bis disciplina i profili di responsabilità. Nel complesso delle conseguenze patrimoniali del matrimonio putativo rispetto ai coniugi si inscrive l'ammissibilità di un assegno di mantenimento per il coniuge debole. Si tratta di un regime giuridico contraddistinto da particolare «rigidità» e da «limiti angusti» (Corte cost. n. 329/2000), tuttavia sorretti da discrezionalità legislativa da non potersi definire irragionevole (Corte cost. n. 329, cit.). In particolare, l'ambito applicativo è individuato dalla stessa disposizione ove si precisa che l'art. 129 c.c. è invocabile «quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi». Gran parte della dottrina ritiene che la norma debba essere interpretata in modo estensivo con applicazione anche per il caso in cui uno solo dei coniugi fosse in buona fede e per offrire protezione a questi. Si tratta, tuttavia, di una lettura non consentita dal chiaro enunciato letterale del precedente art. 128 c.c. che enuclea, al contrario, le tante diverse ipotesi di matrimonio putativo, delle quali l'art. 129 c.c. prende in considerazione solo la prima (quella della buona fede di tutti e due i nubendi). Una interpretazione che estendesse la portata della norma a casi diversi si risolverebbe in una operazione contrastante con il carattere eccezionale del dettato normativo. Il coniuge in buona fede, vittima di quello in malafede, non è legittimato a invocare le misure ex art. 129 c.c. ma ben potrà ottenere tutela ai sensi dell'art. 129-bis c.c., norma che costituisce un completamento logico del regime normativo. Infatti: nel caso di buona fede per entrambi i coniugi, è possibile ottenere un assegno fino a tre anni (art. 129 c.c.); nel caso di buona fede di uno solo, è possibile una indennità una tantum pari al mantenimento per tre anni (art. 129-bis c.c.).

Il coniuge in buona fede ha diritto ad ottenere un assegno dall'altro (pure in buona fede) purché non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze. L'assegno che spetta è comunque a termine: in tempi recenti, la giurisprudenza ha infine ammesso la validità di questo istituto (mantenimento a termine) anche nel regime della separazione (v. Cass. n. 12781/2014) così essendo venuto meno uno dei tipici tratti distintivi evidenziati in dottrina (la temporaneità). Proprio per gli elementi costitutivi che contraddistinguono l'assegno ex art. 129 c.c., è possibile assimilare questo emolumento al mantenimento ex art. 156 c.c. previsto in caso di separazione anche se la finalità dell'erogazione è solidaristica con carattere assistenziale. Non è caratterizzato da natura alimentare poiché non è necessario che il coniuge debole versi in stato di bisogno. Ne consegue che per la determinazione dell'assegno occorrerà far riferimento al pregresso tenore di vita. È controverso in dottrina se la domanda di assegno possa essere promossa a prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità. In realtà, la struttura della norma rende evidente che, intervenuto il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, l'ex coniuge debole matura un diritto pieno a richiedere per sé l'importo ex art. 129 c.c.; importo, però, che se riconosciuto non può comunque durare più di tre anni. Non è dunque possibile ritenere che il passaggio in giudicato costituisca una sorta di dies a quo implicito poiché così si introdurrebbe per via interpretativa una condizione dell'azione in modo del tutto opinabile. La “distanza” della domanda rispetto al giudicato (comunque nel rispetto del termine di prescrizione ordinaria) può essere valutata ai fini del merito della richiesta: lo stato di debolezza si presume risolversi con il trascorrere del tempo poiché l'avente diritto dimostra di riuscire a sostenersi in modo adeguato senza nulla chiedere.

Con riguardo alla delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità, le Sezioni Unite hanno affermato che la convivenza “come coniugi”, quale elemento essenziale del “matrimonio-rapporto”, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di “ordine pubblico italiano”, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato, già affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze Corte cost. n. 18/1982 e Corte cost. n. 203/1989, ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico del “matrimonio-atto” (Cass. n. 16379/2014).

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