Ricorso del marito per la modifica, per gravi motivi, della sentenza che ha consentito all'ex moglie di mantenere il cognome del coniuge divorziato (art. 5, comma 4, l. n. 898/1970 ss.)InquadramentoLa pronuncia di divorzio determina la cessazione ex nunc dello status di coniuge. Tra gli altri effetti di tale decisione vi è la perdita da parte della moglie del diritto al cognome del coniuge che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Il Tribunale può autorizzare, con la sentenza con cui pronuncia il divorzio, la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito, quando sussista un interesse proprio o dei figli meritevole di tutela. Tale decisione può essere modificata con una successiva pronuncia per motivi di particolare gravità su istanza di una delle parti (cfr. Muscio, Divorzio: presupposto ed effetti, in ilfamiliarista.it). FormulaTRIBUNALE DI ... RICORSO PER LA MODIFICA DELLA SENTENZA DI DIVORZIO EX ART. 5, COMMA 4, L. DIV. Il Sig. [1] ..., nato a ... il ... (C.F. ...) [2], residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato in ..., via ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. [3] ..., C.F. ..., fax ... [4], che la rappresenta e difende in forza di procura alle liti in calce al presente atto; NEI CONFRONTI DI La Sig.ra ..., residente in ..., via/piazza ... n. ...; ESPONE CHE Con sentenza di divorzio tra le parti, pronunciata dal Tribunale di ..., in data ..., in accoglimento dell'istanza formulata dalla Sig.ra ..., quest'ultima era autorizzata a conservare, in aggiunta al proprio, il cognome del ricorrente. Tuttavia, sussistono gravi motivi per la revoca di tale statuizione contenuta nella sentenza in questione perché la Sig.ra ..., che aveva richiesto la conservazione del cognome acquisito con il matrimonio proprio per ragioni professionali [5], è stata condannata, con sentenza del Tribunale di ..., divenuta irrevocabile in data ..., per truffa aggravata ai danni dello Stato, ad anni di ... . Pertanto, è evidente che a seguito di tale condanna sarebbe arrecato grave nocumento all'attività ed all'immagine professionale dell'istante ove l'ex moglie – con la quale conserva rapporti solo per i figli minori – continuasse ad utilizzare il suo cognome. Invero, occorre a riguardo considerare che ... . P.T.M. Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, anche previa convocazione delle parti [6], pronunciare sentenza di revoca del diritto della Sig.ra ... alla conservazione del cognome del ricorrente. Luogo e data ... Firma Avv. ... 1. Trova applicazione la regola generale di cui all'art. 125 c.p.c., per la quale il ricorso deve essere corredato dall'indicazione delle parti. 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio. 3. A partire dal 18 agosto 2014, gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non devono più contenere l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore: v. art. 125 c.p.c., e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificati dalla l. n. 114/2014. 4. L'indicazione del numero di fax dell'Avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ... ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale ... il contributo unificato è aumentato della metà». 5. In sede applicativa si è evidenziato che l'interesse al mantenimento del cognome del coniuge dopo il divorzio risulta meritevole di tutela qualora riguardi la sfera del lavoro professionale, commerciale o artistico della moglie, oppure, ancora, in considerazione di profili di identificazione sociale e di vita di relazione meritevoli di tutela oltre che di particolari profili morali o considerazioni riguardanti la prole (la cui identificazione con un cognome diverso possa essere causa di nocumento). L'indagine circa la sussistenza di siffatti presupposti può essere effettuata sulla base di documenti attinenti agli ambiti della vita privata della coniuge che possono assumere rilievo in tal senso, come quelli che riguardano la salute della medesima (ad esempio certificati medici dai quali risulta una almeno prevalente intestazione alla donna con il cognome del marito), la vita professionale egli affari. Qualora risulti da tale documentazione - e l'indagine può e deve riguardare tutti i documenti prodotti dalla controparte anche a scopo diverso, come la stessa procura alle liti - che l'utilizzo del cognome del marito non assume, rispetto allo svolgimento della vita della moglie, un rilievo preminente rispetto ai profili sopra menzionati, non ne sussiste a favore della medesima il diritto alla conservazione (Trib. Milano IX, 28 aprile 2009, n. 5644, in Guida dir., 2009, 38, 41). 6. Trattandosi di procedimento di natura divorzile, volto alla modifica di una statuizione della sentenza di divorzio, riteniamo che in applicazione della regola generale espressa dall'art. 473-bis.19 c.p.c., lo stesso debba seguire l'iter canonico del rito unitario in materia familiare. CommentoLa pronuncia di divorzio determina la cessazione ex nunc dello status di coniuge. Tra gli altri effetti di tale decisione, vi è la perdita da parte della moglie del diritto al cognome del coniuge che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. Il Tribunale può autorizzare, con la sentenza con cui pronuncia il divorzio, la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito, quando sussista un interesse proprio o dei figli meritevole di tutela. La suddetta decisione può essere modificata con successiva pronuncia per motivi di particolare gravità su istanza di una delle parti (cfr. Muscio, Divorzio: presupposto ed effetti, in ilfamiliarista.it). L'autorizzazione alla conservazione del cognome, come prevista dall'art. 5 della l. n. 898/1970, costituisce un'ipotesi eccezionale, che non può prescindere dal riscontro, da parte del Giudice, di un interesse meritevole di tutela sotteso alla stessa (Cass. I, n. 21706/2015, in ilfamiliarista.it, 16 giugno 2016, con nota di Cecchi). Peraltro, è stato chiarito che la sentenza che abbia pronunciato il divorzio, ancorché comporti per la moglie la perdita del cognome maritale, acquisito con le nozze, ove non contenga alcuna statuizione in ordine all'uso di detto cognome da parte della moglie, non costituisce titolo sufficiente per ottenere l'esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c., della relativa inibitoria nei confronti della donna che, malgrado il divorzio, continui ad usare il cognome dell'ex coniuge, essendo a tal fine necessaria un'esplicita enunciazione del divieto dell'uso (Cass. I, n. 12160/1990). In caso di violazione da parte della moglie divorziata del divieto di uso del cognome del marito, quest'ultimo, può, ai sensi dell'art. 7 c.c., chiedere la cessazione del fatto lesivo nonché il risarcimento del danno: tuttavia, mentre per l'inibitoria è sufficiente che l'attore dimostri, oltre all'uso illegittimo del proprio nome, la possibilità che da ciò gli derivi un pregiudizio (che può essere, quindi, meramente potenziale, ovvero di ordine solo morale), ai fini dell'azione risarcitoria devono sussistere gli estremi soggettivi ed oggettivi dell'illecito aquiliano ai sensi dell'art. 2043 c.c. Non è quindi soltanto necessaria l'esistenza di un pregiudizio effettivo, ma quest'ultimo, se non ha carattere patrimoniale, è risarcibile, ex art. 2059 c.c., soltanto ove nella condotta dell'indebita utilizzatrice sia configurabile un illecito penalmente sanzionato (Cass. I, n. 8081/1994). |