Memoria difensiva del coniuge onerato nel procedimento incardinato dall'ex coniuge per l'attribuzione del 40% del TFR (artt. 12-bis, comma 1, l. n. 898/1970 s.m.; 737 ss., c.p.c.)InquadramentoA norma dell'art. 12, l. div., il coniuge divorziato, che non ha contratto un nuovo matrimonio e che sia titolare dell'assegno di divorzio, ha diritto ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge alla cessazione del rapporto di lavoro. La percentuale è pari al 40% dell'indennità totale, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro ha coinciso con il matrimonio. Il diritto sorge anche se il trattamento spettante all'altro coniuge sia maturato successivamente alla proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio (cfr. Galizia Danovi, Divorzio giudiziale, in ilfamiliarista.it). FormulaTRIBUNALE DI ... MEMORIA DIFENSIVA Per il Sig. ..., nato a ... il ... (C.F. [1]: ...), residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato in ..., via ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. [2] ..., C.F. [3] ..., che lo rappresenta e difendo giusta procura alle liti in calce al presente atto. Per le comunicazioni riguardanti il presente giudizio l'Avv. ... indica il numero fax ... [4] - resistente- NEI CONFRONTI DI La Sig.ra ..., C.F. ..., residente in ..., via/piazza ... n. ..., rappresentata e difesa come in atti; - ricorrente - ESPONE CHE - La Sig.ra ... ha proposto ricorso dinanzi all'intestato Tribunale al fine di ottenere quota del 40% del TFR percepito dal resistente, suo ex coniuge onerato del pagamento dell'assegno divorzile, in relazione al periodo ricompreso dal ... al ... nel quale il rapporto di lavoro ha coinciso con il rapporto di coniugio; - la domanda è infondata, in quanto l'esponente è stato un agente assicurativo che ha lavorato con grande autonomia ed a proprio rischio, di talché non può essere equiparato ad un lavoratore dipendente [5] ; P.T.M. Si richiede all'Ill.mo Tribunale di rigettare la domanda della Sig.ra ..., con vittoria di spese. Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). 2. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore, è sufficiente l'indicazione del numero di fax, poiché l'indirizzo PEC è un dato ormai acquisito nei rapporti con la cancelleria: v. art. 125 c.p.c., e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dalla l. n. 114/2014. 3. L'indicazione del C.F. dell'Avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c., come modificato dalla disposizione sopra citata. 4. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c., come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: “Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ... ovvero qualora la parte ometta di indicare il C.F. ... il contributo unificato è aumentato della metà”. 5. Sul punto, occorre infatti considerare che, secondo quanto precisato dalla S.C., il diritto ad una quota della indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge, previsto dall'art. 12-bis della l. n. 898/1970 a favore del coniuge divorziato che sia titolare di assegno e che non sia passato a nuove nozze, sussiste con riferimento agli emolumenti collegati alla cessazione di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato che si correlino al lavoro dell'ex coniuge, sicché, nel caso di indennità spettante all'agente generale di un'agenzia di assicurazioni, tale diritto spetta unicamente ove l'attività dell'agente si risolva in una prestazione di opera continuativa e coordinata prevalentemente personale e non sia svolta attraverso una struttura organizzata, anche a livello embrionale, con ampi margini di autonomia, riguardo alla scelta dei tempi e dei modi di esercizio, e con assunzione di rischio a proprio carico (Cass. n. 17883/2016). CommentoAi sensi dell'art. 12, l. div., il coniuge divorziato, che non ha contratto un nuovo matrimonio e che sia titolare dell'assegno di divorzio, ha diritto ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge alla cessazione del rapporto di lavoro. La percentuale è pari al 40% dell'indennità totale, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro ha coinciso con il matrimonio. Il diritto sorge anche se il trattamento spettante all'altro coniuge sia maturato successivamente alla proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio e prima dell'emissione della relativa sentenza (cfr. Galizia Danovi, Divorzio giudiziale, in ilfamiliarista.it). Per vero, è stato costantemente ribadito, in sede di legittimità, che l'espressione, contenuta nell'art. 12-bis, l. n. 898/1970, secondo cui il coniuge ha diritto alla quota del TFR anche se questo "viene a maturare dopo la sentenza" implica che tale diritto deve ritenersi attribuibile anche ove il TFR sia maturato prima della sentenza di divorzio, ma dopo la proposizione della relativa domanda, quando invero ancora non possono esservi soggetti titolari dell'assegno divorzile, divenendo essi tali dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato. Infatti, poiché la ratio della norma è quella di correlare il diritto alla quota di indennità, non ancora percepita dal coniuge cui essa spetti, all'assegno divorzile, che in astratto sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, ancorché di regola venga costituito e divenga esigibile solo con il passaggio in giudicato della sentenza che lo liquidi, ne deriva che, indipendentemente dalla decorrenza dell'assegno di divorzio, ove l'indennità sia percepita dall'avente diritto dopo la domanda di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell'assegno è riconnessa l'attribuzione del diritto alla quota di TFR (Cass. I, n. 12175/2011). In passato la S.C. aveva affermato che il procedimento segue le forme di quello in camera di consiglio exartt. 737 e ss. c.p.c. e si conclude, peraltro, con una decisione idonea al giudicato (v. Cass. n. 30200/2011). Occorre dunque interrogarsi se oggi trovino applicazione le norme sul rito unitario in materia familiare, come sembra desumersi dalla vocazione generale dell'art. 473-bis c.p.c. quanto al relativo ambito applicativo, oppure, come appare più opportuno per esigenze di celerità proprie di un contenzioso di carattere documentale, possano continuare ad applicarsi le norme generali sui procedimenti in camera di consiglio dettate dai predetti artt. 737 e ss. c.p.c. La S.C. ha chiarito che le somme corrisposte dal datore di lavoro, in aggiunta alle spettanze di fine rapporto, come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente (c.d. incentivi all'esodo) non hanno natura liberale né eccezionale, ma costituiscono reddito da lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di sollecitare e remunerare, mediante una vera e propria controprestazione, il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto, e rientrano quindi nell'ambito di applicazione dell'art. 12-bis, l. n. 898/1970 (Cass. sez. lav., n. 14171/2016). |