Ricorso per cassazione contro il diniego di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullitàInquadramentoIl protocollo addizionale firmato a Roma il 18 febbraio 1984 (apportante modifiche al Concordato Lateranense dell'11 febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia), ratificato e reso esecutivo con l. n. 121/1985, ha previsto che le sentenze di nullità del matrimonio pronunciate dai Tribunali ecclesiastici possono essere dichiarate efficaci (ossia delibate) nell'ordinamento italiano, purché ricorrano determinate condizioni. Sovente sorgono in tale fase questioni di compatibilità della sentenza ecclesiastica con l'ordine pubblico, nonché inerenti i rapporti con i giudizi pendenti o che possono essere instaurati innanzi all'autorità giurisdizionale italiana. Il procedimento di delibazione, secondo quanto previsto da detto Accordo, continua ad essere regolato dagli ormai abrogati artt. 796 ss. c.p.c. e non già dalle norme di cui alla successiva l. n. 218/1995 (v., di recente, App. Cagliari I, 11 novembre 2020, n. 560). FormulaCORTE SUPREMA DI CASSAZIONE RICORSO [1] Per Sig. ..., nato a ..., C.F. ..., rappresentato e difeso dall'Avv. ..., C.F. ... elettivamente domiciliato presso il suo studio in ..., alla via ... n. ..., per mezzo di procura a margine/in calce del presente atto (ovvero tramite procura speciale per atto del Notaio ..., del ..., n. Rep. ...) e che dichiara di voler ricevere le comunicazioni da parte della cancelleria al numero fax ... o al seguente indirizzo di posta elettronica certificata ... [2] CONTRO La Sig.ra ..., nata a ..., C.F. ..., elettivamente domiciliata nel precedente giudizio di merito presso lo studio dell'Avv. ..., sito in ... alla via ..., n. ... . Per la cassazione della sentenza resa inter partes dalla Corte di Appello di ..., in data ..., n. ..., notificata il ... (ovvero non notificata). FATTO [3] Avverso la sentenza n. ... del ... ora impugnata il Sig. ... propone ricorso per cassazione, per i seguenti MOTIVI 1) Violazione (o falsa applicazione) dell'art. 796 c.p.c. La decisione della Corte d'Appello di ... mediante la quale non è stata delibata la sentenza di accertamento della nullità matrimoniale è illegittima. Invero, la delibazione non è stata concessa sull'assunto per il quale le parti avrebbero convissuto per un quinquennio come coniugi e quindi in applicazione del principio per il quale la convivenza come coniugi protratta per un triennio impedisce la delibazione agli effetti civili della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale (Cass. S.U., n. 16379/2014). Tuttavia, l'eccezione in questione è stata proposta dalla Sig.ra ... alla quale, come specificato nella pronuncia richiamata, spettava l'onere di dimostrare, in concreto, che tale convivenza si era regolarmente svolta. Per converso, ... . Per i suesposti motivi, il Sig. ..., come sopra rappresentato e difeso, CHIEDE CHE la Suprema Corte, accogliendo il presente ricorso, cassi la pronuncia impugnata, così come specificata in epigrafe, con tutti i conseguenti provvedimenti anche rispetto alle spese del giudizio. Ex art. 14, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, si dichiara che il valore del presente processo è pari ad Euro ... . Luogo e data ... Firma Avv. ... PROCURA SPECIALE [4] Delego a rappresentarmi per ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione per l'impugnazione del provvedimento n. ... reso dalla Corte di Appello di ... in data ... dinanzi alla Corte di Cassazione l'Avv. ..., conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge ed eleggendo domicilio presso lo studio del medesimo in ..., via ... . Firma ... Per autentica Firma Avv. ... 1. Per formare il fascicolo da depositare è necessario predisporre una cartellina di studio al cui interno devono essere inseriti i documenti di cui agli artt. 366 e 369 c.p.c. 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011). Tuttavia, a partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore (art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dalla l. n. 114/2014). 3. L'esposizione dei fatti relativi alla causa e del processo deve essere sommaria e riguardare i precedenti gradi di giudizio sino alla sentenza che s'impugna in cassazione. Bisogna tenere presente che secondo la Suprema Corte la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale, contenuto degli atti processuali è innanzitutto superflua, non essendo richiesto che si riportino meticolosamente le vicende processuali, e, per altro verso inidonea a soddisfare la necessità dell'esposizione sommaria dei fatti (Cass. S.U., n. 5698/2012). In ossequio, tuttavia al c.d. principio di autosufficienza, è necessario che i termini esatti della vicenda processuale e dei fatti verificatisi sia evincibile e comprensibile in base ai soli atti di parte. 4. Risolvendo un contrasto che si era formato nella giurisprudenza di legittimità, le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito che l'incorporazione della procura rilasciata ex art. 83, comma 3, c.p.c., nell'atto di impugnazione estende la data di quest'ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest'ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell'atto che la contiene, sicché non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l'eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l'ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell'atto originale (Cass. S.U., n. 35466/2021). CommentoLa pronuncia resa dalla Corte d'Appello sulla delibazione exartt. 796 ss. c.p.c. della sentenza ecclesiastica di accertamento della nullità del matrimonio concordatario è impugnabile mediante ricorso per cassazione, disciplinato in via generale dagli artt. 360 ss. c.p.c. Invero, l'impugnazione per cassazione è a critica vincolata e i motivi sono ricondotti allo schema degli errores in procedendo o in judicando. L'error in judicando, previsto dal n. 3 dell'art. 360 c.p.c. consiste nella violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Si tratta di inosservanza della disciplina sostanziale dedotta in causa, disciplina che può rintracciarsi non solo nell'ordinamento italiano ma anche nel diritto straniero ed europeo. La violazione consiste nella negazione o nell'erroneo intendimento di una norma di diritto oppure nell'affermazione di una norma di diritto inesistente; invece, la falsa applicazione consiste nella esatta interpretazione di una norma di diritto poi applicata ad una fattispecie concreta non corrispondente a quella prevista dall'ipotesi astratta. Per norme di diritto il legislatore intende riferirsi alla disciplina sostanziale dedotta in giudizio. L'error in procedendo, previsto dai nn. 1, 2, 4 dell'art. 360 c.p.c. consiste nella violazione delle norme sul riparto di giurisdizione; nella violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; nella nullità della sentenza o del procedimento (che va letto ora congiuntamente all'art. 360-bis, lett. b), c.p.c.); il vizio di motivazione consiste, poi, dopo la riforma di cui al l. n. 134/2012, in un “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più, come nella formulazione precedente, risalente alla versione del 2006, nella omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La modifica del 2012 si spiega senz'altro nell'esigenza di limitare i ricorsi in cassazione sul giudizio di fatto. Peraltro, la novella del 2012 incide in modo ancor più determinante sull'accesso al ricorso in cassazione. Infatti il nuovo art. 348-ter, commi 4 e 5, preclude il ricorso per cassazione fondato sul vizio di motivazione contro la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado. Ciò significa che, nel caso di c.d. doppia conforme, ossia di doppia motivazione conforme in primo e in secondo grado quanto alle ragioni inerenti alle questioni di fatto, non è possibile proporre ricorso in cassazione denunciando il vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. A parere di parte della dottrina questa previsione sarebbe incostituzionale per contrasto con l'art. 111, comma 7, Cost. che prevede la garanzia del ricorso in cassazione per violazione di legge che dovrebbe essere comunque fornita nell'ipotesi di difetto sostanziale e totale della motivazione. Le Sezioni Unite della Cassazione sino ad ora hanno tuttavia interpretato la disposizione ritenendola esente da doglianze di incostituzionalità e in particolare sostenendo che quando la motivazione sia del tutto assente ovvero quando sia meramente apparente o fortemente illogica, avverso la decisione sia sempre possibile proporre ricorso ai sensi dell'art. 360, n. 3 (a risultare violata sarebbe così, tra le altre, la disposizione dell'art. 111, Cost.). In tal senso, ad esempio, Cass. VI, n. 22598/2018; Cass. sez. lav., n. 12096/2018. È necessario, poi, che il ricorso per cassazione superi il filtro di ammissibilità ex art. 360-bis c.p.c.; le due ipotesi previste dalla norma sono quella sub a), ossia il caso in cui si intenda dimostrare che il provvedimento impugnato non ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, ovvero, pur essendo conforme, l'esame dei motivi offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa e quella sub b) ossia il caso in cui sia manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Nell'ipotesi sub a) ci si trova di fronte a un ricorso che già con ogni probabilità poteva essere annoverato tra quelli da decidere in camera di consiglio ex art. 375, n. 5, c.p.c. perché manifestamente infondato, in quanto il provvedimento aveva deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte. In ogni caso, il fatto che dal ricorso non debbano emergere elementi affinché la Corte stessa muti la propria giurisprudenza, offre all'Avvocato, anche in queste ipotesi, l'opportunità di evidenziare, all'interno dei motivi di ricorso, le ragioni per le quali l'orientamento della Corte di Cassazione deve essere modificato. In sostanza la Corte di Cassazione dichiarerà inammissibile il ricorso proposto contro un provvedimento conforme alla propria giurisprudenza, ogni volta che ritenga inesistente la denunciata violazione di legge perché ritenga insussistenti validi motivi per discostarsi dalla soluzione fornita già in precedenza alla questione giuridica ad essa sottoposta (ex art. 360-bis, lett. a). È sicuramente escluso dalla sottoposizione a questo filtro il regolamento di giurisdizione, trattandosi di strumento preventivo che, pertanto, non presuppone né la precedente decisione né un provvedimento impugnato. La Corte di Cassazione di recente, con riferimento a tale motivo, ha affermato che lo scrutinio ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c. impone una declaratoria di rigetto per manifesta infondatezza e non d'inammissibilità, atteso che, anche in mancanza di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il Giudice del merito, vi è la possibilità di accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la sentenza impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda, nel frattempo mutata: Cass. I, n. 5442/2016. Le Sezioni Unite hanno chiarito che la funzione di filtro consiste nell'esonerare la Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione ad un orientamento persistente di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi inconsistenti (Cass. n. 7155/2017). Nell'ipotesi sub b), invece, l'espresso riferimento ai principi del “giusto processo” induce a ritenere che la norma intenda richiamare i principi di cui all'art. 111 Cost., così come modificato nel 1999, che pone garanzie che possono essere considerate esse stesse “principi regolatori” di portata generale, la cui mancanza potrà essere ben denunciata in sede di giudizio di legittimità. Con riguardo alla materia civile, in particolare, queste garanzie si sostanziano: 1) nell'attuazione della giurisdizione mediante il giusto processo regolato dalla legge; 2) nello svolgimento del processo, in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un Giudice terzo e imparziale; 3) nella ragionevole durata del processo; 4) nella motivazione dei provvedimenti giurisdizionali; 5) nel ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali. |